LEGGE REGIONALE 15 aprile 1975, n. 51
Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia del patrimonio naturale e paesistico

Titolo I - DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1. Finalità

1. La regione, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia urbanistica, cura la migliore utilizzazione del territorio regionale in relazione alla molteplicità degli interessi pubblici legati al suo uso promuovendo anche le necessarie trasformazioni dell'assetto esistente al fine di conseguire la migliore economia di territorio e di risorse, nel rispetto delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato.

Art. 2. Soggetti di pianificazione

1. I soggetti di pianificazione sono la regione ed i comuni.

2. I comuni sono soggetti di pianificazione individualmente e, a livello comprensoriale, in forma associata.

3. Le comunità montane esercitano le funzioni urbanistiche per esse previste dalla presente legge.

Art. 3. Livelli di pianificazione e strumenti urbanistici

1. I livelli di pianificazione e gli strumenti urbanistici per l'organizzazione del territorio e la disciplina urbanistica sono i seguenti:

a) a livello regionale, i piani territoriali di coordinamento regionale;
b) a livello comprensoriale, i piani territoriali di coordinamento comprensoriale;
c) a livello comunale, i piani regolatori generali ed i piani regolatori intercomunali.

Art. 4. Piano territoriale di coordinamento regionale

1. Il piano territoriale regionale:

a) formula, ai sensi dell'art. 3 dello statuto il quadro generale dell'assetto territoriale della regione, in relazione alla programmazione economica regionale;
b) costituisce il quadro di riferimento territoriale dei programmi di intervento e di spesa della regione e della loro articolazione comprensoriale;
c) coordina i piani di intervento delle amministrazioni e delle aziende pubbliche, nel rispetto delle loro competenze;
d) definisce, nel rispetto delle competenze statali i criteri, le disposizioni ed i vincoli per la tutela del patrimonio naturale, agricolo, forestale, storico, artistico ed ambientale della regione e ne indica le aree relative;
e) definisce i sistemi:

1) della mobilità regionale;
2) dei servizi, delle opere pubbliche, delle infrastrutture di interesse regionale;
3) dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale, anche agli effetti di quanto previsto dal I e II comma dell'art. 3 della legge regionale 17 dicembre 1973, n. 58;

f) stabilisce le norme, i criteri metodologici ed i principali parametri che debbono essere osservati nella formazione dei piani territoriali comprensoriali e dei piani comunali;
g) indica, per gli interventi di interesse regionale, le scelte di destinazione d'uso, di vincolo e la relativa localizzazione;
h) indica le previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica di livello comprensoriale e comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati ed i termini, entro i quali, i piani territoriali comprensoriali e i piani comunali debbono essere adeguati alle sue previsioni.

2. I piani territoriali regionali che riguardano solo determinate parti del territorio regionale hanno i medesimi contenuti sopra previsti, limitatamente alla parte del territorio oggetto del piano.

3. I piani territoriali regionali che riguardano solo determinati settori funzionali hanno i medesimi contenuti sopra previsti, in quanto utili e compatibili con il settore considerato. I piani territoriali regionali per singoli settori funzionali possono riguardare anche singole parti del territorio.

Art. 5. Elementi del piano territoriale regionale

1. Il piano territoriale regionale è costituito:

- da un documento nel quale, in relazione agli obiettivi generali e specifici dello sviluppo economico e sociale della regione, si formulano le scelte di assetto territoriale ritenute idonee a conseguirli;
- da rappresentazioni grafiche adeguate, in numero e scala, ad illustrare l'assetto territoriale previsto nel documento di cui al punto precedente; - dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;
- da norme di attuazione del piano, comprendenti anche le direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti urbanistici di livello comprensoriale e comunale;
- da un programma di interventi prioritari determinati nel tempo, con l'indicazione delle risorse necessarie e delle possibili fonti di finanziamento.

Art. 6. Formazione ed approvazione del piano territoriale e regionale

1. Il consiglio regionale, su proposta della giunta regionale, adotta, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il progetto di piano territoriale regionale e provvede all'invio dello stesso al governo, alle province, alle comunità montane, agli organismi comprensoriali interessati dal piano, nonché alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della regione del provvedimento di adozione, con l'indicazione della sede ove chiunque sia interessato può prendere visione degli elaborati del progetto di piano.

2. Entro 90 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, il governo, i comuni, le province, le comunità montane, gli organismi comprensoriali e gli enti pubblici interessati, le organizzazioni sociali nonché i proprietari delle aree oggetto delle previsioni immediatamente vincolanti di cui all' art. 4 lett. h) possono far pervenire alla giunta regionale le loro osservazioni.

3. Nei successivi 90 giorni la giunta regionale, esaminate le osservazioni pervenute, predispone, in collaborazione con le commissioni consiliari competenti, gli elaborati definitivi nel piano territoriale e li presenta al consiglio regionale per l'approvazione.

4. Il piano territoriale regionale è approvato con legge regionale.

Art. 7. Effetti del piano territoriale regionale

1. Il piano territoriale regionale è sottoposto a revisione in rapporto alle scelte della programmazione regionale ed alle indicazioni della programmazione nazionale.

2. Ove necessario il piano può essere modificato per singole parti o per singoli settori funzionali.

3. Annualmente la giunta regionale riferisce al consiglio sullo stato di attuazione del piano territoriale regionale e dei singoli piani settoriali, in relazione al programma di interventi di cui al precedente art. 5.

4. Il piano territoriale regionale deve essere osservato dalle amministrazioni dello Stato ove siano intervenute intese con le stesse ed è vincolante per i comuni, le province e gli altri enti pubblici, nonché per le società concessionarie di pubblici servizi, nonché limitatamente alle previsioni di cui all'art. 4, lett. h) per i privati. Alle previsioni di tale piano, entro i termini stabiliti dallo stesso, devono adeguarsi, per quanto di competenza, gli strumenti urbanistici comunali e comprensoriali ed i piani delle amministrazioni provinciali.

5. A decorrere dalla data di pubblicazione del progetto di piano, ai sensi del I comma dell' art. 6, e per un periodo di due anni, i sindaci debbono sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie contrastanti con le previsioni di cui alla lettera h) del primo comma dell'art. 4.

6. Dalla data di entrata in vigore del piano territoriale regionale non possono essere rilasciate licenze edilizie in contrasto con le previsioni di cui alla lettera h) del primo comma dell'art. 4.

Sezione II - Pianificazione di livello comprensoriale

Art. 8. Contenuti del piano territoriale di coordinamento comprensoriale (omissis)

Art. 9. Piani urbanistici delle comunità montane (abrogato dall'art. 23 della legge regionale n. 43 del 1982)

Art. 10. Elementi del piano territoriale comprensoriale (omissis)

Art. 11. Proposta di piano territoriale comprensoriale (omissis)

Art. 12. Effetti del piano territoriale comprensoriale (omissis)

Titolo III - PIANIFICAZIONE COMUNALE

Art. 13. Pianificazione comunale

1. La pianificazione comunale:

a) recepisce le previsioni del piano territoriale comprensoriale e del piano territoriale regionale;
b) sviluppa e precisa, nel quadro delle scelte operate dal piano comprensoriale, l'organizzazione del territorio comunale;
c) si attua mediante la predisposizione dei programmi pluriennali di cui al titolo IV della presente legge.

Art. 14. Piani regolatori generali e piani regolatori intercomunali

1. Tutti i comuni della regione devono dotarsi di un piano regolatore generale.

2. Il piano regolatore generale organizza l'intero territorio comunale, in funzione delle esigenze della comunità locale.

3. Due o più comuni contermini costituiti in consorzio volontario, a norma del testo unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, possono adottare un piano regolatore intercomunale sostitutivo a tutti gli effetti dei piani regolatori comunali. Ai fini della formazione, adozione, pubblicazione di tali piani si applicano le norme relative ai piani regolatori generali, intendendosi sostituito il consorzio ai singoli comuni.

4. I comuni, dopo l'entrata in vigore della presente legge, non possono adottare programmi di fabbricazione e possono apportare a quelli adottati o vigenti, solo modifiche che comportino riduzione della edificabilità e l'introduzione di nuovi vincoli per attrezzature pubbliche e collettive.

Art. 15. Distinzione delle aree all'interno del territorio comunale

1. Le previsioni del piano regolatore generale devono essere articolate distinguendo le zone di cui all' art. 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 ed indicando in particolare:

a) le parti di territorio comunale delimitate come centri edificati ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
b) le restanti parti del territorio comunale.

Art. 16. Prescrizioni per il territorio urbanizzato

1. Per le aree di cui all' art. 15 sub. a) il piano regolatore generale deve individuare la perimetrazione del centro storico e di eventuali nuclei urbani di interesse storico, artistico, ambientale, delle zone di completamento, di eventuali zone di ristrutturazione e trasformazione funzionale, delle zone industriali, commerciali e artigianali esistenti e deve prevedere:

1) l'organizzazione dei servizi collettivi e l'identificazione delle aree vincolate all'uso pubblico con il fine preminente di rispettare gli standards di cui alla presente legge;
2) sedi proprie e/o adeguate protezioni per i trasporti pubblici;
3) il sistema della mobilità veicolare e pedonale e degli spazi di parcheggio pubblico;
4) la destinazione d'uso delle singole zone;
5) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

2. La documentazione grafica del piano regolatore generale, relativamente al territorio già urbanizzato, deve essere redatta, di norma, alla scala 1 : 2.000.

Art. 17. Centri storici
(articolo così sostituito dall'articolo 5 della legge regionale n. 1 del 2001)

1. Il piano regolatore generale nell'individuare e perimetrare il centro storico e i nuclei di interesse storico, artistico e ambientale, se esistenti, tiene conto della cartografia di prima levatura dell'Istituto Geografico Militare Italiano, motivando adeguatamente eventuali ampliamenti o riduzioni in relazione ai mutamenti dello stato dei luoghi intervenuti successivamente.

2. Il piano regolatore generale verifica le condizioni degli insediamenti sotto il profilo igienico-sanitario, lo stato di conservazione edilizia, la coerenza architettonica e ambientale con il contesto urbano e le destinazioni d'uso e assicura la tutela e la valorizzazione del centro storico e dei nuclei di interesse storico, artistico ed ambientale, promovendo azioni utili a favorirne sia il restauro che la migliore fruibilità e a tal fine:

a) individua e sottopone ad apposite modalità di intervento tutti i beni storici, monumentali, artistici ed ambientali, meritevoli di salvaguardia e di conservazione;
b) indica i criteri per l'organizzazione della rete di viabilità e degli spazi a parcheggio, al fine di favorire la mobilità pedonale e il trasporto collettivo, privato e pubblico, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e all'articolo 17, comma 90, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) e successive modificazioni ed integrazioni;
c) individua gli ambiti e le tipologie di intervento soggetti a preventivo piano attuativo, nonché le zone di recupero, ai sensi dell'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale).

