EDILIZIA E URBANISTICA - 139
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Brescia, sez. II, 17
dicembre 2010, n.
4864
L'abitazione del custode di un insediamento produttivo non è soggetta al
contributo sul costo di costruzione riservato agli edifici residenziali, bensì i
soli oneri di urbanizzazione relativi alla destinazione produttiva, in virtù
della sua caratteristica intrinsecamente pertinenziale.
(si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 15 settembre 2001, n. 4827)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 589 del 1999,
proposto da:
S.P. di P.B., rappresentata e difesa
dagli avv.ti G.F., I.F., F.F., con domicilio eletto presso
...
contro
Comune di Cazzago San Martino, rappresentato e difeso dall'avv.to M.B., con domicilio eletto presso ...
per l'accertamento
DELL’ERRONEO CALCOLO DEGLI ONERI DI URBANIZZAZIONE DOVUTI IN
RELAZIONE ALLA CONCESSIONE EDILIZIA 6/11/1998 N. 125;
e per la condanna
DELL’AMMINISTRAZIONE ALLA RESTITUZIONE DELLA SOMMA VERSATA
IN ECCESSO, OLTRE AD INTERESSI LEGALI.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di
Cazzago San Martino;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2010
il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, all’epoca dei fatti, era proprietaria di un
capannone ad uso artigianale in Via ..., che
insisteva su un’area classificata dal P.R.G. come D
“produttiva” (precisamente D1 industriale di completamento).
Essa risultava normata tra l’altro dall’art. 28 delle N.T.A.
del P.R.G., che consentiva la costruzione di alloggi per il
titolare e/o per il custode fino ad un massimo di 200 mq. di
calpestio.
Il 16/9/1998 la ditta S.P. presentava domanda di
concessione edilizia per l’espansione dell’insediamento
artigianale esistente ed in particolare per edificare un
deposito, ampliare il laboratorio e realizzare l’abitazione
per il custode.
Con nota del 6/11/1998 l’amministrazione rendeva noto
l’accoglimento dell’istanza ed il rilascio del titolo
abilitativo, ed al contempo trasmetteva il prospetto del
calcolo del contributo di costruzione dovuto, quantificato
in 57.117.876 vecchie lire (29.498,92 €). Tale cifra era
composta da 36.468.486 vecchie lire (18.834,40 €) quale
contributo sulla porzione di edificio destinata ad
abitazione del custode: sostiene la ricorrente che il
quantum è stato determinato sull’erroneo presupposto
dell’applicabilità dei criteri di cui all’art. 3 della L.r.
10/77, con aggravio di 32.940.680 vecchie lire (17.012,44 €)
a titolo di costo di costruzione, perché l’importo dovuto
era di soli 3.527.806 vecchie lire (1821,95 € - si veda
prospetto di calcolo doc. 11 ricorrente).
Con nota del 16/11/1998 la ricorrente contestava il calcolo
del contributo con riferimento alla casa del custode, poiché
a suo avviso la stessa non aveva una destinazione
residenziale. L’amministrazione confermava però la propria
posizione, cosicché la ricorrente effettuava comunque il
pagamento richiesto, riservandosi però di promuovere
un’azione in sede giurisdizionale per la restituzione
dell’indebito.
Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente
depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente
si duole dell’erronea applicazione dell’art. 3 della L.
10/77 (in luogo del
corretto art. 10),
(1) e dell’omessa
applicazione dell’art. 5 della L.r. 60/77,
(2) poiché il Comune
ha qualificato l’abitazione del custode come costruzione ad
uso abitativo-residenziale, mentre il manufatto è accessorio
all’attività artigianale svolta.
Si è costituito in giudizio il Comune di Cazzago San
Martino, esponendo la propria ricostruzione degli eventi e
chiedendo la reiezione del gravame.
Alla pubblica udienza del 25/11/2010 il ricorso veniva
chiamato per la discussione e veniva acquisita la
dichiarazione del difensore di parte ricorrente circa la
permanenza dell’interesse alla decisione.
Il gravame è fondato e deve essere accolto, per le ragioni
di seguito precisate.
1. Il Collegio aderisce alla prospettazione di parte
ricorrente, la quale ha evidenziato che la casa – di
superficie assai modesta rispetto all’intero immobile – non
assolve alla funzione principale di spazio abitativo ma
serve a consentire un diffuso controllo e una costante
vigilanza sui capannoni utilizzati per la lavorazione, lo
stoccaggio ed il deposito dei materiali: a fronte di una
destinazione principale di tipo produttivo il contributo
doveva essere calcolato con i criteri ad essa associati.
2. In proposito il Collegio richiama la pronuncia del T.A.R.
Milano, sez. I – 24/7/2003 n. 3639, la quale ha statuito che
“… la censura relativa alla errata applicazione del costo di
costruzione per la piccola parte di edificio destinato a
casa del custode è fondata, in quanto il Comune non poteva
non tenere conto del carattere strettamente pertinenziale di
essa. Il rapporto pertinenziale, anche se non espressamente
enunciato in sede di domanda, andava ricavato dalla
consistenza dell’immobile e dal rapporto tra le varie
superfici; in ogni caso avrebbe dovuto formare oggetto di
indagine istruttoria”.
La fattispecie è analoga a quella affrontata dal Collegio, e
l’amministrazione non ha sollevato obiezioni alla dedotta
limitata estensione del manufatto in rapporto alla struttura
produttiva. In questo contesto, il fatto che la casa del
custode abbia una propria ed autonoma destinazione di tipo
residenziale non è sufficiente a determinare
l’assoggettamento al corrispondente contributo.
3. Non è neppure condivisibile l’astratta asserzione per cui
l’abitazione del proprietario non sarebbe necessaria ai fini
della gestione aziendale, quando la sua prossimità e
connessione con l’attività e la sua attitudine ad ospitare
una sola famiglia (cfr. tavola 5 prodotta in atti dalla
ricorrente) conferma l’opinione opposta.
Ne consegue che, con riguardo al costo di costruzione, dovrà
essere rimborsato il contributo, salvo l’importo
correttamente corrisposto per la parte riferita alla
destinazione artigianale.
Sulla somma così calcolata dovranno essere aggiunti gli
interessi legali ex
art. 2033 del codice civile: essi – non
essendovi elementi per escludere la buona fede
dell'amministrazione – spettano dalla data della domanda
giudiziale fino al saldo (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 24/3/2010 n. 728; sez. II – 18/5/2010 n. 1550).
I dubbi interpretativi sulla vicenda controversa
giustificano la compensazione integrale delle spese di
giudizio tra le parti in causa.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia -
Sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando,
accerta il diritto della ricorrente alla restituzione delle
somme indebitamente corrisposte – comprensive di interessi
legali – nel senso di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della
Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno
25 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario, Estensore
Mara Bertagnolli, Primo Referendario
(1) ora leggasi
«dell’erronea applicazione dell’art.
16 del d.P.R. n. 380 del 2001 (in luogo del
corretto art. 19),»
(2) ora leggasi
«dell’omessa applicazione dell’art.
44, comma 6, della legge reg. n. 12 del 2005,»