AFFARI ISTITUZIONALI - 010
T.A.R. Catania, Sez. I, sentenza del 18 gennaio 2000, n. 38 (Presidente f.f. ed estens. Salomone)
E' riconosciuta la risarcibilità del danno per lesione dell'interesse legittimo; si determinano i criteri per la scelta tra risarcimento in forma specifica e per equivalente ex art. 35, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998 nonché i criteri per la determinazione del danno conseguente al diniego illegittimo di Piano di Lottizzazione ex articolo 35, comma 2, decreto legislativo n. 80 del 1998.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, sez. int. I, composto dai signori Magistrati:
(omissis)
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 917 del 1997 R.G. proposto da……., rapp. e dif. da..........;

CONTRO

Il Comune di ........ ed il Consiglio comunale di ........, in persona del Sindaco pro-tempore rappresentato e difeso da ...............
per l'annullamento della delibera del Consiglio comunale di ........ n. 126 del 14 dicembre 1996, di diniego dell'approvazione di un piano di lottizzazione;
e per la declaratoria dell’obbligo del Comune di ........ a risarcire i danni subiti dal ricorrente, il quale, attesa la nuova destinazione del suolo di sua proprietà, non può utilizzarlo per edilizia residenziale.
(omissis)
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Con il gravame introduttivo del giudizio si espone che il ricorrente ........................ in data 30 settembre 1984 ha chiesto l'approvazione di un piano di lottizzazione di un suolo di sua proprietà destinato dall'allora vigente P.R.G. a zona territoriale omogenea «C3» edilizia estensiva con densità edilizia fondiaria media di mc/mq 1, richiesta che è stata respinta con delibera consiliare del 14 dicembre 1996, n. 126; e ciò pur essendosi pronunciata favorevolmente per due volte la commissione edilizia e pur avendo attestato l'Ufficio tecnico comunale che ricorrevano tutti i requisiti occorrenti per l'accoglimento della richiesta.

Si lamenta in particolare che, nell’adozione della delibera impugnata, il segretario generale, si é sostituito all'ufficio tecnico nel valutare se era idoneo o no, al fine della depurazione dei liquami, dotare ogni unità abitativa di un presidio specifico, salvo l'allacciamento alla rete fognante comunale, allorchè questa sarebbe stata realizzata.

Il Consiglio comunale, senza una specifica motivazione, ha denegato l’approvazione del predetto piano di lottizzazione.

All’atto impugnato si muovono le seguenti censure:

1- Violazione di legge ed in particolare dell'articolo 53 della legge n. 142 del 1990, recepita dalla Regione (Sicilia) con la legge regionale n. 48 del 1991, in quanto il parere del segretario comunale è richiesto sotto il profilo di legittimità e non può investire profili di discrezionalità tecnica;
2 - Difetto di motivazione in ordine alle ragioni ostative all’approvazione del piano di lottizzazione, che non possono essere desunte dalle opinioni espresse dai singoli componenti il Consiglio comunale;
3 - Sviamento di potere, in quanto le ragioni del diniego di approvazione sarebbero correlate ad impedire il legittimo consolidarsi di situazioni giuridiche nelle more dell’adozione del P.R.G.

Con motivi aggiunti, notificati in data 27 luglio 1999, la parte ricorrente espone che in data 9 aprile 1999 il Consiglio comunale di ........ ha approvato il nuovo piano regolatore, che destina il suolo del ricorrente non più a zona territoriale omogenea «C3», ma ad usi collettivi. Poiché con l'adozione del piano spiegano effetti le misure di salvaguardia, al ricorrente è preclusa l'approvazione della lottizzazione per incompatibilità con lo strumento urbanistico adottato. Con l'adozione del nuovo piano regolatore, avvenuta con la delibera consiliare n. 45 del 2 aprile 1998, l’Ente, infatti, ha impresso al suolo una differente destinazione, avendo incluso lo stesso «nella sottozona CNR2, ove sono previste attrezzature per la ricreazione, per lo svago e per il tempo libero, lo sport e lo spettacolo con differenti indici di edificabilità».