3. Per gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di nuova edificazione il piano regolatore generale prevede il ricorso al piano attuativo o alla concessione edilizia convenzionata per gli aspetti planivolumetrici.

4. Ai fini dell’osservanza dei limiti di densità edilizia stabiliti dall'articolo 7, comma 1, punto 1 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), per operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative si intendono gli interventi di recupero disciplinati dall’articolo 31 della legge n. 457 del 1978.

Art. 18. Prescrizioni per il territorio non urbanizzato

1. Per le aree di cui all' art. 15 sub. b), il piano regolatore generale deve individuare:

a) i beni paesistici e naturali, le caratteristiche idrogeologiche e l'assetto colturale ed agricolo-produttivo del territorio comunale;
b) i fabbisogni abitativi;
c) i fabbisogni di aree necessarie al trasferimento di insediamenti industriali ed artigianali esistenti nell'ambito delle aree di cui all' art. 15, sub. a) e la cui presenza si è giudicata ivi incompatibile;
d) i fabbisogni di aree per servizi pubblici indispensabili alla vita della comunità locale già insediata, e che non possono essere localizzati nell'ambito delle aree di cui all' art. 15 sub. a);
e) le previsioni contenute in eventuali strumenti vigenti di pianificazione di livello comprensoriale o regionale che interessino l'area comunale; e deve prevedere:

1) le aree agricole, di riserva naturale e di tutela dei beni paesaggistici;
2) le aree di uso pubblico per il soddisfacimento delle esigenze di cui alla lettera d, del primo comma del presente articolo;
3) le zone per nuovi insediamenti residenziali nei limiti di cui al successivo art. 20;
4) le zone per insediamenti commerciali e per insediamenti industriali ed artigianali, nei limiti di cui al successivo art. 21;
5) gli spazi per il verde e per le attrezzature collettive al servizio di nuovi insediamenti;
6) la rete delle strade destinate ai veicoli, nonché se del caso, la rete dei percorsi riservati a pedoni ed ai ciclisti adeguatamente protetta;
7) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

2. La documentazione grafica del piano regolatore generale relativamente al territorio non ancora urbanizzato, deve essere redatta almeno alla scala 1:5.000.

Art. 19. Computo della capacità insediativa residenziale teorica
(articolo così sostituito dall'articolo 6 della legge regionale n. 1 del 2001)

1. La capacità insediativa residenziale di piano risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree residenziali o parzialmente residenziali previste dal piano regolatore generale, stimate secondo i seguenti criteri:

a) per le aree edificate si assume come capacità insediativa il numero degli abitanti residenti, quali rilevati dal comune al 31 dicembre dell'anno antecedente l'adozione del piano o sua variante, aumentato del numero di abitanti insediabili, computati con i criteri di cui alla lettera b), in relazione alla possibilità di incremento della volumetria o della superficie utile rispetto a quella esistente, risultante da interventi di recupero urbanistico anche connessi a mutamenti della destinazione d'uso;
b) per le aree di espansione e per i lotti liberi si assume come capacità insediativa il valore ottenuto moltiplicando le relative superfici per i rispettivi indici di fabbricabilità massima consentita, dividendo tale prodotto per il valore medio di centocinquanta metri cubi per abitante ovvero di cinquanta metri quadrati di superficie utile per abitante; tali valori medi possono essere modificati in aumento o in diminuzione, in relazione agli indici di affollamento e alle tipologie edilizie esistenti e previste, sulla base di adeguata motivazione, anche con riferimento al piano dei servizi di cui all'articolo 22.

2. Ai fini della determinazione della superficie utile residenziale, i comuni possono fare riferimento al decreto ministeriale 10 maggio 1977, n. 801 (Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici).

3. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica, si tiene conto esclusivamente dell'aumento di capacità insediativa residenziale risultante dalle possibilità di incremento o di modificazione della destinazione d'uso della volumetria o della superficie utile esistente.

4. La capacità insediativa residenziale è computata tenendo conto delle presenze turistiche temporanee o stagionali stimate dal comune.

Art. 20. Limitazioni delle previsioni insediative

1. Sino all'entrata in vigore dei piani territoriali comprensoriali e, in loro assenza, sino al termine di due anni dall'entrata in vigore della presente legge, i piani regolatori generali non possono prevedere nuovi insediamenti residenziali in misura superiore ai seguenti limiti:

a) nell'ambito del perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano è limitata soltanto dalla necessità di reperire aree per spazi ed attrezzature pubbliche e collettive, in misura adeguata, almeno, al rispetto degli standards minimi previsti dalla presente legge. Ove lo consentano una soddisfacente accessibilità ed una corretta localizzazione dette aree per servizi ed attrezzature pubbliche possono essere ubicate all'esterno del perimetro di cui sopra;
b) nelle aree esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano, verificata su tutto il territorio comunale, va commisurata al fabbisogno abitativo arretrato ed addizionale, relativo ad un periodo massimo di 10 anni, calcolato dalla data di adozione del piano o al diverso periodo eventualmente stabilito dai piani territoriali comprensoriali.

