EDILIZIA
E URBANISTICA - 099
Consiglio di Stato, sezione V, 4 febbraio 2004, n. 367 (annulla T.A.R.
Brescia, 4 dicembre 2002, n. 2192)
Il T.A.R. non può disapplicare le norme tecniche del P.R.G.
ritenute in contrasto con la legge regionale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Quinta
Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 633/2003, proposto dal Comune di Roncadelle, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti G.R. e M.B. ed elettivamente domiciliato presso il primo in ...
contro
i Signori G.D., E.D., L.D. e R.D., non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sez. di Brescia, n. 2192/02 in data 4.12.2002;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2003, relatore il consigliere Carlo
Deodato, udito l’Avv.to R.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata veniva accertato il diritto dei signori D. a
realizzare l’intervento edilizio progettato, previa disapplicazione della
disposizione delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Roncadelle con la quale
configgeva ed in applicazione della quale era stata negata la concessione
edilizia impugnata dai ricorrenti.
Avverso tale decisione proponeva rituale appello il Comune di Roncadelle,
ribadendo l’eccezione di irritualità del ricorso originario, per omessa sua
notifica alla Regione Lombardia, criticando la correttezza della statuizione
affermativa del diritto a costruire ed invocandone l’annullamento.
Non si costituivano i signori D.
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2003 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Come già rilevato in fatto, il Tribunale Amministrativo di Brescia, in
accoglimento del ricorso proposto dai signori D. avverso un diniego di
concessione edilizia loro opposto dal comune di Roncadelle, ha provveduto a
qualificare come diritto soggettivo la posizione del soggetto richiedente un
titolo a costruire, ha, quindi, qualificato come esclusiva la relativa
giurisdizione amministrativa, ha, di conseguenza, disapplicato la disposizione
delle N.T.A. del P.R.G. del comune resistente, siccome contrastante con la
legge
regionale della Lombardia 7 giugno 1980, n. 93 (superando così l’eccezione
relativa all’omessa notifica del ricorso alla Regione), ed ha, in conclusione,
accertato “il diritto dei ricorrenti ad edificare nell’area dell’azienda
agricola da loro coltivata con la volumetria illustrata nel relativo progetto
costruttivo”, ritenuto conforme alla citata legge regionale.
Il comune critica la correttezza di siffatta statuizione, assumendola errata sia
nella parte in cui è stata disapplicata la disposizione delle N.T.A., sia, di
conseguenza, in quella in cui è stata accertata la sussistenza in capo ai
ricorrenti del diritto ad edificare, ed invocandone, quindi, l’annullamento.
L’appello è fondato e merita accoglimento.
L’intero iter argomentativo seguito dai primi giudici si rivela, infatti, erroneo sotto diversi profili.
La costruzione logica della motivazione si fonda, in particolare, sul fallace assunto della qualificazione come diritto soggettivo della posizione azionata dai ricorrenti.
Tale presupposta catalogazione dogmatica della situazione controversa e dei connessi poteri di cognizione del giudice ha consentito al Tribunale di provvedere alla disapplicazione dell’art. 25 delle N.T.A. del P.R.G. del comune di Roncadelle, superando, in tal modo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso (con il quale era stata impugnata anche la predetta disposizione) per la sua omessa notifica alla Regione.
Sennonché, la generale attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in materia edilizia (con l’art. 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80) non autorizza la qualificazione come diritti di tutte le posizioni soggettive configurabili nelle pertinenti controversie, ma impone di discernere, all’interno di queste ultime, le situazioni catalogabili come diritti da quelle classificabili come interessi legittimi, onde ricavarne la definizione del contenuto dei poteri di cognizione riservati al giudice con riferimento a ciascuna posizione soggettiva.
Così chiarito che, all’interno della giurisdizione esclusiva conserva rilevanza la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi al fine della delimitazione del corrispondente perimetro cognitivo riservato al giudice, è sufficiente richiamare il costante indirizzo giurisprudenziale (cfr. ex multis Cons. St. sez. V, 15 febbraio 2001, n. 790) che qualifica la situazione del soggetto richiedete la concessione edilizia come interesse legittimo - qui condiviso, in quanto correttamente fondato sul rilievo della necessaria intermediazione di un’attività pianificatoria e provvedimentale dell’amministrazione che permetta la piena attuazione dell’interesse del privato a costruire - per concludere che, nella fattispecie controversa, i poteri di cognizione sono quelli propri delle controversie aventi ad oggetto atti autoritativi e che, quindi, resta preclusa al giudice la disapplicazione di provvedimenti non ritualmente impugnati.
La disapplicazione del giudice amministrativo è, infatti, ammessa nei soli riguardi di atti aventi valenza normativa (come i regolamenti) o nelle controversie di giurisdizione esclusiva, purché, in concreto, afferenti a posizioni di diritto (Cons. St., sez.V, 10 gennaio 2003, n. 35), picché, in difetto delle due uniche situazioni che autorizzano il potere in parola (non essendo, peraltro, dubitabile l’inconfigurabilità dei caratteri dell’atto normativo in una previsione delle norme tecniche d’attuazione di un P.R.G.), restava impedito ai primi giudici il sindacato incidentale della legittimità di quest’ultima, ove irritualmente impugnata.
E non può, ancora, dubitarsi che il ricorso avverso le disposizioni di P.R.G. va notificato, oltre che al comune, anche alla regione, in considerazione della natura complessa dell’atto impugnato e del concorso della volontà di entrambi gli enti alla sua formazione definitiva (Cons. St., sez. II, 12 dicembre 1990, n. 358), e che l’omesso assolvimento di tale onere implica l’inammissibilità del ricorso, per la sua mancata notificazione ad una delle autorità emananti (Cons. St., sez. V, 19 maggio 1998, n. 616).
Il riscontro dell’omessa notifica alla regione del ricorso originario, peraltro formalmente denunciata dal comune, avrebbe, quindi, dovuto imporre ai primi giudici la declaratoria dell’inammissibilità del gravame, come visto, non surrogabile da una (non consentita) indagine incidentale sulla legittimità della norma di piano impugnata (in relazione alla quale il progetto degli istanti si rivelava insanabilmente contrastante), sicché la mancata pronuncia di tale necessitata statuizione si rivela sicuramente erronea ed impone una conseguente pronuncia correttiva.
Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento
dell’appello del comune e, in riforma della decisione appellata, la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso in primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, in riforma della decisione appellata, dichiara inammissibile il ricorso in primo grado;
condanna gli odierni appellati, in solido tra loro, a rifondere al comune le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000 (cinquemila);
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11 novembre 2003, con
l'intervento dei signori:
Emidio Frascione, Presidente
Raffaele Carbon, Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere