AFFARI ISTITUZIONALI - 033
T.A.R. per la TOSCANA, prima sezione, 10 gennaio 2003, n. 9
L'adesione all'ATO (ambito territoriale ottimale) per la gestione consortile del ciclo delle acque è obbligatoria e irrevocabile per i Comuni.
Le tariffe sono fissate dal gestore dell'ATO senza alcun potere del Comune sul punto e possono anche prescindere  dagli investimenti effettuati dai singoli comuni.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA - 1.a SEZIONE

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

sui ricorsi n. 3732/98, 3967/98, 2525/99, 2655/99, 2795/99, 2052/00 e 716/01, proposti:

quanto ai ricorsi 3732/98, 3967/98, 2525/99, 2795/99 e 716/01:
dal comune di Pieve S.Stefano, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A.R. ed elettivamente domiciliato in ... che lo difende anche nel primo ed ultimo ricorso;

quanto al ricorso 2655/99:
l’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale - AATO n. 4 - Alto Valdarno, in persona del direttore pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti L.C. e S.P. ed elettivamente domiciliato in ...

quanto al ricorso 2052/00:
la N.A. s.p. a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. ti A.S. e M.P.C. ed elettivamente domiciliata in ...

contro

quanto ai ricorsi 3732/98, 3967/98, 2525/99, 2795/99 e 716/01:
l’AATO n. 4 - Alto Valdarno, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

quanto al ricorso 2655/99:
il Comune di Pieve S. Stefano, in persona del sindaco pro-tepore, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

quanto al ricorso 2052/00:
il Comune di Pieve S. Stefano, in persona del sindaco pro-tempore, nonché lo stesso sindaco pro-tempore, come sopra rappresentati, difesi e domiciliati;

e nei confronti

quanto al ricorso 2052/00:
dell’AATO n. 4 Alto Valdarno come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, che interviene anche ad adiuvandum e
la Regione Toscana ed il Difensore civico della Regione medesima, non costituitisi in giudizio;

quanto al ricorso 716/01:
la N.A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata

per l’annullamento

(r. 3732/98) delle delibere n. 9 del 10.7.1998 e 10 del 7.9.1998 dell’assemblea dell’AATO n. 4, aventi ad oggetto - rispettivamente - l’adozione della tariffa del servizio idrico integrato e l’esame delle osservazioni al piano d’ambito e conseguenti determinazioni;

(r. 3967/98) della delibera n. 1 del 26.2.1998 dell’assemblea dell’AATO n. 4, avente ad oggetto i criteri per decidere in ordine ad eventuali domande di salvaguardia delle gestioni esistenti ai sensi dell’art. 3 della l. r. 4.4.1997 n. 26; di ogni altro atto connesso, consequenziale o presupposto, fra cui la nota del direttore dell’AATO n. 661 del 7.10.1998;

(r. 2525/99) delle delibere AATO n. 5, 6 e 7 del maggio 1999 avente ad oggetto, le prime due, l’approvazione definitiva del piano d’ambito; la terza, l’affidamento del servizio idrico integrato alla società N.A. s.p.a. ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 della l. r. 81/95;

(r. 2655/99) della delibera del consiglio comunale di Pieve S. Stefano n. 11 del 26.3.1999, avente ad oggetto la determinazione delle tariffe relative al 1999 per il servizio di distribuzione di acqua potabile erogata tramite gli acquedotti comunali; della delibera n. 69 del 6.4.1999 del medesimo consiglio, avente ad oggetto integrazione all’atto consiliare n. 11 del 1999 con riguardo al servizio di depurazione, entrambe comunicate con nota prot. 4616 del 22.6.1999;

(r. 2795/99) della delibera AATO n. 4 del 25.2.1999 avente ad oggetto il preliminare di convenzione e determinazioni in materia di piano d’ambito in relazione all’affidamento del servizio idrico integrato;

(r. 2052/00) previa sospensione, del provvedimento n. 6297 del 26.7.2000 di ripresa in possesso da parte del comune di Pieve S. Stefano degli impianti idrici già trasferiti alla società N.A. s.p.a. e ove occorrer possa dell’atto di significazione e diffida del 21.7.2000 e dell’ordinanza n. 13 del 27.7.2000 di divieto d’uso per scopi potabili dell’acqua erogata dal civico acquedotto, sempre adottate dal comune stesso;

(r. 716/01), delle delibera AATO n. 17 del 20.12.2000 concernente la proposta di aggiornamento e revisione del piano d’ambito; della delibera n. 18 del 20.12.2000, riguardante l’adozione della tariffa del servizio idrico integrato;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei soggetti come sopra rappresentati e difesi;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Designato relatore, alla pubblica udienza dell’11 luglio 2002, il Consigliere Maurizio Nicolosi;
Uditi, altresì, per le parti l’avv. A.R., l’avv. S.P., l’avv. L.C., l’avv. G.A. delegato da M.P.C.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

La regione Toscana, in attuazione della legge 5.1.1994 n. 36, recante norme per la gestione integrata del servizio idrico, costituito dall’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue, emanava la legge 21.7.1995 n. 81, delimitando i previsti ambiti territoriali ottimali e fra essi il n. 4 - Alto Valdarno - e prevedendo per essi la costituzione di apposite Autorità in forma di consorzio obbligatorio fra i comuni dell’area ricadente nell’ambito territoriale.
Con delibera n. 14 del 17.7.1997, l’Autorità d’ambito n.4 (in seguito AATO) sceglieva come forma di gestione del servizio integrato la società per azioni a prevalente capitale pubblico locale.

A seguito di pubblica gara, veniva individuato come socio privato minoritario della società mista di gestione del servizio in questione l’ati facente capo alla società S.L.d.e. (in prosieguo ati).
Seguiva, quindi la costituzione della società N.A. s.p.a. (in seguito Gestore) alla quale, sulla base dello schema di convenzione approvato con delibera 4 del 1999, veniva poi affidata la gestione del servizio idrico integrato dell’AATO.

Il comune di Pieve S. Stefano (in seguito Comune), tuttavia, pur facendo parte dell’AATO, assumeva una posizione critica sulle modalità di gestione del servizio idrico integrato, intendendo anche conseguire la salvaguardia dell’autonoma gestione di propri impianti.
Ha, pertanto, promosso le azioni contenute nei ricorsi sopra indicati, volti ad impugnare diversi provvedimenti dell’AATO, e assunto iniziative che hanno provocato la reazione dell’AATO stesso e del gestore.

Con il ricorso 3732/98, notificato il 5 novembre 1998 e depositato il 27 novembre seguente, il Comune ha impugnato le tariffe e le determinazioni sul piano d’ambito assunte dell’AATO (delibere n. 9 e 10 del 1998).

Con il ricorso 3967/98, notificato il 3 dicembre 1998 e depositato il giorno 11 dicembre seguente, il medesimo Comune ha impugnato la delibera n. 1 del 1998 d’approvazione della proposta del consiglio di amministrazione dell’AATO sui criteri per decidere in ordine ad eventuali domande di salvaguardia delle gestioni esistenti.

Con il ricorso 2525/99, notificato il 17 settembre 1999 e depositato il 13 ottobre seguente il Comune ha impugnato gli atti di approvazione definitiva del piano d’ambito e di affidamento del servizio idrico integrato dell’AATO alla costituita società N.A. s.p.a. (delibere n. 5, 6 e 7 del maggio 1999).

Lo stesso Comune aveva in precedenza impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato anche la delibera 4 del 1999 dell’AATO concernente il preliminare di convenzione di affidamento del servizio idrico integrato e le determinazioni in merito al piano d’ambito. Su opposizione formalizzata dallo stesso AATO, tale ricorso è stato trasposto in sede giurisdizionale ed iscritto con il numero 2795/99.

Il Comune, insieme al contenzioso intentato contro l’AATO, adottava anche iniziative per mantenere la gestione diretta del servizio idrico ed in particolare l’approvazione delle tariffe per l’acqua potabile e la depurazione per il 1999. Adottava, altresì, un provvedimento di ripresa in possesso degli impianti idrici già trasferiti al Gestore. Questo in conseguenza del fatto che il provvedimento di nomina del commissario ad acta adottato, su richiesta dell’AATO, dal Difensore civico ed impugnato dal Comune con ricorso 1054/00, era stato sospeso dal Consiglio di Stato.

