AFFARI ISTITUZIONALI - 052
Consiglio di Stato, sezione V, 19 febbraio 2004, n. 679 (annulla T.A.R. Puglia, Lecce, 20 febbraio 2003, n. 490)

I servizi pubblici di “rilevanza economica”, in forza del nuovo testo dell’art. 113, comma 5, decreto legislativo n. 267 del 2000, a differenza dalla previgente disposizione, che ammetteva solo procedure ad evidenza pubblica, dispone che l’erogazione possa avvenire anche a mezzo di “società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. La disposizione è retroattiva.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2839 del 2003, proposto da L.S. s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. E.S.D., elettivamente domiciliata presso il cav. L.G. in  ...

contro

la s.r.l. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti F.M. e G.P. ed elettivamente domiciliata presso l’avv. R.C. in ...

e nei confronti

del Comune di Novoli, rappresentato e difeso dall’avv. G.G., elettivamente domiciliato presso l’avv. F.M. in ...

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, 20 febbraio 2003, n. 490, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’ atto di costituzione in giudizio della s.r.l. M. e del Comune di Novoli;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 14 novembre 2003 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati S.D. per sé e per delega dell’avv. G. e P., per delega dell’avv. M.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalla s.r.l. M. per l’annullamento dei provvedimenti con i quali il Comune di Novoli ha affidato il servizio di spazzamento, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani alla s.p.a. L.S.

Il T.A.R. ha ritenuto illegittimi i provvedimenti impugnati perché non si è applicato l’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, il quale, sostituendo l’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ha imposto in via generalizzata l’affidamento dell’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica.

Avverso la sentenza ha proposto appello la società L.S. sostenendone l’erroneità e chiedendone la riforma.

Il Comune di Novoli e la s.r.l. M. si sono costituiti in appello per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza del 14 novembre 2003 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

La sentenza impugnata si è espressa nel senso della illegittimità dell’affidamento della erogazione di un servizio pubblico locale di rilevanza industriale a società per azioni a capitale interamente pubblico, cui partecipano il Comune di Lecce (51%), la s.p.a. Italia Lavoro, ex GEPI, (46%) e il Comune di Novoli (3%), ente appaltante.

Il T.A.R., alla stregua del quadro normativo vigente al momento della decisione, ha ritenuto:

a) che potesse darsi applicazione immediata, ossia anche in mancanza del Regolamento di cui al comma 16 della stessa norma, all’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, il quale, sostituendo l’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ha imposto in via generalizzata l’affidamento dell’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) che, sempre in base all’art. 35 suddetto, doveva ritenersi implicitamente abrogato l’art. 4, commi 6, 7 e 8 del d.l. 31 gennaio 1995 n. 26, convertito nella legge 29 marzo 1995 n. 95, nonché l’art. 122 del d.lgs. n. 267 del 2000, cit., che ne confermava la vigenza, dovendo quindi escludersi la vigenza di una facoltà di deroga degli enti locali alla regola della procedura ad evidenza pubblica, sia pure per finalità di ordine pubblicistico quali l’occupazione o la rioccupazione di lavoratori.

L’appellante ha svolto ampia contestazione di tali argomentazioni, sollevando peraltro in via preliminare una eccezione di nullità della sentenza per violazione dell’art. 23-bis, commi 2 e 6 della legge n. 1034 del 1971, non essendo stato pubblicato il dispositivo e perché non sarebbe stato osservato il termine di deposito della motivazione di cui all’art. 55 della legge n. 186 del 1982.

L’eccezione è infondata.

Al riguardo il Collegio condivide l’avviso espresso dalla Sezione con sentenza 5 marzo 2001 n. 1248 e recentemente confermato dalla Sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5357. Diversamente da quanto sostenuto dalla società appellante, anche nelle speciali materie indicate nell’articolo 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205), né il mancato deposito del dispositivo della decisione, né la violazione del termine dimidiato per il deposito della decisione stessa, costituiscono motivi di nullità della sentenza, non rinvenendosi al riguardo alcuna disposizione che disciplini in modo compiuto le eventuali relative conseguenze.

E’ stato precisato peraltro che, a differenza del processo del lavoro, nel quale la lettura immediata del dispositivo della sentenza risponde ad esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione collegiale, nel rito speciale previsto dal ricordato articolo 23 bis della legge n. 1034 del 1971, così come in quello già previsto dall’articolo 19 del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, il deposito del dispositivo della sentenza è finalizzato esclusivamente all’accelerazione del giudizio, così che non può trovare applicazione nel processo amministrativo il principio, pacifico nella giurisprudenza ordinaria, secondo cui la violazione dell’articolo 429 c.p.c. per omessa lettura del dispositivo in udienza comporta la nullità insanabile della sentenza, ai sensi dell’articolo 156, 2° comma, c.p.c. (in termini, C.d.S., sez. V, 5 marzo 2001, n. 1248).

Del resto il termine di sette giorni per il deposito del dispositivo, così come quello per il deposito della sentenza, non è affatto qualificato dalla legge come perentorio, così che la sua violazione non incide sulla validità della sentenza, ma può rilevare eventualmente solo sotto il profilo disciplinare.

Tanto premesso, è da osservare che le questioni di merito che hanno formato oggetto del giudizio di primo grado e dell’atto di appello possono considerarsi superate per effetto della normativa sopravvenuta in corso di causa, la cui applicazione conduce all’accoglimento del gravame.

L’art. 14 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326, infatti ha apportato importanti modifiche all’art. 113 del d.lgs n. 267 del 2000, come modificato dal comma 1 dell’art. 35 della legge n. 448 del 2001, dettando una disciplina nuova in materia di affidamento dei servizi pubblici locali.

Con particolare riferimento ai servizi di rilevanza industriale, che assumono la nuova denominazione di servizi di “rilevanza economica”, il nuovo testo dell’art. 113, comma 5, - a differenza dalla previgente disposizione, che ammetteva solo procedure ad evidenza pubblica - dispone (lett. c) che l’erogazione possa avvenire anche a mezzo di “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.”

La fattispecie descritta, che si attaglia alla vicenda oggi in esame, non è destinata a valere soltanto per il futuro, ma viene presa in considerazione anche con riferimento al passato.

La novella introduce infatti nell’art. 113 del d.lgs n. 267/2000 un comma 15-bis del seguente tenore:

Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell’attuazione della disposizioni previste dal presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato …., nonché quelle affidate società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

Si tratta, al di la di ogni ragionevole dubbio, di una norma di salvezza destinata a conferire legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina.
Ne consegue che appare irrilevante, nella specie, l’approfondimento circa la fondatezza dei motivi di appello, posto che l’efficacia retroattiva della richiamata normativa obbligherebbe comunque all’accoglimento del gravame.

In conclusione l’appello va accolto, ma sussistono ragioni per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado;

dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre 2003 e del 16 dicembre 2003 con l'intervento dei magistrati:

Agostino Elefante, Presidente
Raffaele Carboni, Consigliere
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere est.