Il ricorrente, ai sensi dell'articolo 35 decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, oltre all’annullamento della delibera impugnata, di rigetto del piano di lottizzazione, chiede la declaratoria dell’obbligo del Comune resistente a risarcire i danni subiti dal ricorrente, il quale, attesa la nuova destinazione del suolo di sua proprietà, non può utilizzarlo per edilizia residenziale.
In particolare si chiede la fissazione dei criteri in base ai quali l'Amministrazione pubblica deve proporre a favore del ricorrente il pagamento di una somma entro un congruo termine ai sensi dell’articolo 35, n. 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998, e si chiede, altresì che tali criteri vengano stabiliti nella differenza di valore tra il suolo destinato a zona territoriale omogenea «C3» e quello destinato «ad attrezzature per la ricreazione per lo svago ed il tempo libero, lo sport e lo spettacolo», tenendo conto dell'indice di edificabilità e dei vincoli rispettivamente previsti per le zone C3 secondo il precedente piano regolatore, e nelle zone destinate allo svago, al tempo libero, allo sport e lo spettacolo, secondo il nuovo piano regolatore.
Si assume a tal proposito che l'ingiustizia del danno inflitto al ricorrente è dimostrata dalla circostanza che il Comune ha procrastinato per sette anni la decisione sulla richiesta di approvazione - quando secondo la legge regionale n. 71 del 1978, articolo 14, avrebbe dovuto adottarla entro 90 giorni - per poi respingerla illegittimamente alla luce delle censure mosse.

Il ricorrente, che soltanto successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio ha appreso dell’approvazione di un nuovo piano regolatore, lo ha impugnato con i predetti motivi aggiunti, limitatamente alla parte già destinata a zona territoriale omogenea «C3», di sua proprietà, lamentando che illegittimamente non si sarebbe tenuto conto della domanda di esame del piano di lottizzazione. Detta censura è stata dedotta soltanto in via subordinata per il caso che non venisse accolta la richiesta di risarcimento dei danni subiti.

Il Comune di ........, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame e la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 1999 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1 - Il ricorso è fondato.

Merita, infatti, accoglimento il primo motivo di censura con il quale si lamenta la violazione di legge ed in particolare dell'articolo 53 della legge n. 142 del 1990, recepita dalla Regione con la legge regionale n. 48 del 1991, in quanto il parere del segretario comunale è richiesto sotto il profilo della legittimità e non può investire profili di discrezionalità tecnica.
Il ricorrente in data 30 settembre 1984 ha chiesto l'approvazione di un piano di lottizzazione di un suolo di sua proprietà destinato dal vigente P.R.G. a zona territoriale omogenea «C3», edilizia estensiva con densità edilizia fondiaria media di mc/mq 1.
Detta richiesta è stata respinta con delibera consiliare del 14 dicembre 1996 n.126, e ciò nonostante che si sia pronunciata favorevolmente per due volte la commissione edilizia e pur avendo attestato l'Ufficio Tecnico comunale che ricorrevano tutti i requisiti occorrenti per l'accoglimento della richiesta.
Si lamenta, in particolare, che nella adozione della delibera impugnata il segretario generale si è sostituito all'ufficio tecnico nel valutare se era idoneo o no, al fine della depurazione dei liquami, dotare ogni unità abitativa di un presidio specifico, salvo l'allacciamento alla rete fognante comunale, allorché questa sarebbe stata realizzata in esecuzione del P.A.R.F.

Giova ricordare che l'articolo 53 della legge n. 142 del 1990, recepito dalla Regione siciliana con la legge regionale n. 48 del 1991, dispone che «u ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio, deve essere chiesto il parere .... del responsabile del servizio interessato... nonché del segretario comunale sotto il profilo di legittimità».
Ad avviso del Collegio spetta, pertanto, al funzionario tecnico preposto all'ufficio tecnico, esprimere il parere sulla idoneità dei presidi singoli a svolgere il servizio di fognatura della lottizzazione, residuando al segretario generale dell’Ente esprimere un parere di legittimità, che non può investire gli aspetti di discrezionalità tecnica.
Il parere del segretario comunale relativo alla delibera n. 196 del 14 dicembre 1996 reiterava quello già reso dallo stesso con riferimento alla precedente delibera del C.C. di ........ n. 98 del 10 ottobre 1996, avente il medesimo oggetto, ed annullata dal CO.RE.CO. per difetto di motivazione.

