LAVORI PUBBLICI - 128
Consiglio di Stato, sezione V, 10 dicembre 2003, n. 8139
L'obbligo di certificazione ai sensi dell'art. 17 della legge n. 68 del 1999 (in materia di avviamento al lavoro dei disabili) sussiste sin dal momento della richiesta di partecipazione alla gara e non può essere rinviato al momento dell'aggiudicazione. Tuttavia dopo l'introduzione dell'arti. 77- bis del d.P.R. n. 445 del 2000 anche tale certificazione può essere surrogata da dichiarazione sostitutiva.

(Si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2004, n. 364 in ordine alla sottoscrizione della relativa dichiarazione)
(Si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 14 maggio 2004, n. 3148 sulle imprese con meno di 15 dipendenti)
(Si veda anche
Consiglio di Stato, sez. V, 12 luglio 2004, n. 5053 per un parziale revirement su tutta la materia)
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2632/2003, proposto dalla C.U. s.a.s. di C.U., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. L.C. ed elettivamente domiciliata in ...

CONTRO

la A.C. s.p.a. (già s.r.l.), in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti M. e N.S. ed elettivamente domiciliata in R...

e nei confronti

del Comune di PERUGIA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. M.C. presso il quale elettivamente domicilia in ,,,

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162;

visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della A.C. s.p.a. e del Comune di Perugia;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 15 aprile 2003, n. 1465;
relatore, alla pubblica udienza del 25 novembre 2003, il Cons. Paolo Buonvino;
uditi, per le parti, l’avv. C., per delega dell’avv. C., per l’appellante, l’avv. G. per delega dell’avv. C., per il Comune di Perugia, e l’avv. N.S. per l’A.C. s.p.a..

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

1) - Con la sentenza appellata il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto dalla A.C. s.r.l. per l’annullamento della determinazione dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della rotatoria stradale via Dottori – via Berlinguer ed è stata, conseguentemente, annullata la determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato alla stessa A.C. s.r.l. ed è stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione; con il ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di gara, il bando - dell’8 febbraio 2002 - e altri atti presupposti, consequenziali e connessi.

È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellante.

2) - La sentenza è qui appellata dall’impresa C., aggiudicataria della gara, che ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale, sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese, oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato, con riguardo a quella parte della sentenza che non ha accolto l’eccezione di tardività del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado.

Si è costituito in appello anche il Comune di Perugia che, nelle proprie difese, insiste per la riforma della sentenza in esame nella parte in cui ha accolto il ricorso principale e per la sua conferma nella parte relativa al rigetto del ricorso incidentale ora detto.

3) - Con ordinanza 15 aprile 2003, n. 1465, la Sezione, rilevato che la procedura controversa appare immune dal vizio accertato dal T.A.R., ha sospeso l’efficacia della sentenza appellata.

Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.

DIRITTO

1) – Con la sentenza appellata il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto dalla A.C. s.r.l. (ora, s.p.a.) per l’annullamento della determinazione dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della rotatoria stradale via Dottori – via Berlinguer ed è stata, conseguentemente, annullata le determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato alla stessa ARCA s.r.l. ed è stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione; con il ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di gara, il bando - dell’8 febbraio 2002 - e altri atti presupposti, consequenziali e connessi.

È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellante.

La sentenza è qui appellata dall’impresa C., aggiudicataria della gara, che ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale, sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese, oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato avverso il mancato accoglimento dell’eccezione di tardività del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado.

L’appello è fondato nel merito, ciò che esime il Collegio dall’esaminare le eccezioni relative all’ammissibilità dell’originario ricorso.

