LAVORI PUBBLICI - 152
Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 28 settembre 2005, n. 5194
La disciplina comunitaria secondo la quale un concorrente può avvalersi dei requisiti richiesti dal bando posseduti da terzi è applicabile non solo ai servizi (articoli 31 e 32 direttiva 92/50/CEE) ma anche ai lavori (articoli 26 e 27 direttiva n. 93/37/CE); il principio (confermato dagli articoli 47 e 48 direttiva unificata 2000/18/CE) senz'altro è applicabile per imprese "infragruppo" (come nel caso esaminato) prescindendo dal grado di controllo reciproco, e tra imprese tra le quali vi sia un semplice vincolo negoziale creato per la partecipazione alla singola gara. Tra i requisiti tecnico-organizzativi di terzi che possono essere utilizzati rientra anche l'attestazione S.O.A.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente decisione

sui ricorsi in appello nn. 6886/2004 e 7264/2004, proposti:

a) quanto all’appello n. 6886/2004: da C. s.a., in proprio e quale mandataria del R.T.I. con S. s.p.a. e C. s.r.l., in persona del legale rappresentante Presidente e Direttore Generale M. T., rappresentata e difesa dagli avv.ti E.S.D., G.P. e L.N. con domicilio eletto in ...

contro

E.S. s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda A.T.I. tra S. s.p.a., E.A. s.p.a., S. s.r.l., E. s.r.l. e S. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.ti F.F., con domicilio eletto in ...

e Comune di TARANTO, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio,

e COMMISSIONE GARA APPALTO GESTIONE TECNICA PUBBLICA ILLUM.NE COMUNE DI TARANTO, DIR. SETT. GESTIONE E PATRIMONIO LL.PP. COMUNE DI TARANTO, L.L., D.M.F., B.C., S.A. dirigente del Settore Gestione e Patrimonio e LL.PP. del Comune di Taranto, non costituitisi in giudizio;

b) quanto all’appello n. 7264/2004: dal Comune di TARANTO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. P.G.R. presso il quale domicilia elettivamente in ...

contro

E.S. s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda A.T.I. tra S. s.p.a., E.A. s.p.a., S. s.r.l., E. s.r.l. e S. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. F.F. con domicilio eletto in ...

e nei confronti di

C. s.a., in proprio e quale mandataria del R.T.I. con S. s.p.a. e C. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio;

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Puglia, Sezione II di Lecce, n. 3722 del 14 giugno 2004;
visti gli atti di appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di E.S. s.p.a.;
viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 17 maggio 2005, relatore il Consigliere Paolo Buonvino;
uditi gli avvocati S.D., F. e R.;
visto il dispositivo n. 296 del 17 maggio 2005.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1) Con il ricorso di primo grado l’odierna appellata E.S. s.r.l. (in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI tra S. s.p.a., E.A. s.p.a., S. s.r.l., E. s.r.l. e S. s.r.l.) ha impugnato:

a) i verbali di gara per l’affidamento dell’appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione del Comune di Taranto (omissis);
b) il provvedimento, non conosciuto, di aggiudicazione della gara e del contratto di appalto, ove stipulato;
c) tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compresi:

- la determinazione del dirigente Settore LL.PP. del Comune di Taranto n. 89 del 15 luglio 2002, con la quale sono stati approvati gli atti di gara per l’appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione del Comune di Taranto (relazione tecnica – Capitolato Speciale di Appalto – bando di gara – avviso di gara – lettera d’invito);
- ove occorra, la relazione tecnica, il Capitolato Speciale di Appalto, il bando di gara, l’avviso di gara, la lettera d’invito, approvati con la determinazione dirigenziale n. 89/02;
- la determinazione del dirigente del Settore Gestione del Patrimonio e LL.PP. n. 182 del 25 ottobre 2002 di integrazione e riapprovazione dell’avviso di gara;
- la determinazione del dirigente Studi Pianificazione Controllo Servizio Appalti – Contratti del Comune di Taranto n. 8 del 2 maggio 2003 di nomina della Commissione giudicatrice dell’esame delle offerte della gara d’appalto in questione;
- ove occorra, la deliberazione di G.M. n. 141 del 31 gennaio 2003 di istituzione del Servizio Appalti – Contratti;
ha chiesto, inoltre, il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa dell’illegittima aggiudicazione della gara in questione.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato l’8 aprile 2004 e depositato il 16 aprile 2004, sono stati impugnati altresì:

d) la determinazione dirigenziale n. 25 del 2 marzo 2004, con cui il dirigente responsabile ha preso atto del contenuto dei verbali della Commissione di gara e delle sue determinazioni, ha approvato la graduatoria ed ha aggiudicato definitivamente il servizio all’A.T.I. con capogruppo C. s.a.;
e) per quanto occorra, la delibera di Giunta municipale n. 50 del 10 gennaio 2003.

Ha svolto ricorso incidentale in primo grado l’odierna appellante C. s.a., in proprio e quale mandataria della costituenda A.T.I. con C. S.r.l. e S. s.p.a., chiedendo l’annullamento:

- della determinazione dirigenziale n. 65 del 19 marzo 2003 – Direzione Risanamento Città Vecchia e Progetti Speciali, con la quale è stato approvato l’elenco delle imprese da invitare alla gara in argomento, nella parte in cui è stata disposta l’ammissione dell’A.T.I. fra E.S., E.A., S. ed E.;
- della nota del 23 marzo 2003 con cui è stato inoltrato l’invito a partecipare alla gara alla suddetta A.T.I.;
- del provvedimento di ammissione alla gara dell’A.T.I. ricorrente ed in particolare del verbale di gara n. 1 del 12 maggio 2003 nella parte in cui la suddetta A.T.I. è stata ammessa alla gara;
- nonché, ove occorra, dell’avviso di gara del 25 ottobre 2002, nella parte in cui dispone: “ai sensi degli artt. 31 e 32 della Direttiva 92/50/CEE, per la dimostrazione delle capacità finanziarie, economiche e tecniche richieste dal presente avviso in capo all’impresa singola o a ciascuna impresa riunita, è possibile far riferimento alle capacità di soggetti o imprese ai quali la stessa sia legata da vincoli diretti o indiretti, di qualunque natura giuridica essi siano, ai quali conta di ricorrere in caso di aggiudicazione purché sia in grado, se richiesta dall’ente appaltante, di dimostrare di disporre effettivamente delle risorse e dei mezzi di tali soggetti o imprese che non gli appartengono in proprio e che sono necessari all’esecuzione dell’appalto”.

2) Premette il T.A.R., in linea di fatto, nella sentenza appellata, che il Comune di Taranto, con determinazione dirigenziale n. 89 del 15 luglio 2002, ha indetto una procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata degli impianti di pubblica illuminazione (importo a base d’asta € 30.212.729,56, IVA esclusa), per un periodo di nove anni; il bando di gara prevedeva in particolare:

- che alla gara fossero ammesse persone fisiche e/o giuridiche, associazioni o raggruppamenti temporanei di imprese che svolgono attività di gestione integrata e manutenzione di impianti di pubblica illuminazione;
- che l’attività prevalente, ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, fosse quella dei servizi gestionali, regolati quindi dalla Direttiva n. 92/50/CEE e dal D. Lgs. n. 157/95;
- quale ulteriore elemento dell’appalto, la realizzazione di lavori scorporabili, ricompresi nelle seguenti categorie (ai sensi del DPR n. 34 del 2000): Ctg. OG10 classifica V; Ctg. OG11 classifica IV e Ctg. OG1 classifica III;
- l’aggiudicazione con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 23 del d.lgs. n. 157/95), previa attribuzione dei seguenti punteggi massimi: valutazione economica, 40 punti; valutazione tecnica, 60 punti.
Per l’assegnazione del punteggio relativo all’offerta economica, era stata prevista, dal capitolato speciale d’appalto, l’applicazione della seguente formula:
Pc = 40 – 10 x (Ctx – Ct min)
Ct max – Ct min
(dove Pc è il punteggio da attribuire all’offerta del concorrente da valutare; Ct min è il valore dell’offerta più economica; Ct max è il valore dell’offerta più alta e Ctx il valore dell’offerta del concorrente da valutare).

