EDILIZIA E URBANISTICA - 109
T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 17 febbraio 2005, n. 592
Natura delle convenzioni di lottizzazione e accordi art. 11 legge n. 241 del 1990; rapporti e obbligazioni delle parti, giurisdizione, acquisizione delle opere non completate, fallimento del lottizzante.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
Sede di Bari - Sezione Seconda
 

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso n. 1400/03 proposto dal “Fallimento della Società I.", in persona del suo Curatore M.F. rappresentato e difeso dall’avv. D.F. ed elettivamente domiciliati in ...

contro

Comune di Manfredonia, in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. N.M. ed elettivamente domiciliato in ...

quanto al ricorso principale:

a) per l’accertamento e la declaratoria
- dell’obbligo del Comune di Manfredonia di acquisire a titolo gratuito la proprietà degli impianti e dei servizi generali esistenti nel Villaggio turistico denominato “l.", annessi alle aree d’urbanizzazione a suo tempo già acquisite in proprietà della medesima amministrazione comunale, in adempimento di quanto pattuito nell’originaria convenzione di lottizzazione;

Ric. n. 1400/2003

b) previo eventuale annullamento e/o disapplicazione
- dell’atto di significazione e risposta del 22 maggio 2003 adottato dal Comune di Manfredonia a seguito di atto di diffida e di messa in mora notificato al Comune in data 22 aprile 2003, col quale l’amministrazione intimata ha espresso il suo sostanziale rifiuto di acquisire in proprietà i suddetti impianti e servizi generali;

a.1) nonché, per l’emissione
da parte del tribunale, di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. che, in luogo del contratto di trasferimento non concluso, ne produca gli stessi effetti previsti e voluti in sede di stipula della convenzione di lottizzazione;

quanto ai motivi aggiunti.
per l’annullamento della delibera 5 aprile 2004 n. 30 con la quale il consiglio comunale del Comune di Manfredonia ha dato atto dell’insussistenza dei presupposti per chiedere il trasferimento delle opere di urbanizzazione primaria, esistenti nel Villaggio turistico denominato “I.”, ed assumerne la gestione;

Visto il ricorso con i relativi allegati ed i motivi aggiunti;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Manfredonia;
Viste le memorie difensive depositate nel corso del giudizio;
Relatore all’udienza pubblica del 20 gennaio 2005 il magistrato Giancarlo Giambartolomei;
Uditi gli avv.ti D.F., per il ricorrente e N.M., per l’Amm.ne resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

1. Con atto notificato il 25 settembre 2003 e depositato il successivo giorno 30, il ricorrente ha proposto ricorso chiedendo:

a) l’accertamento dell’obbligo del Comune di Manfredonia di acquisire a titolo gratuito la proprietà degli impianti e dei servizi generali esistenti nel Villaggio turistico denominato “I.”, annessi alle aree di urbanizzazione a suo tempo già acquisite in proprietà della medesima amministrazione comunale, in adempimento di quanto pattuito nell’originaria convenzione di lottizzazione;

a.1) l’emissione di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. che, in luogo del contratto di trasferimento non concluso, ne produca gli stessi effetti previsti e voluti in sede di stipula della convenzione di lottizzazione;

b) l’eventuale annullamento e/o disapplicazione dell’atto di significazione e risposta del 22 maggio 2003 adottato dal Comune di Manfredonia a seguito di atto di diffida e di messa in mora notificato al Comune in data 22 aprile 2003, col quale l’amministrazione intimata ha espresso il suo sostanziale rifiuto di acquisire in proprietà i suddetti impianti e servizi generali.

Il costituito in giudizio Comune di Manfredonia ha prodotto documenti (in data 22 settembre 2004) e memoria (in data 2 ottobre 2004).

Scritti difensivi sono stati depositati (il 2 ottobre 2004) anche dal ricorrente.

2. In seguito al sopra riportato deposito dei documenti il Fallimento della Società I., con motivi aggiunti notificati il 2 novembre 2004, ha impugnato la delibera 5 aprile 2004 n. 30 con la quale il consiglio comunale del Comune di Manfredonia ha dato atto dell’insussistenza dei presupposti per chiedere il trasferimento delle opere di urbanizzazione primaria, esistenti nel Villaggio turistico denominato “I.”, ed assumerne la gestione.
Il relazione ai motivi aggiunti ed a loro risposta, il Comune intimato ha depositato (in data 8 gennaio 2005) memoria aggiuntiva.

