AFFARI ISTITUZIONALI - 053
Consiglio di Stato, sezione V, 1 aprile 2004, n. 1812 (annulla T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, n. 394 del 2003)
L'articolo 107 del d.lgs. n. 267 del 2000 che prevede le competenze dirigenziali prevale sull’art. 21, comma 5, della legge n. 109 del 1994 che vieta la partecipazione alla commissione di soggetti che abbiano predisposto gli atti della procedura, per cui il dirigente coinvolto può comunque presiedere la commissione di gara e disporre l’aggiudicazione.
La qualità di procuratore deve essere documentata e non può essere semplicemente dichiarata appellandosi all'art. 46, lett. u) del d.P.R. n. 445 del 2000 (1)

(1) In realtà si trattava di un procuratore del ... procuratore per cui la dichiarazione è apparsa inidonea per conoscere gli effettivi poteri di rappresentanza.

Di interesse sul punto in materia di presidenza della commissione: Consiglio di Stato, sezione V, 18 settembre 2003, n. 5322

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

- sul ricorso in appello n. 2713/2003 del 01/04/2003, proposto dalla L.E. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. S.A.R., con domicilio eletto in ...

contro

il Comune di Monopoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. F.G.L.G., con domicilio eletto in ...
Società W.I. S.p.A., non costituitasi;
M. S.c. a r.l., non costituitasi;

per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: Sezione I. n. 394/2003, resa tra le parti, concernente affidamento dei servizi ecologici nel territorio comunale ;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli;

- sul ricorso in appello n. 3145/2003 dell’11/04/2003, proposto dal Comune di Monopoli, rappresentato e difeso dall’avv. F.G.L.G., con domicilio eletto in ...

contro

la Società W.I. S.p.A., non costituitasi;
M. S.c. a r.l., non costituitasi;

e nei confronti della Società L.E. s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. S.A.R., con domicilio eletto in ...

per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: Sezione I, n. 394/2003, resa tra le parti, concernente appalto concorso per l’affidamento dei servizi di igiene urbana nel territorio comunale;

Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art. 23-bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Alla pubblica udienza del 25 Novembre 2003, relatore il Consigliere Cons. Goffredo Zaccardi ed uditi, altresì, gli avvocati S.A.R., F.G.L.G.;

FATTO E DIRITTO

1) I fatti di causa possono essere dati per conosciuti così come analiticamente ricostruiti nella parte espositiva della sentenza appellata e negli scritti difensivi delle parti appellanti.

2) I due appelli indicati in epigrafe devono essere riuniti perché diretti all’annullamento di una unica sentenza e, quindi, perché connessi sia soggettivamente che oggettivamente.

3) Ritiene il Collegio di poter prescindere dalla eccezione di tardività, sollevata nell’appello n. 2713/2003 proposto dalla L.E. s.r.l. e diretta a far valere il mancato rispetto dei termini di impugnazione, da parte della Associazione di imprese ricorrente in primo grado ed attuale appellata, con riguardo alle censure dirette all’annullamento degli atti costitutivi della Commissione di gara, per la fondatezza nel merito delle censure svolte negli appelli qui esaminati in ordine al capo della sentenza che ha ritenuto la illegittimità della composizione della Commissione in questione perché presieduta dal dirigente comunale preposto alla sesta ripartizione dirigente che, in tale veste, aveva predisposto gli atti preliminari del procedimento, approvato i verbali di gara ed adottato l’atto di aggiudicazione.

La decisione appellata ha ritenuto, essenzialmente, che il richiamo effettuato nel bando di gara (punto 15) alle vigenti norme previste dalla legge n. 109/94 – quindi anche all’art. 21, quinto comma, e dal d.P.R. n. 554/99 per la nomina della Commissione di gara chiamata ad individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa cui aggiudicare il servizio di eliminazione dei rifiuti, disinfestazione ed altri analoghi, comportasse il divieto della partecipazione quale componente della Commissione del dirigente che aveva predisposto gli atti della procedura ed, inoltre, la sua incompatibilità ad approvare gli atti stessi e ad emettere il provvedimento di aggiudicazione finale.