Per l’offerta tecnica erano stati invece individuati i seguenti elementi di valutazione:

- progetto dell’attività di gestione globale: massimo 30 punti;
- progetto tecnico degli interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza degli impianti: massimo 25 punti;
- descrizione dell’organizzazione aziendale: massimo 5 punti.

Alla gara sono stati invitati sette raggruppamenti temporanei di imprese, dei quali solo cinque hanno inviato offerta nei termini previsti. In sede di verifica della documentazione allegata all’offerta, è stata esclusa l’A.T.I. con capogruppo S.I. Le quattro A.T.I. ammesse alla fase successiva hanno conseguito i seguenti punteggi relativi all’offerta tecnica:

- A.T.I. con capogruppo C. punti 60;
- A.T.I. con capogruppo E.S.: punti 42,6;
- A.T.I. con capogruppo H.: punti 40,8;
- A.T.I. con capogruppo A.L.: punti 25,65.

Successivamente, applicando la formula suindicata, la Commissione di gara ha assegnato i seguenti punteggi relativi alle offerte economiche:

- A.T.I. C. punti 30;
- A.T.I. E.S.: punti 35,5;
- A.T.I. H.: punti 35,9;
- A.T.I. A.L.: punti 40;

per cui la graduatoria finale ha visto primeggiare l’A.T.I. capeggiata da C. con un punteggio totale di 90, mentre il raggruppamento ricorrente si è classificato al secondo posto con 78,13 punti.

3) L’esito della gara e i provvedimenti che ne hanno scandito le varie fasi, sono stati impugnati dall’odierna appellata nella qualità di mandataria nell’A.T.I. con capogruppo E.S., che ha svolto numerose censure.
Si sono costituiti resistendo, in primo grado, ed eccependo l’inammissibilità del ricorso, il Comune di Taranto e l’A.T.I. aggiudicataria; quest’ultima, oltre a chiedere il rigetto del ricorso principale, ha proposto ricorso incidentale, teso a contestare, sotto molteplici profili, l’ammissione alla gara dell’A.T.I. appellata.
In relazione al ricorso incidentale proposto dall’A.T.I. controinteressata, la ricorrente principale ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato, con cui ha impugnato la lex specialis della gara se e in quanto fosse stata interpretata dal TAR nel senso (affermato nel ricorso incidentale proposto da C.) che essa avrebbe previsto, a pena di esclusione, il possesso di attestazione SOA per la categoria OG1 classifica III, nonché, negli stessi limiti, la lettera d’invito e il provvedimento di indizione della gara.

4) Il T.A.R., dopo aver rigettato il ricorso incidentale anzidetto, ha ritenuto ammissibile e accolto il ricorso principale.

5) La sentenza è appellata, anzitutto (appello n. 6886/2004) dall’aggiudicataria della gara che, nel contestarla, ribadisce i motivi di ricorso incidentale di primo grado ed insiste, comunque, anche per l’inammissibilità e l’infondatezza nel merito dell’originario ricorso principale.
Svolge appello incidentale condizionato l’appellata E.S. s.r.l.
Le parti hanno ampiamente ribadito i propri assunti difensivi nelle rispettive memorie.

6) Con autonomo ricorso in appello (n. 7264/2004) la sentenza è appellata anche dal Comune di Taranto, che ne chiede la riforma nella parte in cui accoglie l’originario ricorso nel merito.

Si è costituita, anche in questo appello, l’A.T.I. appellata, che insiste, nelle proprie difese, per il rigetto del gravame.

DIRITTO

1) Gli appelli in epigrafe indicati (n. 6886/2004 e n. 7264/2004), in quanto proposti avverso le stessa sentenza, debbono essere riuniti.

2) Il primo di essi (n. 6886/2004) è proposto dalla società C. s.a., in proprio e quale mandataria del R.T.I. con S. s.p.a. e C. s.r.l., per la riforma della sentenza con la quale il T.A.R., nell’accogliere il ricorso proposto dalla costituenda A.T.I. tra E.S. s.p.a., S. s.p.a., E.A. s.p.a., S. s.r.l., E. s.r.l. e S. s.r.l., ha annullato gli atti di gara per l’affidamento dell’appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione del Comune di Taranto.
L’appellante, seguendo l’impostazione della sentenza appellata, la contesta, anzitutto, laddove ha rigettato il ricorso incidentale dalla stessa odierna deducente svolto in primo grado.
In particolare, con il primo dei motivi svolti con detto ricorso incidentale - rigettato dal T.A.R. e qui riproposto con il primo motivo d’appello - l’odierna appellante, nel contestare, sul punto, la decisione dei primi giudici, lamenta il fatto che l’appellata E.S. non abbia rispettato il disposto di cui all’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 157 del 17 marzo 1995 (e di cui al punto 3 della lettera d’invito), secondo cui, in caso di raggruppamento di imprese, “l’offerta congiunta …. deve contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse imprese si conformeranno alla disciplina prevista nel presente articolo”.

La censura è infondata.

L’appellata, nella propria offerta, ha dichiarato l’impegno “a costituirsi in associazione temporanea di imprese, in caso di aggiudicazione, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 157/95 e s.m. …"; ebbene, in tal modo ha soddisfatto l’onere previsto dalla disciplina normativa dianzi richiamata, non prescrivendo, il legislatore – né la lettera d’invito – l’uso di formule sacramentali, dovendosi ritenere sufficiente l’impegno ad associarsi nel rispetto della disciplina anzidetta, cui si ricollegano, naturalmente, tutti gli obblighi ed oneri da essa nascenti.
La lettera d’invito, in particolare, si limitava a richiedere, in caso di A.T.I., che “l’offerta dovrà riportare l’indicazione che le imprese raggruppate si conformeranno all’art. 11 del d.lgs. n. 157/1995”; espressione, questa, sostanzialmente sovrapponibile a quella usata dall’A.T.I. qui appellata.

Quanto al fatto che il T.A.R. abbia anche prospettato la possibilità, per la stazione appaltante, di verificare, nel prosieguo e prima della stipula del contratto, il rispetto degli impegni prescritti dal legislatore, non si tratta di una sorta di sostituzione – ipotizzata dal T.A.R. – delle dichiarazioni delle concorrenti con la verifica da parte della P.A., ma semplicemente del pacifico riconoscimento, in capo alla stazione appaltante, di una possibilità di controllo dei reali contenuti delle dichiarazioni rese; controllo esperibile, naturalmente, anche nel caso di dichiarazione di impegno resa in termini ripetitivi del dettato normativo primario.