3. All’udienza del 20 gennaio 2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso principale in esame, il "Fallimento della Società I." per il tramite del suo curatore, chiede:

a) l’accertamento dell’obbligo del Comune di Manfredonia di acquisire a titolo gratuito la proprietà degli impianti e dei servizi generali esistenti nel Villaggio turistico denominato “I.”, annessi alle aree di urbanizzazione a suo tempo già acquisite in proprietà della medesima amministrazione comunale, in adempimento di quanto pattuito nell’originaria convenzione di lottizzazione;

a.1) l’emissione di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. che, in luogo del contratto di trasferimento non concluso, ne produca gli stessi effetti previsti e voluti in sede di stipula della convenzione di lottizzazione

b) ove necessario, il previo annullamento e/o disapplicazione dell’atto di significazione e risposta del 22 maggio 2003, adottato a seguito di atto di diffida e di messa in mora notificato in data 22 aprile 2003, col quale l’Amministrazione intimata avrebbe espresso il suo sostanziale rifiuto di acquisire in proprietà i suddetti impianti e servizi generali.

In punto di fatto, consta che:

- la convenzione di lottizzazione prevedeva la cessione gratuita al Comune delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria nonché la cessione, pure a titolo gratuito, degli impianti e servizi generali da realizzare su dette aree (strade, parcheggi, rete idrica e fognante, rete di illuminazione, aree per servizi generali);
- le aree necessarie per le opere di urbanizzazione sono state regolarmente cedute dalla società lottizzante al Comune di Manfredonia;
- per quanto riguarda gli impianti ed i servizi generali la convenzione ne prevedeva, invece, la cessione al Comune “dietro sua richiesta, dopo il loro completamento”, con l’ulteriore clausola che solo al momento del passaggio di proprietà si sarebbe trasferito dai privati al Comune anche l’onere di manutenzione dei detti impianti e servizi;
- gli impianti ed i servizi sono stati realizzati soltanto in parte;
- la società I. è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Foggia del 6 dicembre 1999, n. 91;
- il Comune di Manfredonia ha chiesto l’insinuazione al passivo fallimentare per un credito di (vecchie) lire 3.200.000.000, assertivamente corrispondente al valore delle opere di urbanizzazione primaria non eseguite, con riserva di insinuare anche il credito per le opere di urbanizzazione secondaria e fatto salvo il diritto di agire nei confronti dei terzi, in particolare della fideiubente e degli altri soggetti eventualmente tenuti al pagamento pro-quota;
- al fine di procedere all’attività di liquidazione dei beni mobili ed immobili facenti parte del patrimonio della società fallita, con atto di diffida e messa in mora notificato il 22 aprile 2003, la Curatela si è rivolta al Comune di Manfredonia onde conoscere la sua posizione in ordine al trasferimento a titolo gratuito in sua proprietà degli impianti e servizi generali in questione nonché per esortarlo a formulare una “formale richiesta” di acquisizione a titolo gratuito delle opere di urbanizzazione “in ottemperanza dell’obbligo stabilità all’art. 4 della convenzione di lottizzazione”; invito-diffida che la Curatela ha formalizzato sul presupposto della sopraggiunta impossibilità per la società (ormai dichiarata fallita) di attendere al completamento delle opere "tanto più che il Comune, insinuandosi nel passivo del fallimento per la somma di  lire 3.200.000.000 occorrenti per il completamento delle opere di urbanizzazione in questione, aveva già implicitamente, ma anche molto chiaramente, manifestato la volontà di dare attuazione al programmato acquisto a titolo gratuito delle dette opere";
- il Comune di Manfredonia, per il tramite del suo legale, con atto di significazione e risposta datato 22 maggio 2003, ha eccepito che:

x.1) “allo stato attuale non risulta ancora concretizzato il presupposto previsto nelle citate convenzioni di lottizzazione perché il Comune possa chiedere il trasferimento delle opere di urbanizzazione, presupposto consistente nel completamento delle opere”;
x.2) “contrariamente a quanto asserito nell’atto di diffida della curatela fallimentare, occorre precisare che le opere di urbanizzazione nell’ambito della lottizzazione I. risultano tutt’altro che completate o correttamente eseguite ... le opere di urbanizzazione secondarie risultano, poi, quasi interamente ineseguite”;
x.3) non incide su tale constatazione la richiesta del Comune di ammissione al passivo fallimentare; richiesta che “costituisce, invece, un atto prudenziale in presenza della dichiarazione di fallimento che di per sé non vale ad integrare o sostituire il pieno verificarsi del presupposto fondamentale assunto in convenzione per il trasferimento delle opere di urbanizzazione";
x.4) le opere di urbanizzazione in parola attengono ad un villaggio turistico recintato, dotato di opere di sbarramento che consentono l’accesso solo ai proprietari degli edifici ricadenti nella lottizzazione in sostanza al cittadino non proprietario non è consentito l’accesso al villaggio se non per raggiungere la spiaggia.

Di qui, la proposizione del ricorso principale in esame cui ha fatto seguito la notifica ed il deposito di motivi aggiunti, aventi ad oggetto la delibera 5 aprile 2004 n. 30 con la quale il consiglio comunale del Comune intimato ha fatto proprio il contenuto dell’atto di significazione e risposta 22 maggio 2003 (all’atto di diffida della Curatela notificato il 22 aprile 2003) ed ha dato atto dell’insussistenza dei presupposti per chiedere il trasferimento delle opere di urbanizzazione primaria, esistenti nel Villaggio turistico denominato “I.”, ed assumerne la gestione.

2. Tali le premesse in punto di fatto, preliminare è l’esame delle eccezioni di inammissibilità che il Comune resistente ha sollevato in memoria.

2.1 Non ha pregio l’eccezione per la quale difetterebbe in capo al "Fallimento I." la legittimazione attiva alla proposizione dell’impugnazione.
L’art. 6 della convenzione di lottizzazione prevede che “Qualora i lottizzanti procedono alla alienazione delle aree lottizzate potranno trasmettere agli acquirenti dei singoli lotti gli oneri percentuali di cui alla presente convenzione; in caso diverso i lottizzanti ed i loro successori o aventi causa restano solidalmente responsabili verso il Comune per tutti gli obblighi di cui al presente atto”.
L’articolato contempla una forma di responsabilità concorrente e permanente della società lottizzante che non viene meno per effetto dell’alienazione delle aree, a meno che in sede di cessione non fossero stati trasmessi agli acquirenti dei singoli lotti (ciò che in atti non consta né, sopratutto, è stato dimostrato dall’eccepiente) gli oneri percentuali di cui alla convenzione (trasmissione di oneri che deve ragionevolmente escludersi anche alla luce del comportamento concludente tenuto dal Sindaco con l’atto di insinuazione nel passivo fallimentare).
Orbene, la responsabilità solidale della società lottizzante (recte, del "Fallimento I.") deve ritenersi giusta causa sulla quale si fonda la legittimazione attiva al ricorso della Curatela.

2.2 Ad avviso del Comune resistente, altro motivo di inammissibilità riposerebbe nella violazione dell’art. 1181 Cod. civ., in quanto il suo obbligo di acquisire le urbanizzazioni e gestirle andrebbe unitariamente considerato con riferimento alla totalità delle urbanizzazioni compiutamente realizzate a norma.

L’eccezione è infondata.

La norma in commento stabilisce che il creditore può rifiutare un adempimento parziale.
L’eccezione, siccome relativa alla misura della prestazione dovuta nonché la realizzazione stessa dell’interesse sostanziale sotteso all’accordo, pone una questione che attiene al merito e non al rito dell’azione.

2.3 Ancora in via preliminare, il Collegio ravvede l’opportunità di eliminare ogni dubbio sulla propria giurisdizione.
La presente causa ha a suo oggetto l’asserito inadempimento del Comune agli obblighi assunti con la sottoscrizione di una convenzione di lottizzazione e le determinazioni comunali fondate sulla valutazione d’inesistenza dei presupposti per addivenire al trasferimento delle opere di urbanizzazione primaria.

Con una recente pronuncia (n. 204/04) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34 D.L.vo n. 80 del 1998 nella nuova formulazione recata dall’art. 7, comma 1, lett. b), della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui sono state espunte dalla giurisdizione esclusiva le controversie in materia urbanistica recanti ad oggetto “i comportamenti” della Pubblica amministrazione laddove questi non siano riconducibili, nemmeno mediatamente, ad alcun pubblico potere.