Adduce il segretario, a sostegno del suo parere negativo, che dal parere dell'ufficio tecnico emergerebbe «la non sussistenza di possibilità di allaccio delle opere di urbanizzazione primaria se non ad opere pubbliche previste da P.A.R.F. ed al momento non finanziate». Si ritiene, infatti, illegittima l'approvazione di una lottizzazione qualora sia accertato, prosegue il parere, «la non esistenza, neanche a livello di progetto esecutivo e di finanziamento, delle opere di urbanizzazione pubbliche necessarie per rendere funzionali le opere di urbanizzazione che il lottizzante si è impegnato a realizzare».
Dalla relazione dell'Ufficio tecnico, allegata alla delibera impugnata, risulta, invece, la piena regolarità del piano di lottizzazione e la sua conformità al quinto comma (dell'articolo 28 - n.d.r.) della legge 19 agosto 1942, n. 1150 ed «alle indicazioni previste dall'articolo 14 della legge regionale n. 1 del 1978». Secondo la relazione dell'ufficio tecnico il progetto, con riferimento agli impianti idrici e fognanti, «prevede gli allacci secondo i programmi di attuazione comunale, con l'impegno a realizzare le opere fognarie conformemente alle previsioni del P.A.R.F. del Comune, che questo ufficio tecnico ha ritenuto sufficiente per l'approvazione della lottizzazione». Prosegue la relazione: «essendo l'autorizzazione comunale a lottizzare subordinata alla stipula della convenzione, che prevede l'assunzione a carico del lottizzante degli oneri relativi agli oneri di urbanizzazione primaria, il C.C. nell'approvare i piani di lottizzazione e le convenzioni, può chiedere la realizzazione di presidi per lo smaltimento dei liquami, attraverso un presidio per la depurazione biologica dei liquami della fognatura domestica, con l'obbligo, una volta attuata la rete fognante comunale, di allacciare ogni singolo lotto alla stessa rete pubblica».
Mediante, dunque, l'adozione di tali presidi e con l'assunzione dell'obbligo di allacciarsi alla rete fognante pubblica, quando sarebbe stata costruita, potrebbe realizzarsi l'opera di urbanizzazione primaria relativa alla depurazione e smaltimento dei liquami.
Non è condivisibile, pertanto, quanto in proposito adduce il segretario (si veda l’allegato alla delibera impugnata), secondo cui «la ditta lottizzante non ha assunto alcun impegno per rendere funzionale una delle opere di urbanizzazione primaria (rete fognante) ma soltanto un generico impegno a raccordarsi alla rete fognante comunale prevista dal P.A.R.F.».
Va rilevato a tal proposito che l'obbligo del lottizzante a sottostare a tale vincolo potrebbe discendere soltanto dalla convenzione di lottizzazione. La parte ricorrente, infatti, anteriormente alla convenzione poteva esprimere soltanto la sua disponibilità ad assumerla, così come aveva dichiarato.
A conferma ulteriore della contraddittorietà del diniego di approvazione del piano di lottizzazione in questione rileva che le norme di attuazione del nuovo piano regolatore prevedono, in un'area contigua a quella del ricorrente, una zona denominata «CA», che «riguarda le aree in corso di attuazione con lottizzazione convenzionata nella quale rimangono invariati gli indici e i parametri edilizi che hanno determinato l'approvazione» (articolo 28 Norme di attuazione). Dunque, mentre si negava l’approvazione della lottizzazione ........ perché mancava la rete fognante comunale, si approvavano le lottizzazioni nelle zone contigue, in cui non è contestata la sussistenza della stessa situazione.

2 - Ugualmente fondato è il secondo motivo di censura con il quale si lamenta difetto di motivazione in ordine alle ragioni ostative all’approvazione del piano di lottizzazione, che non possono essere desunte dalle opinioni espresse dai singoli componenti il Consiglio comunale.
Il vizio che inficia il parere espresso dal segretario comunale si riflette sull'atto deliberativo impugnato, in quanto la maggioranza dei consiglieri, nel votare per il rigetto del piano di lottizzazione, si è adeguata al parere dello stesso, come risulta dalla dichiarazione di voto del presidente del Consiglio, allegata alla delibera impugnata, in cui si legge che «nella precedente seduta dell'ottobre 1996 convinse di più il parere del segretario».
Il difetto di motivazione della delibera impugnata si evince dalla circostanza che questa riporta gli interventi dei consiglieri che parteciparono alla sua adozione, ma non indica in alcun modo per quali motivi venne scelta la soluzione adottata, violando il disposto dell'articolo 3, comma 2, della legge n. 241 del 1990, recepita dalla Regione siciliana con la legge regionale n. 10 del 1991, per cui «la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione in relazione alle risultanze dell'istruttoria» (C.G.A. 9 giugno 1998, n. 345, Consiglio di Stato, sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 1311) e la motivazione nel caso era tanto più necessaria, atteso che occorreva chiarire per quale motivo veniva accolta la tesi sostenuta dal segretario generale, anziché quella dell’Ufficio tecnico, con riferimento ad una questione strettamente tecnica. Inoltre la motivazione per relationem di un provvedimento amministrativo non è ammissibile nel caso in cui siano richiamati pareri diversi, contrastanti tra loro (Consiglio Stato, sez. VI, 12 agosto 1996, n. 1026).