3) Con il secondo dei motivi di ricorso incidentale, pure disatteso dal T.A.R. e qui ribadito (secondo motivo del presente appello), lamenta l’appellante che le imprese E. s.r.l. e S. s.r.l., mandanti di E.S., abbiano prodotto certificati di iscrizione alla C.C.I.A.A. non conformi all’avviso di gara; mentre, infatti (secondo i punti 12-13, lett. a), tra i requisiti di partecipazione da comprovarsi, a pena di esclusione, era richiesta “l’iscrizione alla C.C.I.A.A. per le attività di gestione integrata degli impianti di pubblica illuminazione”, le imprese ora dette avrebbero prodotto certificati camerali in cui solo nell’oggetto sociale era precisato che esse erano iscritte per la detta attività, mentre dal certificato medesimo non emergeva quale fosse la data di inizio dell’attività stessa, né che tale attività fosse in concreto svolta; con la conseguenza che il raggruppamento avrebbe dovuto essere escluso; donde, ad avviso dell’appellante, l’incompletezza della documentazione prodotta e la conseguente illegittima ammissione alla gara dell’A.T.I. originariamente ricorrente.
La censura è infondata; la lex specialis della gara dianzi richiamata non prevedeva, infatti, la produzione di una certificazione camerale contenente le indicazioni richiamate dall’appellante; era solo richiesta, come detto, “l’iscrizione alla C.C.I.A.A. per le attività di gestione integrata degli impianti di pubblica illuminazione”; il generico riferimento alla “iscrizione … per le attività” non implicava, necessariamente che la certificazione dovesse precisare quando le attività in parola fossero state avviate e se fossero all’epoca in corso; e se tale fosse stato l’intendimento della stazione appaltante, ciò avrebbe dovuto essere puntualmente precisato.
Si aggiunga, inoltre, che le clausole poste a pena di esclusione devono essere chiare e puntuali e, nella eventuale incertezza interpretativa, deve essere favorita, anche nell’ottica della più ampia partecipazione di concorrenti, una interpretazione meno restrittiva della clausola stessa e, comunque e a tutto concedere, senza con questo ledere la par condicio tra i concorrenti, dovrebbe essere, in ogni caso, rimessa in termine la concorrente per consentirle la necessaria integrazione documentale (peraltro, nella specie, non necessaria, atteso che la lex specialis della gara non richiedeva, in effetti, un certificato recante le precisazioni invocate dall’appellante).

4) Lamenta, poi, l’appellante, con il terzo motivo dell’appello (ove si contesta il capo della sentenza appellata con il quale il T.A.R. ha rigettato il quarto motivo del ricorso incidentale svolto in primo grado dall’odierna deducente), che, poiché la mandataria E.S. ha ereditato da E. s.p.a. (da cui è partecipata al 99%) numerosissimi affidamenti diretti da parte dei Comuni di impianti di illuminazione urbana, essa, godendo di una sorta di privilegio “genetico”, non avrebbe potuto partecipare a gare in regime di libero mercato, portando, altrimenti, un vulnus ai principi comunitari desumibili dagli artt. 3, 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato e, in particolare, a quelli di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi; sicché la disciplina stessa avrebbe dovuto, comunque, essere disapplicata dal giudice nazionale.

E qualora dovesse ritenersi che le norme nazionali di settore (art. 35 della legge n. 448/2001, vigente al momento della gara; che ha modificato l’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000 e che è stato abrogato dall’art. 14, comma 3, del d.l. n. 260 del 30 settembre 2003, convertito in legge n. 326 del 24 novembre 2003; art. 4, comma 234, della legge finanziaria n. 350/2003, che ha introdotto il comma 15-quater dell’art. 113 cit.) legittimino tale partecipazione, allora la relativa disciplina dovrebbe essere assoggettata, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, al vaglio di legittimità di cui agli artt. 3 e 117 Cost.

Tali censure non possono essere accolte.

Quanto a quella che involge la disciplina normativa entrata in vigore in un momento successivo rispetto a quello di indizione della gara ed inizio delle operazioni di valutazione da parte della commissione valutatrice, in quanto la legittimità o meno della stessa è irrilevante ai fini della risoluzione della presente controversia, poiché le determinazioni amministrative in merito all’ammissione alla gara delle concorrenti dovevano essere assunte sulla base della disciplina vigente al momento della indizione della gara stessa o, a tutto concedere, a quello di scadenza del termine per la ricezione delle domande di partecipazione.

Quanto a quella che involge, invece, la disciplina normativa vigente al momento di indizione della procedura concorsuale di cui si tratta, in quanto il citato art. 35 della legge finanziaria per il 2002, n. 448/2001, al comma 2 prevedeva che il divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le società che “in Italia o all’estero gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi rinnovi” (divieto previsto dall’art. 113, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000, come modificato dallo stesso, ripetuto art. 35 della legge n. 448/2001), operasse solo sulla base di quanto previsto dal “Regolamento di cui al comma 16 del presente articolo”; Regolamento che avrebbe dovuto indicare i termini, “comunque non inferiori a tre anni e non superiori a cinque anni, di scadenza o di anticipata cessazione della concessione rilasciata con procedure diverse dall’evidenza pubblica”, e che non è mai stato emanato (anzi, la relativa norma, come detto, è stata abrogata).

Ebbene, ciò sta a significare che, per le predette società, prima dell’emanazione del citato art. 35, non vigeva, in base alla disciplina normativa nazionale, alcun divieto di partecipazione a gare per l’affidamento di servizi pubblici e che un siffatto divieto non è, in effetti, mai divenuto operativo; tanto che il citato comma 15-quater dell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000 introduce, a tal fine, un nuovo termine (1° gennaio 2007).
La disciplina qui contestata, di carattere spiccatamente transitorio, non appare, poi, manifestamente illegittima sul piano della legittimità costituzionale.
Il fatto che il legislatore abbia previsto un periodo transitorio di non operatività del divieto in questione appare conforme ad un corretto principio di gradualità degli interventi normativi; in particolare, è valso ad evitare che i numerosi soggetti che, nel passaggio da un regime di mercato caratterizzato dagli affidamenti diretti in concessione dei servizi da parte degli enti locali ad uno basato invece – in conformità con i principi di fonte comunitaria che si andavano consolidando - sulla concorrenza (e, quindi, su affidamenti frutto di pubbliche gare – e salvi i c.dd. affidamenti in house), venissero a trovarsi, fino a scadenza delle relative concessioni, nell’impossibilità di operare sul mercato, così vedendo, via via, svuotata la propria capacità operativa e preclusa, di fatto, la propria attitudine ad inserirsi validamente in un mercato concorrenziale; tutto ciò con ovvi e manifesti pregiudizi per l’imprenditorialità nazionale del settore che, in precedenza, si era sviluppata in un regime storicamente caratterizzato dagli affidamenti diretti che derivavano, essenzialmente, da ormai anacronistiche modalità di intervento pubblico nell’economia.
Né la disciplina in parola viola i principi di fonte comunitaria evocati dall’appellante (in particolare, quelli di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi).

Al contrario, il contemplare un periodo transitorio di inefficacia del divieto in parola vale a consentire che le imprese, sia nazionali che comunitarie beneficiarie di affidamenti diretti di pubblici servizi (e, tra esse, verosimilmente, la stessa C. s.a., che è partecipata al 100% da E.D.F., ente, a sua volta, partecipato al 100% dallo stato francese così come rilevato dai giudici di primo grado con un capo di sentenza che non ha costituito in alcuna misura oggetto di contestazione) possano continuare a partecipare alle gare per l’affidamento di pubblici servizi anche in una situazione in cui, per l’adeguamento ai principi di fonte comunitaria, si è venuta ad affermare l’esigenza di procedere all’affidamento degli stessi solo in forma concorsuale.

In mancanza di una norma transitoria siffatta, dette imprese - pur dotate di un’esperienza “storica” nel settore e di personale e strutture adeguate - sarebbero state ineluttabilmente emarginate dal mercato italiano del settore, a vantaggio di operatori nuovi e non adeguatamente strutturati o di operatori adeguatamente strutturati provenienti da realtà economiche non caratterizzate da affidamenti diretti e che avrebbero inevitabilmente occupato vasti spazi del mercato nazionale del settore, a detrimento di quelle realtà economiche che ancora, per un periodo di tempo, peraltro, limitato, avrebbero potuto continuare a svolgere i pubblici servizi in parola a seguito di pregressi affidamenti diretti.
La disciplina normativa in esame, quindi, ha inteso legittimamente contemperare le due contrapposte esigenze, al fine di evitare proprio il verificarsi di situazioni di immediato discrimine in danno degli operatori beneficiari di detti affidamenti.
Né la disciplina in esame appare limitativa, in qualche misura, del principio della libertà di stabilimento o di quello di libera prestazione di servizi, dal momento che non implica alcuna restrizione ai principi ora detti, limitandosi solo a raccordare vecchi e nuovi assetti normativi mediante una disciplina transitoria non irragionevole ed equilibrata, sia tenuto conto della sua funzione che della sua durata (del resto, successivamente delimitata, come detto, dallo stesso legislatore, in termini puntuali al 31 dicembre 2006).
Il rispetto, da parte della norma transitoria in questione, dei principi comunitari ora detti costituisce ulteriore conferma della manifesta infondatezza delle eccezioni di illegittimità costituzionale della stessa in rapporto agli artt. 3 e 117 Cost.