Art. 21. Insediamenti produttivi ed artigianali

1. In assenza di piani territoriali comprensoriali vigenti, i piani regolatori generali possono prevedere il completamento di zone industriali ed artigianali esistenti e nuove zone, commisurate all'esigenza di trasferire insediamenti non compatibili con il tessuto urbano, e l'esigenza di ridurre fenomeni di pendolarismo.

Art. 22. Standards urbanistici a livello comunale
(articolo così sostituito dall'articolo 7 della legge regionale n. 1 del 2001)

1. Negli strumenti urbanistici generali e nei piani attuativi deve essere assicurata una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, sulla base dei parametri e dei criteri stabiliti nel presente articolo.

2. Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio comunale, il piano regolatore generale contiene, in allegato alla relazione illustrativa, uno specifico elaborato, denominato Piano dei servizi, che documenta lo stato dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale esistenti in base al grado di fruibilità e di accessibilità che viene assicurata ai cittadini per garantire l'utilizzo di tali servizi e precisa, nel rispetto delle previsioni del Programma Regionale di Sviluppo, dei piani territoriali regionali o sovracomunali, le scelte relative alla politica dei servizi di interesse pubblico o generale da realizzare nel periodo di operatività del piano regolatore generale, dimostrandone l'idoneo livello qualitativo, nonché un adeguato livello di accessibilità, fruibilità e fattibilità.

3. La Giunta regionale approva, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, criteri orientativi per la redazione del Piano dei servizi, sulla base dei seguenti principi:

a) considerazione della funzione ambientale del verde;
b) dimensionamento dei parcheggi e organizzazione degli spazi di sosta come strumento di governo della mobilità;
c) integrazione tra gli strumenti di programmazione ed indirizzo previsti dalla normativa di settore ed il Piano dei servizi;
d) valorizzazione ed incentivazione delle forme di concorso e coordinamento tra comuni ed enti per la realizzazione e la gestione delle strutture e dei servizi;
e) valorizzazione ed incentivazione dell'iniziativa privata e del concorso di risorse pubbliche e private nella realizzazione degli obiettivi del Piano dei servizi.

4. I comuni possono redigere ed approvare il Piano dei servizi anche prima dell'approvazione dei criteri di cui al comma 3.

5. La dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale all'interno del piano regolatore generale o dei piani attuativi deve essere determinata, relativamente agli insediamenti residenziali, in rapporto alla capacità insediativa come definita dall'articolo 19 e in base ai seguenti parametri:

a) la dotazione per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale non può essere inferiore a 26,5 metri quadrati per abitante, di cui almeno il cinquanta per cento a verde o attrezzature per il gioco e lo sport, a tal fine potendo conteggiare le aree inserite nei parchi regionali e sovracomunali;
b) ferma restando l'osservanza di una dotazione minima di diciotto metri quadrati per abitante, i comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del loro territorio, possono indicare nel Piano dei servizi la sufficienza di dotazioni inferiori a quelle di cui alla lettera a), motivandone specificatamente le ragioni, con riferimento, in particolare, ai criteri e alle indicazioni contenute in merito nel provvedimento della Giunta regionale di cui al comma 3; indipendentemente da detti criteri, possono in ogni caso avvalersi della presente facoltà i comuni la cui popolazione, accertata al 31 dicembre dell'anno precedente all'adozione del piano regolatore generale o sua variante, sia inferiore a tremila abitanti, i comuni compresi in comunità montane e comunque i comuni montani, ai sensi della legge regionale 29 giugno 1998, n. 10 (Disposizioni per la valorizzazione, lo sviluppo e la tutela del territorio montano in attuazione della legge 97/1994), nonché i comuni il cui territorio sia, per almeno il cinquanta per cento, interessato da tutela ambientale o paesistica che inibisca la trasformazione delle aree;
c) i comuni, previ accordi con altri comuni ed enti per l'utilizzo di strutture private e pubbliche non ubicate sul proprio territorio, possono, mediante il Piano dei servizi, indicare la sufficienza di dotazioni inferiori a quelle di cui alla lettera a), dimostrando come le esigenze vengano soddisfatte con modalità razionali e coordinate di realizzazione e gestione delle strutture medesime;
d) nei piani regolatori generali con capacità insediativa residenziale prevista superiore a ventimila abitanti si debbono prevedere anche spazi aggiuntivi per attrezzature di interesse generale, ivi compresi gli istituti universitari, in misura complessiva non inferiore a 17,5 metri quadrati per abitante, di cui almeno dieci metri quadrati per abitante per parchi urbani e territoriali; in tale dotazione possono essere conteggiate tutte le aree inserite nel perimetro di parchi regionali e sovracomunali; i comuni che dimostrino l'impossibilità di reperire all'interno del proprio territorio i terreni necessari a soddisfare la dotazione minima di aree per la realizzazione di parchi urbani e territoriali possono a tale scopo individuare anche aree esterne ai propri confini amministrativi, purché ne abbiano la proprietà o comunque la disponibilità, previa intesa con il comune interessato, da conseguire anche attraverso accordo di programma; le aree individuate non possono essere computate in sede di verifica della dotazione di aree pubbliche da parte del comune nel cui territorio sono collocate.

