LAVORI PUBBLICI - 178
Consiglio di Stato, sezione V, 27 marzo 2009, n. 1840 (conferma T.A.R. Brescia, n. 1314 del 2007)
L'omissione idi una dichiarazione richiesta dal bando di non è causa di esclusione se le medesime informazioni formalmente omesse sono desumibili da altra documentazione allegata alla richiesta di partecipazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 482/2008, proposto dalla:
- A.t.i. E.D. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. C.F.M. ed elettivamente domiciliata presso ..., appellante;

contro

- l’Azienda ospedaliera Ospedale Treviglio Caravaggio, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio, appellata;

e nei confronti di

- la S. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. G.V. ed elettivamente domiciliata presso ..., appellata;

per l'annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 1314/2007, resa tra le parti e concernente l’appalto di opere civili ed impiantistiche funzionali alla messa a norma antincendio e danni risarcibili.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata S. s.p.a.
Visti gli atti tutti della causa.
Relatore, alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009, il Consigliere 
Aldo SCOLA.
Uditi, per le parti, gli avv.ti C.F.M. e V., per delega di G.V.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La S. s.p.a. partecipava alla procedura selettiva indetta per l’appalto dei lavori di messa a norma antincendio (comprendenti opere strutturali civili ed impiantistiche) presso l’Ospedale di Treviglio, con il sistema di aggiudicazione della gara del massimo ribasso sull’importo dei lavori a corpo, pari ad euro 2.246.712,03 (i.v.a. e spese tecniche escluse).
Dopo aver presentato la propria domanda di ammissione la ricorrente veniva esclusa, in sede di verifica della regolarità delle offerte, in quanto, dall’esame della documentazione amministrativa, risultava mancante “………la dichiarazione che il consorzio, di cui la ditta fa parte, non partecipa alla medesima gara”.

La stazione appaltante aveva applicato l’art. 2, punto 8, del bando (concernente il caso di partecipazione di un singolo operatore economico inserito in un consorzio stabile), recante obbligo di presentazione di una dichiarazione sostitutiva ricognitiva del consorzio partecipato, della non partecipazione di quest’ultimo alla medesima gara e della partecipazione dell’aspirante come concorrente indipendente.
Nel titolo IV – rubricato “Esclusione dalla gara” – si puntualizzava che tutte le clausole del bando di gara “sono da ritenersi assolutamente inderogabili” e che la loro “inosservanza sostanziale” avrebbe dato luogo all’esclusione.
Analogamente, la mancanza anche di una sola delle dichiarazioni o dei documenti richiesti o l’incompletezza sostanziale degli stessi “comporta l’esclusione dalla gara”.

La S. prospettava il suo interesse alla proposizione del gravame, affermando che – ove riammessa alla selezione , con il calcolo della media dei ribassi rinnovato includendo la propria offerta – essa avrebbe conseguito l’aggiudicazione, per cui deduceva:

a) violazione dei principi di imparzialità e di favor partecipationis propri delle gare pubbliche, in quanto l’attento esame della documentazione depositata avrebbe permesso di verificare la completezza delle informazioni richieste;
b) violazione dell’art. 46, d.lgs. n. 163/2006, contemplante la possibilità, per i concorrenti, di completare o fornire chiarimenti in ordine a certificati, documenti e dichiarazioni presentati.

Si costituivano in giudizio l’amministrazione e la società controinteressata, chiedendo il rigetto del ricorso, che veniva invece accolto dal Tribunale adìto, con sentenza prontamente impugnata dall’A.t.i. soccombente, che deduceva l’omessa produzione, da parte della S., della dichiarazione di cui al titolo III, art. 2, n. 8, comma 2, implicante l’esclusione comminata dal titolo IV, commi 1 e 2 (cfr. C.d.S., sez. VI, dec. n. 2337/2003; dec. n. 5409/2000), e chiedeva pure la riforma della subita condanna alle spese del giudizio di primo grado, segnalando di non aver minimamente concorso all’emanazione degli atti ivi annullati.

