AFFARI ISTITUZIONALI - 012
1 - T.A.R. Campania - Napoli, sez. IV - 12 gennaio 2000, n. 35
L'articolo 51, commi 3 e seguenti, della legge n. 142 del 1990 (come modificato dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 127 del 1997 - competenze dei dirigenti) non si applica quando il sindaco agisce ex articolo 4, comma 2, della legge n. 47 del 1985. In tale caso infatti il sindaco agisce non tanto come soggetto addetto alla vigilanza e repressione in materia edilizia bensì come soggetto responsabile della tutela di interessi che vanno oltre l'assetto urbanistico del territorio comunale, interessando invece valori di interesse generale e costituzionale.
L’articolo 7 della legge n. 241 del 1990 (avvio del procedimento) non si applica alla fattispecie repressiva di cui all'articolo 4, comma 2, della legge n. 47 del 1985; la struttura chiusa della norma non permette al responsabile dell'abuso di concorrere, contribuire o partecipare al procedimento. L'interesse pubblico è prevalente ope legis, visto che la norma prevede la demolizione delle opere abusive senza alcuna alternativa.
L'articolo 4, comma 2, della legge n. 47 del 1985 nel prevedere l'ordine di demolizione quando sia accertato l'inizio di opere eseguite sine titulo, non impedisce in alcun modo che l'intervento repressivo possa avvenire nel corso dei lavori.

2 - T.A.R. Campania - Napoli, sez. V - 17 marzo 2000, n. 776
Compete al dirigente e non al Sindaco l'emanazione del decreto di occupazione di urgenza
Il Sindaco è incompetente ad emanare un decreto di occupazione di urgenza - La competenza gestionale in luogo di quella politica è un principio affermato dell'attuale ordinamento degli enti locali. Sia l'articolo 51, commi 3 e seguenti, della legge n. 142 del 1990 che l'articolo 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993 attribuiscono ai funzionari gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno.
Normative previgenti, legislative o regolamentari, che attribuiscano le competenze in modo diverso devono intendersi superate in base alla inequivocabile previsione dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 80 del 1998.

1 - T.A.R. Campania - Napoli, sez. IV - 12 gennaio 2000, n. 35

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. IV, composto dai Magistrati:
Dr. Francesco Corsaro Presidente
Dr. Luigi Domenico Nappi Consigliere - relatore
Dr. Silvestro Maria Russo Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 8578/97 R.G. proposto da M.U. rappresentato e difeso dagli Avv.ti F.L. e F.S. presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Napoli via ...

contro

Comune di Pozzuoli in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dall’Avv. to M.F. con il quale domicilia ex lege presso la Segreteria di questo T.A.R.

per l'annullamento

dell'ordinanza n. 46539/92 del 7 ottobre 1997 del Sindaco di Pozzuoli.

VISTI il ricorso ed i relativi allegati;
VISTO l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla pubblica udienza del 24 novembre 1999 il relatore dr. Luigi Domenico Nappi e per il ricorrente l'avv.to F. S.;
RITENUTO e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il gravame in epigrafe notificato il 20 ottobre 1997 e in pari data depositato, il signor M.U. impugna l’ordinanza nella stessa epigrafe specificata con la quale il Sindaco di Pozzuoli ordinava, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 47 del 1985, la demolizione delle opere abusivamente realizzate nell'immobile sito in via Darsena n. 4 e nell'ordinanza medesima così descritte: «rifacimento della guaina di asfalto e pavimentazione del terrazzo di copertura; realizzazione di una ringhiera in ferro lungo il perimetro del suddetto terrazzo nonché l'installazione di una scala in ferro, costituita da n. 6 gradini per la lunghezza di mt 2,00 e larghezza mt 1,00 circa, che, collegata al balcone del verbalizzato, raggiunge il terrazzo di copertura di proprietà condominiale».