Per completezza può, comunque, soggiungersi che, se anche le dedotte illegittimità venissero, in via del tutto ipotetica, accertate (dalla Corte di Giustizia e/o dalla Corte Costituzionale), la conseguenza che ne deriverebbe non sarebbe semplicemente quella dell’esclusione delle concorrenti ammesse in base alla disciplina normativa qui contestata, ma, inevitabilmente, quella della declaratoria di illegittimità, sul punto, del bando e, quindi, comunque, della rinnovazione della gara (rinnovazione della gara che discende anche dalla sentenza appellata e che viene in questa sede contrastata).
Non si potrebbe, invece, semplicemente escludere l’A.T.I. con capogruppo E.S. in quanto, in tal modo, si perverrebbe a un risultato iniquo e lesivo dei principi di trasparenza e non discriminazione tra concorrenti, in quanto le imprese a tale società mandataria associate si vedrebbero ingiustamente pregiudicate nell’accesso alla gara; le stesse, infatti, in base alla lex specialis e alla disciplina nazionale di riferimento, potevano fare legittimo affidamento sull’ammissione alla gara della predetta mandataria; mentre, se avessero conosciuto della illegittimità di tale contesto normativo, ben avrebbero potuto associarsi ad altro soggetto, legittimato a partecipare non ostante tale rilevata illegittimità normativa.
Le medesime non possono vedersi, invece, definitivamente pregiudicate nella partecipazione alla gara a cagione della declaratoria di illegittimità della stessa disciplina concorsuale per motivi che non era dato loro conoscere.
In definitiva, l’interesse alla positiva definizione delle censura incidentale di primo grado qui in esame appare, sostanzialmente, carente, l’accoglimento della stessa non incidendo, in effetti, sull’esigenza di rinnovare la procedura concorsuale.

5) Con il quarto motivo d’appello (che, contestando quanto ritenuto dal T.A.R., ribadisce i contenuti del terzo motivo di ricorso incidentale di primo grado) deduce, l’odierna appellante principale, la violazione degli artt. 8 e 13 della legge n. 109/1994, nonché delle disposizioni di cui al d.p.r. n. 34/2000, del bando e della lettera d’invito; in particolare, è stato notato come l’appalto in parola rientrasse tra gli appalti misti di servizi e lavori; con la conseguenza che i requisiti partecipativi avrebbero costituito la risultante dell’effetto combinatorio della disciplina, rispettivamente, dei lavori pubblici e dei servizi pubblici.
Ebbene, osserva l’appellante, nella specie è accaduto che, nella fase di prequalificazione, la designata E.S. abbia dichiarato: “relativamente all’esecuzione dei lavori, di essere in possesso dell’attestazione SOA per la categoria OG 10, classifica VII; di avvalersi, per quanto attiene alle categorie OG 11 classifica IV e OG 1 classifica III, ai sensi degli artt. 31 e 32 della direttiva Ce 92/50, dei requisiti posseduti dalla collegata E.R.E. s.p.a., in possesso dell’attestazione SOA per le categorie OG 1, classifica VII e OG 11 classifica VIII”; e poiché la altre componenti del raggruppamento erano qualificate per la ctg. OG 10, classifica IV (E.A. s.p.a.), OG 10, classifica VI (S. s.r.l.) e OG 10, classifica VI, e OG 11, classifica (E. s.r.l.), ne sarebbe seguito che, anche a voler ritenere l’ammissibilità di un’ATI di tipo misto (orizzontale-verticale), comunque il raggruppamento non sarebbe stato qualificato per la categoria OG 1, classifica III, con riferimento alla quale la designata capogruppo E.S. ha reso la dichiarazione di avvalimento dell’attestazione SOA in possesso della società E.R.E., società del gruppo Enel, il cui capitale sociale è detenuto per il 100% dalla stessa E. s.p.a.; ciò in quanto la clausola del bando, di natura derogatoria, che ammetteva la dichiarazione di avvalimento ai sensi degli articoli 31 e 32 della Direttiva 92/50/CEE, non avrebbe potuto trovare applicazione con riferimento alle attestazioni SOA, richieste a pena di esclusione dagli atti indittivi di gara.

Ciò per una molteplicità di motivi di seguito esposti.

Il primo di essi sarebbe da ricondurre al fatto che la clausola di bando fa espresso riferimento ai citati articoli 31 e 32 della Direttiva 92/50/CEE, con la conseguenza che la clausola stessa avrebbe potuto applicarsi solo con riferimento ai requisiti oggettivi di natura tecnico-economica riguardanti, nella disciplina della gara, lo svolgimento dei servizi e non estendersi, invece, anche ai lavori; sicché sarebbe stata da escludere la possibilità di avvalersi dell’attestazione SOA di un altro soggetto giuridico, legato da vincoli diretti o indiretti alla concorrente medesima; e se la lex specialis della gara avesse reso possibile un siffatto “avvalimento”, allora la stessa disciplina di gara sarebbe da ritenere illegittima per contrasto con l’art. 8 della legge n. 109/1994 e con l’art. 15, comma 9, del d.P.R. n. 34/2000.
La censura è infondata in quanto la potestà di avvalimento costituisce un principio di fonte comunitaria non limitato al solo settore degli appalti di servizi, ma di portata generale; il riferimento fatto nel bando alla direttiva 92/50/CEE – valido per ciò che attiene ai servizi ricompresi nell’appalto misto di cui si discute – costituisce, in effetti, espressione di un principio generale, logicamente valido anche per la parte di appalto relativa ai lavori; e ciò tanto più ove si consideri che i lavori costituivano, nella specie, la parte, per valore, minoritaria, con la conseguenza che correttamente, da parte del Comune, è stato fatto riferimento alla disciplina di fonte comunitaria relativa agli appalti di servizi.

L’art. 31, n. 3, della direttiva “servizi” 92/50/CEE (ma uguale previsione è contenuta nell’art. 26 della direttiva “lavori”, n. 93/37/CE), permette al prestatore di provare la capacità economico-finanziaria richiesta mediante qualsiasi documento che l’amministrazione aggiudicatrice ritenga appropriato; allo stesso modo, per ciò che attiene alla capacità tecnica, l’art. 32, n. 2, lett. c), della direttiva “servizi” (e, del pari, l’art. 27 della direttiva “lavori”) prevede espressamente la possibilità di comprovarla mediante l’indicazione dei tecnici o degli organismi tecnici, siano essi o meno parte integrante dell’impresa concorrente, di cui la stessa disporrà per l’esecuzione dell’appalto.
Pertanto, un operatore che non soddisfi da solo i requisiti minimi prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione, ben può far valere, a tali fini, le capacità di terzi cui conti di ricorrere in caso di aggiudicazione.
Tali conclusioni sono state avvalorate, nel tempo dalle sentenze della Corte di Giustizia (causa C-389/92 Ballast Nedam Groep I; C-5/97 Ballast Nedam Groep II; C-176/98), che hanno interpretato le norme anzidette nel senso che consentono, per la valutazione dei criteri cui deve soddisfare un imprenditore all’atto dell’esame di una domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica dominante di un gruppo, di tenere conto delle società che appartengono a tale gruppo, purché la persona giuridica di cui è causa provi di avere effettivamente a disposizione i mezzi di dette società, necessari per l’esecuzione degli appalti (più recentemente tali principi sono stati normati dal legislatore comunitario con la direttiva 2000/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi che, agli articoli 47 e 48, prevede che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità – economico-finanziarie e/o tecniche - di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri di disporre dei mezzi necessari a tal fine).

Tanto premesso, è da ritenere che il principio dell’avvalimento debba operare anche con riguardo alle attestazioni SOA.

