AFFARI ISTITUZIONALI - 049
Consiglio di Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6200
I pareri legali sono soggetti all’accesso ove siano riferiti all’iter procedimentale, ma sono coperti da segreto professionale ( articoli 622 c.p. e 200 c.p.p.)  quando attengano alle tesi difensive in un procedimento giurisdizionale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso n. 4152 del 2003 proposto dalla REGIONE TRENTINO - ALTO ADIGE, in persona del Presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12.

contro

A. S.p.A. ..., in persona dell’Amministratore unico dott. A.P., rappresentata e difesa dagli avv. ti F.P., V.P. e M.L., presso quest’ultimo selettivamente domiciliata in ...

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige, Sezione autonoma di Trento 23 gennaio 2003 n. 39.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio della A.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.
Visti gli atti tutti della causa.
Alla camera di consiglio del 15 aprile 2003 relatore il Consigliere Costantino Salvatore.
Uditi l’avv. Dello Stato Pino per la Regione appellante e l’avv. P. per la società appellata.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso al T.R.G.A. di Trento, la Società A. (incorporante della F. s.r.l.) esponeva che la predetta Società F. - a seguito di bando pubblicato su diversi giornali dalla Regione Trentino - Alto Adige nel luglio 1998 per l’acquisto a Bolzano di “idoneo immobile in grado di ospitare i propri Uffici del Catasto e del Libro fondiario” (collocazione nelle vicinanze degli Uffici giudiziari e finanziari, superficie non inferiore a 5.000 mq. netti e congruo numero di posti macchina ad uso esclusivo) - aveva presentato rituale offerta in data 14 agosto 1998 (e cioè entro il prescritto termine del 15 agosto 1998) dell’immobile in ricostruzione sito a Bolzano in Via Roma.

Precisava ancora la Società ricorrente che l’Amministrazione regionale con deliberazione di Giunta n. 1537 del 24 settembre 1998 e con nota del competente assessore provinciale del 30 settembre 1998 manifestava interesse alla proposta, confermando che sarebbero state avviate le procedure per addivenire, previa valutazione estimativa dell’immobile, alla formulazione di un’ipotesi di accordo contrattuale.

Aggiungeva la ricorrente che l’Amministrazione regionale non dava corso alla procedura, pubblicando per contro in data 6 giugno 1999 sui quotidiani un nuovo avviso per la ricerca dell’immobile agli usi indicati, in relazione al quale la Società F. ripresentava la propria offerta in data 28 giugno 1999, che però non veniva accolta dalla Regione, che aveva preferito l’offerta immobiliare della concorrente Società H.

Rappresentava, infine, la F. s.r.l. di avere, nel novembre 2001, instaurato azione di risarcimento danni avanti al Tribunale civile di Trento, mentre la Società A. (quale incorporante della F.), a seguito dell’intervenuto atto di fusione, in data 12 giugno 2002 presentava al Presidente della Giunta regionale domanda di accesso ai seguenti documenti:

1) delibera della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 24 settembre 1998 n. 1537, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati, ivi compresa la relazione tecnica del 23 settembre 1998 del Direttore dell’Ufficio Tecnico geom. C.;
2) delibera della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati;
3) delibera della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 29 luglio 1999 n. 885 di rettifica della precedente deliberazione della Giunta regionale 28 giugno 1999 n. 609, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati;
4) delibera della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 3 aprile 2000 n. 445, con tutti gli allegati ed i provvedimenti e/o documenti in essa richiamati, ivi compresi, tra gli altri:

- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 3459 del 9 ottobre 1999;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 4236 del 3 dicembre 1999;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 4289 del 7 dicembre 1999;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato prot. n. 255 del 21 gennaio 2000;
- nota dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato del 21 febbraio 2000.

Poiché l’Amministrazione regionale ottemperava solo parzialmente ed in modo non adeguato a tale richiesta, anche dopo la formale diffida ad adempiere in data 20 settembre 2002, la ricorrente proponeva l’azione di cui all’art. 25 della legge n. 241 del 1990, integrandola con “motivi aggiunti” notificati in data 25-26 ottobre 2002.

L’Avvocatura distrettuale dello Stato, costituitasi nell’interesse della Regione Trentino-Alto Adige, replicava al ricorso, chiedendone il rigetto.

Il ricorso è stato accolto parzialmente con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale la Regione ha proposto appello principale, al quale la società ha replicato con controricorso e appello incidentale.

L’appello è stato trattenuto in decisione alla Camera di consiglio del 10 giugno 2003.

DIRITTO

1. Il T.R.G.A. ha ricordato che, secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante i pareri legali si considerano soggetti all’accesso ove siano riferiti all’iter procedimentale e vengano pertanto ad innestarsi nel provvedimento finale, mentre sono coperti dal segreto professionale (articoli 622 c.p. e 200 c.p.p.) quando attengano alle tesi difensive in un procedimento giurisdizionale: conclusione che sarebbe confermata anche dagli artt. 2 e 5 del D.P.C.M. 26.1.1996, n. 200, di approvazione del Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso.

Sulla scorta di tale generale premessa, il giudice di primo grado, dei cinque pareri richiamati dalla deliberazione della Giunta regionale n. 445 del 2000, ha ritenuto che i due pareri di cui alle note n. 3459 del 9 ottobre e n. 4236 del 3 dicembre 1999, sono palesemente riferibili alla fase procedimentale amministrativa (accettabilità della nuova offerta della F. s.r.l. e modalità di presentazione dei progetti esecutivi degli offerenti), e devono, pertanto, ritenersi oggetto del diritto di accesso ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990.

Viceversa, gli altri tre pareri (nota n. 4289 del 7 dicembre 1999, nonché note del 21 gennaio e del 21 febbraio 2000), pur potendo far sorgere qualche dubbio in ordine alle effettive finalità, sarebbero più propriamente volti a valutare l’aspetto comportamentale dell’Amministrazione regionale, e, come tali, rientrerebbero nell’ambito della funzione di consulenza legale, con rilevanza sulla vertenza civile pendente avanti al Tribunale di Trento, e sarebbero, quindi coperti dal segreto professionale.

Contro la sentenza del T.R.G.A. la Regione ha proposto appello, con il quale sostiene che anche i pareri ritenuti ostensibili sarebbero, in realtà sottratti all’accesso, mentre dal canto suo la A., oltre a replicare alle argomentazioni della regione, ha proposto appello incidentale, assumendo che pure i tre pareri, per i quali è stato negato l’accesso, sarebbero da annoverare tra gli atti procedimentali e, dunque, accessibili.

2. Il Collegio ritiene che entrambi gli appelli – quello principale della regione e quello incidentale della società – siano infondati e vadano respinti.

Come questo Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare anche di recente (cfr., C.d.S., Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893 richiamata sia dal T.R.G.A. sia dalla società, sia pure a sostegno delle rispettive tesi; 26 settembre 2000, n. 5105), la normativa di rango statale di cui all’art. 7 della legge 8 giugno 1990 n. 142 e agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, pur affermando l’ampia portata della regola dell’accesso, la quale rappresenta la coerente applicazione del principio di trasparenza, che governa i rapporti tra amministrazione e cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all’accesso, in ragione del loro particolare collegamento con interessi e valori giuridici protetti dall’ordinamento in modo differenziato.

Il principio è espresso dall’art. 24 della legge n. 241/1990, il quale stabilisce che il diritto di accesso “è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento”: disposizione che sta a testimoniare come l’innovazione legislativa introdotta con la legge n. 241/1990, se ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, non travolge le diverse ipotesi di segreti, previsti dall’ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile, secondo l’impostazione più tradizionale, alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa.

In tali eventualità, i documenti, seppure formati o detenuti dall’amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il principio di trasparenza cede (o, quanto meno, viene circoscritto sul piano oggettivo o temporale) a fronte dell’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto.

Secondo l’indicato orientamento, i due criteri direttivi che devono orientare l’interprete per l’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti, vanno individuati, da un lato, nel fatto che il “segreto” preclusivo dell’accesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa e, dall’altro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi.

In tale contesto, si è affermato che, nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale.

Sotto il profilo più specifico, si è precisato che la previsione contenuta nell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio 26 gennaio 1996, n. 200 (regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso), mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale.

La disposizione, rubricata “categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento”, stabilisce che, “ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall’ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti all’accesso i seguenti documenti:

- pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza;
- atti defensionali;
- corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)"
.

La medesima giurisprudenza ha chiarito che detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso gli scritti defensionali (Cons. Stato, IV, 27 agosto 1998, n. 1137), rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie.

Quanto alle consulenze legali esterne, alle quali l’amministrazione può ricorrere in diverse forme ed in diversi momenti dell’attività amministrativa di sua competenza, si è avuto modo di precisare che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetto all’accesso, perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo.

Viceversa, allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di rapporto di lavoro, e l’amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva (accoglimento della pretesa, resistenza in giudizio, adozione di eventuali provvedimenti di autotutela, ecc.), il parere del legale non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico–giuridici utili per tutelare i propri interessi: in questo caso, le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non solo l’opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell’amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento.

Il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma precedente l’instaurazione di un giudizio o l’avvio dell’eventuale procedimento precontenzioso, perché, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire all’amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale. Ciò avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede all’amministrazione l’adempimento di una obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda all’amministrazione l’adozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita.

3. Da tale orientamento, correttamente utilizzato dal T.R.G.A. con riguardo alla fattispecie in esame, il collegio non ha motivo di discostarsi.

I due pareri dell’avvocatura per i quali è stato riconosciuto il diritto d’accesso non sembrano assolvere altro ruolo che quello di esprimere l’avviso nell’ambito di un procedimento amministrativo, nel quale si inseriscono e non appaiono collegati in alcun modo con una lite in atto o meramente potenziale.

Viceversa, gli altri tre pareri rispetto ai quali la domanda d’accesso non è stata accolta, contengono considerazioni volte a delineare la condotta processuale più conveniente per l’amministrazione, per cui il principio di riservatezza si manifesta in tutta la sua effettività.

Alla stregua di queste considerazioni va respinto sia l’appello principale della regione sia quello incidentale della società. In ordine poi alla censura relativa all’asserita mancata statuizione sulla domanda di accesso agli atti diversi da quelli dell’avvocatura, osserva il Collegio che la società non ha specificato quali siano gli atti che hanno formato oggetto della domanda d’accesso, con la conseguenza che sia pure così limitata il rilievo non può essere accolto.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale della regione e l’appello incidentale della società.

Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 10 giugno 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori:

Gaetano Trotta, Presidente
Costantino Salvatore, Consigliere est.
Filippo Patroni Griffi, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere