EDILIZIA E URBANISTICA - 093
Consiglio di Stato, Sezione V, 15 ottobre 2003, n. 6295
Anche in presenza di determinazione negligentemente tardiva del Comune in ordine alla domanda ci concessione, il contributo di concessione dovuto è quello in vigore al momento del rilascio del provvedimento.
La quantificazione del contributo di concessione è sottratta alla disponibilità delle parti per cui è inapplicabile il principio civilistico della cooperazione con il debitore secondo buonafede.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 9174 del 1997 proposto dalla s.r.l. K, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. E.R. e U.F., con domicilio eletto presso il secondo in ...

contro

il Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. M.R.S., S.D.T. e R.I., con domicilio eletto presso quest’ultimo in ...

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Milano sezione prima, 11 settembre 1996 n. 1151;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 16 maggio 2003 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli avv.ti F. e D., per delega dell’avv. I.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

La società Cappa espone, in punto di fatto, che il ritardo impiegato dal Comune di Milano nel rilasciare in data 14 giugno 1991 la concessione edilizia n. 663 ha comportato, nel caso di specie, l'applicazione di maggiori oneri concessori, approvati dalla giunta municipale con deliberazione n. 1917 del 3 aprile 1991. Il ricorso proposto contro tali atti in primo grado è stato respinto dal T.A.R. della Lombardia, con la sentenza specificata in epigrafe. 
La società, pertanto, ha proposto il presente appello ribadendo le censure prospettate in primo grado.

Motivi di appello:

1) la deliberazione n. 1917, in quanto atto di natura regolamentare, avrebbe dovuto essere pubblicata secondo la procedura che si ricava dal combinato disposto degli articoli. 47 della legge n. 142 del 1990 e 10 delle pre-leggi.
2) La natura regolamentare dell'atto imponeva che questo fosse adottato dal consiglio comunale e non dalla giunta, ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 142 del 1990. (ora articolo 42 decreto legislativo n. 267 del 2000 - n.d.r.)
3) La delibera si discosta, senza motivazione, dai parametri indicati dall'articolo 3, comma 2, della legge regionale n. 60 del 1977.
4) In ogni caso, premesso che la domanda di concessione era stata presentata nel 1988 e che l’istruttoria doveva considerarsi conclusa il 24 ottobre 1990, i nuovi parametri non potevano essere applicati al caso di specie giacché l'amministrazione non poteva lucrare dalla violazione di un obbligo di solerzia imposto dalla legge. Trattandosi di obbligazione pecuniaria infatti, l'amministrazione era tenuta ex articolo 1175 codice civile a cooperare con il debitore secondo buona fede.

L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'accoglimento delle domande di annullamento proposte in primo grado.

Resiste all’appello il Comune di Milano, che solleva, in via pregiudiziale l’eccezione di improcedibilità dell'appello per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto, nelle more del giudizio, il T.A.R. della Lombardia, con sentenza 3097 del 2000, ha annullato, su ricorso di terzi, la deliberazione n. 1917 del 3 aprile 1991, ritenendo fondata la censura di incompetenza. 
A seguito di ciò, il consiglio comunale, con deliberazione n. 52 del 15 giugno 2000, ha sanato il vizio confermando e ratificando con efficacia ex tunc le nuove misure degli oneri di urbanizzazione.

Nel merito contesta la fondatezza delle tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.

DIRITTO

L’appellante aveva impugnato in primo grado l’atto di determinazione del contributo per oneri concessori afferente la concessione edilizia n. 663, nonché, quale atto presupposto, la deliberazione n. 1917 del 3 aprile 1991, con la quale la giunta municipale di Milano aveva approvato le relative tabelle. 
Nelle more dell’appello, il T.A.R. della Lombardia, con sentenza 3097 del 2000, ha annullato, su ricorso di terzi, la deliberazione in questione, ritenendo fondata la censura di incompetenza. Il consiglio comunale, preso atto dell’annullamento, con deliberazione n. 52 del 15 giugno 2000, ha sanato il vizio confermando e ratificando con efficacia ex tunc le nuove misure degli oneri di urbanizzazione.

In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di improcedibilità dell’appello prospettata dalla difesa dell’amministrazione comunale, in quanto il provvedimento sopravvenuto, pur se restringe il campo dell’impugnazione rendendo così superflua la pronuncia in ordine ai primi tre motivi dell’appello, non ha inciso sulla questione di fondo prospettata dalla società K nei confronti dell’atto di determinazione del contributo per oneri concessori. Infatti, posto che tale atto, che rappresenta l’oggetto principale dell’impugnazione, conserva la sua efficacia, resta fermo l’interesse della ricorrente al suo annullamento.

L’appello, tuttavia, è infondato nel merito.

La ricorrente, in punto di fatto, lamenta che il ritardo del Comune di Milano nel rilasciarle in data 14 giugno 1991 la concessione edilizia n. 663 ha comportato l'applicazione dei maggiori oneri concessori, nel frattempo entrati in vigore. 
Ciò, sotto il profilo giuridico, non risponderebbe a diritto, perché, trattandosi di obbligazione pecuniaria, l'amministrazione era tenuta ex articolo 1175 codice civile a cooperare con il debitore secondo buona fede.

La tesi non può essere condivisa.

Giova premettere che, sulla base del sistema costruito dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10 (in particolare dell'art. 1, 3, 5 ed 11) il rilascio della concessione edilizia si configura come fatto costitutivo dell'obbligo giuridico del concessionario di corrispondere il contributo ed è a tale momento che occorre riferirsi per la determinazione dell'entità del medesimo in base ai parametri normativi allora vigenti. 
Su tale punto, d’altronde, la giurisprudenza del giudice amministrativo da tempo appare pacifica ( vedi tra le tante, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 1071 del 25-10-1993).

Quanto alla natura dell’obbligo, la giurisprudenza amministrativa è altrettanto ferma nel ritenere che questo, essendo obiettivamente collegato alla posizione del titolare della concessione edilizia “dà vita ad una obbligazione di diritto pubblico dalla quale va esclusa ogni connotazione negoziale “ (Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2056 del 6-12-1999); con la conseguenza che la materia è sottratta alla disponibilità delle parti. 
Ciò non consente la trasposizione in questo ambito dell’articolo 1175 codice civile, che invece muove dal presupposto in cui le parti agiscano sulla base di una situazione giuridica riconducibile all’autonomia negoziale.

Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.

Appare, tuttavia, equo compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l’appello.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 maggio 2003, con l’intervento dei signori:

Agostino Elefante, Presidente
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere, estensore
Franceso D’Ottavi, Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere