Ministero dell'Interno
Circolare 10 ottobre 1998, n. 4/1998
Esercizio dei poteri dirigenziali e funzioni di indirizzo politico negli enti locali

Ai prefetti della Repubblica

(omissis)

Sono pervenuti a questo Ministero numerosi quesiti, anche a seguito di alcune interpretazioni non univoche apparse sulla stampa, circa le modalità di esercizio dei poteri dirigenziali negli enti locali e le correlative titolarità, in rapporto alle funzioni di indirizzo politico attribuite agli organi di Governo, secondo il nuovo assetto delineato dal decreto legislativo n. 29/1993, come modificato dal decreto legislativo n. 80/1998.

In proposito, al fine di fornire univoche indicazioni di lettura, in relazione alla delicatezza delle questioni prospettate, che investono la vita quotidiana degli enti locali, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica, si ribadisce che il nuovo assetto dei poteri all'interno degli enti locali, dopo l'entrata in vigore dei precitati decreti delegati, nonché delle leggi n. 127/1997 e n. 191/1998, è improntato ad una rigida ed effettiva separazione dei rispettivi ruoli: da una parte i compiti di indirizzo, attribuiti al potere politico, dall'altra i poteri gestionali, che divengono poteri propri della burocrazia, intesa come il complesso degli apparati amministrativi, chiamati a tradurre in pratica, nel rispetto delle norme regolamentari poste dagli enti medesimi, gli indirizzi politici.

Il principio di ripartizione dei poteri all'interno delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche degli enti locali, è stato riaffermato dal decreto legislativo n. 80/1998, all'art. 3, comma 2, che, nel ridefinire i compiti attribuiti ai dirigenti, aggiunge che gli stessi spettano loro «in via esclusiva».

Il successivo comma 3 dei medesimo articolo introduce una nonna di salvaguardia dei poteri attribuiti, prevedendo che le attribuzioni dei dirigenti «possono essere derogate soltanto ad opera di specifiche disposizioni legislative».

Tale disposto è ulteriormente rafforzato dall'articolo 45 dello stesso decreto legislativo n. 80/1998, il quale stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso (e cioè dal 23 aprile 1998), «le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di Governo l'adozione di atti di gestione di atti o provvedimenti amministrativi» di cui al precitato art. 3, comma 2, «si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti». La statuizione si pone come norma di chiusura, poiché, operando il trasferimento ai dirigenti di poteri gestionali, precedentemente facenti capo agli organi politici, rende immediatamente operativa ed effettiva la prevista attribuzione di poteri.

In tale ambito, il rinvio alla potestà regolamentare attribuita agli enti, previsto dall'art. 27-bis del decreto legislativo n. 29/1993, introdotto dal decreto legislativo n. 80/1998, può operare solo negli spazi lasciati liberi dalla legge, e cioè solo nel disciplinare le finalità e i modi di esercizio dei poteri, ma non sulla titolarità dei medesimi, derivanti da fonte normativa di rango legislativo e coperti, ai sensi del citato art. 3, comma 3, da specifica riserva di legge.

Da quanto detto deriva l'impossibilità, da parte degli organi politici, di compiere atti gestionali, così come già precisato nella circolare n. 3/1998 (in Gazzetta Ufficiale n. 157 dell'8 aprile 1998).

Ovviamente, non possono considerarsi atti gestionali, gli interventi d'urgenza adottati dal sindaco ai sensi dell'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (provvedimenti contingibili ed urgenti in tema di sanità o di igiene pubblica), nonché le funzioni, ed i conseguenti atti, spettantigli in qualità di ufficiale di Governo. Essi, infatti, costituiscono esercizio di un potere proprio, attribuito al rappresentante della comunità locale in quanto tale, e rientrano quindi nella sua competenza istituzionale.

In relazione al predetto principio di separazione dei poteri, l'ente dovrà, pertanto, adottare un modello organizzatorio, espressione della propria autonomia statutaria e regolamentare, con cui siano stabilite le modalità di conferimento dei compiti ai dirigenti, nel rispetto dei criteri di professionalità dettati dall'art. 6, comma 7, della legge n. 127/1997. Dovrà, altresì, dettare i criteri e le nonne, in relazione alle quali, ed in conformità agli atti di indirizzo emanati dall'autorità politica, gli stessi devono dirigere gli uffici e i servizi.

Anche la giurisprudenza ha confermato tale impostazione. Con recente sentenza n. 451/1998 il T.A.R. per la Lombardia, sezione II, nell'annullare un decreto di occupazione d'urgenza emanato da un sindaco, ha infatti ribadito l'incompetenza di quest'ultimo in quanto spetta esclusivamente ai dirigenti l'adozione di un atto siffatto.

Alla luce di tale orientamento deve essere letto anche il disposto dell'art. 27-bis del decreto legislativo n. 29/1993, innanzi citato, nel senso che il potere regolamentare può essere riconosciuto agli enti locali unicamente nei sensi suesposti, e, quindi, nell'ambito organizzativo interno, mentre è da escludersi che l'esercizio dei poteri di gestione da parte dei dirigenti sia subordinato alla previa adozione di una disciplina regolamentare.

In relazione a ciò - ferma restando l'immediata operatività e vigenza del principio di separazione dei poteri più volte richiamato - è indubbio che un tale momento innovativo imponga comunque agli enti locali di provvedere al più presto (ma anche con gli adeguati approfondimenti) alla regolamentazione delle modalità del trasferimento delle competenze in questione e, nel contempo, di avviare mirati processi di qualificazione del personale chiamato a nuovi compiti e responsabilità.

Si prega di portare quanto sopra a conoscenza degli enti locali interessati, fornendo un cortese cenno di assicurazione.

Il direttore generale dell'Amministrazione civile: 

GELATI