Queste sostituiscono, infatti, per ciò che attiene agli appalti di lavori, ogni altra dichiarazione, certificazione o dichiarazione che il concorrente deve rendere ai fini della partecipazione alla gara d’appalto in merito alla documentazione dei requisiti di capacità tecnica ed economico-finanziaria; tali attestazioni dimostrano, infatti, il possesso, da parte del concorrente, di una serie di requisiti utili e necessari ai fini della partecipazione alle gare in relazione ai relativi importi.
Ne consegue che l’impresa che dichiari di avvalersi delle capacità tecniche o economico-finanziarie di altra impresa può anche avvalersi, ai fini della partecipazione alla gara e dell’espletamento dei lavori previsti, delle prestazioni di quella stessa impresa, da rendersi in forza delle attestazioni SOA di cui essa è dotata.
E il fatto che il bando di gara faccia riferimento all’avvalimento solo con riguardo agli articoli 31 e 32 della direttiva 92/50/CEE non significa che analoga possibilità non operi, in base al citato principio comunitario di carattere generale, anche per la parte di appalto relativa ai lavori.
Da tanto consegue che il principio dell’avvalimento è stato, dalla stazione appaltante, correttamente ritenuto operante anche nella presente fattispecie.

6) Sotto un secondo profilo l’odierna appellante, nel contestare l’ammissione alla gara dell’A.T.I. con mandataria E.S., fa constare che quest’ultima, controllata al 99% da E. s.p.a., società posta a capo del gruppo, ha dichiarato di avvalersi, per l’esecuzione dei lavori, della qualificazione SOA di un’altra impresa del gruppo medesimo – R.E. s.p.a. – controllata al 100% dalla predetta E. s.p.a.; per cui tra E.S. s.p.a. e R.E. s.p.a. non sussisterebbe alcun rapporto di controllo, né di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c., ma un vincolo indiretto, determinato dall’appartenenza allo stesso gruppo societario; sennonché, le sentenze della Corte di Giustizia, nell’affrontare la questione della possibilità per una società di avvalersi dei requisiti tecnico/organizzativi di altra società collegata alla prima, avrebbero statuito sulla possibilità di avvalimento solo con specifico riguardo al settore degli appalti di servizi; tale possibilità, inoltre, sarebbe subordinata a due condizioni coessenziali: che partecipi all’appalto la persona giuridica dominante - ossia la capogruppo o società madre - e che la società controllante provi di avere effettivamente a disposizione i mezzi della società del gruppo, indispensabili nella fase esecutiva dell’appalto.

In definitiva, deduce l’appellante, la possibilità di “avvalimento” non potrebbe trovare applicazione nella specie in quanto:

- si tratterebbe di un requisito di qualificazione certificato attraverso l’attestazione SOA con riferimento alla quale il bando di gara e la disciplina statale di settore escluderebbero ogni ipotesi di avvalimento;
- la società partecipante è una società del gruppo – non la società madre – che si avvale dei requisiti di altra società del gruppo, rispetto alla quale non avrebbe alcun legame di controllo o di collegamento ex art. 2359 c.c.;
- E.S. s.p.a. non avrebbe dimostrato di poter disporre effettivamente dei mezzi di R.E. s.p.a.;
- in ogni caso, se il bando dovesse essere interpretato nel senso di ritenere legittimo l’avvalimento anche con riguardo all’attestazione SOA, allora lo stesso sarebbe illegittimo per contrasto con l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia (che avrebbe limitato la possibilità di avvalimento non a tutte le ipotesi in cui i soggetti siano legati da vincoli diretti o indiretti di qualunque natura giuridica, ma solo a quella della società dominante o capogruppo della holding partecipante alla gara rispetto alle controllate del gruppo); inoltre, la dimostrazione di disporre effettivamente delle risorse e dei mezzi dei soggetti giuridici dei cui requisiti l’impresa partecipante dichiara di avvalersi dovrebbe essere, in ogni caso, fornita, donde anche l’illegittimità della clausola di bando che subordina detta dimostrazione solo alla eventuale iniziativa dell’ente appaltante (“se richiesto dall’ente appaltante”).

E, assume ancora l’appellante in via di subordine, anche a voler superare le censure sin qui svolte, non di meno l’odierna appellata avrebbe dovuto essere esclusa in quanto non avrebbe affatto comprovato, tramite apposita dichiarazione, l’adeguatezza dei requisiti di qualificazione ai fini dell’esecuzione dei lavori; in altre parole, avrebbe mancato di comprovare la sussistenza del legame con il soggetto giuridico dei cui requisiti dichiarava di avvalersi, nonché di comprovare la possibilità di poter disporre effettivamente delle risorse e dei mezzi di cui si tratta attraverso una dichiarazione esplicita di impegno scritto in tal senso da parte di questi ultimi o, quanto meno, una dichiarazione da parte della stessa partecipante alla gara (in particolare, nella specie non sarebbe stato neppure specificato quale fosse il vincolo di collegamento tra le due società, né sarebbe stato dichiarato di disporre delle risorse e dei mezzi del soggetto asseritamente collegato).

Anche tali censure sono prive di consistenza.

Premesso, che, come dianzi precisato, l’avvalimento può essere invocato dall’imprenditore che concorra all’appalto anche per la realizzazione di quei lavori per i quali il medesimo non è in possesso della prescritta attestazione SOA, deve anche ritenersi che ad esso possa fare ricorso non soltanto la “società madre” del gruppo che partecipi all’appalto, ma anche una società del gruppo che sia in grado, per i collegamenti in seno al gruppo stesso, di avvalersi delle prestazioni e dei requisiti di altra società al gruppo medesimo facente capo.
Se è vero che la giurisprudenza comunitaria in tema di avvalimento si è sviluppata avendo a riferimento fattispecie in cui la società madre partecipava direttamente alla gara, non di meno essa ha affermato un principio di più vasta portata, in virtù del quale è da ritenere indifferente la natura del rapporto che lega le imprese in questione, ben potendo esso correre anche tra società dello stesso gruppo, ancorché la società “madre” non concorra direttamente all’appalto; principio che si rinviene, poi, nelle direttive che, normando i principi in questione, tratti dalla giurisprudenza comunitaria, hanno espressamente affermato, come si è visto, che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi " (articoli 47 e 48 della direttiva 2000/18/CE relativa a “lavori, servizi e forniture”; norme analoghe sono contenute nella direttiva 2004/17/CE relativa ai settori speciali).

Quanto al fatto che nessuna prova, ai fini della partecipazione alla gara, sarebbe stata offerta da E.S. per comprovare all’amministrazione aggiudicatrice la disponibilità dei mezzi dell’impresa di cui intendeva avvalersi, può notarsi che E.S.. ha fornito, quanto meno, un principio di prova volto a comprovare la sussistenza della prescritta disponibilità dell’impresa di cui intendeva avvalersi; tale principio di prova era offerto dall’esistenza dei vincoli del gruppo; la stazione appaltante ha ritenuto, evidentemente, sufficienti, ai fini dell’ammissione alla gara, gli elementi così offerti e ciò, comunque, non le precludeva di verificare, in prosieguo, come previsto espressamente dalla lex specialis della gara, la reale consistenza degli elementi stessi.
Né, del resto, l’appellante ha, in concreto, contestato che la società che ha reso la dichiarazione di avvalimento non disponesse, in effetti, della disponibilità delle capacità tecniche offerte dall’impresa del gruppo di cui intendeva avvalersi.

E, comunque, la disciplina comunitaria sull’avvalimento rimette alla discrezione delle amministrazioni appaltanti le valutazioni in merito alla verifica della concreta esistenza di rapporti tra imprese validi per attestare la reale sussistenza delle condizioni utili all’avvalimento.
La disciplina comunitaria non impone, invero, una valutazione basata su presupposti specifici e predeterminati, né impone che la valutazione stessa preceda necessariamente l’espletamento della gara; con la conseguenza che laddove, come nella specie, la concorrente abbia fornito elementi che la P.A. ha ritenuto sufficienti a corroborare il ricorso all’avvalimento (e tali elementi non sono stati in concreto contestati in sede giudiziale) deve ritenersi pienamente rispettata la disciplina comunitaria di settore.