E’ noto che la disposizione richiamata prevede che i componenti delle Commissioni di gara non debbono aver svolto, né possono svolgere, alcuna altra funzione od incarico tecnico o amministrativo relativamente ai lavori oggetto della procedura e non possono far parte di organismi che abbiano funzioni di vigilanza e controllo rispetto ai lavori stessi. Da ciò il primo giudice ha fatto discendere la incompatibilità del dirigente della sesta ripartizione comunale a partecipare alla procedura concorsuale in questione e la illegittimità di tutti gli atti della medesima procedura.

La tesi non può essere condivisa .

4) In primo luogo si deve precisare che il bando di gara in questione non ha effettuato un rinvio diretto ed esclusivo alla disciplina dettata dal ricordato art. 21, quinto comma, della legge 109/94, ma ha avuto cura di puntualizzare che la nomina della Commissione di gara sarebbe avvenuta "in analogia" con tali disposizioni "se ed in quanto applicabili”.

Ciò posto in via preliminare, si deve anche subito precisare che l’ordinamento degli enti locali, nella parte in cui definisce le competenze dei dirigenti di tali enti, non è suscettibile di essere conciliato con la disposizione della legge 109/94 che si è sopra richiamata in quanto, con norma, chiara ad avviso del Collegio, impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (art. 107, terzo comma, lett. a) e b) del testo unico di cui al D. Lvo n. 267/2000).

La disposizione in parola, che si inserisce armonicamente in un ordinamento che tende a ridurre i controlli formali da parte di soggetti interni ed esterni all’Ente introducendo, all’opposto, forme di verifica dell’attività in cui sia solo il risultato della gestione ad essere valutato in termini di efficienza, rendimento e regolarità amministrativa e contabile in relazione al conseguimento degli obiettivi di gestione assegnati ai dirigenti dagli organi di governo dell’ente nell’esercizio della loro funzione di indirizzo, impone, anziché escludere, che i dirigenti dei singoli settori siano responsabili del buon esito dell’azione amministrativa ad essi demandata e, quindi, siano titolari dei poteri amministrativi che nel corso dei vari procedimenti devono essere esplicati.
Il regime giuridico della loro responsabilità è ordinato sulla valutazione del risultato conseguito e non sulla correttezza o meno dei singoli atti compiuti e, quindi, coerentemente con tale impostazione, essi sono dotati di tutti i poteri che possono direttamente incidere sulla efficienza della loro azione amministrativa.

Per queste ragioni, con riguardo alle procedure di affidamento di competenza degli enti locali, la disposizione specifica di settore prevale sulla norma di carattere generale prevista nella legge 109/94.

Peraltro nel caso in esame non si tratta della aggiudicazione di lavori pubblici ma di una gara avente ad oggetto la prestazione di servizi per la quale non possono assumere alcun valore di principio le disposizioni della legge quadro sui lavori pubblici.

Si deve ancora considerare che nell’ordinamento degli enti locali altra disposizione (art. 97 del ricordato testo unico) prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quella della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente ed, ancora, che tale possibilità è espressamente prevista anche in termini generali dall’art. 5 della legge 241/90 che ammette espressamente che il dirigente sia anche responsabile del procedimento.

Ritiene il Collegio che in forza di tali considerazioni la disposizione del bando di gara cui si è fatto cenno in precedenza (punto 15) non potesse assumere il significato di un rinvio ricettizio all’art. 21, quinto comma, della legge n. 109/94 e che, pertanto, il Comune di Monopoli si sia regolato correttamente nel procedimento di gara di cui trattasi.

E’, pertanto, del tutto ininfluente che il Comune abbia approvato nuovamente con provvedimento di altro dirigente la procedura concorsuale i cui atti sono oggetto del presente giudizio.

5) La decisione appellata con autonomo capo ha anche statuito che illegittimamente era stata esclusa dalla gara in questione la Società attuale appellata.

E’ necessario chiarire che anche su questo punto la decisione non può essere condivisa almeno con riguardo a due delle motivazioni con cui la W.I. S.p.A. era stata esclusa.
La mancata esibizione della procura del sig. B., che aveva sottoscritto l’offerta della Società ricorrente in primo grado, non poteva essere sanata ad avviso del Collegio da alcuna operazione di interpretazione dei documenti prodotti dalla Società stessa senza vulnerare in modo non consentito la parità di condizioni tra i soggetti partecipanti alla gara.

In effetti la procura speciale era appunto il solo documento che poteva conferire certezza della provenienza ed affidabilità dell’offerta.

Né era necessaria alcuna espressa previsione di esclusione per tale motivo nel bando di gara, si trattava della individuazione in concreto del soggetto che intendeva partecipare alla gara e della prova della sua volontà effettiva.

Da altra angolazione non poteva neanche integrarsi la documentazione che non era irregolare ma mancante.

Peraltro la sentenza appellata, a giudizio del Collegio in modo non condivisibile, ritiene che la dichiarazione presentata ai sensi del punto 4 dell’allegato 2 della lettera di invito, dichiarazione in cui il sig. B. precisava che agiva quale procuratore speciale della W.I. S.p.A. (mandataria della Associazione di imprese attuale appellata), poteva assumere il valore delle dichiarazioni di cui all’art. 46, lett. u) del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, se non altro perché il B. era procuratore speciale del sig. M. a sua volta procuratore della Società in questione e tale circostanza – decisiva per conoscere gli effettivi poteri di rappresentanza del sig. B. nei confronti della Società ricorrente in primo grado - avrebbe dovuto essere non solo dichiarata ma anche documentata.

Per quanto concerne la omessa presentazione da parte della W.I. S.p.A. del verbale di sopralluogo e verifica dei mezzi, prescritta dal Capitolato Speciale e che il primo giudice ha ritenuto invece non necessaria perché non prevista anche nella lettera di invito, è sufficiente precisare che la lettera di invito (lettera I) della parte II°) ai fini della ammissione chiariva che i concorrenti avrebbero dovuto presentare l’offerta corredata degli ulteriori atti di gara con “l’osservanza di quanto stabilito nella presente lettera di invito e nel capitolato speciale“.
Detto capitolato all’art. 26, parte finale, prevede appunto la redazione del verbale della visita di sopralluogo e la sua allegazione all’offerta.
Nessuna possibilità vi era, quindi, anche a prescindere dalla diversa funzione dei due incombenti, di ritenere che la dichiarazione di aver preso visione del parco dei mezzi richiesta esplicitamente dalla lettera di invito sostituisse il verbale di sopralluogo e verifica posto che, come si è visto, la lettera di invito non derogava ma integrava le disposizioni del capitolato speciale.

Gli appelli qui riuniti sono, pertanto, accolti, con riforma della sentenza di primo grado e rigetto del ricorso proposto dalla Associazione di imprese attuale appellata.
Sussistono, tuttavia, motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello di cui in epigrafe, previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso proposto in primo grado dalla Associazione d’imprese attuale appellata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 25 Novembre 2003 con l’intervento dei Sigg.ri:

Emidio Frascione, Presidente
Raffaele Carboni, Consigliere
Corrado Allegretta, Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere Est.

AFFARI ISTITUZIONALI - 053-bis
Consiglio di Stato, sezione V, 16 settembre 2004, n. 6029 (conferma T.A.R. Toscana, sez. II, 13 aprile 2000, n. 649)
L'articolo 107 del d.lgs. n. 267 del 2000 che prevede le competenze dirigenziali prevale sull’art. 21, comma 5, della legge n. 109 del 1994 che vieta la partecipazione alla commissione di soggetti che abbiano predisposto gli atti della procedura, e impone al dirigente coinvolto di presiedere le commissioni giudicatrici.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente sentenza

sul ricorso n. 10530 del 2000, proposto dalla S.D.S., rappresentata e difesa dagli avv.ti N.P. e M.P., elettivamente domiciliata presso i medesimi in ...

contro

il Comune di Chianciano Terme, rappresentato e difeso dagli avv. ti S.C. e M.C. ed elettivamente domiciliato presso il secondo in ...

e nei confronti

della P.S. non costituita in giudizio

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana Sez. II, 13 aprile 2000, n. 649, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e il motivo di appello incidentale del Comune di Chianciano Terme;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati P. e G. in sostituzione dell’avv. C.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla SDS per l’annullamento di tutti gli atti afferenti al procedimento per l’aggiudicazione dell’appalto del servizio di pulizia di immobili appartenenti al Comune di Chianciano Terme, nel quale è risultata vincitrice la concorrente società P.S.
Contro la sentenza ha proposto appello la ricorrente in primo grado, SDS, assumendone l’erroneità e chiedendone la riforma.
Resiste all’appello il Comune di Chianciano Terme, che ha anche proposto un motivo di appello incidentale.
La P.S.  non si è costituita in giudizio

Alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado formulata dal Comune appellato, perché il gravame ora in esame non è fondato.

Il primo motivo di appello concerne l’operato della Commissione di gara nella parte in cui ha giudicato le offerte applicando un criterio di valutazione non specificato nella lex specialis, e quindi in contrasto con il principio di cui all’art. 23 della d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, nonché con il principio generale della chiarezza e della certezza delle regole del procedimento.

Si tratta, più precisamente, della attribuzione dei 25 punti da assegnare, secondo l’art. 7 del capitolato di gara, in relazione alle “ore di lavoro previste nei singoli edifici individuati dal capitolato”, e al “numero delle persone destinate a tale servizio”. La Commissione, dopo aver suddiviso il totale dei 25 punti in 15, con riguardo alle ore di lavoro, e 10 per il personale applicato, ha deciso di attribuire il detto punteggio di 15 punti assumendo come dato di riferimento un determinato numero di ore (4.636), giudicato ottimale secondo l’apprezzamento dell’ufficio tecnico, e di assegnare un minor punteggio alla concorrente che si fosse discostata, in più o in meno, da tale parametro. L’appellante lamenta che le imprese non sono state messe nella condizione di sapere che l’Amministrazione avrebbe adottato un criterio siffatto e che quindi si è trattato di una gara “a sorpresa”.

Il Comune controdeduce che il motivo è inammissibile perché l’eventuale accoglimento, e il conseguente incremento di punteggio che spetterebbe all’appellante, non comporterebbe un diverso esito della gara, posto che l’aggiudicataria avrebbe comunque conseguito un punteggio maggiore.
La documentazione in atti consente di verificare la fondatezza dell’eccezione in punto di fatto, esimendo il Collegio dall’esame della doglianza, non senza far menzione della costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, che considera legittima la specificazione e la puntualizzazione dei parametri di giudizio già previsti dal bando (Sez. VI, 15 maggio 2003 n. 2645; 2 settembre 2003 n. 4882; 23 gennaio 2004, n. 222).

La seconda censura afferisce alla pretesa violazione della par condicio tra le concorrenti, che, secondo l’assunto, sarebbe da collegare alla formulazione dei criteri di valutazione delle offerte dopo aver conosciuto l’identità delle ditte ammesse, ancorché prima dell’apertura delle buste contenenti l’offerta economica.
Nella stessa censura si inserisce la diversa doglianza concernente la mancata concessione di un termine per la proposizione della querela di falso in ordine al verbale in data 27 febbraio 1999, poiché l’appellante ha espresso dubbi sulla la circostanza, affermata in detto verbale, che la Commissione avesse, in quella data, dato lettura ai presenti dei criteri scelti per la attribuzione dei punteggi.