La Corte, nel pronunciarsi sulla illegittimità costituzionale dell’art. 34, del decreto citato, ha fatto salva la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie nelle quali la P.A. esercita, anche mediatamente, “cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici” - id est accordi ex art. 11, legge n. 241/90 contratti di diritto comune ad oggetto pubblico; concessioni-contratto; convenzioni di lottizzazioni - un pubblico potere.
Più incisivamente, il Giudice delle leggi, con la prefata sentenza n. 204/04, non ha mancato di operare un riferimento (punto 3.4.2) proprio all’art. 11 della legge n. 241/90, recependo (come appare dalla lettura della sentenza) la tesi che gli accordi ex art. 11, legge n. 241/90 sono stipulati dalla Pubblica Amministrazione in veste di autorità; ciò che induce a ritenere, sotto distinto profilo, che la disposizione appena citata resta schermata, per il futuro, da ogni ipotesi di incostituzionalità in punto di giurisdizione.
La conclusione cui è giunta sul punto la Corte Costituzione induce il Collegio a non seguire la tesi di una parte della dottrina e della giurisprudenza per la quale gli “accordi” disciplinati dall’art. 11, legge n. 241/90 sarebbero contratti di diritto comune ad oggetto pubblico in cui, nonostante il vincolo teleologico di scopo, una volta perfezionato l’accordo, e salvo il diritto di recesso della P.A., entrambe le parti restano vincolate all’esecuzione del contratto occupando reciproche posizioni giuridiche di diritto-obbligo.
Conformante all’indirizzo segnato dalla sentenza n. 204/04 citata, il Collegio fa propria, invece, la tesi per la quale l”accordoex art. 11, legge n. 241/90 è un modulo di attività amministrativa alternativo al provvedimento, funzionalizzato (oggettivamente orientato) all’esercizio del potere amministrativo, in cui la P.A. anche dopo la stipula rimane titolare di un potere pubblicistico (più che di recesso, di autotutela in via generale) a fronte del quale la posizione soggettiva posseduta dal privato assume consistenza di interesse legittimo (cfr T.A.R. Marche 29 settembre 2003, n. 1115).

Resta indiscutibilmente vero come la portata degli “accordi” sia tale da suscitare una frequente connessione tra le posizioni soggettive di interesse legittimo e diritto soggettivo; intreccio che ha suggerito al legislatore di devolvere le relative controversie al giudice amministrativo in sede di giurisdizione amministrativa.
Con specifico riguardo alle convenzioni di lottizzazione di cui alla legge n. 765 del 1967, secondo una giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione.(cfr. Civ. Sez. Un. sent. 15 dicembre 2000, n. 1262) alla quale questo Collegio aderisce pienamente, le stesse costituiscono strumenti di pianificazione di tipo attuativo del P.R.G. ed hanno natura di accordi “sostitutivi del provvedimento” disciplinati dall’art. 11 della legge n. 241/90 per cui le relative controversie rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo.
Ancor più efficacemente, secondo la Suprema Corte di Cassazione ed il Consiglio di Stato (Cass. SS.UU. 7 febbraio 2002, n. 1763; 15 dicembre 2000, n. 1262; C.d.s, V Sez., 15 settembre 2003, n. 5152) la convenzione di lottizzazione conclusa dalla Pubblica amministrazione col privato interessato al rilascio di una concessione edilizia non assume valenza privatistica ed autonoma rispetto all’atto autoritativo di concessione, ma si inserisce nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio di essa (essendo imposto dalla Pubblica amministrazione come momento necessario di tal procedimento e condizionando l’adozione del Provvedimento).

Ne consegue che la competenza giurisdizionale in ordine alla controversia relativa all’adempimento degli obblighi nascenti dalla convenzione di lottizzazione non può non appartenere allo stesso giudice che è competente a conoscere del provvedimento di concessione edilizia; e poiché, ai sensi dell’art. 16 legge 28 gennaio 1977, n. 10, quest’ultima competenza è attribuita in via esclusiva al giudice amministrativo, lo stesso giudice è competente a conoscere in via esclusiva delle controversie relative all’adempimento della convenzione di lottizzazione; attribuzione che si impone anche alla luce dell’art. 11, comma 5, legge 7 agosto 1990, n. 241, che riserva al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi conclusi, nel pubblico interesse, dalla Pubblica amministrazione con gli interessati, al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, se previsto dalla legge, in sostituzione di questo.
Né la riconducibilità della fattispecie al paradigma dell’art. 11, della legge n. 241 del 1990, potrebbe mettersi in dubbio in ragione del fatto che il successivo art. 13 esclude l’applicabilità delle disposizioni del Capo III della legge n. 241 del 1990 (tra cui anche l’art. 11), agli atti di programmazione e di pianificazione.
Le convenzioni di lottizzazione previste dalla legge 6 agosto 1967, n. 765 costituiscono strumenti di pianificazione di tipo attuativo del piano regolatore generale e non atti di pianificazione generale; strumenti, cioè, attraverso i quali si attuano scelte compiute ed esauritesi ad un livello più alto di esercizio della discrezionalità rispetto ai quali, dunque, non sussistono le medesime esigenze pubblicistiche che rendono inimmaginabile una partecipazione dei privati all’attività amministrativa concordata.

3. Risolto in radice il problema della competenza a conoscere della materia (id est, “accordi” siccome tassativamente indicata dal legislatore), detta giurisdizione resta comunque soggetta ai principi generali che regolano il giudizio di legittimità laddove si vetta in tema di interessi legittimi.
La fattispecie, sottoposta con il ricorso all’esame del Collegio, s’incentra essenzialmente, alla stregua del petitum sostanziale dedotto, sul mancato rispetto dell’impegno assunto dal Comune di Manfredonia (d’acquisizione delle opere di urbanizzazione) e si concretizza in un caso di esercizio di potere autoritativo esplicatosi in senso opposto alle aspettative del privato (con il rifiuto di fare la richiesta d’acquisizione delle opere).
Evidente, dunque, come la posizione soggettiva concretamente azionata dalla Curatela assuma consistenza di interesse legittimo. Ed invero, l’art. 4 della convenzione ha esplicitamente statuito che “Gli impianti di tutti i servizi ... passeranno gratuitamente in proprietà del Comune dietro sua richiesta dopo il loro completamento che non potrà avvenire oltre dieci anni dalla data della presente. Il passaggio di proprietà trasferisce al Comune anche l’onere di manutenzione; sino a che ciò non avverrà sarà obbligo dei privati di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria delle dette opere”.

La formulazione di apposita “richiesta” da parte del Comune si giustifica, giusta la ratio sottesa alle disposizioni che regolano la materia, con il vincolo di scopo immanente la natura giuridica degli “accordi”; vincolo che opera non solo nella fase genetica di stipula della convenzione ma anche in quella funzionale di esecuzione del rapporto nel senso che l’accordo, per rimanere in piedi, deve sempre essere capace di perseguire l’interesse pubblico.
E’ evidente che spetta soltanto ed esclusivamente alla P.A. siffatta verifica di corrispondenza tra l’accordo (ovvero le sue clausole) e l’attualità dell’interesse pubblico da perseguire.
Ne consegue che l’impegno contrattualmente assunto dall’amministrazione (acquisizione delle opere), ove abbia ad oggetto l’esercizio di pubbliche potestà (formulazione di richiesta in tale direzione), non è vincolante in senso assoluto e non attribuisce un diritto soggettivo incondizionato alla controparte privata.

Le considerazioni che precedono inducono ad una prima conclusione:
d’inammissibilità dei capi di domanda indicati in premessa sotto la lett. a). Acclarato che la posizione soggettiva posseduta ed azionata ha consistenza di interesse legittimo, ne consegue che il ricorrente non può introdurre un’azione d’accertamento di un obbligo, né chiedere di costringere il Comune di Manfredonia all’adozione del postulato provvedimento con lo strumento dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto ai sensi dell’art. 2932 c.c., trattandosi di norma che presuppone un diritto soggettivo ed un corrispondente obbligo.
Il ricorrente avrebbe potuto agire esclusivamente con la procedura del silenzio rifiuto e la successiva impugnazione innanzi al giudice amministrativo con il rito semplificato di cui all’art. 2, della legge n. 205 del 2000.
Di qui, la declaratoria d’inammissibilità della domanda tesa alla declaratoria della sussistenza di un obbligo e della domanda tesa ad una pronuncia costitutiva degli effetti e sostitutiva del contratto assertivamente non concluso.