3 – Fondato è, infine, il terzo motivo di censura con il quale si lamenta sviamento di potere in quanto le ragioni del diniego di approvazione sarebbero correlate ad impedire il legittimo consolidarsi di situazioni giuridiche nelle more dell’adozione di un nuovo P.R.G.
Osserva il Collegio che il vizio di eccesso di potere per sviamento deve fondarsi su circostanze ed elementi univoci e concordanti, da cui possa emergere con certezza che l'amministrazione ha inteso perseguire un fine diverso da quello a cui è preordinato il potere esercitato; tali circostanze ed elementi, peraltro, non devono essere necessariamente coevi e contestuali all'atto, in quanto, per la natura sintomatica che contraddistingue il vizio, anche accadimenti successivi ed estrinseci, se intimamente collegati ai primi, ben possono assumere una rilevanza determinante ai fini della formazione del convincimento del giudice, tutte le volte che gli stessi valgano a far emergere con certezza il senso vero dell'atto (Consiglio Stato, sez. VI, 8 luglio 1998, n. 1040, Consiglio Stato, sez. VI, 8 luglio 1998, n. 1037, T.A.R. Lazio sez. III, 25 luglio 1996, n. 1430).
Ciò premesso va rilevato che la delibera impugnata è viziata da sviamento di potere, in quanto emessa per raggiungere un fine che contrasta con la legge. Dagli interventi dei singoli consiglieri comunali si evince che essa è stata adottata per evitare intralci all'adozione del nuovo P.R.G. e ciò nella consapevolezza che la nuova destinazione conferita ad un terreno mediante adozione di piano regolatore necessita di specifica motivazione soltanto se viene ad incidere su aspettative assistite da una speciale tutela ed uno specifico affidamento, come nel caso dell'esistenza di un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato (C.G.A. sez. giurisd., 21 novembre 1997, n. 506).
Giova precisare a tal proposito che, come ha dichiarato il tecnico comunale, incaricato anche della redazione del nuovo P.R.G., la lottizzazione non contrastava con i criteri a cui i redattori del nuovo P.R.G., si dovevano attenere (v. allegati alla delibera impugnata).

La volontà di ritardare la approvazione del piano di lottizzazione sino alla adozione del P.R.G. con una destinazione dell’area incompatibile con l’attuazione della lottizzazione confligge, pertanto, con il principio normativo secondo cui le misure di salvaguardia decorrono soltanto dall'adozione del nuovo piano regolatore (legge n. 1187 del 1968 - in realtà si tratta della legge n. 1902 del 1952 - n.d.r.) e, pertanto, il comportamento del Comune, che soprassiede all'approvazione della lottizzazione, viola la legge sopra richiamata. Il comportamento del Comune é tanto più illegittimo, in quanto secondo l'articolo 42 Cost. i limiti alla proprietà, di cui lo jus aedificandi é l'espressione, debbono venire posti mediante gli strumenti e nei limiti temporali previsti dalla legge; per cui il Comune che, per evitare eventuale intralcio al nuovo piano regolatore, omette di provvedere sulla richiesta di approvazione di un piano di lottizzazione, pone in essere una figura sintomatica di eccesso di potere per sviamento.

Il ricorso introduttivo del giudizio va, pertanto, accolto e l’atto impugnato va, conseguentemente, annullato..

4 – Fondata è la domanda di risarcimento dei danni formulata con i motivi aggiunti notificati in data 27 luglio 1999.

La parte ricorrente sostiene che in data 9 aprile 1999 il consiglio comunale di ........ ha approvato il nuovo P.R.G., che destina il suolo del ricorrente non più a zona territoriale omogenea «C3», ma ad usi collettivi. Poiché con l'adozione del piano spiegano effetti le misure di salvaguardia, il ricorrente non può più chiedere l'approvazione della lottizzazione che è incompatibile con la nuova destinazione urbanistica. Con l'adozione del nuovo P.R.G., avvenuta con la delibera consiliare n. 45 del 2 aprile 1998, il Comune di ........ ha, infatti, impresso all’area una differente destinazione, avendo incluso lo stesso «nella sottozona CNR2, ove sono previste attrezzature per la ricreazione, per lo svago e per il tempo libero, lo sport e lo spettacolo con differenti indici di edificabilità».
Il ricorrente, ai sensi dell'articolo 35 decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, oltre a chiedere l’annullamento della delibera impugnata, di rigetto del piano di lottizzazione, chiede la declaratoria dell’obbligo del Comune resistente a risarcire i danni subiti dal ricorrente, in quanto, attesa la nuova destinazione del suolo di sua proprietà, non può utilizzarlo per edilizia residenziale.
In particolare si chiede la fissazione dei criteri in base ai quali, l'amministrazione pubblica deve proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine ai sensi dell’articolo 35, n. 2,  del decreto legislativo n. 80 del 1998.
Si assume a tal proposito che l'ingiustizia del danno inflitto al ricorrente emerge dalla circostanza che il Comune ha procrastinato per sette anni decisione sulla richiesta di approvazione, - mentre, secondo il disposto dell’articolo 14 della legge regionale n. 71 del 1978, avrebbe dovuto adottarla entro 90 giorni - per poi respingerla illegittimamente.
A sottolineare ulteriormente tale arbitrarietà si aggiunge che le norme di attuazione del nuovo piano regolatore prevedono, in un'area contigua a quella del ricorrente, una zona denominata "CA", che «riguarda le aree in corso di attuazione con lottizzazione convenzionata nella quale rimangono invariati gli indici e i parametri edilizi che hanno determinato l'approvazione» (articolo 28 Norme di attuazione). Dunque, mentre si negava l’approvazione della lottizzazione proposta dal ricorrente perché mancava la rete fognante comunale, si approvavano le lottizzazioni nelle zone contigue, in cui, non è contestato che sussiste la medesima situazione in ordine allo stato della rete fognaria.
Il ricorrente, che soltanto successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio ha appreso che era stato adottato il nuovo piano regolatore, lo ha impugnato con i predetti motivi aggiunti, limitatamente alla parte già destinata a ville, di sua proprietà, lamentando che illegittimamente non si sarebbe tenuto conto della domanda di esame del piano di lottizzazione. Detta censura è stata dedotta soltanto in via subordinata per il caso che non venisse accolta la richiesta di risarcimento dei danni subiti.

5 – Preliminarmente il Collegio ritiene che ritualmente la domanda risarcitoria è stata proposta con i motivi aggiunti, muniti di procura speciale e notificati direttamente all’Amministrazione resistente oltre che al difensore costituito.
Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, infatti, il mandato ad litem attribuisce al procuratore a norma dell'articolo 84 c.p.c. la facoltà di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili con l'originario oggetto, restando esclusi dai poteri dei procuratori soltanto quegli atti che comportano disposizione del diritto in contesa e le domande con le quali si introduce una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria (Cassazione civile, sez. III, 7 febbraio 1995, n. 1394, Cassazione civile, sez. III, 5 febbraio 1979 n. 778).
A tal proposito il Collegio è dell’avviso che strettamente correlata alla domanda principale di annullamento degli atti illegittimi è quella di risarcimento del danno per equivalente, allorché in corso di giudizio appaia inattuabile una tutela reintegrativa del bene della vita in forma specifica.

Gli articoli 34 e 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998, attribuiscono alla competenza esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia; l'articolo 35 dispone che il giudice amministrativo nelle controversie devolute alla sua giurisdizione ai sensi degli articoli 33 e 34, dispone il risarcimento del danno ingiusto, ed a tal fine può stabilire i criteri in base a cui l'amministrazione pubblica deve proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine.
Il decreto legislativo n. 80 del 1998, all'articolo 44, n. 18 (in realtà articolo 45, comma 18 - n.d.r.), stabilisce che «le controversie di cui agli articoli 33 e 34 del presente decreto sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1 luglio 1998», mentre «Resta ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla data del 30 giugno 1998».Quanto alla disciplina transitoria (articolo 45, comma 18), va detto che, pur se la stessa espressamente esclude l’applicazione alle controversie antecedenti al 1° luglio 1998 solo per gli articoli 33 e 34, deve ritenersi, che la stessa soluzione valga per le azioni risarcitorie già proposte.
Oertanto mentre il Giudice ordinario rimane investito della giurisdizione risarcitoria per le azioni proposte fino al 30 giugno 1998, il Giudice amministrativo è investito della giurisdizione per le azioni proposte successivamente, a nulla rilevando l’anteriorità del provvedimento come l’eventuale pregresso intervento di decisione di annullamento da parte dello stesso.

7 – Il Collegio ritiene fondata la pretesa risarcitoria, anche, alla luce dei principi di recente enunciati dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza 26 marzo-22 luglio 1999 n. 500.

Ha ritenuto, infatti, la S.C. (in fattispecie del tutto analoga a quella in esame) quanto segue: «…. La nuova lettura dell'art. 2043 c.c. alla quale queste S.U. sono pervenute, impone di fornire alcune precisazioni circa i criteri ai quali deve attenersi il giudice di merito. Qualora sia stata dedotta davanti al giudice…. Una domanda risarcitoria ex ex articolo 2043 c.c. nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio della funzione pubblica, il detto giudice, onde stabilire se la fattispecie concreta sia o meno riconducibile nello schema normativo delineato dall'ex articolo 2043 c.c., dovrà procedere, in ordine successivo, a svolgere le seguenti indagini:
a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso;
b) procederà quindi a stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento, che può essere indifferentemente un interesse tutelato nelle forme del diritto soggettivo (assoluto o relativo), ovvero nelle forme dell'interesse legittimo (quando, cioè, questo risulti funzionale alla protezione di un determinato bene della vita, poiché è la lesione dell'interesse al bene che rileva ai fini in esame), o altro interesse (non elevato ad oggetto di immediata tutela, ma) giuridicamente rilevante (in quanto preso in considerazione dall'ordinamento a fini diversi da quelli risarcitori, e quindi non riconducibile a mero interesse di fatto);
c) dovrà inoltre accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei noti criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta (positiva o omissiva) della P.A.;
d) provvederà, infine, a stabilire se il detto evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A.; la colpa (unitamente al dolo) costituisce infatti componente essenziale della fattispecie della responsabilità aquiliana ex articolo 2043 c.c.; e non sarà invocabile, ai fini dell'accertamento della colpa, il principio secondo il quale la colpa della struttura pubblica sarebbe in re ipsa nel caso di esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo, poiché tale principio, enunciato dalla giurisprudenza di questa S.C. con riferimento all'ipotesi di attività illecita, per lesione di un diritto soggettivo, secondo la tradizionale interpretazione dell'ex articolo 2043 c.c. (sentenze n. 884/61, n. 814/67, n. 16/78, n. 5361/84, n. 3293/94, n. 6542/95), non è conciliabile con la più ampia lettura della suindicata disposizione, svincolata dalla lesione di un diritto soggettivo; l'imputazione non potrà quindi avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità dell'azione amministrativa, ma il giudice ….. dovrà svolgere una più penetrante indagine, non limitata al solo accertamento dell'illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato (in tal senso, v. sentenza n. 5883/91) che sarà configurabile nel caso in cui l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che il giudice ….. può valutare, in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità».

Ciò premesso osserva il Collegio che nella fattispecie sussiste un evento dannoso costituito dalla differenza di valore (a danno del ricorrente) tra il suolo destinato a zona territoriale omogenea «C3», quale sarebbe derivato dalla legittima approvazione del piano di lottizzazione e quello destinato dal sopravvenuto adottato P.R.G. «ad attrezzature per la ricreazione per lo svago ed il tempo libero, lo sport e lo spettacolo», tenendo conto dell'indice di edificabilità e dei vincoli rispettivamente previsti per le zone territoriali omogenee «C3», secondo il precedente piano regolatore, e nelle zone destinate allo svago, al tempo libero, allo sport e lo spettacolo, secondo l’adottato P.R.G.
Osserva, inoltre, il Collegio che l'accertato danno è qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento, quale il diritto di proprietà di cui lo jus aedificandi costituisce facoltà inscindibile (Corte Cost. sentenza, n. 575 del 1989).
Il diritto di proprietà, infatti, nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica generale ed attuativa si atteggia nelle forme dell'interesse legittimo (risultando funzionale alla protezione di un determinato bene della vita ed in considerazione che è la lesione dell'interesse al bene della vita che rileva ai fini in esame) (Cassazione civile, S.U., 2 maggio 1983, n. 3010, Cassazione civile, S.U., 2 maggio 1983, n. 3011, Consiglio Stato, sez. IV, 16 giugno 1986, n. 421).
Nella fattispecie inoltre l'evento dannoso è riferibile ad una condotta, in parte positiva ed in parte omissiva, della P.A.