Questi i motivi posti a base della impugnativa:
1) Violazione degli articoli 4 e 7 della legge n. 47 del 1985; errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; eccesso di potere;
2) Violazione dell'articolo 4 della legge n. 493 del 1993, come modificata dall'articolo 2, commi 60 e 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; violazione dell'articolo 1 della legge n. 431 del 1985 e disapplicazione della Circolare Ministero BB. CC. AA. n. 9 del 1985 in relazione all'articolo 31 della legge n. 457 del 1978; violazione dei principi generali in materia di sanzioni per abusi edilizi; eccesso di potere; carenza di Istruttoria; travisamento;
3) Violazione delle leggi n. 1150 del 1942, n. 10 del 1977, n. 47 del 1985 (articoli 4 e 7) e n. 94 del 1982; eccesso di potere;
4) Violazione degli articoli 4, 7 e 10 della legge n. 241 del 1990;
5) Incompetenza sindacale;
6) Violazione dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1985 e dei principi generali in materia di potestà sanzionatoria.

Il Comune di Pozzuoli resiste al ricorso assumendone la infondatezza.
Con ordinanza n. 1331 del 22 ottobre 1997 questa Sezione accoglieva la istanza incidentale di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza del 24 novembre 1999 il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.
Il Collegio, chiamato a verificare la legittimità della ordinanza del Sindaco di Pozzuoli, di demolizione delle opere descritte in narrativa perché abusivamente realizzate dal ricorrente, ritiene che nell'esame dei motivi di ricorso deve darsi la precedenza, per il suo carattere assorbente, al motivo riportato in narrativa sub n. 6.
Lamenta con esso il ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso senza la previa valutazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria, ex articolo 13 della legge n. 47 del 1985, asseritamente presentata in relazione alle opere sanzionate.
La censura è infondata in fatto.
In proposito va osservato che la presentazione della predetta domanda trova riscontro negli atti di causa. Non documentata dal ricorrente dallo stesso neppure specificata nei suoi riferimenti cronologici o di protocollo comunale, quella domanda risulta implicitamente smentita dallo stesso ricorrente laddove, (memoria depositata il 12 novembre 1999), tacendo sulla medesima, lamenta la mancata valutazione, da parte dell'Amministrazione, della «possibilità di applicare in luogo della demolizione, la sanzione pecuniaria ex articolo 12». Mostrando, con ciò, di non aver presentato la citata domanda (a fronte della quale com'è noto, v'è obbligo di provvedere dell'Amministrazione non mera possibilità).
Si può ora riprendere l'esame dei motivi di ricorso seguendo l'ordine di esposizione di cui in narrativa.
Con il primo mezzo il ricorrente, muovendo dalla premessa testuale che il provvedimento è stato adottato ex articolo 4 della legge n. 47 del 1985, contesta l'esistenza, nella ipotesi concreta, dei due seguenti presupposti da lui ritenuti costitutivi della fattispecie normativa astratta:
a) vincolo di inedificabilità assoluta nella zona interessata dall’intervento;
b) carattere iniziale dell’opera.
La censura testé indicata può essere esaminata congiuntamente a quella incompetenza sindacale dedotta con il terzo motivo con la quale è strettamente connessa.Entrambe le censure sono prive di consistenza.
Quanto all'argomento sub. a) va notato che il citato articolo 4, secondo comma, si riferisce univocamente ad opere realizzate in aree di cui alla legge n. 1497 del 1939 (tale è, pacificamente, l'area in cui ricade l'intervento in questione).
Quanto all'argomento sub. b) va osservato che l’inciso normativo «quando accerti l'inizio di opere eseguite» (da cui il ricorrente trae argomento per limitare l'esercizio del potere sindacale di demolizione al momento iniziale dell'opera) non può essere interpretato letteralmente come cristallizzazione del potere del sindaco al momento della nascita dell'opera nuova. Va notato che nella locuzione surriportata il termine "inizio” di cui all’articolo 4 della legge n. 47 del 1985 riporta al momento genetico dell'opera mentre la successiva espressione “opere eseguite" rimanda ad opere compiute o che comunque, hanno superato la fase iniziale. Orbene se si facesse cadere l'accento sul momento iniziale facendo coincidere tale momento con la posa della prima pietra o addirittura con i lavori di escavazione o di sbancamento del terreno si dovrebbe conoscere che nella norma v'è una contradditio in adiecto non essendo ipotizzabile la demolizione di un'opera di cui esista non ancora la minima consistenza strutturale un segno esteriore neppure univoco del suo realizzarsi.
Coerentemente alla ratio della norma (che è quella di impedire la compromissione del valore protetto dal vincolo), deve dunque concludersi che con l'inciso in esame la norma ha inteso assicurare l'intervento sindacale in tutto l'arco del processo di realizzazione dell'opera.
Sarebbe del resto strano e inammissibile che al Sindaco fosse consentito di intervenire a tutela del valore paesaggistico quando la lesione di tale valore fosse, per il carattere incipiente dell'opera, di tenue intensità e non invece quando il vulnus fosse in progressione di gravità.
Ad opposta conclusione non può indurre il terzo comma della articolo 4 in esame secondo cui «Ferma rimanendo l'ipotesi prevista dal precedente comma, qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al primo comma, il sindaco ordina l'immediata sospensione dei lavori che ha effetto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli...» perché tale disposizione si riferisce testualmente all'ipotesi in cui siano in gioco soltanto interessi di carattere urbanistico~edilizio e non anche interessi di cui al secondo comma (paesaggistico ecc.).
Le considerazioni appena svolte tolgono consistenza anche alla censura di incompetenza sindacale dedotta con Il terzo motivo.