Avverso tali provvedimenti, reagivano l’AATO ed il Gestore del servizio proponendo, rispettivamente, i ricorsi 2655/99 e 2052/00, notificati rispettivamente il 4 ottobre 1999 e 4/8 agosto 2000, e depositati il 27 ottobre e 24 agosto seguenti.

In ultimo, con ricorso 716/01, notificato il 10 marzo 2001 e depositato il 3 aprile seguente, il Comune ha impugnato le delibere di proposta di modifica del piano d’ambito e d’adozione delle nuove tariffe (delibere n. 17 e 18 del 20 dicembre 2000).

Si è costituito in giudizio l’AATO in tutti i ricorsi del Comune il quale si è a sua volta costituito nei ricorsi 2655/99 e 2052/00.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

All’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2002 i difensori delle parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive ed i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1) I sette ricorsi di cui in epigrafe, congiuntamente pervenuti all’udienza pubblica, vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva per essere decisi con un’unica sentenza.

2) Le controversie introdotte investono diverse questioni che attengono in parte, all’applicazione della normativa statale e regionale emanata in materia di risorse idriche (legge 4.4.1997 n. 26 e l. r. d’attuazione 21.7.1995, n. 81, nonché l. r. 4.4.1997, n. 26) ed in parte, per la gestione dei servizi idrici integrati, agli effetti scaturiti dall’affidamento della gestione dei servizi medesimi alla società mista (N.A. s.p.a.) appositamente costituita all’esito dal procedimento di selezione del socio privato di minoranza promosso dai comuni facenti parte dell’AATO; selezione che ha visto come vincitore l’ati indicata in narrativa.

Il procedimento di selezione è stato oggetto d’impugnativa giurisdizionale da parte della società Vivendi, ma il giudizio d’appello ha confermato la legittimità del procedimento stesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3.9.2001, n. 4586).

Ritiene il Collegio che una rapida ricostruzione del quadro normativo che fa da sfondo giuridico alla complessa vicenda contenziosa, sia utile alla comprensione e soluzione delle questioni su cui la Sezione è chiamata a pronunciarsi.

La legge 36 del 1994 ha voluto ricondurre ad una disciplina globale ed unitaria la tutela e l’uso delle risorse idriche comprese nel territorio, nella considerazione che “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà” (art. 1). Il concetto di solidarietà trova puntuale richiamo (insieme ad altri principi) nel capo primo, laddove, al comma secondo dell’art. 1, si afferma che “qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future”. Al comma terzo è invece enunciato un principio di corretta utilizzazione delle risorse idriche a salvaguardia di preminenti esigenze pubbliche.

La legge ha introdotto, in proposito, per la prima volta il concetto di servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione d’acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, delineando per esso una nuova metodologia di gestione strettamente collegata ad una nuova organizzazione territoriale denominata “ambito territoriale ottimale” da individuare e delimitare dalle Regioni con apposita legge sulla base dei criteri fissati dall’art. 8 comma primo. L’art. 9 della legge ha stabilito, in proposito, che per ogni ambito territoriale ottimale delimitato, i comuni e le province ricadenti al suo interno organizzino il servizio idrico integrato, provvedendo alla sua gestione mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 142 del 1990. E’ stato previsto che i rapporti fra gli enti locali ed il gestore siano regolati da un’apposita convenzione e dal relativo disciplinare, secondo il modello tipo adottato da ogni regione (art. 11).

Fino all’organizzazione del servizio idrico integrato le aziende speciali, gli enti ed i consorzi pubblici esercenti i servizi idrici, ove non sia deliberato lo scioglimento, confluiscono nel soggetto gestore secondo le modalità e le forme stabilite nella convenzione ed il nuovo gestore subentra agli enti preesistenti nei termini e con le modalità stabilite nella convenzione e nel relativo disciplinare; mentre le società e le imprese consortili concessionarie dei servizi, alla data di entrata in vigore della legge, mantengono la gestione fino alla scadenza della relativa concessione (art. 10).

La regione Toscana, in attuazione della legge 36/1994, ha emanato la legge 81/1995 che, all’art. 2, delimita gli ambiti territoriali ottimali, disponendo, all’art. 4, che le province ed i comuni di ciascun ambito, con l’approvazione della maggioranza assoluta dei componenti dei rispettivi consigli di un statuto predisposto secondo la disciplina indicata nella legge medesima, organizzino il servizio integrato mediante la costituzione di un consorzio obbligatorio denominato Autorità d’ambito. Il medesimo articolo 4 stabilisce che a curare gli adempimenti per la costituzione dell’AATO sia il comune che, in ciascun ambito territoriale ottimale, ha il maggior numero di abitanti. Il successivo articolo 7 indica le funzioni che devono essere svolte dall’AATO (programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato), specificando che nelle funzioni è esclusa ogni attività attinente alla gestione del servizio, mentre sono comprese, tra l’altro, quelle relative alla scelta della forma di gestione del servizio ed all’affidamento del servizio stesso.

La successiva legge regionale 26 del 1997 ha completato il quadro normativo, dettando le norme di indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato, nonché allegando la convenzione tipo ed il relativo disciplinare di cui all’art. 11 della legge statale.

Va in ultimo detto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4.3.1996, emanato ai sensi e per gli effetti dell’art. 4, comma 1 della legge 36 del 1994, sono state determinate le direttive generali, le metodologie ed i criteri in ordine agli adempimenti collegati alla realizzazione del servizio idrico integrato, che trovano puntuale elencazione nelle lettere dalla a) alla i) del medesimo comma.

3) Ricostruita sommariamente, nelle parti salienti per la decisione delle cause, la normativa di presidio, va esaminato il primo ricorso (3732/98) proposto dal Comune, il quale contesta la legittimità del metodo di determinazione tariffaria seguito dalla società di gestione ed approvata dall’AATO e la mancata modulazione della tariffaria con riguardo agli investimenti effettuati dai singoli comuni, ai consumi domestici essenziali ed agli scaglioni di reddito.

Parte resistente eccepisce la carenza sopravvenuta di interesse al ricorso in relazione alle successive delibere con le quali sono stati approvati il nuovo piano d’ambito e la nuova determinazione tariffaria. Ma dal momento che i summenzionati profili di doglianza vengono riproposti con il ricorso 716/01 avverso i nuovi atti e che non è dimostrato che le modifiche apportate abbiano effetto ex tunc, il Collegio ritiene di dovere disattendere l’eccezione di parte resistente.

I motivi sono infondati.

L’art. 31, comma 29, della legge 23.12.1998 n.  448 prevede che l’adeguamento della tariffa alle determinazioni del CIPE debba intervenire in via suppletiva sino alla definizione del c.d. “metodo normalizzato” previsto dall’art.13, comma 3, della legge 36 del 1994. Ora, il metodo normalizzato è stato definito con il decreto ministeriale 1.8.1996, che contiene un’articolata e complessa procedura nell’ambito della quale concorrono alla determinazione tariffaria numerosi parametri e formule matematiche, collegate non solo al consumo dell’acqua, ma anche al complesso dei servizi idrici come indicati dalla legge 36 del 1994. In base al metodo normalizzato, la tariffa media è stabilita, infatti, dall’AATO in relazione al modello organizzativo della gestione, alla quantità e qualità della risorsa idrica ed al livello della qualità del servizio. Non solo, essa è fissata in funzione del piano finanziario, dei costi reali come pure delle economie conseguenti al miglioramento dell’efficienza ed al superamento della frammentazione delle gestioni esistenti.

Sono di rilievo i criteri di computo della tariffa reale media, calcolata - inizialmente - sulla base della tariffa media ponderata delle gestioni preesistenti, come accorpate nella nuova gestione, i quali (criteri) tengono conto di diverse categorie di voci, meglio rappresentate dagli artt. 3 e 4 del decreto e dalle clausole della convenzione, come pure dal relativo disciplinare (art. 2).

Il piano tariffario è poi comunicato all’Organo di vigilanza, insieme ad altri dati rilevanti riguardanti la gestione del servizio idrico integrato (artt. 9 e 10).

Ora, essendosi costituiti l’AATO e la società a partecipazione mista alla quale è stata affidata la gestione del servizio idrico integrato, la determinazione tariffaria doveva tenere conto esclusivamente dell’applicazione del metodo normalizzato di cui al decreto 1.8.1996, esplicitamente richiamato nella delibera impugnata.

Per quanto concerne la modulazione tariffaria, va evidenziato che anch’essa trova disciplina nell’art. 7 del decreto ministeriale richiamato. La delibera dell’AATO prevede differenti fasce di consumo alle quali corrispondono altrettante tariffe in corrispondenza delle presumibili fasce d’utenza. Tale sistema, imputando la tariffa ad un criterio di computo differenziato e progressivo, che parte da una quota minima corrispondente a quella di un consumo domestico essenziale per la prima casa, si rapporta in qualche misura alla proiezione del modello per “scaglioni di reddito” indicato nel comma sette dell’art. 13 che non trova, diversamente, alcuna diretta applicazione ed evidenza nei rapporti d’utenza regolamentati sulla base di contratti tipo, i quali al più condizionano l’applicazione delle tariffe agevolate relative alla prima casa al requisito della residenza.

La modulazione tariffaria in base agli investimenti effettuati dai comuni, è invece un metodo di determinazione che l’ultimo comma dell’art. 13 cit. prevede come eventuale e quindi lasciato alla discrezionalità degli enti gestori secondo l’utilità che la stessa può avere ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato. Ciò significa che la determinazione della tariffa, data l’ampiezza del bacino d’utenza e le variegate realtà locali su cui viene ad operare il nuovo metodo di gestione, non può “tout court” essere espressa, come sostenuto dal Comune ricorrente, in una logica inversamente proporzionale agli investimenti effettuati dal singolo ente, ma deve essere necessariamente rapportata ad un criterio omogeneo che, prescindendo dalle situazioni locali, sia funzionale al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione unitaria del servizio idrico integrato.

La questione di costituzionalità prospettata, in proposito, sulle l.r. 26 del 1997 è manifestamente infondata, ribadendosi che la modulazione della tariffa fra i comuni in relazione agli investimenti effettuati non è stabilita in via assoluta dalla legge 36 del 1994, ma - come poc’anzi detto - in via eventuale, implicitamente demandando alle decisioni degli enti interessati di valutare l’opportunità o meno di tale previsione in relazione alle situazioni locali.

4) Infondato è, altresì, il ricorso 3967/98, con il quale il Comune lamenta sostanzialmente la mancata salvaguardia della propria gestione.

La restrizione della salvaguardia delle gestioni preesistenti agli organismi organizzati, con esclusione quindi delle gestioni in economia condotte direttamente dagli stessi enti territoriali, trova previsione nel combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lett. c) e 3, coma 1, della l.r. 26 del 1997, il quale è a sua volta collegato al disposto dell’art. 10 della legge 36 del 1994. Tale articolo, all’evidenza, laddove fa riferimento alle aziende speciali, agli enti e consorzi pubblici esercenti i servizi, non può includere nelle gestioni da salvaguardare gli enti territoriali proprietari, se non altro perché questi, notoriamente, non possono essere soggetti allo scioglimento. Donde la diversa accezione che deve essere data al termine “enti” contenuto sia nella legge nazionale, che nella legge regionale.

L’estensione della salvaguardia alle gestioni in economia condotte direttamente dai comuni proprietari degli impianti, si collocherebbe in contraddizione con il modello organizzativo del consorzio obbligatorio e pregiudicherebbe la stessa realizzazione del servizio idrico integrato all’interno dell’AATO o quanto meno l’organizzazione della gestione unitaria del servizio stesso.
Ciò trae seco l’irrilevanza della doglianza che lamenta la mancata pronuncia dell’AATO sull’istanza del comune ricorrente, peraltro palesemente tardiva rispetto al termine stabilito nella delibera impugnata.

Quanto alla nota del direttore generale dell’AATO, è sufficiente osservare come la stessa sia - per tabulas - priva di un contenuto decisorio autonomo, limitandosi a riportare il disposto della delibera dell’AATO medesimo.