Va confermato il giudizio di infondatezza espresso in prime cure.

L’eventuale conoscenza delle ditte che hanno presentato offerte prima della determinazione dei criteri di valutazione non viola la par condicio se, come nella specie, i criteri sono stati stabiliti prima dell’apertura delle buste contenenti l’offerta economica (Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2003 n. 7249).

Il dubbio sulla falsità di un documento obbliga il giudice alla concessione del termine per la proposizione della relativa querela, se la causa non può essere risolta “indipendentemente dal documento del quale è dedotta la falsità” (art. 42 R.D. 17 agosto 1907 n. 642). Ma nella specie non si dubita che la Commissione abbia applicato i criteri comunicati, così violando una sorta di vincolo di giudizio, perché l’appello è basato proprio sull’applicazione dei detti criteri.
Il dubbio che la comunicazione dei criteri medesimi prima di farne applicazione non vi sia stata si rivela quindi irrilevante.

La richiesta del termine per la querela di falso, secondo l’appellante, sarebbe stata giustificata, inoltre, dall’esigenza di accertare alcune particolarità della procedura (deposito delle buste in luogo sicuro, mancata presa d’atto della integrità delle medesime) che ne causerebbero l’illegittimità. Le dette questioni, che sembrano adombrare esigenze istruttorie piuttosto che problemi di falso, risultano proposte in termini del tutto generici e, sono, pertanto, inammissibili.

Segue il motivo attinente agli anni da prendere in considerazione ai fini dei servizi espletati come prova di qualificazione tecnica. L’indicazione degli anni 1995, 1996 e 1997 sarebbe priva di logica e contraria all’art. 14 del d.lgs. n. 157 del 1995, in quanto la licitazione privata è stata indetta con provvedimento del gennaio 1999, sicché doveva farsi riferimento ai servizi prestati nel 1998.
La doglianza non può essere condivisa. Deve tenersi conto della circostanza che l’individuazione del triennio precedente, escludendo il 1998, non può considerarsi illegittima in relazione ai tempi del procedimento, che si è svolto in grande parte nel 1998.

Ma valore assorbente assume il dato che nel metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prescelto nella specie, l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella scelta del criterio relativo al merito tecnico. Si trattava inoltre di un appalto “sotto soglia”, per il quale le norme del d.lgs. n. 157 ricevevano una applicazione parziale.

Consequenziale alla detta statuizione di infondatezza è il rigetto del motivo riguardante la mancata attribuzione del punto per il servizio prestato nel Comune di Rignano.

Altra censura ha riguardato l’attribuzione, per il piano di sicurezza, di un punteggio inferiore all’appellante (7/10) rispetto a quello assegnato all’aggiudicataria (8/10) sebbene dovesse risultare evidente il maggior pregio dell’elaborato presentato dalla prima, stante la stringatezza e, in certo senso, la provvisorietà dell’ “ipotesi” predisposta dall’aggiudicataria.
La censura, se riguardata sotto il profilo del controllo richiesto al giudice, deve ritenersi ammissibile, perché l’esercizio della discrezionalità è certamente soggetto al vaglio di legittimità sotto il profilo della logicità e della ragionevolezza. Nella specie, tuttavia, la censura viene prospettata in termini generici, poiché si deduce da parte dell’appellante la presentazione di un progetto redatto in maniera più analitica ed esaustiva rispetto a quello dell’aggiudicataria, dimenticando che una valutazione di merito delle due proposte può essere condotta anche in base a parametri diversi da quelli ora detti. In questo caso il giudizio è effetto di un apprezzamento tecnico, a proposito del quale la contestazione di irragionevolezza deve necessariamente fondarsi su raffronti puntuali ed inequivocabili, dai quali emerga la violazione di norme tecniche del settore.

Il motivo va dunque respinto.

Altra doglianza concerne l’ordine delle operazioni valutative e di assegnazione del punteggio. L’appellante sostiene, citando il verbale della riunione del 29 gennaio 1999, che la Commissione ha proceduto prima all’applicazione del punteggio collegato al prezzo offerto, e solo dopo avrebbe valutato il merito tecnico dell’offerta, così violando il principio, proprio dell’appalto concorso, che il punteggio relativo al prezzo va calcolato dopo aver effettuato la valutazione dei profili tecnici dell’offerta, che implica apprezzamenti discrezionali. E ciò al fine di evitare che questi ultimi siano influenzati dalla conoscenza del prezzo.
La sentenza afferma, sul punto, che il verbale della riunione non offre prova sufficiente della tesi dell’appellante, poiché dal documento si trae soltanto la circostanza che le operazioni di valutazione sono state svolte tutte nello stesso giorno.

La decisione va confermata in base al rilievo che le espressioni del verbale che si riferiscono alla “apertura delle offerte”, sulle quali fa leva l’appellante possono ben riguardare il plico complessivamente considerato, contenente sia l’offerta economica che i dati di natura tecnica.

La contestazione si chiude, in fine, con la censura che denuncia l’illegittimità dell’affidamento della procedura concorsuale a dipendenti comunali, in violazione del principio di terzietà, e la approvazione degli atti da parte dello stesso funzionario che ha presieduto la Commissione di gara, in contrasto con l’art. 21 della legge n. 109 del 1994.

Il problema è stato esaminato approfonditamente dalla Sezione con la sentenza 1 aprile 2004 n. 1812, che ha concluso per l’infondatezza della censura, in base a considerazioni dalle quali il Collegio non ha motivo di discostarsi.
Si è affermato, infatti, che l’ordinamento degli enti locali impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (art. 107, terzo comma, lett. a) e b) del testo unico di cui al D. Lvo n. 267/2000).
La disposizione in parola, che si inserisce armonicamente in un ordinamento che tende a ridurre i controlli formali da parte di soggetti interni ed esterni all’Ente introducendo, all’opposto, forme di verifica dell’attività in cui sia solo il risultato della gestione ad essere valutato in termini di efficienza, rendimento e regolarità amministrativa e contabile in relazione al conseguimento degli obiettivi di gestione assegnati ai dirigenti dagli organi di governo dell’ente nell’esercizio della loro funzione di indirizzo, impone, anziché escludere, che i dirigenti dei singoli settori siano responsabili del buon esito dell’azione amministrativa ad essi demandata e, quindi, siano titolari dei poteri amministrativi che nel corso dei vari procedimenti devono essere esplicati.
Il regime giuridico della loro responsabilità è ordinato sulla valutazione del risultato conseguito e non sulla correttezza o meno dei singoli atti compiuti e, quindi, coerentemente con tale impostazione, essi sono dotati di tutti i poteri che possono direttamente incidere sulla efficienza della loro azione amministrativa.

Per queste ragioni, con riguardo alle procedure di affidamento di competenza degli enti locali, la disposizione specifica di settore prevale sulla norma di carattere generale prevista nella legge 109/94.

Peraltro nel caso in esame non si tratta della aggiudicazione di lavori pubblici ma di una gara avente ad oggetto la prestazione di servizi per la quale non possono assumere alcun valore di principio le disposizioni della legge quadro sui lavori pubblici.
Si deve ancora considerare che nell’ordinamento degli enti locali altra disposizione (art. 97 del ricordato testo unico) prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quella della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente ed, ancora, che tale possibilità è espressamente prevista anche in termini generali dall’art. 5 della legge 241/90 che ammette espressamente che il dirigente sia anche responsabile del procedimento.

In conclusione l’appello non può trovare accoglimento, ma sussistono ragioni per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 aprile 2004 con l'intervento dei magistrati:
Agostino Elefante, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Chiarenza Millemaggi, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere estensore