Il Sindaco che agisce ex articolo 4 della legge n. 47 del 1985 sfugge invero al disposto dell'articolo 6, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che come si sa ha attribuito ai dirigenti comunali la competenza sulle materie nello stesso comma indicate.
Ciò perché in siffatta ipotesi il Sindaco opera come organo di tutela di interessi che trascendono l'assetto strettamente urbanistico-edilizio del territorio comunale ed investono un valore (paesaggistico) di rilevanza costituzionale e di portata generale. Il Sindaco, in altri termini, opera come rappresentante di un ente esponenziale di una collettività parte della comunità nazionale che è inscindibilmente titolare del valore paesaggistico.

Con il motivo n. 2 il ricorrente prospetta la tesi che le opere indicate nel provvedimento impugnato rientrerebbero nel novero degli interventi per i quali l'articolo 2, comma 60, n. 7, della legge n. 662 del 1996 ritiene sufficiente la cosiddetta D.I.A. (denuncia inizio attività) indipendentemente, quindi dalla previa acquisizione di un provvedimento abilitativo.
La censura rivela facilmente la sua inconsistenza appena si consideri che la stessa norma al n. 8 sottrae al regime D.I.A. le opere realizzate su immobili che ricadono in zona vincolata ex legge n. 1497 del 1939.
Il ricorrente per superare quest'ultimo ostacolo ha richiamato la sentenza 29 dicembre 1995, n. 529 della Corte Costituzionale, favorevole alla possibilità di realizzare, su immobili preesistenti gravati da vincoli di inedificabilità, interventi di manutenzione ordinaria e/o straordinaria.
Tale riferimento giurisprudenziale non appare però pertinente in quanto l'intervento in questione non è sussumibile nella categoria degli interventi di manutenzione. Trattasi invero di pavimentazione del terrazzo di copertura dell'immobile preesistente, di una ringhiera in ferro apposta lungo il perimetro del terrazzo di copertura dell'immobile di una scala in ferro (bene evidenziata nella riproduzione fotografica depositata in giudizio) composta di sei scalini, lunga mt. 2 e larga mt. 1 che collega il balcone del ricorrente col terrazzo di copertura di proprietà condominiale. Si tratta a ben vedere di opere che rappresentano entità nuove ed aggiuntive rispetto alla struttura preesistente. Suscettibili di incidere sull'armonia intrinseca al preesistente equilibrio ambientale, esse richiedevano, per la loro realizzazione, e l'autorizzazione comunale ex articolo 48 della legge n. 457 del 1978 e l'autorizzazione paesaggistica ex articolo 7 della legge n. 1497 del 1939.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la eccessività della sanzione della demolizione per la presunta modestia dell'intervento de quo passibile, a suo dire, della sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 10 della legge n. 47 del 1985.
Anche tale censura deve essere disattesa.
Sfugge invero al ricorrente che il provvedimento è stato emesso ex articolo 4 della legge n. 47 del 1985 e che tale norma prevede, a presidio del valore protetto (che la norma stessa presume, con apprezzamento legislativo tipico, compromesso dall'opera nuova realizzata senza titolo) la sanzione unica e rigida della demolizione, indipendentemente dalla natura ed entità dell'opera realizzata.