6. Con riferimento alle zone omogenee di cui all'articolo 2 del decreto interministeriale 1444/1968, i parametri e i criteri relativi agli insediamenti per le attività economiche sono disciplinati come segue:

a) la dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico funzionali ai nuovi insediamenti industriali ed artigianali è stabilita nella misura del dieci per cento della superficie lorda di pavimento, destinata a tale attività;
b) la dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico funzionali ai nuovi insediamenti commerciali, direzionali, alberghieri e terziari è stabilita nella misura del cento per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti nelle zone C e D e del settantacinque per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti nelle zone A e B; di tali aree almeno la metà deve, di norma, essere destinata a parcheggi di uso pubblico, anche realizzati con tipologia edilizia multipiano, sia fuori terra che in sottosuolo;
c) la dotazione minima, di cui alla lettera b), è elevata al duecento per cento per le grandi strutture di vendita secondo i disposti dell'articolo 4, comma 5, della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14 (Norme in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 "Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59" e disposizioni attuative del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 "Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59");
d) con riferimento alle zone omogenee A e B di cui al decreto interministeriale 1444/1968, la dotazione minima obbligatoria di spazi per attrezzature pubbliche e di uso pubblico, da reperirsi nei piani attuativi, caratterizzati dalla presenza di funzioni residenziali, direzionali, alberghiere, terziarie, commerciali concernenti esercizi di vicinato, può essere pari al settantacinque per cento della superficie lorda di pavimento complessiva, fatto salvo quanto previsto alla lettera c) per le funzioni commerciali ivi considerate;
e) la dotazione minima per le residenze turistiche di cui all'articolo 19 è stabilita nella misura di 17,5 metri quadrati per abitante.

7. Le dotazioni minime determinate ai sensi dei commi 5 e 6 sono reperite in conformità ai seguenti criteri:

a) il Piano dei servizi individua motivatamente le tipologie di servizi, attrezzature ed impianti urbani di interesse generale esistenti o che devono essere realizzati, documentando l'idoneità dei siti individuati in relazione alla destinazione prevista;
b) ai fini dell'adempimento delle dotazioni minime, possono essere conteggiati:

1) i servizi e le attrezzature pubblici, realizzati tramite iniziativa pubblica diretta o ceduti all'amministrazione nell'ambito di piani attuativi;
2) i servizi e le attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale, regolati da apposito atto di asservimento o da regolamento d'uso, redatti in conformità alle indicazioni contenute nel Piano comunale dei servizi, che assicurino lo svolgimento delle attività collettive cui sono destinati;

c) i servizi e le attrezzature concorrono al soddisfacimento delle dotazioni minime stabilite ai commi 5 e 6 in misura corrispondente alla effettiva consistenza delle rispettive superfici lorde, realizzate anche in sottosuolo o con tipologia pluripiano, e relative aree pertinenziali; il Piano dei servizi può motivatamente stabilire, per determinate tipologie di strutture e servizi, modalità di computo differenti riferite al valore economico o ai costi di realizzazione delle strutture;
d) dalla quantificazione della dotazione di spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport, sono comunque escluse le fasce di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale, ad eccezione delle aree attrezzate esistenti alla data di adozione del piano regolatore generale, nonché di quelle poste in continuità ad ambiti di verde pubblico.

Art. 23. Densità territoriali medie e densità fondiarie massime

[1. La densità territoriale media ponderale non dovrà essere inferiore, per le nuove zone di espansione residenziale, a 10.000 mc per ha. e, per i nuovi insediamenti turistici, a 8.000 mc per ha.]
(comma abrogato dall'articolo 10, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2001)

2. La densità fondiaria massima, prevista per le nuove zone di espansione residenziale, non dovrà superare l'indice di 4,5 mc/mq.

Art. 24. Misure di salvaguardia

1. Per un termine di cinque anni dalla data della deliberazione consiliare di adozione del progetto di piano regolatore generale, il sindaco, sentita la commissione edilizia, deve sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie che risultino in contrasto con le previsioni di detto progetto.

2. Il termine di cui all'art. 31, 6° comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche, ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.

Art. 25. Accessi a strade statali e provinciali

1. I comuni di norma non possono autorizzare opere relative ad accessi veicolari diretti sulle strade statali e provinciali, per i tratti lungo i quali queste attraversano parti del territorio esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

2. Tali accessi potranno avvenire solo tramite derivazioni, dagli assi stradali e provinciali, di strade pubbliche organicamente inserite nella rete viabilistica dei piani comunali, e comunque con immissioni nelle strade statali o provinciali di norma distanziate fra loro di almeno 300 mt.

Art. 26. Zone di rispetto stradale e aeroportuali

1. Le zone di rispetto laterali alle strade, previste nei piani comunali, a protezione della rete viabilistica principale, sono aree normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti delle carreggiate esistenti, parcheggi pubblici, percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazione a verde, conservazione dello stato di natura.

2. La normativa dei piani urbanistici comunali potrà prevedere che in dette zone, a titolo precario, possa essere autorizzata la costruzione di impianti per la distribuzione del carburante.

3. I piani regolatori generali devono prevedere zone di rispetto degli impianti aeroportuali, la cui determinazione è di competenza della regione.

3-bis. A tal fine la giunta regionale procederà, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, alla determinazione della situazione acustica globale nei dintorni dei singoli aeroporti, anche a mezzo di società tecniche specializzate italiane o estere, applicando i criteri di cui alla circolare della direzione generale dell'aviazione civile 9 giugno 1973 n. 45/303/n. 3.27 e tenendo conto di eventuali progetti di ristrutturazione o di ampliamento degli impianti già approvati; procederà inoltre, sentite le commissioni consiliari competenti e gli enti interessati, a determinare le zone di rispetto aeroportuali riferendole alle curve di livello dell'indice di esposizione totale al rumore indicate nella detta circolare, nonché a fissare le norme intese a regolare l'attività edilizia all'interno di tali zone.

3-ter. Le zone di rispetto aeroportuali potranno essere soggette a revisione ogni dieci anni, in funzione di nuove caratteristiche acustiche, ammesse in sedi di omologazione, per gli aeromobili, e di mutamenti degli altri parametri che concorrono alla individuazione dell'indice di esposizione totale al rumore.

3-quater. Sulle determinazioni della giunta regionale in ordine alla individuazione della zona di rispetto e alla relativa normativa, i comuni sono tenuti, a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione delle stesse sul Bollettino Ufficiale della regione, ad applicare le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e successive modificazioni, salva l'osservanza di misure più restrittive ove previste dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o da altre disposizioni di legge.

3-quinquies. Entro tre mesi dalla suddetta data i comuni dovranno adottare le varianti agli strumenti urbanistici vigenti o adottati intese ad adeguare gli stessi alle dette determinazioni della giunta regionale.

3-sexies. Al fine della migliore protezione della comunità a fronte della rumorosità connessa alla presenza di impianti aereoportuali, la giunta regionale proporrà al consiglio entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge un programma per la realizzazione di sistemi automatici di controllo dell'inquinamento acustico nelle aree aeroportuali, da collegarsi con il sistema regionale previsto dall'art. 4 della legge regionale n. 49 del 1974.
(i commi da 3 a 3-sexies sostituiscono il comma 3 per effetto dell'art. 1 della legge regionale n. 91 del 1980)

Art. 27. Adozione e approvazione del piano regolatore generale

1. Non è necessaria la ripubblicazione del piano regolatore generale modificato in accoglimento delle osservazioni presentate a norma dell'art. 9 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.

2. Il piano regolatore generale è approvato dalla giunta regionale.

3. Con il provvedimento d'approvazione del piano regolatore generale possono essere apportate, d'ufficio, le modifiche di cui al II comma dell'art. 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 nonché quelle riconosciute necessarie per adeguare lo strumento urbanistico alle norme della presente legge.

3-bis. Ove il comune si adegui integralmente alle modifiche d’ufficio proposte con deliberazione di giunta regionale, tale deliberazione equivale ad approvazione definitiva del piano regolatore generale o sue varianti; in tal caso l’efficacia del piano decorre dalla pubblicazione della predetta deliberazione regionale sul Bollettino Ufficiale della regione Lombardia, da effettuarsi secondo le modalità individuate dalla giunta regionale, previa verifica da parte dei competenti uffici regionali entro trenta giorni dalla ricezione della delibera comunale, in ordine all’avvenuto adeguamento da parte del comune alle modifiche d’ufficio proposte.
(comma aggiunto dall’articolo 13 della legge regionale n. 23 del 1997)

4. Devono essere applicate le normali misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sulle proposte di modifiche d'ufficio dalla data di ricevimento della relativa comunicazione, da parte del comune e fino a tre mesi dalla trasmissione della deliberazione comunale, debitamente esecutiva di controdeduzione alla regione.

5. Il termine di cui all'art. 31, VI comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.
(i commi 2, 3, 3-bis, 4 e 5 sono abrogati dalla data di entrata in vigore del P.T.C.P. ai sensi dell'art. 3, comma 22, legge regionale n. 1 del 2000)

Art. 28. Varianti ai piani regolatori generali

1. Le varianti ai piani regolatori generali vigenti od adottati non debbono essere preventivamente autorizzati dalla regione.

2. Anche nel caso di varianti parziali, debbono essere applicate le misure di salvaguardia di cui al precedente art. 24.

Titolo IV - ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA

Art. 29. Interventi regionali e loro localizzazione

1. La regione ha facoltà di attuare direttamente le previsioni dei piani territoriali regionali, mediante piani esecutivi relativi agli interventi di competenza o di interesse regionali, con particolare riguardo a quelli concernenti la mobilità, i servizi ed i parchi di cui all'art. 4 lett. e), della presente legge.

2. La giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, determina gli ambiti territoriali entro i quali singoli comuni o gli organismi comprensoriali, entro un termine stabilito, dovranno provvedere alla localizzazione degli interventi, di cui al precedente comma.

3. Decorso il termine fissato senza che i comuni o gli organismi comprensoriali abbiano provveduto, la giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, potrà procedere direttamente alla localizzazione mediante il piano esecutivo regionale.

Art. 30. Piani esecutivi regionali

1. Il piano esecutivo regionale adottato dalla giunta regionale, d'intesa con le commissioni consiliari competenti, integra ed attua, rispetto alla zona cui si riferisce, la previsione del piano territoriale regionale e prevale sulle previsioni eventualmente difformi dei piani regolatori generali dei comuni.

2. Il piano esecutivo regionale è costituito:

- dalle rappresentazioni grafiche in scala adeguata;
- dalla relazione illustrativa degli interventi e dei criteri seguiti dal piano;
- dalle norme di attuazione specifiche;
- dagli elenchi catastali delle proprietà comprese nel piano;
- dal programma contenente le opere ed i tempi previsti per attuarle e l'ordine di priorità;
- dalla previsione di massima dei costi di investimenti per l'esecuzione del programma, compresi gli indennizzi per le espropriazioni e delle risorse per la copertura degli stessi.

Art. 31. Attuazione del piano regolatore generale

1. Il piano regolatore generale si attua mediante:

1) programmi pluriennali di attuazione di cui agli art. 32 e seguenti della presente legge;
2) piani particolareggiati di cui agli artt. 13 e seguenti della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e di cui agli artt. 26 e 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
3) piani per edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;
4) piani di lottizzazione;
5) licenze edilizie.

Artt. 32, 33 e 34 (abrogati dall'art. 25 della legge regionale n. 60 del 1977)

Art. 35. Istruttoria e approvazione dei piani ... (abrogato dall'art. 24 della legge regionale n. 63 del 1978)

Art. 36. Contenuti dei piani di lottizzazione (abrogato dall'art. 9 della legge regionale n. 14 del 1984)

Art. 37. Licenza edilizia e oneri di urbanizzazione (abrogato dall'art. 25 della legge regionale n. 60 del 1977)

Titolo V - MISURE DI SALVAGUARDIA PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO NATURALE E PAESAGGISTICO

Art. 38. Finalità

1. Allo scopo di tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico regionale, a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge si applicano sul territorio regionale, all'esterno dei centri edificati di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 le misure di salvaguardia previste dalle disposizioni seguenti.

2. Dette misure di salvaguardia non esimono dall'osservanza di misure più restrittive, o previste dagli strumenti urbanistici vigenti, dalle altre disposizioni della presente legge e da altre leggi regionali.

Art. 39. Sponde dei laghi e dei fiumi

1. Lungo le sponde dei laghi e dei fiumi e canali di cui all'allegato elenco, che forma parte integrante della presente legge, sono vietate ogni nuova edificazione nonché l'esecuzione di opere di urbanizzazione, salvo le opere edilizie preordinate all'esercizio dell'agricoltura nei limiti previsti dal successivo art. 4), lett. a), per una fascia di profondità dal limite del demanio, di:

a) mt. 50 per fiumi e canali nei territori compresi nelle comunità montane;
b) mt. 100 per i laghi, nonché per i fiumi e canali nei restanti territori.

2. Per quanto riguarda il fiume Po, è vietata ogni edificazione dal piede esterno degli argini maestri e per tutta la zona golenale.

Art. 40. Zone a vincolo idrogeologico

1. Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico l'autorizzazione di cui all'art. 7 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 è concessa dal presidente della giunta regionale.
(attuato con la legge regionale n. 8 del 1976)

2. Nelle predette zone sono vietate nuove costruzioni ed opere di urbanizzazione:

a) su tutte le aree di boschi di alto fusto o di rimboschimento;
b) su tutte le aree soggette a dissesto, a pericolo di valanghe, o di alluvione, o comunque che presentino caratteri geomorfologici che le rendano inidonee a nuovi insediamenti.

3. Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico è consentita soltanto l'apertura di strade al servizio di attività agro-silvo-pastorali, previa l'autorizzazione di cui al 1° comma. Tali strade dovranno comunque essere chiuse al traffico ordinario e di dimensioni non eccedenti le esigenze di transito per i mezzi di servizio.

Art. 41. Boschi, cave e torbiere
(implicitamente abrogato dalle leggi regionali n. 8 del 1976, per i boschi, e n. 14 del 1998, per le cave).

1. Sino all'entrata in vigore della legislazione regionale in materia:

a) sono vietate l'apertura di nuove cave e torbiere e la riattivazione di quelle inattive da più di un anno;
b) i tagli dei boschi devono essere autorizzati dal presidente della giunta regionale che potrà subordinarli all'obbligo della ripiantumazione e ad idonee cautele in relazione all'utilità del fondo e al mantenimento e allo sviluppo del patrimonio arboreo.

2. Dalla disciplina prevista dal presente articolo sono esclusi i tagli dei pioppeti e delle altre colture industriali da legno.
 

Art. 42. Opere di interesse pubblico

1. Nelle zone individuate dal precedente art. 39 e nelle aree di cui alle lettere a) e b) dell'art. 40 possono essere realizzate:

a) opere che abbiano conseguito la dichiarazione di pubblica utilità;
b) opere pubbliche da eseguirsi su terreno appartenente a demanio o al patrimonio dello Stato e degli enti locali;
c) opere attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o ad impianti di depurazione;
previa autorizzazione del presidente della giunta regionale, che verifica la compatibilità delle stesse con la tutela dei valori ambientali.

Art. 43. Termini

1. Al fine di meglio definire le aree meritevoli di salvaguardia o di migliorare le condizioni di tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e di promuoverne l'utilizzazione sociale, i comuni nei cui territori ricadano le zone di cui al precedente art. 39 e le aree di cui alle lettere a) e b) dell'art. 40, adottano e trasmettono alla giunta regionale una variante allo strumento urbanistico vigente relativa a tali aree e zone.

2. La giunta regionale approva tali varianti apportando le modifiche che si rendano necessarie.

3. Ad approvazione avvenuta delle predette varianti o comunque decorsi tre mesi dal ricevimento da parte della regione delle stesse, cessano di avere applicazione le misure salvaguardia previste dall'art. 39 e, per le aree di cui alle lettere a) e b), dell'art. 40.

4. In mancanza della presentazione della variante di cui al primo comma del presente articolo, tali misure di salvaguardia hanno efficacia sino all'approvazione del piano territoriale regionale e dei piani di cui alla presente Legge, dei piani di cui all'art. 17 della L.R. 30 novembre 1983, n. 86 "Piano regionale delle aree protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale" e dei piani di cui all'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312,  recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale" (articolo abrogato dall'articolo 166 del decreto legislativo n. 490 del 1999 - n.d.r.) e comunque non oltre il 30 giugno 1989.
(termine prorogato da varie leggi regionali, da ultimo alla data del 30 giugno 1989 dalla legge regionale 14 aprile 1989, n. 9)

Art. 44. Efficacia delle licenze edilizie (omissis)

Art. 45. Vigilanza

1. La regione ed i comuni curano, in relazione alle proprie competenze, l'applicazione del presente titolo nelle zone del territorio regionale soggette a misure di salvaguardia.

2. Le funzioni di sorveglianza sono esercitate dal corpo forestale dello Stato, e dagli agenti di polizia locale urbana e rurale.

Art. 46. Sanzioni (omissis)

1. Il contravventore al divieto di:

a) apertura, riattivazione di cava o torbiera di cui al precedente art. 41 soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Lire 500.000 a Lire 5.000.000 ed è tenuto, quando ciò sia possibile, alla riduzione in pristino stato. In caso di impossibilità tecnica di ripristino, il contravventore è tenuto al pagamento di una somma pari al valore di mercato dei materiali estratti.
b) apertura di strada o taglio di boschi senza l'autorizzazione prevista dal terzo comma del precedente art. 40 e della lett. b) dell'art. 41, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Lire 50.000 a Lire 10.000.000 ed è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi.

2. L'entità delle sanzioni di cui ai commi precedenti è commisurata alla gravità del danno arrecato all'ambiente.

(articolo implicitamente abrogato dalle leggi regionali 5 aprile 1976, n. 8, per i boschi, e 30 marzo 1998 n. 14, per le cave).

Art. 47. Procedimenti di irrogazione delle sanzioni (abrogato dall'art. 20 della legge regionale n. 28 del 1976)

Titolo VI - NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 48. Programmi di fabbricazione
(dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 23 del 9 marzo 1978)

Art. 49. Adeguamento degli strumenti urbanistici generali

1. L'adeguamento della pianificazione comunale alle disposizioni della presente legge è stabilito nei termini seguenti:

a) i comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati posteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, debbono provvedere a dotarsi di un piano regolatore generale entro i termini fissati dal piano comprensoriale. Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria riferita alla sola residenza annessa non superiore a 0,03 mc/mq;
b) i comuni che abbiano strumenti urbanistici adottati dal consiglio comunale anteriormente alla data di approvazione della presente legge da parte del consiglio regionale, debbono adeguare i loro strumenti urbanistici alle prescrizioni della stessa, almeno per quanto riguarda:

1) dimensionamento complessivo degli insediamenti residenziali e produttivi industriali;
2) indici volumetrici massimi ed in via indicativa gli indici volumetrici minimi;
3) salvaguardia di carattere ambientale, paesaggistico e naturale.

 Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria, riferita alla sola residenza annessa, non superiore a 0,03 mc/mq;

c) i comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

Nei suddetti comuni, fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore ad 1/10.

Dette limitazioni volumetriche e di copertura possono essere superate, previa approvazione di un piano attuativo, nel rispetto delle densità ammesse dall'art. 23 e degli standards disposti dalla presente legge;

d) i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

Nei suddetti comuni fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore a 1/10.

Art. 50. Competenze degli organismi comprensoriali e delle comunità montane (omissis)

Art. 51. Altre norme applicabili

1. Per quanto non disposto dalla presente legge si applicano, ove non siano con la stessa incompatibili, le prescrizioni di cui alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche e di cui alle altre leggi urbanistiche statali e regionali.

2. Con l'entrata in vigore della presente legge cessa di essere applicato l'art. 4 della legge 1 giugno 1971, n. 291.

Art. 52. Dichiarazione d'urgenza (omissis)

Allegato

FIUMI
1. Sesia (per la parte italiana)
2. Olona
3. Lambro
4. Adda
5. Brembo
6. Serio
7. Oglio
8. Chiese
9. Mella
10. Mincio
11. Po
12. Secchia
13. Mezzola
14. Endine
15. Iseo
16. Idro
17. Garda
18. Laghi di Mantova
(Nei fiumi deve intendersi compreso anche il Ticino, ex art. 9, comma 1, legge regionale n. 57 del 1985, come sostituito dalla legge regionale n. 31 del 1995)

LAGHI
1. Maggiore
2. Varese
3. Monate
4. Comabbio
5. Lugano (per la parte italiana)
6. Como
7. Annone
8. Pusiano
9. Segrino
10. Montorfano
11. Alserio
12. Garlate

CANALI
1. Naviglio Grande
2. Villoresi
3. Naviglio Martesana
4. Naviglio di Pavia
5. Muzza
6. Vacchelli