La S. appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame anche con apposita memoria, in cui ribadiva le proprie argomentazioni difensive (già sviluppate in prima istanza) e difendeva l’operato dei primi giudici, dovuto anche al necessario rispetto della normativa europea vigente nella materia in esame.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di un’istanza cautelare, con ordinanza n. 1320/2008 di questa stessa sezione del Consiglio di Stato, ed il deposito di una memoria riepilogativa da parte della S.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto, dovendosi condividere le motivazioni espresse nell’impugnata sentenza per le ragioni che seguono, dato che la S. aveva giustamente censurato la determinazione con cui l’Azienda ospedaliera l’aveva esclusa dalla gara d’appalto dei lavori di messa a norma antincendio presso l’Ospedale di Treviglio, per la mancata produzione della dichiarazione “…che il consorzio, di cui la ditta fa parte, non partecipa alla medesima gara”.

La stessa aveva lamentato la violazione dei principi di imparzialità e favor partecipationis propri delle gare pubbliche, in quanto l’attento esame della documentazione depositata avrebbe permesso di verificare la completezza delle informazioni richieste:

A - nel modello C la S. aveva dichiarato di concorrere come impresa singola, barrando la relativa casella;
B - l’attestazione S.O.A. racchiudeva l’indicazione che l’impresa partecipava al consorzio stabile “RFM Costruzioni Generali Società Consortile a r.l.”, del quale era pure riportato il codice fiscale;
C - dall’elenco delle offerte pervenute (di cui la p.a. disponeva già prima dell’inizio delle operazioni di verifica della documentazione amministrativa) non risultava alcuna offerta proveniente dal consorzio.

Conformemente ad una consolidata giurisprudenza, le prescrizioni di esclusione devono essere interpretate in funzione dello scopo, perseguito dalla p.a., di conseguire la migliore offerta al corrispettivo per essa più conveniente, tenuto conto del principio di favore per la più ampia partecipazione alla gara e dell'evoluzione dell'ordinamento nel senso della semplificazione procedimentale, oltre che del generale divieto di aggravamento degli oneri burocratici.

Nella specie, la società doveva fornire un’informazione precisa, attestando la mancata partecipazione alla gara del consorzio di cui essa faceva parte: l’interessata aveva dato conto della sua partecipazione alla gara come impresa singola e della sua adesione al consorzio, mentre scorrendo la lista dei concorrenti si sarebbe potuta verificare l’eventuale presenza in gara del consorzio stesso; in proposito risultavano ininfluenti l’ordine di apertura delle buste e la collocazione di quella depositata dalla S., in quanto sul frontespizio di ciascun plico contenente l’offerta doveva essere sempre riportata la denominazione del mittente (bando, punto 1: “Presentazione delle offerte”).

Sarebbe sicuramente illegittima l'esclusione da una procedura concorsuale per carenza, nella domanda di partecipazione, di una dichiarazione richiesta dal bando, nei limiti in cui il contenuto della stessa si possa univocamente desumere da altra dichiarazione resa dal candidato, dato che il precetto del “buon andamento” (art. 97, Cost.) include anche il principio di cooperazione fra amministrazione ed amministrati, con conseguente affievolimento degli oneri meramente formali e riconoscimento della rilevanza delle dichiarazioni implicite desumibili univocamente da altre, con la possibilità per l’ente (in presenza di dubbi od incertezze) di richiedere ulteriori precisazioni senza disporre immediatamente l'esclusione della parte interessata (cfr. C.d.S., sez. VI, dec. 16 aprile 1998, n. 508).

La S. non ha omesso tale dichiarazione, ma al contrario ha reso le necessarie informazioni, compilando altra scheda predisposta dalla p.a. (modello C) ed allegando la certificazione S.O.A., recante l’identificazione del consorzio: dati precisi ed univoci, contenuti nella domanda di partecipazione, che avrebbero dovuto essere valorizzati dall’Azienda ospedaliera, in quanto funzionali al raggiungimento dello scopo, salva la possibilità di chiedere integrazioni all'istante in omaggio al principio di leale collaborazione.

In definitiva, una volta prodotte le prove in sede di gara, la stazione appaltante deve valutarle in concreto, senza arrestarsi alla constatazione del difetto della dichiarazione nelle modalità e forme richieste dal bando.