4. D’altro canto, il ricorrente ha anche agito attivando la procedura del silenzio rifiuto.
Con atto di significazione e diffida notificato al Comune di Manfredonia il 22 aprile 2003, il “Fallimento I.” ha messo in mora il Comune di Manfredonia invitandolo a “prendere precisa e leale posizione in ordine alla sua volontà di ritenere già acquisite al suo patrimonio, o quanto meno di acquisire a titolo gratuito, mediante formale atto di trasferimento in suo favore, le opere di urbanizzazione primaria e, precisamente, gli impianti di tutti i servizi (...) ed a formulare richiesta in tal senso in ottemperanza all’obbligo assunto dallo stesso Comune sulla base dell’art. 4 della citata convenzione di lottizzazione, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del presente atto; con espresso avvertimento che, in difetto, si intenderà concretato il c.d. silenzio rifiuto ai sensi di legge ...".

Il diffidato Comune ha dato riscontro all’invito con atto di significazione e risposta del 22 maggio 2003, pervenuta al curatore il giorno 26 (atto redatto, sottoscritto e trasmesso dal difensore del Comune su incarico del medesimo, giusta autorizzazione — recte, procura — appositamente conferitagli dalla Giunta comunale con deliberazione n. 301 del 15 maggio 2003 nonché pedissequo mandato rilasciatogli dal Sindaco).
Successivamente il Comune di Manfredonia, con deliberazione di C.C. n. 30 del 5 aprile 2004, all’esito di una ricognizione dei fatti, ha “Ritenuto opportuno (...), allo stato, fare proprie le determinazioni dell’avv. Matassa espresse nella risposta alla diffida del curatore dell’I." concludendo nel dispositivo nel senso “Di dare atto che allo stato non sussistono i presupposti perché il Comune di Manfredonia possa chiedere il trasferimento delle opere di urbanizzazione e di assumere la gestione delle medesime, per le motivazioni espresse nell’atto di significazione e risposta predisposto dall’avv. Matassa ...”.
La sopraggiunta deliberazione n. 30 del 5 aprile 2004, depositata in giudizio il 22 settembre 2004 (di cui non consta in atti anticipata comunicazione e/o notificazione personale al destinatario diretto dei suoi effetti), ha fatto propri i contenuti della deliberazione n. 301/03 (con la quale la giunta municipale si era determinata ad autorizzare il proprio legale a formulare una risposta negativa all’atto di diffida notificato al Comune il 22 aprile 2003) nonché, segnatamente, quelli dell’atto di significazione e risposta. Nel conferire definitiva stabilità all’assetto d’interessi, siccome regolato dall’amministrazione in esito alla diffida ricevuta il 22 aprile 2003, l’atto consiliare n. 30 del 2004 ha rinnovato ed attualizzato la lesione mediante un riesame che trascende e supera i meri effetti di convalida a sanatoria del difetto di legittimazione-competenza e di confermatività del preesistente provvedimento (la deliberazione giuntale n. 301 del 2003), privo di una sua propria articolata motivazione.

I motivi aggiunti, notificati il 2 novembre 2004 e depositati il 27 novembre hanno a loro oggetto la deliberazione di C.C. n. 30/04.
La loro infondatezza (meglio illustrata al successivo punto 5), va venir meno l’interesse ad una pronunzia sull’atto di significazione del 22 maggio 2003 (avente natura stragiudiziale) e sulla delibera giuntale n. 301 del 15 maggio 2003, con assorbimento dei profili di tardività dell’impugnazione di tali ultimi indicati atti poiché il ricorso è stato notificato al resistente il 25 settembre 2003, ben oltre i sessanta giorni decorrenti dalla piena conoscenza di detto atto di significazione, acquisita dal curatore il 26 maggio 2003.