5) Passando all’esame del ricorso 2525/99, deve essere rilevata d’ufficio la sua inammissibilità per la mancata notifica, ai sensi dell’art. 21, comma uno, della legge 1034 del 1971, ad alcuno dei controinteressati, nella specie espressamente indicato, nelle delibere impugnate, nella società a partecipazione mista N.A. s.p.a., costituita fra gli enti del consorzio e l’ati individuata come socio privato. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del Comune ricorrente in udienza pubblica, tale società, come Gestore, ha titolo ad opporsi all’annullamento degli atti impugnati, riguardanti l’approvazione definitiva del piano d’ambito e l’affidamento del servizio idrico integrato e quindi riveste la posizione di parte necessaria del giudizio.

6) Per le stesse ragioni, è da rilevare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso 2795/99 pervenuto per trasposizione del ricorso straordinario proposto avverso la delibera AATO n. 4 del 1999, con la quale sono stati approvati lo schema di convenzione per l’affidamento del servizio idrico integrato ed il piano economico- finanziario proposto dal socio privato.

7) Il Collegio deve, ora, occuparsi del ricorso 2655/99 proposto dall’AATO contro la delibera n. 11 del 26.3.1999 con il quale il Comune ha determinato le tariffe dell’anno 1999 per il servizio di distribuzione di acqua potabile erogata tramite acquedotti comunali.
Il ricorso è fondato sotto gli assorbenti profili del vizio di incompetenza assoluta e violazione dell’art. 7 della l.r. 81 del 1995, che affida la determinazione tariffaria del servizio idrico integrato alla competenza esclusiva dell’AATO.
E’ sufficiente richiamare in proposito le motivazioni contenute nei precedenti punti 3) e 4) con le quali sono stati ritenuti infondati i motivi dedotti nei ricorsi 3732 e 3967/98.

8) Viene in esame, ora, il ricorso 2052/00 proposto dal Gestore avverso i provvedimenti con i quali il Comune, previa diffida, ha ripreso il possesso degli impianti idrici comunali già trasferiti alla società ricorrente ed altri atti impugnati in via eventuale.

Va detto subito che l’atto di diffida del 21 luglio 2000 è privo di alcun effetto lesivo e contenuto provvedimentale; mentre l’ordinanza n. 13 del 27 luglio 2000 ha ormai esaurito i suoi effetti, essendo stata revocata con l’ordinanza n. 16 del 19.8.2000 senza che ne siano sortite ulteriori conseguenze a carico del Gestore. Non occorre, pertanto, estendere il sindacato giurisdizionale ai suddetti atti.

Va, inoltre, evidenziato che la sospensione della trattazione del merito disposta sul ricorso 1054/00, per dare modo al Comune di eseguire l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Gestore e per acquisire documentazione, non osta alla definizione nel merito del ricorso di che trattasi, attenendo esso ad un provvedimento che, pur emesso in conseguenza del trasferimento degli impianti da parte del commissario nominato dal Difensore civico, ha una sua autonoma valenza ed è impugnato per vizi propri non correlati neppure indirettamente al contenzioso oggetto del ricorso 1054/00.

Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo dei vizi di violazione dei principi in materia di ottemperanza e di difetto di potere.

Va innanzi tutto ricordato che l’affidamento in concessione al Gestore del servizio idrico integrato delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni di proprietà degli enti locali, opera giuridicamente in forza dall’art. 12 della legge 36 del 1994 e consegue all’affidamento del servizio stesso regolato, sul punto, dalla convenzione. Ne consegue che gli enti territoriali facenti parte del consorzio obbligatorio e non rientranti nella salvaguardia di cui all’art.3 della l.r. 26 del 1997, una volta avvenuto l’affidamento del servizio, non hanno più poteri diretti sugli impianti di loro proprietà. Ciò comporta che il Comune non poteva esercitare alcun potere di autotutela per effetto dell’ordinanza 3653/2000 del Consiglio di Stato di sospensione del provvedimento di nomina del commissario ad acta, non determinando peraltro tale sospensione effetto alcuno sulla consegna materiale dei beni il cui regime giuridico è, come già detto, regolato direttamente dall’art. 12 richiamato. L’esercizio di tale potere si configura aberrante rispetto alla tutela giurisdizionale invocata ed ottenuta in via interinale in esito all’azione promossa con il ricorso 1054/00.

Come ulteriore e pregnante considerazione, va poi detto che il consolidamento - derivante dall’inammissibilità del ricorso 2525/99 - del provvedimento d’affidamento del servizio idrico integrato al Gestore, cui è collegata per legge l’affidamento in concessione degli impianti degli enti consorziati, aggiunta al consolidamento degli atti costitutivi dell’AATO, mai impugnati dal Comune, rende definitiva la perdita della disponibilità giuridica dei beni in questione.

Neppure l’asserita mancata esecuzione delle opere di manutenzione e pulizia, anche in presenza dell’asserito rischio eventuale di inquinamento delle sorgenti, giustificava il provvedimento della ripresa in possesso degli impianti. Infatti, l’esercizio dei poteri come autorità sanitaria da parte del sindaco, avrebbe potuto legittimare solo, ove ricorrevano i presupposti di accertato grave rischio per la salute, l’adozione di in provvedimento extra ordinem quale quello concretamente adottato poi (legittimamente o no qui non rileva) con l’ordinanza n. 13 del 2000.

Da quanto sopra evidenziato, emerge l’inconferenza del richiamo dell’art. 2 della legge 142 del 1990 e dell’art. 2 del r.d. 1265 del 1934 a legittimazione del provvedimento di ripresa in possesso degli impianti trasferiti nella disponibilità del Gestore.

9) Resta da esaminare il ricorso 716/01 proposto dal Comune contro le delibere n. 17 e 18 del 20.12.2000 con le quali è stato approvato il nuovo piano d’ambito e la nuova articolazione tariffaria.

Si può prescindere dalle eccezioni frapposte dalla difesa dell’AATO, stante l’infondatezza del ricorso.

9.1. Va preliminarmente evidenziata l’inammissibilità dei vizi d’illegittimità derivata dedotti in relazione ai motivi del ricorso 2525/99. Si tratta dei primi due motivi e del terzo motivo, per i profili sub 1. e 2. e sub 3c); del quarto motivo sub 1.; del quinto motivo e dell’undicesimo motivo. Motivi che il consolidamento delle delibere 5, 6 e 7 del 1999 rende improponibili rispetto alla conferma, in parte qua, delle determinazioni assunte.

9.2. Il Collegio, poi, richiama le argomentazioni sviluppate nel punto 3) che precede, per ritenere infondate le censure contenute nel nono e decimo motivo e manifestamente infondata la collegata questione di costituzionalità. 

9.3. Le censure di cui al punto sub. 3 a) e b) del terzo motivo sono prive di pregio.

La generica ed non dimostrata asserzione sul credito di circa quattro miliardi e mezzo di cui beneficerebbe il Gestore deriva da una non corretta lettura dei dati contenuti negli alleati delle delibere impugnate.

Occorre precisare, sul punto, che a carico dei comuni vi sono gli oneri occorrenti per reperire le somme necessarie alla copertura delle azioni costituenti il capitale pubblico di maggioranza della costituita società di gestione. Si tratta di somme acquisite mediante il ricorso a mutui. Tali oneri concorrono (per differenza) nel computo di quanto il Gestore deve versare a titolo di canone d’uso dei beni dei primi. Al Gestore fanno pure carico gli oneri per mutui contratti dagli enti proprietari per la realizzazione od il funzionamento degli impianti. L’onere economico derivante da tali mutui era stato contabilizzato nel piano d’ammortamento predisposto nel piano finanziario. La riduzione del canone d’uso è correlata all’ammontare effettivo degli oneri dovuti dal Gestore per i mutui (ai quali il canone è correlato) rispetto al piano finanziario in precedenza approvato, mentre il credito altro non è altro che la contabilizzazione (a recupero di quanto preventivato nel precedente piano finanziario) della rinegoziazione di parte dei mutui dei comuni con la Cassa DD.PP. Qualificare tale recupero (in modo apodittico) come credito del Gestore a danno del canone d’uso, è pertanto, non corretto.

9.4. A motivare l’infondatezza del punto sub. 2 e 3 del quarto motivo è sufficiente richiamare le argomentazioni contenute nella decisione 4586 del 2001 della quinta sezione del Consiglio di Stato. Si tratta della decisione che ha riformato la sentenza 24 del 2001 di questa Sezione pronunciata sull’impugnativa del procedimento che aveva individuato il soggetto privato che ha poi costituito la società N.A. s.p.a. In tale sentenza questo Tribunale aveva accolto la censura che denunciava l’inammissibilità del ricorso all’ammortamento finanziario. Il Consiglio di Stato, nel riformare anche in tale parte la sentenza di primo grado, ha affermato che l’ammortamento finanziario non è affatto inconciliabile con lo schema della convenzione e che il quadro normativo vigente depone per l’alternatività dell’ammortamento tecnico e di quello finanziario.

9.5. Il sesto motivo più che infondato è inammissibile, in quanto attraverso il sindacato di legittimità tende, in realtà, a censurare scelte gestionali ed organizzative relative alla priorità degli interventi da eseguire e, quindi, a sconfinare nelle valutazioni di convenienza ed opportunità di natura prevalentemente imprenditoriale sottratte alla cognizione di questo giudice. Peraltro il Comune non dimostra quale danno o lesione ai propri interessi o a quelli della comunità rappresentata abbia determinato la scelta di ridurre la spesa per investimenti in relazione alle spese da sostenere per le manutenzioni ordinarie e straordinarie agli impianti esistenti.

Sulla riduzione tariffaria il Comune non ha interesse a sollevare censure. Va solo aggiunto che sulle componenti che determinano l’ammontare della tariffa il D.M. del 1996 prevede la vigilanza di un apposito Comitato.

9.6. Il settimo motivo si dimostra del tutto generico nell’affermazione, che non trova riscontro negli atti allegati alle delibere impugnate, dell’aggravio a carico dei comuni di costi posti fuori tariffa. Dal piano d’ambito e dal piano finanziario è dato evincere, di contro, che tutti i costi, salvo quelli occorrenti ai comuni per la copertura della quota di azioni corrispondenti al capitale di spettanza pubblica e quelli derivanti dall’acquisto degli impianti dell’ex CIGAF, sono a carico della società di gestione.

9.7. L’ottavo motivo è inammissibile.

La decisione della posticipazione del conferimento del capitale nella società di gestione, di cui il Comune peraltro non possiede alcuna quota azionaria avendo scelto di non sottoscriverla, attiene a scelte di merito non sindacabili da questo giudice. In ogni caso, secondo quanto ha replicato nella propria memoria la difesa dell’AATO, sul punto non contraddetta dalla difesa dell’ente ricorrente, il conferimento del capitale è oggi completato.

L’acquisizione di interessi attivi afferenti ad un mutuo contratto con la Cassa DD. PP. per consentire il versamento del capitale sottoscritto dai comuni dell’AATO, a tacere della (già) rilevata estraneità del Comune ricorrente a quote di partecipazione azionaria nella società di gestione, è in realtà un minore onere per interessi a fronte del mutuo contratto dal medesimo AATO per il versamento del capitale suddetto.

10) In conclusione, i ricorsi 3732 e 3967/98, 716/01 vanno respinti; i ricorsi 2525 e 2795/99 vanno dichiarati inammissibili; i ricorsi 2655/99 e 2052/00 vanno accolti, con il conseguente annullamento- rispettivamente- delle delibere c.c. n. 11 del 26.3.1999 e 69 del 6.4.1999, dell’ordinanza sindacale n. 6297 del 26.7.2000.

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I.a, definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi di cui in epigrafe, respinge i ricorsi 3732, 3967/98 e 716/01; dichiara inammissibili i ricorsi 2525 e 2795/99; accoglie i ricorsi 2655/99 e 2052/00 e, per l’effetto annulla i provvedimenti in motivazione indicati.

Condanna il comune di Pieve S. Stefano al pagamento, in favore dell’AATO n. 4 e della società N.A. s.p.a, delle spese di giudizio che liquida indivisamente in complessivi 5.000,00 euro per tutti i ricorsi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Firenze, il 10 dicembre 2002, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

Giovanni VACIRCA - Presidente
Maurizio NICOLOSI - Consigliere
Giuseppe DI NUNZIO - Consigliere