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento prescritto dall'articolo 7 della legge n. 241 del 1990.
Neppure tale vizio sussiste.
La fattispecie normativa dell'articolo 4 della legge n. 47 del 1985 ha una struttura rigida e vincolata che non lascia al responsabile dell'abuso alcuno spazio per concorrere, in funzione partecipativa, a far emergere alla dialettica degli interessi contrapposti l'interesse pubblico da soddisfare. Tale interesse è invero legislativamente predeterminato dalIa norma medesima che prevede come atto dovuto la demolizione per le opere abusive.
Alla stregua delle considerazioni svolte deve dunque concludersi che il provvedimento impugnato è stato correttamente adottato dalla Amministrazione.
Il ricorso pertanto deve essere respinto.
Si ravvisano peraltro valide ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Napoli, Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe proposto da M.U. lo respinge siccome infondato.
Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 24 novembre 1999

2 - T.A.R. Campania - Napoli, sez. V - 17 marzo 2000, n. 776

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regione della Campania, Napoli, sez. V, composta da:
Italo Vitellio - Presidente
Alessandro Pagano - Consigliere rel. est.
Fabio Donadono - Cons.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso ti. 119/1999 proposto da: D.P.M.L. rappresentata e difesa dall'avvocato O.A. ed elettivamente domiciliato alla via ...,

contro

Il Comune di Scisciano in persona del legale rappresentante pt; rappresentato e difeso dall’avvocato A.S. con la quale domicilia in Salerno ... e pertanto da intendersi elettivamente domiciliato presso la segreteria generale del T.A.R. Campania, p.zza Municipio Napoli, ex art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054;
L’edilizia 2002 s.a.s. di F.M., in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in S. Giuseppe Vesuviano; rappresentata e difesa dall’avvocato G.C. con cui domicilia in Napoli, via ...;

per l’annullamento

- del decreto di occupazione di urgenza del commissario straordinario del Comune di Scisciano prot. 4291 n. 2/1998 del 2 settembre 1998; dell’atto dell’avviso di immissione in possesso 4292 del 2 settembre 1998;
- del verbale di immissione in possesso del 30 settembre 1998; della delibera del consiglio comunale n. 2 del 17 marzo 1998; del decreto del sindaco di Scisciano del 14 agosto 1997 n. 3/1997; del verbale relativo agli stati di consistenza del 10 settembre 1997; della delibera di G.M. n. 303 del 29 maggio 1997; delle delibere di C.C. n. 130 del 1986 e n. 34 del 1991; della delibera di G.M. n. 397 del 10 luglio 1997 e della delibera di G.M. n. 398 del 10 luglio 1997; delle delibere di C.C. n. 67 del 26 luglio 1996 e n. 70 del 16 settembre 1996; della delibera di C.C. n. 127 del 20 settembre 1986; delle delibere di approvazione dei progetti e delle varianti; del decreto sindacale n. 4/1998; delle delibere di C.C. n. 34 del 23 maggio 1991 e n. 68 del 5 ottobre 1991; della delibera di G.M. n, 274 del 12 novembre 1992;

visti tutti gli atti e documenti di causa;
uditi all’udienza del 7 marzo 2000 - reI. il cons. A. Pagano - gli avv.ti: come da verbale di udienza;
ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con il presente ricorso, notificato il 7-8 ottobre 1998 e depositato il 15 ottobre 1998, la signora M.L.D.P. si duole che il Comune di Scisciano abbia assegnato il diritto di superficie alla impresa cooperativa edilizia 2002 s.a.s. di un’area di piano di zona del Comune di Scisciano per la realizzazione di un non meglio specificato programma costruttivo ERP, ai sensi dell’articolo   51 della legge n. 865 del 1971.
Osserva ancora che, a seguito della comunicazione del decreto di occupazione di urgenza n. 2/1998 del 2 settembre 1998 si è appreso che con delibera consiliare n. 2 del 17 marzo 1998, erano state assegnate in diritto di proprietà delle aree site in località Spartimento lotto A, come riportare nella successiva convenzione stipulata in data 10 luglio 1998.
Osserva quindi che in tal modo è stato del tutto pretermesso il diritto della ricorrente ex articolo 35 legge n. 865 del 1971 di vedersi attribuita la preferenza per l’assegnazione del relativo lotto.

Impugna quindi gli atti indicati, con specifico riferimento al decreto di occupazione di urgenza n. 2 del 2 settembre 1998, articolando 11 motivi di gravame.

Col primo motivo, deduce la violazione dell’articolo 13 della legge n. 2359 del 1865, l’articolo 1 della legge n. 1 del 1978 e l’articolo 35 della legge regionale n. 51 del 1978.
Osserva che nel caso in esame non risultano fissati nel primo atto procedurale i termini di cui all’art. 13 predetto.

Con il secondo motivo, deduce la violazione della legge n. 241 del 990 in tema di violazione delle garanzie procedimentali relative alla partecipazione al procedimento ablatorio.

Con il terzo motivo, si duole che l’occupazione di urgenza sia stata stabilita per la durata massima di cui all’articolo 20 della legge n. 865 del 1971, senza che sia stata fornita una qualche motivazione.

Con il quarto mezzo, si evidenzia la violazione di legge per la mancata indicazione della indennità di occupazione.

Cori il quinto motivo, lamenta la atipica e farraginosa procedura espropriativa seguita dal Comune di Scisciano in quanto gli stati di consistenza sono stati predisposti nel 1997 a distanza notevole di tempo dal decreto di occupazione di urgenza del 1998.

Con il sesto motivo, si è ritenuta palesemente illogica la scelta di realizzare l’intervento ERP sul fondo della ricorrente determinandone lo smembramento in tre parli.

Con il settimo motivo, si assume la violazione della disciplina di cui alla legge n. 865 del 1971 in quanto non risulterebbe che il Comune di Scisciano abbia posto in essere un procedimento concorsuale di evidenza pubblica per l'assegnazione delle aree in questione.

Con l’ottavo motivo, si contesta l’assegnazione dell’area alla Edilizia 2002 s.a.s. che, ad avviso della ricorrente, non era meritevole di tale assegnazione in proprietà delle aree, considerato che per 12 anni non aveva realizzato alcun intervento: a decorrere cioè dal 1986, anno in cui era stata dichiarata titolare del diritto di superficie.

Con il nono motivo, si assume che a quanto sembra l’area assegnata alla Edilizia 2002 s.a.s. è stata modificata a seguito di un nuovo progetto ERP, sicché resta da accertare se sono state svolte tutte le indagini per la prevenzione del rischio sismico.

Con il decimo mezzo di gravame si è dedotta la incompetenza del sindaco in relazione alla occupazione di urgenza.

