EDILIZIA - 044
T.A.R. Lombardia, sezione Brescia, 20 novembre 2001, n. 1000
E' illegittimo il P.R.G. che, a fronte dell'attuale
normativa statale (art. 7, legge n.
1150 del 1942) e regionale (artt.
15 e seguenti, legge reg. n. 51 del 1975) in materia di pianificazione,
realizza una polverizzazione scoordinata fra i vari ambiti territoriali,
incurante delle omogeneità urbanistiche, risultandone una disciplina non già
per zone omogenee, bensì una distribuzione diseguale per aree
specifiche, in modo scollegato dalla loro appartenenza al medesimo sistema o
sub-sistema - La suddivisione in zone costituisce l’elemento fondamentale di
ogni P.R.G., con la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in
ciascuna zona - Per quanto sia ammessa una microzonizzazione, cioè una
individuazione di sottozone con caratteristiche peculiari nell’ambito di
quelle previamente individuate, è oggettiva la necessità che, per aree aventi
caratteristiche comuni ed omogenee, venga individuata la corrispondente
classificazione e con essa l’uniformità di disciplina - La disciplina
polverizzata si risolve nello smarrimento di un disegno unitario, reso evidente
dall’impossibilità di ricondurre ad unità la progressiva ed inesplicabile
frammentazione della pianificazione - Il P.R.G. non può arbitrariamente
introdurre discipline di dettaglio, per edificio, tali da sussumere compiti
propri della pianificazione di attuazione in assenza di giustificazioni
oggettive o sulla base di specifiche motivazioni adeguatamente esternate dalla
P.A.
(si veda anche T.A.R. Lombardia,
sezione Brescia, 20 novembre 2001, n. 1001)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia
Sezione staccata di Brescia
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 530 del 1999 proposto da L.T. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti G.F., I.F. e F.F., ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Brescia ...
contro
il COMUNE di BRESCIA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti S.B., M.P. e F.B. ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura Civica in Brescia, C.tto S. Agata, n.11/B;
e nei confronti della
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
del nuovo P.R.G. del Comune di Brescia, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 293 del 16 ottobre 1998, nella parte attinta dalle censure esposte in ricorso;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brescia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato quale relatore alla pubblica udienza del 13 luglio 2001 la dr.ssa
Alessandra Farina;
Uditi i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente è proprietaria in
Brescia di un’area, contraddistinta dai mappali n. ... fg. n. ..., sulla
quale insiste un edificio.
In base al P.R.G. vigente l’edificio risultava collocato in zona B1-
residenziale di completamento.
A seguito dell’adozione del nuovo strumento
urbanistico comunale, di cui alla deliberazione consiliare n. 293 del
16.10.1998, l’immobile della ricorrente è stato classificato nel sistema dei
“luoghi centrali a scala urbana”, normato dall’art. 4.2.5.5 delle
N.T.A., avente come destinazione d’uso quella terziaria e residenziale.
La tipologia di interventi ammessi per tale area risulta essere il risanamento
conservativo, così come si ricava dalla Tavola “uso del suolo e modalità
di intervento”
Con riferimento all’interesse della società ricorrente alla realizzazione di interventi edificatori sulla propria area, allo stato non più assentibili in base alla nuova disciplina urbanistica comunale adottata a modifica di quanto anteriormente previsto, poiché l’area è stata qualificata come pertinenza dell’edificio esistente, da cui la sola possibilità di interventi di restauro conservativo, con il presente gravame e per i motivi di seguito esposti, la stessa ha chiesto l’annullamento della deliberazione consiliare impugnata.
A sostegno della propria domanda sono state dedotte le seguenti censure:
Violazione di legge con riferimento all’art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150; all’art. 2 del D.M. 2.4.1968; agli artt. 15 e segg. della L.r. 15.4.1975, n. 51; nonché eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, incongruenza, difetto di motivazione, palese disparità di trattamento e sviamento dalla causa tipica.
Con il detto articolato motivo di censura l’istante lamenta l’illegittimità delle nuove disposizioni urbanistiche introdotte dal Comune di Brescia, che sarebbero strumenti di una tecnica pianificatoria non rispettosa dei criteri e dei principi dettati dalla normativa statale e regionale, avuto particolare riguardo al mancato rispetto del modello legale della zonizzazione, di cui all’art. 7 della L.U. e degli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2.4.1968 ed alla L.r. n. 51/75.
Ad avviso della ricorrente la formale
previsione di sistemi, sub-sistemi ed ambiti, volti ad individuare zone aventi
caratteri comuni, risulterebbe potenzialmente smentita dalla concreta disciplina
del territorio comunale emergente dalle Tavole “uso del suolo e modalità
di intervento”, contenenti, in realtà, una articolata ma solo atomistica
disciplina urbanistica, avente ad oggetto singoli lotti, da cui discenderebbero
inspiegabili difformità di trattamento riguardo ad aree ed edifici ricadenti
nell’ambito dello stesso sistema o sub-sistema.
La violazione illustrata sarebbe resa manifesta, infatti, dal fatto che le
potenzialità edificatorie assegnate alle singole aree risulterebbero del tutto
avulse da ogni disegno urbanistico pertinente il sistema o il sub-sistema di
appartenenza, per cui gli interventi ivi previsti - sia per dimensioni sia per
tipologie ammesse - si limiterebbero ad indicare le varie tipologie edilizie
ammesse, del tutto disgiuntamente dalle altre.
La nuova normativa di piano, così introdotta, non risulterebbe, peraltro, supportata da alcuna motivazione che giustifichi la diversità di trattamento per zone assimilabili per caratteristiche e dislocazione.
Inoltre, per numerose aree collocate nei sistemi R, L e P viene rilevata l’omessa ed egualmente inesplicabile indicazione degli indici di edificabilità.
Ad avviso della ricorrente, il sistema pianificatorio così adottato dall’Amministrazione comunale non avrebbe, quindi, seguito i vincolanti canoni ordinari che prevedono la disciplina per aree aventi caratteristiche omogenee, ma avrebbe fatto riferimento di volta in volta al tipo di intervento ammesso con riferimento al singolo edificio: il che determinerebbe dunque la compromissione ingiustificata delle possibilità edificatorie, senza apprestare alcun indennizzo a favore dei proprietari degli edifici cui non è stata attribuita pari possibilità di costruire.
Violazione di legge con riferimento agli artt. 19 e 23 della L.r. n. 51/75; eccesso di potere per difetto di motivazione, inintelligibilità, illogicità ed irragionevolezza.
La difesa istante contesta il sistema seguito
dall’Amministrazione al fine del computo della stima del fabbisogno abitativo
e della correlata capacità insediativa teorica.
La stima redatta dal progettista risulterebbe, infatti, del tutto svincolata dai
principi legislativi dettati dalla normativa regionale.
Violazione dell’art. 31, lett. c) della legge 5.8.1978, n. 457.
La previsione, relativa all’area della ricorrente, implicante la sola realizzazione di interventi di risanamento conservativo, risulterebbe in palese contrasto con la previsione del richiamato art. 31, lett. c) della legge citata, laddove impone il divieto di modifica dei prospetti esterni principali, di variazione delle quote degli orizzontamenti e di adeguamento formale delle aperture, in precedenza tamponate, a seguito della loro riapertura.
Il Comune di Brescia si è costituito in giudizio, evidenziando la legittimità delle scelte e la razionalità della metodologia progettuale sottesa al nuovo strumento comunale di pianificazione, respingendo sotto ogni profilo le contestazioni avversarie.
La Regione Lombardia non si è costituita in giudizio.
All’udienza del 13 luglio 2001 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Oggetto del gravame sottoposto all’esame del Collegio è la nuova disciplina urbanistica adottata dal Comune di Brescia con deliberazione del Consiglio comunale n. 293/98, a seguito della quale è stata approntata una rivisitazione complessiva del territorio comunale, attraverso l’individuazione di nuovi modelli di suddivisione ed articolazione del territorio, particolarmente attenti alla conformazione, non solo geomorfologica, ma anche storica dello stesso, così come acquisita nel corso degli anni.
La delibera comunale, che è all’evidenza lesiva degli interessi della società ricorrente, in quanto comprime le possibilità edificatorie previamente riferite all’area di proprietà, viene censurata, in principal modo, per quanto riguarda il sistema seguito in sede di elaborazione del progetto del nuovo piano regolatore generale, sistema che si presenterebbe del tutto avulso dai principi positivi e dai criteri informatori della materia dettati dalla normativa urbanistica statale e regionale.
In particolare, come già anticipato nell’esposizione in fatto, la difesa della ricorrente rileva come il nuovo schema seguito dai progettisti per la redazione del piano, abbia rispettato soltanto formalmente il sistema generale di pianificazione delineato dal legislatore (così come disciplinato dall’art. 7 della L.U. e dal D.M. 2.4.1968, che prevedono la ripartizione del territorio in zone aventi ciascuna determinate caratteristiche omogenee), realizzando, in realtà una pianificazione del tutto scoordinata fra i vari ambiti territoriali, incurante dell’esistenza di aree caratterizzate da evidenti elementi di omogeneità, elementi che, proprio seguendo l’indirizzo dettato dal legislatore, avrebbero, più correttamente, dovuto trovare disciplina uniforme.
La suddivisione del territorio comunale in sistemi, sub-sistemi e ambiti, introdotta con il nuovo P.R.G., sebbene appaia formalmente rispettosa della ripartizione in zone omogenee prevista dalla L.U. e disciplinata nei contenuti dal D.M. del 1968, in realtà non assumerebbe poi alcuna diretta rilevanza ai fini della disciplina delle aree interessate, in quanto, attesi i contenuti di cui alle Tavole individuanti “l’uso del suolo e modalità di intervento”, l’articolazione del territorio, nel senso della individuazione del tipo di intervento ammesso, dei limiti di altezza massima consentita, del rapporto massimo di copertura della superficie, non risulterebbe effettuata per zone omogenee, bensì “…attraverso una distribuzione diseguale e capricciosa per aree specifiche, in modo del tutto scollegato dalla loro appartenenza al medesimo sistema o sub-sistema” (così ricorso pag. 5).
A fronte delle censure sollevate dalla difesa
ricorrente, il Comune di Brescia, pur non contestando nella sostanza la
peculiarità di redazione del progetto del nuovo piano urbanistico, ha svolto le
proprie difese rilevando come la scelta di addivenire ad una siffatta
articolazione del territorio comunale, sia dipesa, in primo luogo, dalla
necessità di riconoscere lo stato di fatto del territorio, così come evolutosi
nel corso degli anni, definendolo, appunto, una realtà “frattale…un
arcipelago, un mosaico mai completato, composto di piccoli pezzi accostati l’uno
all’altro e tra loro diseguali…” (così riportando uno stralcio della
Relazione illustrativa al progetto di piano).
In conseguenza di tale conformazione, l’Amministrazione, seguendo le più
moderne tecniche progettuali di redazione dei piani regolatori, ha ritenuto di
introdurre nuovi schemi di organizzazione e disciplina del territorio comunale,
abbandonando, sostanzialmente, la classica “zonizzazione”, per
avvalersi della “tecnica dell’integrazione”, che assolverebbe la
funzione di integrare, appunto, aspetti difformi del territorio, contemplando
una pluralità di funzioni correlate a diverse tipologie di intervento.
A parere del Collegio l’introdotto ricorso è fondato.
Giova, anzitutto, osservare che le
difficoltà, rappresentate dalla difesa comunale e che giustificherebbero il
ricorso al peculiare criterio tecnico-giuridico di pianificazione territoriale
in fatto seguito, asseritamente derivanti dalla conformazione del territorio
della Città di Brescia, appaiono incapaci di autorizzare una così potente
deviazione rispetto al quadro normativo tracciato dal richiamato art.
7 della L.U. e dalla disciplina contenuta nel D.M. del 1968.
In proposito è appena il caso di sottolineare che il Legislatore nazionale non
ha rimesso né al libero dispiegarsi di una seppur innovativa pianificazione,
né al concreto rilievo dell’esistente tessuto urbano la possibilità di
superare i pur lati vincoli emergenti dalla ricognizione di zone omogenee, dalle
quali , dunque, ferma la loro individuazione sul territorio, non può sotto
alcun profilo derogarsi.
Il suesteso precetto esprime d’altra parte l’elementare esigenza che il
nuovo strumento urbanistico si traduca in uno quadro di agevole e razionale
decifrazione non soltanto nel versante di quanti sono chiamati ad adottarlo, ma
soprattutto per coloro che sono direttamente incisi dall’esercizio di una
così lata discrezionalità, qual è quella che la legge attribuisce agli Enti
territoriali in sede di pianificazione.
La suddivisione in zone del territorio pianificato costituisce, infatti, l’elemento
fondamentale di ogni piano regolatore generale, sulla base del chiaro disposto
dell’art. 7, num. 2, della legge 17
agosto 1942, n. 1150, secondo il quale il piano deve contenere la divisione
in zone dell’abitato, con la precisazione delle zone destinate all’espansione
dell’aggregato urbano, della determinazione dei vincoli e dei caratteri da
osservare in ciascuna zona.
La zonizzazione, nel suo duplice aspetto
funzionale e architettonico, in quanto espressione sia della suddivisione del
territorio in base alle caratteristiche edilizie ed alle dimensioni degli
edifici, sia delle funzioni da svolgere nelle sue diverse parti, mira, dunque,
ad assicurare l’uniformità di disciplina nell’ambito delle diverse realtà
presenti all’interno del territorio comunale.
Ed è proprio in quest’ottica di uniformità di disciplina che si collocano le
prescrizioni del D.M. 2 aprile 1968, le quali, dopo aver identificato la
caratteristiche proprie delle diverse zone territoriali omogenee (art.
2), fissa per ciascuna di esse i limiti massimi inderogabili di densità
edilizia, quelli di altezza degli edifici e quelli di distanza fra i fabbricati
(artt. 7, 8 e 9).
Pertanto, seppure il Collegio non ignori che è stata riconosciuta in
giurisprudenza la possibilità di addivenire alla cosiddetta “microzonizzazione”,
cioè all’individuazione di sottozone con caratteristiche peculiari nell’ambito
di quelle previamente individuate, è oggettiva la necessità che, per aree
aventi caratteristiche comuni ed omogenee, venga individuata la corrispondente
classificazione e con essa l’uniformità di disciplina.
La previsione di prescrizioni difformi per aree appartenenti ad una determinata
zona, con conseguente diversità di disciplina, deve, dunque, ritenersi di per sé
consentita all’Amministrazione, che deve farsi interprete delle esigenze
peculiari proprie di taluni ambiti, il che richiede, tuttavia, che la
correlativa statuizione sia sorretta da un’adeguata e puntuale motivazione.
Nel caso in esame, non è dato peraltro
riscontrare che il nuovo piano regolatore adottato dal Comune di Brescia abbia
operato all’interno di detta residuale vicenda urbanistica: la creazione di
sistemi, sub-sistemi e di successivi ambiti non appare espressione di un disegno
necessariamente unitario e come tale razionalmente accettabile, risolvendosi
esso nel progressivo smarrimento di un siffatto disegno, reso evidente dall’impossibilità
di ricondurre ad unità la progressiva ed inesplicabile frammentazione della
pianificazione.
In tale obiettivo quadro, corretto appare l’appunto mosso al nuovo strumento
urbanistico dalla ricorrente che, nell’incapacità di comprendere per quale
ragione il progettato intervento non possa svolgersi nel senso auspicato, taccia
quale capriccioso il disegno siffattamente perseguito.
L’impugnata variante è dunque solo formalmente rispettosa dei principi sulla “zonizzazione” contenuti nelle normative nazionali e regionali invocate, poiché nella sostanza i suddetti criteri informatori sono stati disattesi in virtù di previsioni di prescrizioni difformi da area ad area, pur se appartenenti allo stesso sistema o sub-sistema.
Questa circostanza, evidenziata in ricorso con riferimento alle previsioni contenute nelle Tavole “uso del suolo e modalità di intervento”, se da un lato appare arbitrariamente sussumere nella sede della pianificazione urbanistica generale compiti propri di quella di attuazione, comporta quindi l’illegittima introduzione di discipline differenziate per aree, se non per singoli edifici, in assenza di giustificazioni oggettive o comunque sulla base di specifiche motivazioni adeguatamente esternate dall’Amministrazione.
Il risultato, così come denunciato dalla difesa istante, è quello di una non giustificata “polverizzazione” della disciplina del territorio, incapace di rendere ragione delle generali scelte del nuovo piano, come è anche dimostrato dal fatto che, al di fuori delle ipotesi particolari degli immobili situati nel centro storico ovvero aventi particolare pregio storico artistico, faccia addirittura difetto per numerose aree un indice di fabbricabilità, essendosi l’Amministrazione limitata a fare riferimento al singolo edificio, sulla base delle sue esistenti caratteristiche, dettando il tipo di intervento ammesso solo con riferimento ad esso, spesso in maniera difforme da quanto dettato per edifici o aree limitrofe ovvero aventi caratteristiche simili.
In conclusione, assorbita ogni ulteriore doglianza, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese di causa seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato.
Condanna il Comune resistente al pagamento
delle spese di causa, liquidandole, a favore della ricorrente, nella somma
complessiva di Lire 15.000.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso, in Brescia, il 13 luglio 2001 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Francesco Mariuzzo -Presidente
Oreste Mario Caputo -Giudice
Alessandra Farina -Giudice Rel. est.
T.A.R. Lombardia, sezione Brescia, 20 novembre 2001, n.
1001
(Negli stessi termini)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia
Sezione staccata di Brescia
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 526 del 1999 proposto da B.M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti G.F., I.F. e F.F., ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Brescia ...
contro
il COMUNE di BRESCIA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti S.B., M.P. e F.B. ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura Civica in Brescia, C.tto S. Agata, n.11/B;
e nei confronti della
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
del nuovo P.R.G. del Comune di Brescia, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 293 del 16 ottobre 1998, nella parte attinta dalle censure esposte in ricorso;
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brescia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato quale relatore alla pubblica udienza del 13 luglio 2001 la dr.ssa
Alessandra Farina;
Uditi i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente è comproprietario, insieme alla moglie, di un fabbricato unifamiliare sito all’interno del “Villaggio Prealpino”, facente parte del più ampio complesso denominato “Villaggi Marcolini”, insistente sul territorio del Comune di Brescia, mappale n. ..., fg. n. .4.
In base al P.R.G. vigente l’edificio
risultava collocato in zona B1- residenziale di completamento.
A seguito dell’adozione del nuovo strumento urbanistico comunale, di cui alla
deliberazione consiliare n. 293 del 16.10.1998, l’immobile del ricorrente è
stato classificato nel sistema della residenza R sub-sistema “R 2 città
per addizione”, normato dall’art. 4.2.2.6 delle N.T.A.
In base alle prescrizioni contenute nella Tavola “uso del suolo”,
oltre alle disposizioni relative all’altezza degli edifici, al rapporto
massimo di copertura e di ogni altro utile elemento, è stata definita la
tipologia degli interventi ammessi, consistenti nella sola demolizione e
ricostruzione ovvero ristrutturazione, mentre risulta escluso ogni pur contenuto
ampliamento dell’esistente.
Con riferimento all’interesse del ricorrente alla ristrutturazione del proprio
immobile, implicanti anche un ampliamento dello stesso, allo stato non più
assentibile in base alla nuova disciplina urbanistica comunale adottata a
modifica di quanto anteriormente previsto, con il presente gravame e per i
motivi di seguito esposti, viene chiesto l’annullamento della deliberazione
consiliare impugnata.
A sostegno della domanda di annullamento sono state dedotte le seguenti censure:
Violazione di legge con riferimento all’art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150; all’art. 2 del D.M. 2.4.1968; agli artt. 15 e segg. della L.r. 15.4.1975, n. 51; nonché eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, incongruenza, difetto di motivazione, palese disparità di trattamento e sviamento dalla causa tipica.
Con il detto articolato motivo di censura l’istante lamenta l’illegittimità delle nuove disposizioni urbanistiche introdotte dal Comune di Brescia, che sarebbero strumenti di una tecnica pianificatoria non rispettosa dei criteri e dei principi dettati dalla normativa statale e regionale, avuto particolare riguardo al mancato rispetto del modello legale della zonizzazione, di cui all’art. 7 della L.U. e degli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2.4.1968 ed alla L.r. n. 51/75.
Ad avviso del ricorrente la formale previsione di sistemi, sub-sistemi ed ambiti, volti ad individuare zone aventi caratteri comuni, risulterebbe potentemente smentita dalla concreta disciplina del territorio comunale emergente dalle Tavole “uso del suolo e modalità di intervento”, contenenti, in realtà, una articolata ma solo atomistica disciplina urbanistica, avente ad oggetto singoli lotti, da cui discenderebbero sperequazioni ed inspiegabili difformità di trattamento riguardo ad aree ed edifici ricadenti nell’ambito dello stesso sistema o sub- sistema.
La violazione illustrata sarebbe resa manifesta, infatti, dal fatto che le potenzialità edificatorie assegnate alle singole aree risulterebbero del tutto avulse da ogni disegno urbanistico pertinente il sistema o il sub-sistema di appartenenza, per cui gli interventi ivi previsti - sia per dimensioni sia per tipologie ammesse - si limiterebbero ad indicare le varie tipologie edilizie ammesse, del tutto disgiuntamente dalle altre.
La nuova normativa di piano, così introdotta, non risulterebbe, peraltro, supportata da alcuna motivazione che giustifichi la diversità di trattamento per zone assimilabili per caratteristiche e dislocazione : palese sarebbe la situazione del “Villaggio Prealpino”, ove è sito l’immobile del ricorrente, che fa parte del complesso omogeneo, noto come “Villaggi Marcolini”, tutti realizzati intorno al 1980 dalla Coop. La Famiglia, comprendente altri Villaggi - quartieri (Montini, Badia, Violino, Sereno, S. Polo vecchio e Buffalora), aventi identiche caratteristiche strutturali e funzionali.
Inoltre, per numerose aree collocate nei sistemi R, L e P viene rilevata l’omessa ed inesplicabile indicazione degli indici di edificabilità.
Ad avviso del ricorrente, il sistema pianificatorio così adottato dall’Amministrazione comunale non avrebbe, quindi, seguito i vincolanti canoni ordinari che prevedono la disciplina per aree aventi caratteristiche omogenee, ma avrebbe fatto riferimento di volta in volta al tipo di intervento ammesso riguardo al singolo edificio: il che determinerebbe, dunque, la compromissione ingiustificata delle possibilità edificatorie, senza la previsione di alcun indennizzo a favore dei proprietari degli edifici cui non è stata attribuita pari possibilità di costruire.
Violazione di legge con riferimento agli artt. 19 e 23 della L.r. n. 51/75; eccesso di potere per difetto di motivazione, inintelligibilità, illogicità ed irragionevolezza.
La difesa istante contesta il
sistema seguito dall’Amministrazione al fine del computo della stima del
fabbisogno abitativo e della correlata capacità insediativa teorica.
La stima redatta dal progettista risulterebbe, infatti, del tutto svincolata dai
principi dettati dalla normativa regionale.
Il Comune di Brescia si è costituito in giudizio, evidenziando la legittimità
delle scelte e la razionalità della metodologia progettuale sottesa al nuovo
strumento comunale di pianificazione, respingendo sotto ogni profilo le
contestazioni avversarie.
La Regione Lombardia non si è costituita in giudizio.
All’udienza del 13 luglio 2001 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, per l’effetto, dispone l’annullamento del provvedimento impugnato.
Condanna il Comune resistente al
pagamento delle spese di causa, liquidandole, a favore del ricorrente, nella
somma complessiva di Lire 15.000.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso, in Brescia, il 13 luglio 2001 dal Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Francesco Mariuzzo -Presidente
Oreste Mario Caputo -Giudice
Alessandra Farina -Giudice Rel. est.