L’approvazione tempestiva del piano di lottizzazione (che, ai sensi dell’articolo 14 della legge regionale n. 71 del 1978, deve avvenire entro 90 giorni dalla richiesta) avrebbe consentito l’esercizio dello jus aedificandi e la conservazione del valore economico delle aree.
Ciò tanto più assume valenza dal momento che l’approvazione del piano di lottizzazione avrebbe fatto sorgere delle aspettative assistite da una speciale tutela ed uno specifico affidamento, che resiste anche a fronte di successivi atti di pianificazione urbanistica (C.G.A. sez. giurisd., 21 novembre 1997, n. 506).
Il Collegio ritiene, inoltre, che detto evento dannoso è imputabile a colpa della P.A.
A tal proposito il Collegio condivide il principio enunciato nella sentenza delle S.U. n. 500 del 1999, per cui l'imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità dell'azione amministrativa, ma il giudice deve svolgere una più penetrante indagine, non limitata al solo accertamento dell'illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato che è configurabile nel caso in cui l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del danneggiato) è avvenuta, come nella fattispecie, in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi.

A tal proposito osserva il Collegio che nella fattispecie ricorrono i seguenti elementi fattuali che inducono a ritenere sussistente un comportamento colposo:
- l’ingiustizia del danno inflitto al ricorrente appare nel caso provato, atteso che il Comune ha procrastinato per sette anni la decisione sulla richiesta di approvazione - quando secondo la legge regionale n. 71 del 1978, articolo 14, avrebbe dovuto adottarla entro 90 giorni - per poi respingerla, adducendo illegittimi elementi ostativi;
- le norme di attuazione del nuovo P.R.G. prevedono in un'area contigua a quella del ricorrente, una zona denominata "CA", che «riguarda le aree in corso di attuazione con lottizzazione convenzionata nella quale rimangono invariati gli indici e i parametri edilizi che hanno determinato l'approvazione» (articolo 28 Norme di attuazione), con la conseguenza che, mentre si negava l’approvazione della lottizzazione proposta dalla parte ricorrente, perché carente la rete fognante comunale, si approvavano le lottizzazioni nelle zone contigue, in cui, sussisteva la medesima situazione;
- l’atto impugnato di diniego della approvazione è reiterativo di un precedente diniego annullato in sede tutoria senza che siano stati emendati i vizi già rilevati;
- l’istruttoria e gli accertamenti tecnici posti in essere dagli organi tecnici dell’Amministrazione avevano evidenziato la compatibilità urbanistica del piano di lottizzazione e le risultanze non sono state adeguatamente smentite con atto motivato;
- il provvedimento impugnato è viziato da sviamento, e quindi dalla volontà di impedire il legittimo soddisfacimento di un bene della vita con la utilizzazione impropria di poteri pubblici.

8 – Venendo, infine, alla dimostrazione ed alla quantificazione del danno il problema si sposta sul piano probatorio, ovvero sulla necessità di dimostrare, con ascrizione dell'onere in capo al ricorrente secondo un principio squisitamente dispositivo, la sussistenza e la consistenza delle aspettative lese dal provvedimento illegittimo.

Detto danno va quantificato in base ai principi fissati dall'articolo 1223 c.c. - il quale individua le due componenti del danno, come perdita subita e come mancato guadagno - e dall'articolo 1225 c.c. - che prevede l'estensione anche al danno imprevedibile solo qualora sia integrato un comportamento doloso.
Trova, inoltre, applicazione l'articolo 1227 c.c., che sancisce la diminuzione del risarcimento in relazione all'eventuale concorso colposo del danneggiato nel cagionare il danno, secondo la gravità della colpa e l'entità dei danni derivati, ed addirittura preclude il sorgere stesso del diritto al risarcimento relativamente ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
Tra le regole civilistiche che trovano applicazione nella materia de qua va ricordato il principio della compensatio lucri cum damno, alla stregua del quale nella determinazione del danno risarcibile va tenuto conto anche degli effetti vantaggiosi direttamente derivanti dal medesimo fatto consentivo del danno.
L'articolo 35 prevede che il giudice amministrativo “dispone anche del risarcimento del danno” aggiungendo che ciò può avvenire “anche attraverso la reintegrazione in forma specifica”.
Detta disposizione attribuisce al Giudice amministrativo il potere di ordinare all'amministrazione il facere necessario per garantire il soddisfacimento dell'interesse del ricorrente. Pertanto, il risarcimento in forma specifica si pone come primo rimedio cui ricorrere, nei limiti in cui sia possibile e non risulti eccessivamente oneroso, secondo il dettato degli articoli 2058 e 2933 c.c.
In base alle peculiarità del processo amministrativo, la praticabilità della condanna ad un facere, concretantesi anche nell'adozione di atti amministrativi, potrà avvenire soltanto qualora si tratti di attività vincolata (nell'an o nel quid) e non di attività ad alto tasso di discrezionalità (salva la eseguibilità del giudicato con il giudizio di ottemperanza).
Nella fattispecie l’esecuzione in forma specifica è inibita dalla adozione di un piano regolatore che imprime all’area del ricorrente una destinazione incompatibile con una utilizzazione edificatoria; circostanza che impedisce la approvazione di un piano di lottizzazione a seguito dell’annullamento di un precedente diniego. A tal proposito giova ricordare che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, non sussiste una situazione giuridica particolarmente tutelata con onere di specifica motivazione in capo alla P.A. allorquando, come nella fattispecie, sia stato formato ex novo il P.R.G. e il privato non sia titolare di una convenzione di lottizzazione debitamente approvata e perfezionata (Consiglio Stato, sez. IV, 9 agosto 1989, n. 507).
Il Collegio, sulla base dei principi sopra enunciati, in applicazione dell'articolo 35 decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, ritiene che il Comune è tenuto a risarcire i danni subiti dal ricorrente e stabilisce come criterio di quantificazione del danno la corresponsione al ricorrente di una somma di denaro pari alla differenza di valore tra il suolo destinato a zona territoriale omogenea «C3» nel precedente P.R.G. e quello destinato dal sopravvenuto adottato P.R.G. «ad attrezzature per la ricreazione per lo svago ed il tempo libero, lo sport e lo spettacolo», tenendo conto dell'indice di edificabilità e dei vincoli rispettivamente previsti per le zone territoriali omogenee «C3», secondo il precedente piano regolatore, e nelle zone destinate allo svago, al tempo libero, allo sport e lo spettacolo, secondo il nuovo P.R.G.

Purtuttavia l’entità del risarcimento come sopra quantificata dovrà essere ridotta in considerazione di due aspetti che rendono potenzialmente temporanea la riduzione di valore dell’area di proprietà del ricorrente:
- la misura di salvaguardia, che determina la attuale inedificabilità dell’area, perderebbe efficacia in caso di mancata approvazione del P.R.G. da parte della Regione con conseguente potenziale riviviscenza della precedente destinazione urbanistica;
- in caso di approvazione del P.R.G. con la attuale destinazione non edificatoria i vincoli avrebbero un’efficacia decennale, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2, comma 1, legge 19 novembre 1968, n. 1187 e dell’articolo 1, legge regionale siciliana 5 novembre 1973, n. 38, e non sarebbero rinnovabili senza indennizzo, con la attribuzione all’area in questione della destinazione prevista per le c. d. “zone bianche” (Corte cost. sent. 20 maggio 1999, n. 179, Consiglio Stato sez. IV, 20 maggio 1996, n. 651).

La somma come sopra quantificata dovrà a sua volta essere rivalutata secondo gli indici ISTAT e sulla stessa dovranno essere corrisposti gli interessi al tasso legale dal momento della concretizzazione del danno, che va individuato alla data di adozione della delibera del Consiglio comunale di ........ n. 126 del 14 dicembre 1996, di diniego dell'approvazione del piano di lottizzazione.
La quantificazione e la corresponsione di detta somma dovrà avvenire, ai sensi dell’articolo 35, numero 2, decreto legislativo n. 80 del 1998, entro un termine che il Collegio ritiene congruo fissare in giorni 180 dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.

Le spese del giudizio è giusto che seguano la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. int. 1^, definitivamente pronunciando, così dispone:
- accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato;
- in applicazione dell'articolo 35 decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, dichiara l’obbligo del Comune resistente a risarcire i danni subiti dal ricorrente con i criteri di quantificazione e nei termini fissati in parte motiva della presente sentenza;
- condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione in favore della parte ricorrente di spese ed onorari del giudizio che liquida in complessive lire 2.500.000 (duemilionicinquecentomila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella Camera di consiglio del 17 dicembre 1999.

Il Presidente ff. estensore: f.to Vincenzo Salamone
Il Segretario: f.to Musco
Depositata nella segreteria del T.A.R.- Sez. di Catania oggi 18 gennaio 2000