Quanto al potere-dovere di chiedere un’integrazione documentale (art. 6, legge n. 241/1990), esso trova un solido riscontro pure nell’art. 46, codice degli appalti, e codifica uno strumento inteso a far valere, entro certi limiti, la sostanza sulla forma (o sul formalismo), nell'esibizione della documentazione ai fini della procedura selettiva, onde non sacrificare l’esigenza della più ampia partecipazione per carenze meramente formali nella documentazione (cfr. C.d.S., sez. VI, dec. 14 novembre 2003, n. 7275), fermo restando che detta integrazione può riferirsi esclusivamente alla documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione (per cui non sarebbe possibile rettificare, precisare o comunque modificare gli elementi costitutivi dell'offerta), mentre la possibilità di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta non è un dovere assoluto ed incondizionato, ma incontra i seguenti precisi limiti applicativi (cfr. C.d.S., sez. V, dec. 6 marzo 2006, n. 1068):

1) l'inderogabile necessità del rispetto della par condicio, in quanto l’art. 6, legge n. 241/1990, non può essere invocato per supplire all’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi o all’omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara;
2) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, salvo che gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato;
3) l’ammissibilità nei casi di equivoche clausole del bando relative alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o chiarire.

Nella specie, la dichiarazione e la certificazione della S. assumevano un autentico valore probatorio poiché – se considerate unitariamente – racchiudevano le informazioni necessarie, sebbene in forma diversa dalla dichiarazione unica, ma comunque senza alcun indebito pregiudizio alle imprese più diligenti, dato che l’onere probatorio risultava adempiuto già in sede di deposito dell’offerta.

Né sarebbe occorsa la previa impugnazione del bando, ricollegante l’esclusione alla presenza di dichiarazioni incomplete, in quanto al contrario proprio il bando richiedeva – per l’applicazione della sanzione più grave – l’incompletezza sostanziale dei documenti e l’inosservanza sostanziale delle prescrizioni (cfr. titolo IV): una corretta interpretazione di tale prescrizione avrebbe dovuto indurre la p.a. a valorizzare le chiare informazioni desumibili aliunde.

Neppure poteva temersi che l’omessa dichiarazione avrebbe impedito di conoscere altre imprese consortili eventualmente in gara, non prescrivendo il bando al singolo concorrente di fornire tale ulteriore notizia, ma dovendosi indicare solo il consorzio: nella specie, peraltro, la partecipazione contemporanea alla stessa gara di due imprese appartenenti al citato consorzio, autonomamente qualificate, costituiva evenienza in sé ammessa sia dall'art. 36, comma 5, d.lgs. n. 163/2006 (vietante solo la partecipazione simultanea del "consorzio stabile e dei consorziati") sia in relazione al disposto dell'art. 37, comma 7, d.lgs. cit., ostativo all’ingresso alla selezione da parte delle sole imprese per le quali il consorzio, ammesso al confronto comparativo, avesse segnalato di concorrere, facendo dunque salva la partecipazione delle restanti consorziate (cfr. C.d.S., sez. VI, 23 marzo 2007, n. 1423).

Era poi irrilevante il fatto che altre imprese si trovassero nell’identica posizione della S., spettando alla stazione appaltante la scelta di applicare loro le condivisibili statuizioni dei primi giudici, che correttamente hanno respinto la domanda di risarcimento del danno per equivalente, in quanto dall’annullamento degli atti impugnati sarebbe derivato per la p.a. l’obbligo di rinnovare la procedura selettiva, emendandola dai vizi rilevati: effetto conformativo della sentenza già satisfattivo per la società, in ipotesi vincitrice nel nuovo confronto comparativo, come dalla stessa asserito per comprovare il suo interesse coltivare il ricorso.

L’appello va, dunque, respinto (con immediata pubblicazione del dispositivo, data la materia trattata: art. 23-bis, comma 6, legge 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000 n. 205), con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di seconda istanza seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, respinge l’appello;
condanna l’A.t.i. E.D. s.r.l. a rifondere alla S. s.p.a. spese ed onorari del giudizio di secondo grado, liquidati in complessivi euro quattromila/00, più oneri accessori e spese generali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2009, con l'intervento dei signori magistrati:

Domenico LA MEDICA, Presidente
Cesare LAMBERTI, Consigliere
Aldo SCOLA, Consigliere rel. est.
Gabriele CARLOTTI, Consigliere
Eugenio MELE, Consigliere