5. Queste, sostanzialmente ed in sintesi, le censure sollevate con i motivi aggiunti:

a) “l’immotivata ed irragionevole decisione del Comune di non acquisire più al suo patrimonio le opere di urbanizzazione in questione, pur nella piena vigenza del piano di lottizzazione, risulta palesemente illegittima non essendo giustificata da effettive ragioni di interesse pubblico”;
b) “il Comune non può sottrarsi all’obbligazione derivante dalla convenzione di lottizzazione di acquisire al suo patrimonio tali opere di urbanizzazione già realizzate e solo in parte da completare, né può procrastinare sine die l’adempimento ditale sua obbligazione con il pretesto che mancherebbe il presupposto del detto completamento da parte della ditta lottizzante, ormai non più in condizione di eseguire la sua obbligazione. Il surrichiamato presupposto deve, infatti, ritenersi ormai venuto meno per effetto della nuova situazione che si è venuta a creare a seguito della intervenuta dichiarazione di fallimento della ditta lottizzante e della necessità ravvisata dal Comune di provvedere direttamente alla ultimazione dei lavori di urbanizzazione residuati (....); la presa di posizione assunta in sede di risposta alla diffida (...) s’appalesa (...) dunque sicuramente viziata di illegittimità per man (festa contraddittorietà)”;
c) “ove si volesse intendere il rifiuto del Comune come eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c.” ... deve rilevarsi ... “come tale norma sia del tutto inapplicabile al caso di specie” ... in quanto
sembra più corretto ravvisare nella obbligazione che sostanzia la convenzione lottizzatoria una obbligatio propter rem”;
d) “in ogni caso, il rifiuto di adempimento ex art. 1460 c.c. da parte del Comune non potrebbe essere giustificato perché contrario a buona fede ... dal momento che il Comune sa bene che il mancato, parziale completamento delle opere di urbanizzazione è giustificato da forza maggiore, dipendendo esclusivamente dal sopraggiunto fallimento della società lottizzante e che, pertanto, non è possibile attendere all’infinito la condizione (ormai non più verificabile) del detto completamento da parte della società ormai fallita”;
e) “la prestazione della società lottizzante fallita, ormai non più eseguibile né esigibile” ... è ... “divenuta di scarsissima importanza per il Comune in relazione al pubblico interesse di attuare comunque la lottizzazione convenzionata in questione ...”;
f) “la richiesta di ammissione al passivo costituisce chiara ed inequivocabile manifestazione della univoca volontà del Comune di sostituirsi alla società lottizzante nella ultimazione delle opere”.

Le censure dedotte non sono condivisibili.

Rilevante, in punto di fatto, è la circostanza, pacifica in atti, che le opere in questione (impianti e tutti i servizi) non sono state affatto completate dalla società lottizzante nel termine (prorogato) del 27 gennaio 1997.
Sennonché, il completamento delle opere era stato dedotto in convenzione come fattore legittimante (recte, fatto giuridico presupposto) l’esercizio del potere autoritativo di formulazione della richiesta di acquisizione degli impianti medesimi.
E’ evidente che il suo mancato avveramento, per un verso, esclude la possibilità stessa per il privato di esigere l’adempimento dell’obbligazione della controparte pubblica; per l’altro, impedisce in radice che possa ritenersi radicato in capo all’amministrazione comunale l’obbligo giuridico di provvedere nei sensi sollecitati dal “Fallimento I.”.
Né vale a confutazione la tesi attorea secondo la quale la condizione dedotta in convenzione (completamento delle opere) sarebbe ormai divenuta impossibile per causa di forza maggiore (fallimento della società lottizzante).
In proposito, è sufficiente obiettare che l’assunzione degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione ha natura di obbligazione propter rem, sicché essa grava direttamente sul soggetto richiedente la concessione edilizia.
La natura di obbligatio propter rem comporta, invero, l’ambulatorietà passiva dell’assunzione degli oneri in parola con la conseguenza che questi gravano (si trasmettono solidalmente) sugli aventi causa della società lottizzante.
Di qui, l’inopponibitità al Comune della causa di forza maggiore assertivamente rappresentata dal fallimento della società I.

Ed invero, ciò che rileva in punto di diritto è che l’avveramento del fatto giuridico (materiale completamento delle opere) al quale è stato condizionato l’esercizio del potere autoritativo consistente nella “richiesta” di acquisizione degli impianti risulta tuttora ancora possibile sia giuridicamente che materialmente
In conclusione, per quanto sopra rassegnato, deve riscontrarsi l’infondatezza di tutte le censure mosse siccome (inconferentemente) articolate sul difetto di motivazione, lo sviamento di potere nonché l’indebito e contrario a buona fede rifiuto di acquisizione delle aree.
Si tratta, a questo punto, di qualificare l’atto di insinuazione nel passivo fallimentare.
Il ricorrente ricava dal tenore testuale dell’atto in parola la volontà chiara ed inequivocabile del Comune di sostituirsi alla società lottizzante nell’esecuzione delle opere di urbanizzazione nonché l’implicita intenzione dell’Ente di voler acquisire al suo patrimonio le opere già realizzate.

La tesi non convince.

Con l’insinuazione nel passivo fallimentare il Sindaco del Comune di Manfredonia, consapevole del suo ruolo di organo di vigilanza sul Comune ed agendo nell’esercizio dei poteri amministrativi non riservati agli altri organi politici e di gestione dell’Ente, ha compiuto sostanzialmente atti (non provvedimentali) di conservazione della garanzia patrimoniale a tutela della solvibilità del debitore.
Più in particolare, egli ha compiuto atti conservativi (non autoritativi) del diritto da acquisire secondo lo schema riconducibile al paradigma dell’art. 1356 c.c. (norma applicabile al caso di specie giusto il richiamo ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti siccome operato dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990).
Corrisponde al vero che nella parte motiva dell’atto di insinuazione al passivo si legge che “l’onere della esecuzione di dette opere è ora a carico del Comune istante ...”.

Sennonché, tale affermazione appare del tutto superflua rispetto alla causa-scopo dell’atto posto in essere; soprattutto, ed è quello che più rileva, detta dichiarazione, siccome proveniente da un organo affatto incompetente, appare improduttiva di effetti nei confronti dell’amministrazione comunale orientata com’è, la stessa, a provocare una modificazione sostanziale del contenuto della convenzione, cioè, di uno strumento alternativo al piano urbanistico attuativo come tale rientrante nelle attribuzioni proprie ed inderogabili dell’organo politico collegiale (e non monocratico) dell’Ente in base al T.U. sugli EE.LL. approvato con D.L.vo n. 267 del 2000.
Essa, dunque, in mancanza di ratifica da parte dell’organo competente (allo stato inesistente) non può affatto imputarsi, in parte qua, al Comune-Ente-Soggetto né tanto meno impegnare la sua sfera giuridica nei rapporti esterni.
Di qui, la logica conclusione sulla infondatezza della censura di contraddittorietà che, ad avviso del ricorrente, si coglierebbe invece nella presa di posizione assunta dal Comune in sede di risposta alla diffida (mancanza del presupposto previsto nella convenzione per chiedere ed attuare il trasferimento delle opere) rispetto alla assunzione diretta dell’onere di completamento dei lavori (assertivamente) manifestata dallo stesso Comune nella istanza di ammissione al passivo fallimentare.

6. In definitiva, alla stregua di quanto sin qui argomentato, il ricorso ed i motivi aggiunti in esame, s’appalesano in parte inammissibili e in parte infondati.
Non può sottacersi, comunque, il fatto che il Comune, in disparte l’esito del presente giudizio e della procedura fallimentare in itinere, debba comunque farsi carico (obiter), in ossequio al principio di buon andamento ed al pedissequo canone di efficienza, di valutare attraverso i suoi organi collegiali competenti - nell’ottica del perseguimento dell’interesse pubblico primario avuto in cura, il cui assetto è stato originariamente regolato mediante convenzionamento - le conseguenze del mancato completamento delle opere di urbanizzazione nel termine pattuito del 27 gennaio 1997 (id est: decadenza della convenzione, risoluzione del contratto, esecuzione coattiva delle opere in danno dei proprietari obbligati in solido e/o per quota, verifica attuale degli standards, rimozione degli eventuali impedimenti frapposti all’uso collettivo delle opere di urbanizzazione), non potendo rinviare ogni decisione di merito sul punto; anche perché è in corso la prescrizione decennale dei diritti ed eventuali omissioni potrebbero generare responsabilità, oltre che politiche, di carattere personale a carico degli amministratori comunali.

Le spese di giudizio, in considerazione della complessità della causa, possono trovare integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari - Sezione II, dichiara in parte inammissibile ed in parte infondato, unitamente ai motivi aggiunti, il ricorso n. 1400 del 2003 nei sensi in motivazione.
Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 20 gennaio 2005, con l’intervento dei Magistrati:
Dott. Giancarlo Giambartolomei - Presidente, est.
Dott. Antonio Pasca - Consigliere
Dott.Giuseppina Adamo - Consigliere