Con l’undicesimo motivo, si assume la radicale illegittimità dell’assegnazione delle aree in diritto di proprietà alla Edilizia 2002, in quanto l’articolo 35 della legge attribuisce un titolo di preferenza a favore dei proprietari espropriati: preferenza del tutto obliterata con riferimento alla ricorrente.

Ha depositato successiva memoria in data 6 marzo 1999.

2. Si è costituita l’Edilizia 2002 s.a.s. chiedendo la reiezione del gravame.

In particolare, ha osservato che non sussiste la violazione dell’articolo 13 della legge n. 2359 del 1865.
Osserva infatti che il Comune ha correttamente adempiuto a tale obbligo di legge con il primo atto della procedura espropriativa e cioè con la delibera di G.M. n. 397 del 10 luglio 1997.
Rileva inoltre che la procedura è iniziata nel 1997 a seguito della notifica del decreto del sindaco di Scisciano che autorizzava la redazione dei verbali di consistenza delle aree da occupare: sicché la mancata impugnazione di tale provvedimento rende irricevibile il ricorso e superabile ogni questione circa la comunicazione dell’inizio del procedimento.
Deduce ancora la infondatezza dei restanti motivi, osservando, dettagliatamente, che le aree interessate alla procedura di occupazione di urgenza sono quelle ricomprese nel piano di zona 167 di edilizia residenziale pubblica, approvato con la delibera del consiglio comunale n. 7 del 30 gennaio 1996 sicché, quale atto immediatamente lesivo, lo stesso doveva essere immediatamente impugnato.
lnfìne al decimo motivo di ricorso, si osserva che il Comune di Scisciano con delibera di G.M. n. 398 del 1997, autorizzato l’Edilizia 2002 s.a.s. ad occupare le aree oggetto di occupazione, dando mandato al sindaco di porre in essere tutti gli atti necessari per la esecuzione di quanto oggetto della delibera.

3. All'udienza indicata, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Per la definizione della presente controversia, è utile ricostruire i fatti di causa partendo dal decreto n. 2/1998 del 2 settembre 1998 con cui si è disposta l'occupazione dei suoIi della attuale ricorrente, da parte della Edilizia 2002 sas, autorizzata ad occupare in nome e per conto del Comune di Scisciano: trattasi di atto notificato alla D.P. a mezzo posta il 4 settembre 1998.
Dalla premessa di tale decreto, si evincono i principali atti che hanno interessato la vicenda relativa alle aree site in località Spartimento per l’intervento di edilizia residenziale pubblica, contestato: in particolare, il decreto n. 2/1998, menziona esplicitamente quello sindacale n. 3/1997 del 14 agosto 1997 con cui si è disposto per la redazione dei verbali di consistenza delle aree da occupare.
A seguito di tale decreto n. 3/97, in data 10 settembre 1997 si procedette, in particolare, alla redazione dello stato di consistenza: il relativo verbale risulta, vale sottolineare, effettuato in presenza della signora D.P., attuale ricorrente, che si riservava nella circostanza «ogni azione e diritti conseguenti alla procedura espropriativa di cui al presente stato di consistenza».
E' agevole allora dedurre che l'attuale gravame è tardivo per tutti i profili impugnatori che riguardano gli atti della precedente procedura fino al decreto di occupazione n. 2/1998 a seguito della cui notifica l’attuale ricorrente ha adito il giudice amministrativo.
In altri termini, con la notifica del decreto n. 3/1997 (notifica di cui si dà atto nel relativo verbale di consistenza già citato) la D.P. è stata messa a conoscenza dell’esistenza della procedura e pertanto posta in condizione di dolersi di tutti gli atti ad essa connessi.
Va specificamente affermato che il decreto di occupazione n. 3/1997 ha determinato la piena conoscenza e impugnabilità non solo di quell’atto stesso, ma anche degli atti, allo stesso connessi, relativi a quella procedura ablatoria.

