EDILIZIA E URBANISTICA - 095
Consiglio di Stato, Sezione V, 1 dicembre
2003, n. 7799
Non necessita il previo strumento urbanistico attuativo, ai fini del rilascio
del titolo edilizio, quando l’area sia già interamente urbanizzata. Tale principio opera
a condizione che i piani già predisposti ed attuati contemplino le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria nell’ambito territoriale di riferimento,
che non può limitarsi alle aree di contorno rispetto all’edificazione
progettata ma deve riferirsi al comprensorio stesso predisponendone la
necessaria pianificazione.
(sullo stesso argomento: T.A.R. Napoli, sez.
IV, 11 aprile 2000, n. 1002; T.A.R. Parma, 10 maggio 2000, n. 266; Consiglio di Stato, sez. V, 27 ottobre 2000, n. 5756; Consiglio di Stato, sez. V, 15 febbraio 2001, n. 790)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 803 del 1978, proposto da S.E.P. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti A.S. e G.L., elettivamente domiciliata presso il secondo in ...
contro
il Comune di Roma, rappresentato e difeso dall’avv.to N.C. ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura Comunale in Roma, via del Tempio di Giove 12
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. seconda, 21 settembre 1977 n. 609, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di
Roma;
Viste le memorie presentate dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 21 ottobre 2003 il
consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati C. per delega dell’avv.to L. e
C.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe, dichiarata cessata la materia del contendere sul ricorso volto a censurare l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Roma sulla domanda di concessione edilizia avanzata dalla s.p.a. S.E.P., odierna appellante, sono stati respinti i quattro ricorsi proposti dalla medesima società avverso altrettanti provvedimenti espliciti di diniego della richiesta concessione edilizia.
Il T.A.R. ha ritenuto che i provvedimenti impugnati fossero immuni dalle illegittimità denunciate in quanto, in mancanza dello strumento attuativo imposto dalle norme di attuazione del p.r.g., la domanda di concessione non poteva essere accolta.
Avverso la sentenza la Società ricorrente ha proposto appello, assumendone l’erroneità e chiedendone la riforma.
Nell’impugnativa si sostiene che nella specie lo strumento attuativo poteva considerarsi non necessario in considerazione del fatto che la zona interessata dai progetti presentati doveva considerarsi interamente urbanizzata.
Il Comune si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2003 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il gravame svolto dalla Società appellante fa leva essenzialmente sul principio, di origine giurisprudenziale, secondo cui è illegittimo il diniego di licenza edilizia fondato sulla carenza del piano di lottizzazione (anche se richiesto – come nella specie - dal piano regolatore) quando l’area sia urbanizzata e difetti una rigorosa valutazione dell’insediamento progettato in relazione alla situazione generale del comprensorio (Cons. St., Ad. Plen. 6 ottobre 1992 n. 12).
Si assume che nella specie l’area doveva considerarsi interamente urbanizzata, tranne che per le opere interne al comprensorio interessato, il cui onere sarebbe stato assunto dall’Impresa, in quanto i 28 edifici progettati sarebbero stati realizzati a confine con altro quartiere dotato di tutti i moderni servizi previsti dalla urbanizzazione di un territorio.
Neppure avrebbe dovuto trascurarsi, secondo l’appellante, che con il piano particolareggiato 3/M uno specifico intervento pianificatorio era stato messo in atto nella stessa zona, dotandola di opere di urbanizzazione secondaria.
La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
I primi giudici, invero, avevano messo in evidenza, correttamente, come la domanda di concessioni edilizie per la realizzazione di un complesso abitativo articolato su 28 palazzine per circa 713.520 mc. rendesse irrilevante la circostanza che le zone abitate adiacenti potessero considerasi interamente urbanizzate, posto che il nuovo insediamento presentava entità tale da rendere indispensabile un apposito intervento pianificatorio.
Tale orientamento merita di essere confermato.
Debbono richiamarsi, in primo luogo le numerose decisioni con le quali il Consiglio di Stato ha avuto cura di precisare ulteriormente il principio enunciato dall’Adunanza Plenaria, sopra ricordato.
Si è osservato, in particolare che il suddetto principio ha il suo necessario presupposto in uno stato di fatto che consenta di prescindere dalla predisposizione dello strumento attuativo, in quanto lo stesso risulta non più necessario perché lo scopo cui sarebbe destinato è già stato raggiunto. Perché ciò accada occorre che i piani già predisposti ed attuati contemplino le opere di urbanizzazione primaria e secondaria nell’ambito territoriale di riferimento, che non può limitarsi alle aree di contorno rispetto all’edificazione progettata ma deve riferirsi al comprensorio stesso predisponendone la necessaria pianificazione (Sez. V, 8 ottobre 2002 n. 5335; 15 febbraio 2001 n. 790; 7 marzo 2001 n. 1341).
Si è dunque chiarito che, se l’esigenza di previo piano regolatore particolareggiato è insussistente nel caso di zone completamente urbanizzate, assume tutta la sua importanza, non solo nelle ipotesi estreme di zone assolutamente inedificate, ma anche in quella intermedia di zone parzialmente urbanizzate, nelle quali viene per lo meno a configurarsi una esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione, e tale esigenza è tanto più intensa quanto più l’insediamento progettato sia di rilevante entità (Sez. V, 8 ottobre 2002 n. 5321; 1 luglio 2002, n. 5387; 14 febbraio 2003 n. 802; 9 maggio 2003 n. 2449).
Con precisione ancora maggiore, la giurisprudenza ha affermato che l’esonero dal piano di lottizzazione previsto in p.r.g. è da riferirsi ai casi assimilabili a quello del “lotto intercluso”, nel quale, come è evidente, nessuno spazio potrebbe rinvenirsi per una ulteriore pianificazione. Non è così, invece, in caso di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (Sez. V, 27 ottobre 2000 n. 5756; 17 maggio 2000, n. 2874).
Da tali indirizzi il Collegio non ritiene di doversi discostare.
L’appellante infatti si limita a rilevare che le zone adiacenti all’area interessata ai suoi progetti sono urbanizzate, ma, trascurando l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato, non tiene conto della circostanza che tali opere di urbanizzazione state concepite e realizzate in relazione ai carichi urbanistici contestualmente previsti, cui era certamente estraneo il peso del nuovo imponente insediamento.
Né pare che tale rilievo sia validamente contrastato dal richiamo al piano particolareggiato 3/M, posto che le strutture previste in tale strumento, in anni ormai lontani, erano destinate a sopperire, ed anche parzialmente, ad esigenze già presenti nelle zone considerate.
Sembra, infine, da condividere l’osservazione della difesa dell’Amministrazione, che l’insieme dei progetti per i quali si è chiesta la concessione edilizia, in virtù dell’ampiezza del territorio interessato, del numero degli edifici e degli abitanti che vi si sarebbero insediati, finiva con l’assumere in via surrettizia la funzione che è propria della lottizzazione, che è istituto diverso dalla concessione, e che richiese l’osservanza dei principi fissati dalla legge urbanistica.
L’appello deve pertanto essere respinto, ma sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità
Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 ottobre 2003 con l'intervento dei magistrati:
Alfonso Quaranta, Presidente
Raffaele Carboni, Consigliere
Giuseppe Farina, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere est.