EDILIZIA - 057
T.A.R. Lombardia, sezione Brescia, 2 aprile 2002, n. 553
Leggi regionali Lombardia n. 15 del 1996 e n. 18 del 2001 (recupero sottotetti).

Si tratta di fattispecie anteriore alla legge regionale n. 18 del 2001: la sentenza riconosce la legittimità del diniego al sopralzo per il recupero di un sottotetto in base alla legge regionale Lombardia n. 15 del 1996, da realizzare su un edificio costruito dopo l'entrata in vigore della predetta legge, per cui i sottotetti "esistenti" recuperabili in deroga alle norme locali sono quelli "esistenti" all'entrata in vigore della norma derogatoria e non, come asserito dalle diverse Circolari interpretative della regione Lombardia, anche quelli che divengono "esistenti" ... nel futuro. La pronuncia è in linea con la nota precedente T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 31 luglio 2001, n. 5310.
La questione è attualmente superata dall'entrata in vigore della legge regionale n. 18 del 2001 la quale con una disposizione asseritamente "interpretativa" ma in realtà "innovativa" ha esteso il recupero dei sottotetti, in deroga alle norme locali, anche agli edifici posteriori al 1996 e a quelli che verranno ad esistere nel futuro.
In relazione a quest'ultima norma è stato sollevata eccezione di illegittimità costituzionale davanti alla Consulta con ordinanza del T.A.R. Lombardia, sez. II, con ordinanza 12 febbraio 2002, n. 24 e, qualora e fosse disposto l'annullamento, non potrebbe che riprendere vigore l'interpretazione (in realtà la lettura piana) che limita l'ambito di applicazione del recupero (in deroga) dei sottotetti solo a quelli esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge regionale n. 15 del 1996.
Alla data odierna, dunque, verificati i presupposti di legge, non può essere negato il recupero dei sottotetti che "vengono in esistenza" in seguito a nuove costruzioni.
La pronuncia sottoriportata offre comunque alcuni interessanti spunti di riflessione:
- la legge regionale n. 15 del 1996 (e la successiva modifica con legge regionale n. 22 del 1999) si applica (o si applicava) ai soli sottotetti già esistenti a quel tempo; tale considerazione non scaturisce da una interpretazione essendo chiarissimo il significato delle parole già contenute nel titolo;
- la legge regionale n. 18 del 2001 non può essere considerata "interpretativa" (anche se tale è stata qualificata dalla regione) bensì innovativa, per cui è legittimo il diniego opposto ad una domanda di concessione antecedente l'entrata in vigore di quest'ultima norma (al contrario, se fosse stata una norma interpretativa, avrebbe avuto effetto sin dall'entrata in vigore della norma interpretata);
- anche dopo l'entrata in vigore della legge regionale n. 18 del 2001 si deve trattare di recupero di sottotetto esistente (ancorché posteriore al 1996) e, per essere esistente, anche se non può essere richiesta un'altezza minima, deve essere completo della copertura; sono dunque da disattendere (anche se astrattamente ragionevoli) le istruzioni regionali emanate con circolare secondo le quali  qualsiasi chiusura superiore configurerebbe l'esistenza di un sottotetto.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione staccata di Brescia
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.394/2001 proposto da S. s.r.l. rappresentata e difesa dall’avv. G.D. ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in ...

contro

COMUNE DI MONIGA DEL GARDA in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. G.O. ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in ...

per l'annullamento

dell’ordinanza del 9.2.2001, notificata il 13.2.2001, prot. n. 861, con la quale il responsabile dell’area tecnica del comune di Moniga del Garda, a seguito di presentazione di D.I.A., denegava l’autorizzazione ad eseguire lavori di ampliamento di sottotetto; del diniego di autorizzazione paesistica del 13.2.2001, prot. n. 946 del medesimo responsabile; di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese e domande;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito il ref. Elena Quadri, designato relatore per l’udienza del 25.1.2002;
Uditi i difensori del ricorrente e del resistente;
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 7.4.2001 e depositato l’11.4.2001, la ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, afferenti il diniego di autorizzazione all’ampliamento di sottotetto a seguito di presentazione di D.I.A., deducendo i seguenti motivi quanto alla ordinanza n. 861:

1. Violazione degli artt. 7-8-10 della legge 7.8.1990, n. 241: l’amministrazione non avrebbe preventivamente comunicato all’interessata l’avvio del procedimento teso all’emanazione del provvedimento di diniego.

2. Violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 15, del D.L. 5.10.1993, n. 398, convertito in legge 493/98, dell’art. 4 della legge regionale 19.11. 1999, n. 22, degli artt. 1-2-3 della legge regionale  15.7.1996, n. 15 e dell’art. 12 delle preleggi: il comune, tenendo conto del parere espresso dalla commissione edilizia e del parere del proprio legale, ma non di quello espresso dal legale del ricorrente, avrebbe ritenuto la normativa regionale sul recupero dei sottotetti applicabile esclusivamente a quelli esistenti al momento dell’entrata in vigore della legge regionale 15/96, basandosi solo sull’interpretazione letterale della norma e non su quella sistematica, né tenendo in alcuna considerazione le circolari interpretative della Regione. La norma avrebbe, invece, dovuto essere interpretata in conformità con la sua ratio consistente nel principio del recupero degli spazi abitativi non utilizzati, sia per limitare il consumo di territorio per l’edificazione, sia per il risparmio energetico e dovendo, quindi, essere applicata anche agli edifici costruiti dopo la sua entrata in vigore, purché esistenti almeno al rustico al momento della presentazione della domanda di concessione, ora sostituita dalla D.I.A..

Quanto al diniego di autorizzazione paesistica, oltre che per invalidità in via derivata, la stessa sarebbe illegittima anche per il seguente motivo:

3. Violazione o falsa applicazione degli artt. 7 della legge 241/90, 5 della legge regionale 22/99, 151 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490, 2-4-5-8 della legge regionale 9.6.1997, n. 18; 
Sviamento di potere: il diniego di autorizzazione paesistica, oltre a non essere stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, non sarebbe stato preceduto dall’acquisizione del parere della commissione edilizia. Lo stesso, inoltre, sarebbe fondato esclusivamente su considerazioni di natura urbanistica, che non rilevano nel distinto procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Si è costituito il resistente comune, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dello stesso gravame per carenza di interesse.

Alla pubblica udienza del 25.1.2002, il gravame è stato, quindi, trattenuto per la decisione.

DIRITTO

La ricorrente, titolare di concessioni edilizie per la costruzione di alcuni edifici siti nel comune di Moniga del Garda, impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, afferenti il diniego di autorizzazione all’ampliamento di sottotetti a seguito di presentazione di D.I.A., nonché il diniego di autorizzazione paesistica, deducendo, sostanzialmente, l’errata interpretazione della legge regionale sul recupero dei sottotetti 15.7.1996, n. 15 da parte dell’amministrazione comunale.
Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità sollevata dal comune per la quale la ricorrente non avrebbe interesse alla decisione del presente gravame in quanto i sottotetti oggetto della presente controversia non esisterebbero, consistendo in mere intercapedini di circa 60 cm, e mancando, dunque, i presupposti per l’applicazione della normativa sul recupero dei sottotetti.
Tale eccezione non appare fondata, sia per la mancata prova dei fatti sui quali si basa, sia perché i provvedimenti di diniego impugnati qualificano proprio come sottotetti quelli per i quali era stata presentata la D.I.A. dalla ricorrente. 
In ogni caso, dalla nuova formulazione dell’art. 2 della legge regionale n.15/96 a seguito delle modifiche apportate allo stesso dall’art. 6 della legge regionale n. 22/99, che ha introdotto la possibilità di modifica dell’altezza di colmo o gronda e della linea di pendenza delle falde, non risulta che i sottotetti, per essere qualificati tali, debbano avere un’altezza minima determinata.

L’eccezione si ritiene, comunque, priva di rilievo per le considerazioni che seguono, alla luce delle quali il gravame in questione è da respingere nel merito.

Con riferimento al primo motivo, lamenta parte ricorrente che il comune non avrebbe provveduto a comunicare l’avvio del procedimento di emanazione dell’atto di diniego, neanche con riferimento alla denegata autorizzazione paesaggistica.

Deve in proposito osservarsi che per costante giurisprudenza l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo è da ritenersi escluso in tutti i casi di procedimenti instaurati ad iniziativa dello stesso interessato, come nella fattispecie in esame, nella quale la ricorrente ha presentato una D.I.A. per comunicare l’avvio delle opere di recupero dei sottotetti ed ha richiesto l’autorizzazione paesaggistica. Né si può affermare, come fa’ la S. s.r.l., che il provvedimento inibitorio è stato emesso senza darle la possibilità di formulare le proprie osservazioni in proposito e ledendo, così, il proprio diritto alla partecipazione nel procedimento. Dalla documentazione versata in atti risulta, infatti, che la ricorrente ha preso parte al procedimento in esame presentando osservazioni tramite il proprio legale. La mancata comunicazione lamentata non ha, dunque, in concreto, prodotto alcun effetto negativo nei diritti di partecipazione dell’interessata.

Con riferimento al secondo motivo, la ricorrente adduce a sostegno delle proprie argomentazioni l’errata interpretazione da parte del comune dell’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 15/96 che sarebbe, invece, applicabile, come sostenuto anche dalle circolari regionali nonché, da ultimo, dalla legge di interpretazione autentica 23.11.2001, n. 18, in quanto tale applicabile retroattivamente, ai sottotetti esistenti al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia ovvero della denuncia di inizio attività e non solo a quelli esistenti al momento dell’entrata in vigore della stessa legge regionale.

Tali argomentazioni non sono da condividere.

Con riferimento alla situazione normativa antecedente la legge regionale n. 18/2001, senza dubbio è da condividere l’interpretazione che dell’art. 1 della legge regionale n. 15/96 ha fornito il comune. La chiara prevalenza dell’elemento del recupero nelle disposizioni di tale legge non consente la loro applicabilità agli edifici realizzati dopo l’entrata in vigore della legge stessa, tenuto anche conto della deroga agli strumenti urbanistici prevista dal comma 3 dell’art. 3 della legge, che non può interpretarsi nel senso di una deroga a regime per tutte le nuove costruzioni.
Del resto, dallo stesso titolo della legge “Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti” non può in alcun modo ricavarsi un’interpretazione che ne estenda l’applicazione ai sottotetti non ancora esistenti al momento dell’entrata in vigore della normativa, essendo chiarissimo il significato delle parole contenute nel titolo della disposizione, in omaggio al primo criterio di interpretazione prescritto dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile che deve essere, appunto, quello letterale. Né possono avere alcun rilievo i lavori preparatori della legge o le circolari regionali intervenute sul punto, perché i primi possono solo servire di ausilio nel caso in cui non sia chiara la voluntas legis, e perché le seconde non hanno alcun valore vincolante, soprattutto se in palese contrasto con l’evidente significato della disposizione normativa.

Quanto alla legge regionale 23.11.2001, n. 18 - intervenuta, probabilmente, non per reali esigenze interpretative della norma, che non esistevano essendo molto chiaro il suo significato, bensì per mere ragioni di opportunità - non sembra che la stessa possa produrre alcun effetto sulle situazioni verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore. Dall’esame del suo titolo, infatti, “Interpretazione autentica ed integrazione della legge 15 luglio 1996, n. 15…”, nonché dall’esame delle integrazioni che la stessa apporta all’art. 1, comma 4, della legge regionale 15/95, aggiungendo dopo le parole “degli edifici di cui al comma 2” quelle dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”, la normativa non sembra avere carattere squisitamente interpretativo, ma piuttosto novativo, trovando, quindi, applicazione solo per il futuro.

Né, per l’autorevole insegnamento della Consulta, basta a conferire la qualificazione di norma d’interpretazione autentica ad una legge il semplice titolo che, peraltro, nella specie, è ambiguo, dovendosi, invece, accertare nel caso concreto la reale natura della stessa.
Alla norma in esame, dunque, non può attribuirsi la reale natura di legge di interpretazione autentica, bensì quella di norma a carattere novativo, non applicabile, quindi, retroattivamente.

Ma anche in conformità della nuova formulazione dell’art. 1 della legge regionale n. 15/96 il motivo in esame sarebbe da disattendere, richiedendo la norma esplicitamente che al momento della presentazione della D.I.A. per l’ampliamento dei sottotetti gli immobili siano esistenti almeno allo stato rustico e con la copertura completata, mentre, come si evince dallo stesso ricorso, gli immobili in questione esistevano sì al rustico, ma non ne era stata ancora completata la copertura (copertura che, ad opinione della ricorrente, non avrebbe alcuna rilevanza in ossequio alle interpretazioni fornite dalle circolari regionali e che, in ogni caso, non coinciderebbe con il sottotetto ma con qualsiasi chiusura superiore), essendo solo stato completato il solaio del primo piano.

Ritiene, invece, il collegio che la ratio di recupero sottesa alla normativa di specie possa resistere, anche successivamente alle integrazioni apportate dalla legge regionale n. 18/2001, solo a condizione che la copertura esistente al momento della presentazione della D.I.A. si identifichi nella copertura superiore dell’intero edificio e, quindi, nel tetto, non potendo, altrimenti, rinvenirsi in alcun modo un sottotetto esistente da recuperare.

La censura è, quindi, da disattendere.

Con riferimento, infine, al terzo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente lamenta che il diniego dell’autorizzazione paesaggistica sarebbe stato illegittimamente motivato con le stesse ragioni urbanistiche sottostanti il diniego dell’autorizzazione all’ampliamento dei sottotetti, deve, al contrario, osservarsi che la questione ambientale è stata correttamente considerata dall’amministrazione assorbita dalla questione urbanistica che rendeva a priori inammissibile l’intervento richiesto. Doveva, infatti, considerarsi inutile ogni considerazione di ordine paesaggistico ed ogni ulteriore parere della commissione edilizia, esistendo le preclusioni di ordine urbanistico che avrebbero, comunque, impedito l’intervento.

Per le suesposte considerazioni il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna la ricorrente a corrispondere le spese di giudizio a favore dell’amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi euro 1.500 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa.
Così deciso, in Brescia, il 25.1.2002, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Francesco Mariuzzo Presidente
Alessandra Farina Giudice
Elena Quadri Giudice estensore