L’urgenza di partecipazione procedimentale che, in via di principio, la ricorrente legittimamente invoca si concreta, in applicazione del generalissimo canore ubi commoda ibi incommoda, in un relativo onere di diligenza del cittadino, il quale, per il principio delle forme equipollenti, una volta venuta a conoscenza di una procedura ablatoria che lo riguarda (nel caso in esame con il predetto decreto n. 3/1997), non solo deve impugnare nei termini decadenziali, ma deve altresì ritenersi da quella data, avvisato del procedimento che lo riguarda e sollecitato ad informarsi e a indicare tutti gli atti che quella procedura ha determinato e determinerà, in un nesso di specifica conseguenzialità.
Può quindi concludersi e ribadirsi che dalla notifica del decreto n. 3/1997 la ricorrente è stata posta a conoscenza del procedimento ablatorio, relativo all'intervento ERP in località Spartimento e non può pertanto, solo dopo la notifica del decreto di occupazione di urgenza del 2 settembre 1998, impugnare atti connessi a tale procedura che la ricorrente aveva l’onere di impugnare già a seguito della notifica del decreto n. 3/1997.
Va sottolineato che il decreto del 2 settembre 1998 non ha peraltro attualizzato danni che, prima della sua emissione, non potevano ricondursi agli atti indicati, fondanti la presente procedura.
A conferma di tale deduzione, il Tribunale sottolinea come dalla prima pagina del ricorso, si evinca che le varie delibere impugnate siano indicate quali «non conosciute» dalla parte ricorrente e quindi gravate esclusivamente a seguito della notifica del decreto n. 2/1998: è agevole però replicare, come già sottolineato, che il decreto n. 2/1998 è conseguenziale al decreto n. 3/1997 di autorizzazione della redazione dei verbali di consistenza delle aree da occupare, pertanto la ricorrente non può legittimamente obiettate che non conosce le delibere ora impugnate.

Resta quindi da valutare il gravame, solo per quanto attiene al decreto n. 2/1998.
Rispetto a tale decreto, va accolto il rilievo che il sindaco (rectius: il commissario straordinario) è incompetente alla emissione del decreto di occupazione di urgenza, rimettendosi l'affare al dirigente competente.
La competenza del livello burocratico – amministrativo, al posto di quello “politico”, costituisce infatti un principio fondamentale dell’attuale legislazione, con riferimento specifico alla disciplina degli enti locali (cfr. articolo 51, commi 3 e seguenti, della legge n. 142 del 1990 - come modificato dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 127 del 1997 - n.d.r.).
In particolare, il decreto legislativo n. 29 del 1993 demanda ai dirigenti l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno.
Né possono richiamarsi precedenti normative che abbiano disciplinato differentemente la competenza in materia, anche a livello regionale.

Va infatti osservato che, in base all’articolo 45 del decreto legislativo n. 80 del 1998, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di Governo l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti.

(Vale precisare che nel senso indicato, è interpretato il decimo motivo - qui accolto - anche se lo stesso, pur incentrato sulla incompetenza del sindaco, la afferma con riferimento al rapporto di delega con il Consiglio comunale e no rispetto alla totale riconduzione della attività amministrativa al livello burocratico: in argomento, in generale, sulla interpretabilità dei motivi, (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 27 aprile 1990, n. 380).

Il ricorso è pertanto da accogliere limitatamente all’annullamento del decreto n. 2/1998 del 2 settembre 1998 ed è da rigettare per quanto riguarda le restanti censure.

P.Q.M.

Il T.A.R. della Campania – Napoli, sez. V, pronunciando sul ricorso summenzionato, in parte accoglie, in parte rigetta, come da motivazione. Spese di causa interamente compensate.

Ordina all’amministrazione di uniformarsi.

(Negli stessi termini T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 13 aprile 2000, n. 1057)