7) L’appellante censura, poi, la sentenza appellata nella parte in cui, nel merito, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso relativo alla formulazione del criterio di assegnazione dei punteggi relativi all’offerta economica (criterio contenuto nel capitolato speciale d’appalto).
In via preliminare eccepisce l’inammissibilità dell’originaria censura in quanto la stessa impingerebbe prettamente nel merito delle scelte amministrative; l’attribuzione dei punteggi legati a valutazioni d’ordine tecnico, nel metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sarebbe espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa censurabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità; nel caso di specie, le valutazioni discrezionali operate dal Comune non costituirebbero scelte manifestamente irragionevoli.
In particolare, osserva ancora, il rapporto intercorrente, in termini ponderali, tra elementi valutativi quantitativi e valutativi varierebbe in ragione delle caratteristiche peculiari dell’appalto, sicché, ove questo sia caratterizzato da prestazioni ad elevato contenuto tecnico e, al contempo, sul versante dei costi, da fissità ed immodificabilità di una parte di questi, non potrebbe ritenersi irragionevole – al contrario di quanto sostenuto dal T.A.R. – individuare parametri ponderali prevalenti, se non selettivi, con riferimento agli elementi valutativi della qualità tecnica, rispondenti all’interesse della P.A. di ottenere prestazioni e/o servizi rilevanti sotto il profilo tecnico, risultando non significativa l’area di oscillazione dell’offerta economica.
Nella specie, deduce l’appellante, sarebbe accaduto che il peso attribuito complessivamente all’offerta tecnica sia stato di punti 60, mentre quello attribuito all’offerta economica sia stato di punti 40, assegnabili (deduce sempre l’appellante) “attraverso una formula matematica che, in effetti, consente un’oscillazione valutativa nell’ambito di un range che va da 30 a 40 punti”; sennonché tale diversità di range valutativo troverebbe, con riferimento al caso in esame, chiara giustificazione nella specificità delle prestazioni richieste e nella peculiarità della tipologia d’appalto.

In particolare:

- i profili di carattere tecnico del presente appalto sarebbero chiaramente preponderanti;
- appalti quale quello in esame sarebbero caratterizzati da costi fissi preponderanti correlati all’approvvigionamento dell’energia elettrica, mentre i costi per il personale sarebbero da ritenere sostanzialmente fissi.

Per l’effetto, non sarebbe stata manifestamente irragionevole la previsione – censurata in primo grado - di un sistema di attribuzione del punteggio che per l’offerta tecnica consentiva un’oscillazione da 0 a 60 punti, mentre, per quella economica, consentiva un’oscillazione tra 30 e 40 punti, ciò corrispondendo alla minore incidenza della variabilità effettiva dell’offerta economica in relazione ai costi fissi ed alla consequenziale minore rilevanza di tale profilo nell’economia complessiva del quadro esigenziale richiesto dall’Amministrazione appaltante.
L’appellante adduce, poi, una serie di argomentazioni esemplificative atte a chiarire come, in effetti, il criterio valutativo in questione non avrebbe alterato, di fatto, sul piano sostanziale, i risultati della gara; e, si aggiunge, se anche, in ipotesi, fosse stata utilizzata, nella specie, la formula matematica dell’interpolazione lineare di cui all’allegato B al d.P.R. n. n. 554/1999 (o altre valide formule matematiche), non di meno lo scarto nei punteggi attribuiti sarebbe rimasto sostanzialmente stabile, con la conseguente inammissibilità del gravame per carenza di interesse.

8) Tali doglianze non possono essere condivise.

È pacifico, invero, tra le parti che, ai fini dell’assegnazione del punteggio all’offerta economica sia stato utilizzato, in conformità con la lex specialis della gara, un criterio in virtù del quale il punteggio assegnabile alle concorrenti, indipendentemente dall’entità del ribasso offerto, non poteva mai scendere al di sotto di punti 30, e ciò anche nell’ipotesi di un’offerta con ribasso minimale (anche, se del caso, di un solo euro), mentre la stessa disciplina di gara prevedeva, per l’offerta economica, la possibilità di assegnare un punteggio massimo fino a punti 40 su di un totale di punti 100 (punti 60 erano assegnabili per l’offerta tecnica).
Ora, è vero che compete all’Amministrazione la scelta del criterio valutativo da applicare per l’assegnazione dei punteggi in parola e che tale scelta non è, di norma, sindacabile, rientrando tra quelle di ampia discrezionalità tecnica spettanti alle amministrazioni; non di meno, non si può ritenere che il giudice vada ad operare apprezzamenti rientranti nella sfera propria dell’esercizio delle potestà discrezionali amministrative tutte le volte in cui, imbattendosi in criteri valutativi manifestamente illogici, ne affermi l’illegittimità sotto il profilo dell’eccesso di potere e pervenga, quindi, all’annullamento delle stesse operazioni di gara.

Ebbene, nel caso in esame si è determinato – a seguito dell’utilizzazione del contestato criterio valutativo – un appiattimento del punteggio spettante per l’offerta economica (da un range massimo potenziale di punti 40 ad uno di soli punti 10); in tal modo, il punteggio economico massimo attribuibile, pari, in astratto, ai 4/10 del punteggio totale, si è ridotto, di fatto – con la predetta sterilizzazione del punteggio massimo assegnabile all’offerta economica – ad un rapporto pari a circa 1/6; percentualmente, il valore dell’offerta economica, nell’economia generale dell’attribuzione dei punteggi è disceso, quindi, dal 40% ad un valore di poco superiore al 15%.
In particolare, all’art. 40 del capitolato speciale era precisato che sarebbe stato aggiudicato, l’appalto, all’offerta economicamente più vantaggiosa, valutata secondo i seguenti elementi: valutazione economica – 40 punti; valutazione tecnica – 60 punti.

Sennonché, il criterio valutativo subito dopo indicato, dallo stesso capitolato, per l’assegnazione del punteggio economico era il seguente:
Pc = 40 – 10 x (Ctx – Ct min)
(Ct max – Ct min).

Ebbene, tale criterio assegna invariabilmente all’offerta recante il minore ribasso, sia esso anche solo di un euro, un punteggio pari a 30 (Ctx è l’offerta della concorrente presa in considerazione; Ct min è l’offerta economica più conveniente, Ct max quella più elevata); così appiattendo il valore assegnabile all’offerta economica stessa da un range effettivo, potenziale e qualificante, di punti 40 ad uno reale di soli punti 10; così da privare ampiamente di contenuto la stessa offerta economica e da assegnare preponderanza decisiva a quella tecnica, al di là di quello che era il rapporto potenziale oggetto di autolimitazione da parte della stessa amministrazione e che era stato fissato in 40/60.

Ad avviso del Collegio una scelta siffatta appare illogica e contraddittoria, finendo per svilire ingiustificatamente una delle voci principali previste per l’assegnazione dei punteggi e potendo produrre, inoltre, una situazione per cui già all’esito delle operazioni necessarie per l’assegnazione del punteggio all’offerta tecnica la commissione giudicatrice potrebbe essere in grado di definire, sostanzialmente, l’esito della gara.
Assegnando, infatti, alla migliore offerta tecnica un punteggio ottimale di punti 60 e, alle altre graduate, punteggi inferiori di oltre 10 punti, si perverrebbe alla individuazione del vincitore in una situazione in cui la portata dell’offerta economica finirebbe per manifestarsi come del tutto ininfluente ai fini del risultato finale.
E questo è esattamente ciò che si è verificato nella specie, dal momento che l’A.T.I. H., terza graduata in sede di valutazione dell’offerta tecnica, seguiva la prima graduata ad una distanza di circa 20 punti, non recuperabile, quindi, in sede di offerta economica; mentre se fosse stato utilizzabile l’intero divario tra punti 0 e 40 - dalla stessa lex specialis della gara previsto per l’offerta economica - la posizione delle concorrenti ben avrebbe potuto, astrattamente, invertirsi.

E, invero, i criteri di attribuzione del punteggio economico possono essere molteplici e variabili e consentire di pervenire, quindi, a risultati non sempre tra loro coincidenti; ciò che conta è, peraltro, che nell’assegnazione degli stessi venga utilizzato tutto il potenziale range differenziale previsto per la voce in considerazione, anche al fine di evitare un ingiustificato svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta.
Può, quindi, convenirsi, di massima, con l’appellante principale, nel ritenere che l’utilizzazione di un determinato criterio, in se corretto, avrebbe potuto, in astratta ipotesi, comportare - pur utilizzando l’intero differenziale di punteggio 0/40 - l’assegnazione di punteggi non significativamente differenti rispetto a quelli assegnati nella specie; ma non può essere escluso, al contrario, che l’utilizzazione di un differente criterio, parimenti corretto, potesse portare a risultati significativamente differenti e risolventisi, in definitiva, in un differente risultato di gara.
E, in proposito, in un altro giudizio d’appello deciso in pari data proposto da altra concorrente, classificatasi in seconda posizione nella gara in questione, è stato riportato un criterio valutativo esemplificativo pienamente logico (e, tra l’altro, di ordinaria utilizzazione in pubbliche gare) che avrebbe potuto portare ad una radicale inversione nel risultato della gara stessa; criterio che si basa su di una applicazione - che non appare irragionevole - del metodo dell’interpolazione lineare di cui all’allegato B, lett. b), al D.P.R. n. 554/1999, in virtù della quale:
40 – 40 x (Ctx – Ct min)
(BA – Ct min)
(ove Ctx è l’offerta della concorrente presa in considerazione; Ct min l’offerta più economica e BA la base d’asta) sarebbe possibile operare una ripartizione dei punteggi tra le singole offerte economiche che appare connotata da non incongrui rapporti proporzionali, assegnando all’offerta con il maggiore ribasso il punteggio massimo conferibile e poi via via gradando i punteggi fino all’assegnazione potenziale di punti zero all’offerta in ipotesi coincidente con la base di gara (applicando un criterio siffatto il divario di punteggio economico tra le due contendenti eccederebbe i punti 17 a favore dell’odierna appellata, consentendo – anche tenuto conto di quanto si dirà in seguito - un ipotetico rovesciamento dell’esito finale della gara).

Ora, non si vuole certamente dire che un criterio siffatto dovesse essere necessariamente utilizzato nella gara in questione, attesa la già richiamata discrezionalità della stessa in sede di definizione dei criteri di gara; ciò che rileva, invece, è il fatto che possono ipotizzarsi altri criteri valutativi logici e coerenti (al contrario di quello utilizzato in concreto) in grado di portare ad una radicale modificazione dei punteggi da assegnare alle offerte economiche; ciò che radica l’interesse dell’originaria ricorrente alla positiva definizione del gravame.
In definitiva, il criterio utilizzato, nel ridurre l’effettivo divario di punteggio assegnabile all’offerta economica da potenziali punti 40 a non più di punti 10, altera contraddittoriamente i rapporti interni relativi ai punteggi assegnabili alle singole componenti dell’offerta, fino a rendere scarsamente significativo, se non quasi irrilevante, ai fini dell’individuazione del vincitore, l’offerta economica stessa.

Né può convenirsi, infine, con l’appellante nel ritenere che la scelta operata dall’Amministrazione discenderebbe dal carattere assolutamente prevalente, nella specie, della componente tecnica del progetto e dall’estrema complessità dell’appalto; se questo fosse stato vero, come rilevato dai primi giudici, sarebbe bastato differenziare maggiormente il rapporto tra i punteggi massimi relativi alle due componenti, tecnica ed economica, qui in considerazione, mentre era del tutto irragionavole, dapprima, prefigurare – in sede di bando e di lettera d’invito - un differenziale massimo, per l’offerta economica, pari a punti 40 e, subito dopo, in sede di C.S.A., ridurlo ad un quarto del suo valore, di fatto assegnando, immotivatamente, all’offerta tecnica una preponderanza assolutamente determinante.

In conclusione, deve ritenersi che correttamente il TAR abbia annullato l’art. 40 del C.S.A.

9) Ad avviso dell’appellante il T.A.R. avrebbe errato anche nel ritenere illegittimi i criteri di assegnazione di punteggio tecnico elaborati dalla Commissione valutatrice.
In proposito giova premettere che, in base al C.S.A., i 60 punti della valutazione tecnica avrebbero dovuto essere assegnati con i seguenti pesi:

a) per il progetto dell’attività di gestione globale punti 30;
b) per il progetto tecnico degli interventi di manutenzione straordinaria, per la messa in sicurezza, del risparmio energetico nonché di altri interventi necessari al miglioramento del servizio, completo di computo metrico non estimativo, punti 25;
c) descrizione dell’organizzazione aziendale punti 5.

A sua volta, la lettera d’invito richiedeva, ai fini dell’assegnazione del punteggio relativo alla descrizione dell’organizzazione aziendale, delle risorse disponibili e della capacità tecnica aziendale, la descrizione dell’organizzazione complessiva della società, indicando, per consentire alla commissione “un confronto su basi oggettive”, il fatturato in servizi, certificati di buona esecuzione riferiti a servizi identici, numero di punti luce complessivamente in gestione o manutenzione, organico complessivo, numero di automezzi in possesso, numero di telefoni cellulari, elenco attrezzature.
Ebbene, è da ritenere che correttamente i primi giudici abbiano ritenuto illegittima la previsione di assegnazione di punteggio in relazione a tali voci; si tratta, infatti, di requisiti soggettivi delle concorrenti, utili ai fini della valutazione in merito alla ammissibilità alla gara (in quanto volti ad assicurare che le concorrenti stesse si pongano su livelli strutturali, funzionali ed economico finanziari tali da garantire la loro capacità di assolvimento dei compiti conseguenti all’aggiudicazione dell’appalto), mentre non possono essere nuovamente utilizzati anche per graduare i punteggi di gara, in quanto, in tal caso, gli elementi di prequalificazione in questione varrebbero solo a privilegiare i soggetti più strutturati.

In definitiva, il criterio in questione finisce per assumere portata discriminatoria consentendo l’assegnazione alle imprese di maggiori dimensioni e da più tempo presenti sul mercato di beneficiare, solo per tali loro caratteristiche, di un punteggio più elevato rispetto alle concorrenti, invece, più “giovani” e di minore dimensione; il differenziale di punteggio da assegnare alle offerte deve dipendere, invero, in una gara quale quella di specie, dalle caratteristiche del progetto presentato e dal prezzo offerto e non certo dalla valutazione di semplici elementi di prequalificazione che, nell’economia della gara, hanno esaurito la propria funzione nel momento stesso dell’ammissione ad essa della concorrente.

10) La Commissione valutatrice stabiliva, poi, quale sub-elemento di valutazione relativo al progetto tecnico, “l’analisi dello stato dell’impianto esistente”.
Ritiene la Sezione che correttamente il T.A.R. abbia ritenuto illegittima la previsione di tale sub-criterio, in quanto operata solo dalla Commissione valutatrice; se tale voce fosse stata preventivamente inserita, infatti, nella lex specialis (bando, lettera d’invito, C.S.A.) della gara, tra gli elementi oggetto di specifica attribuzione dei punteggi, le concorrenti avrebbero potuto meglio puntualizzare gli aspetti relativi alla voce così indicata.

Si tratta, in definitiva, non di una mera specificazione dei criteri indicati dalla lex specialis di gara, ma della vera e propria enucleazione di un criterio nuovo (al quale, tra l’altro, è stato assegnato un punteggio elevato – punti 8 – che ha contribuito significativamente a differenziare i punteggi delle contendenti, avendo per tale voce l’A.T.I. aggiudicataria fruito di un differenziale favorevole di 3 punti rispetto all’A.T.I. E.S. e di 2 punti rispetto all’A.T.I. H.), che la concorrenti avrebbero dovuto preventivamente conoscere per correttamente modulare, sul punto, le rispettive offerte e che, pertanto, non poteva essere introdotto dalla stessa commissione valutatrice senza determinare, di fatto, un’alterazione della par condicio tra le concorrenti medesime e senza violare i principi di buona amministrazione e di trasparenza dell’azione amministrativa.

Vero che la commissione valutatrice può specificare i criteri di valutazione delle offerte, ma ciò può fare solo in termini circoscritti, assegnando pesi specifici a singole voci che debbono comporre le offerte stesse; voci che, peraltro, debbono essere state sufficientemente precisate da bando, lettera d’invito e C.S.A.; ma tanto non può dirsi in relazione alla voce di cui qui si discute, che è stata puntualizzata, in effetti, solo dalla commissione predetta e che è assente, per converso, negli atti indittivi della gara; in contrario non potendosi ritenere che essa fosse riconoscibile nel “computo metrico non estimativo” che le concorrenti dovevano produrre secondo quanto previsto dalla lettera d’invito e dal C.S.A. non essendovi piena e manifesta identità tra i due elementi in questione, tra l’altro caratterizzati, nella stessa disciplina di gara, da terminologia difforme.

11) - Vanno, infine, rigettate le eccezioni di inammissibilità delle censure testé esaminate in relazione alla asserita mancanza di prova di resistenza.
Le due voci in questione attengono, globalmente, al riparto di punti 13 (5 + 8); il divario tra prima e seconda classificata è inferiore a tale valore; tanto basta a rimettere in discussione l’esito della gara non potendosi, a priori, stabilire in quale modo i punteggi stessi, una volta “recuperati” potrebbero essere ripartiti in modo conforme alla lex specialis della gara; donde l’esigenza di una riformulazione dei criteri e di rinnovazione della gara, tanto più se si tiene conto della già rilevata illegittimità del criterio di assegnazione del punteggio economico.

12) Il rigetto delle censure di cui ai punti da 7 a 11 che precedono vale anche ai fini del rigetto dell’appello n. 7264/2004 proposto dal Comune di Taranto (volto a censurare la sentenza appellata nella sola parte in cui ha accolto le predette censure di merito).

13) L’appello va, invece, accolto per ciò che attiene alla declaratoria, da parte del T.A.R., di nullità dell’aggiudicazione, anziché di inefficacia della stessa.

In proposito si richiama all’orientamento giurisprudenziale espresso di recente dalla Sezione (cfr. 12 novembre 2004, n. 7346), secondo cui all’annullamento degli atti di gara consegue la declaratoria di inefficacia – e non, come ritenuto, invece, dal T.A.R., la nullità – del contratto medio tempore stipulato.
Nella predetta decisione (che di seguito si riporta e dalla quale non vi è ragione di discostarsi) è stato sottolineato, in particolare, che la tesi dell’inefficacia è stata recentemente sostenuta dalla decisione Cons. Stato 6666/2003, secondo cui la caducazione, in sede giurisdizionale o amministrativa, di atti della fase della formazione, attraverso i quali si è formata in concreto la volontà contrattuale dell’Amministrazione, dà luogo alla conseguenza di privare l’Amministrazione stessa, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare; in sostanza, l’organo amministrativo che ha stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’Amministrazione, come la deliberazione di contrattare, il bando o l’aggiudicazione, si trova nella condizione di aver stipulato privo della legittimazione che gli è stata conferita dai precedenti atti amministrativi (cfr. Cass., 20 novembre 1985, n. 5712): “la categoria che viene in gioco in tal caso non è l’annullabilità, ma l’inefficacia. E, infatti, nei contratti ad evidenza pubblica gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono indipendenti quanto alla validità; i primi condizionano, però, l’efficacia dei secondi, di modo che il contratto diviene ab origine inefficace se uno degli atti del procedimento viene meno per una qualsiasi causa” (cfr. Cass., 5 aprile 1976, n. 1197).
Secondo tale impostazione l’inefficacia sopravvenuta derivante dall’annullamento degli atti di gara ovvero del provvedimento di aggiudicazione (in sede giurisdizionale, amministrativa o in via di autotutela) è relativa e può essere fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione. Secondo tali principi, l’annullamento della deliberazione formativa della volontà contrattuale dell’ente "non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima" (art. 23 e 25 c.c.).
Più di recente, si è fatto strada nella giurisprudenza amministrativa l’orientamento della caducazione automatica (Cons. St., Sez. V, 25 maggio 1998, n. 677, in un caso di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione; Cons. St., Sez. V, 30 marzo 1993, n. 435, che afferma il travolgimento automatico del contratto per effetto dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione; Cons. St., Sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244, muovendo dal principio di conservazione degli atti, per cui la graduatoria della gara conserva i suoi effetti per il caso in cui venga meno la prima aggiudicazione, afferma che l’annullamento dell’aggiudicazione in favore del primo graduato comporta l’aggiudicazione automatica in favore del secondo graduato; di recente, Cons. St., Sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218; Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2003, n. 1518).

La tesi della caducazione automatica è stata, poi, di recente approfondita dalla VI Sezione del Consiglio di Stato (cfr. dec. 5 maggio 2003, n. 2332), che ha ripreso la tesi, di matrice dottrinaria, della inefficacia del contratto per mancanza legale del procedimento, vale a dire per carenza del presupposto legale di efficacia del contratto costituito dalla fase di evidenza pubblica (mancanza legale del procedimento), riconducendone l’effetto al principio generale, proprio anche dei negozi giuridici privati collegati in via necessaria, secondo cui simul stabunt, simul cadent.
Altro orientamento della VI Sezione del Consiglio di Stato ritiene accoglibile l’impostazione tradizionale relativa alla normale efficacia caducante dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto conseguente, ma con il temperamento costituito dalla salvezza dei diritti dei terzi in buona fede in applicazione analogica degli artt. 23, comma 2 e 25, comma 2, del codice civile, applicabili alla Pubblica amministrazione in quanto persona giuridica ex art. 11 dello stesso codice (cfr. Cons. St., Sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992).
Il Collegio ritiene di condividere la tesi dell’inefficacia del contratto stipulato medio tempore, nel caso di annullamento giurisdizionale (come in quello dell’ eliminazione a seguito di autotutela o di ricorso giustiziale) degli atti della procedura amministrativa, in forza del rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed il contratto successivamente stipulato.

Nel caso in esame, pertanto, erroneamente il giudice di primo grado ha dichiarato la nullità, anziché l’inefficacia, del contratto stesso.

14) L’accoglimento, solo nei limiti appena precisati, dell’appello qui in esame conduce, poi, alla declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale condizionato svolto dall’A.T.I. appellata.

15) Per i motivi che precedono l’appello in epigrafe indicato, n. 6886/2004, appare fondato nei soli termini e limiti precisati nell’esposizione che precede e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve procedersi alla declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato tra odierna appellante e Comune di Taranto; va respinto l’appello (n. 7265/2004) proposto dal Comune di Taranto; va, invece, dichiarato improcedibile l’appello incidentale condizionato svolto dall’A.T.I. appellata.

Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta:
a) - riunisce gli appelli nn. 6886/04 e 7264/04;
b) - accoglie in parte l’appello n. 6886/04;
c) - respinge l’appello n. 7264/04;
d) - dichiara improcedibile l’appello incidentale;
e) - compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 17 Maggio 2005 con l’intervento dei Signori:
SERGIO SANTORO, Presidente
PAOLO BUONVINO, Consigliere est.
ALDO FERA, Consigliere
MARZIO BRANCA, Consigliere
ANIELLO CERRETO, Consigliere