2) - L’avviso di licitazione privata con il quale era indetta la gara d’appalto di cui si tratta prevedeva, tra l’altro, al punto 6 (la grafica è quella utilizzata dall’avviso stesso), che «tutti gli interessati dovranno altresì produrre, a pena di esclusione, una dichiarazione del legale rappresentante attestante che l’impresa non è assoggettabile agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge n. 68/99 (in caso di imprese che occupino non più di 15 dipendenti e da 15 a 35 dipendenti che non abbiano fatto nuove assunzioni dopo il 18 gennaio 2000) ovvero certificazione, in data non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della suddetta legge (per le imprese che occupino più di 35 dipendenti e per quelle che occupino da 15 a 35 dipendenti e abbiano effettuato una nuova assunzione dopo il 18 gennaio 2000); tale certificazione dovrà recare data di rilascio non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, ovvero, qualora tale data sia antecedente (comunque nel limite di sei mesi di validità) dovrà essere accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a cura del legale rappresentante che confermi la persistenza della situazione dalla stessa attestata».

Nella propria richiesta d’invito in data 28 febbraio 2002 la società A.C. precisava, tra l’altro, di essere assoggettata agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge 68/99 e che, a tal fine, allegava certificazione.

Produceva, quindi, una dichiarazione, in pari data, con la quale precisava «che ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui alla legge 68/99, conferma la persistenza della situazione certificata dalla originaria attestazione e si impegna ad esibire, qualora richiesto da codesto Ente appaltante, l’originale del certificato in suo possesso»; tale pregressa certificazione, in data 16 luglio 2001, attestava che la ditta A.C. era in regola con gli adempimenti previsti dall’art. 9, comma 6, della legge n. 68 del 1999, rientrando la stessa nell’ipotesi normativa di cui all’art. 3, comma 1, lettera c), della legge medesima» (norma, questa, secondo cui «i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all'art. 1 nella seguente misura..…: c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti»).

Così facendo, peraltro, la stessa non si atteneva – come, del resto, inoppugnatamente riconosciuto dallo stesso T.A.R. - alla lex specialis della gara che, a pena di esclusione, richiedeva che la certificazione prodotta fosse ricompresa nei sei mesi di validità decorrenti dalla data del rilascio (ciò in conformità, del resto, con l’art. 41 del T.U. 28 dicembre 2000, n. 445, sulla validità semestrale dei certificati).

Il T.A.R. ha ritenuto, invero, che la presentazione di tale certificazione non fosse, effettivamente, conforme al bando di gara, ma che l’impugnazione di questo fosse intervenuta tempestivamente, l’interesse alla rimozione della clausola in questione essendosi consolidato solo a seguito dell’esclusione della ditta ricorrente che, del resto, in un primo tempo, non era stata esclusa e, quindi, godeva di un affidamento circa la conformità della documentazione prodotta.

Lo stesso T.A.R. ha, inoltre, ritenuto che la clausola in questione non fosse imposta dal dettato normativo di cui all’art. 17 della legge n. 68/1999 (norma che, se correttamente interpretata, non imporrebbe necessariamente la presentazione della certificazione ai fini della partecipazione alla gara, bensì ai fini essenziali dell’aggiudicazione); e che il Comune non avrebbe potuto legittimamente disporre lo speciale onere di documentazione di cui si tratta, ponendosi esso in contrasto con i principi generali in materia di documentazione e con quelli che esigono che ogni onere sia sorretto da una ratio idonea a giustificarlo e che non aggravi ingiustificatamente il procedimento; in particolare, i primi giudici hanno ritenuto che se l’autocertificazione era idonea con riguardo a requisiti quali l’insufficienza di precedenti penali, a maggior ragione avrebbe dovuto esserlo in relazione al requisito in parola, salva la successiva doverosa verifica in sede di aggiudicazione.

3) - Ritiene la Sezione, condividendo le censure svolte con l’appello principale, che le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non possano essere condivise.

La disposizione oggetto della presente indagine (art. 17 della legge n. 68/1999) prescrive che «le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione».

Tale norma è stata interpretata, dalla giurisprudenza di questo Consiglio prevalentemente in termini restrittivi (con l’eccezione della decisone n. 2020 del 17 aprile 2002); si ricordano, in particolare, la decisione della Sezione n. 3733 del 6 luglio 2002 e, in senso conforme, quella 24 maggio 2002, n. 2861, nonché la decisione della Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202.

Il Collegio ritiene di doversi conformare a tale ormai prevalente orientamento, secondo cui una corretta esegesi della norma anzidetta esige, prima di procedere alla lettura del dato testuale, la preliminare individuazione della sua ratio e degli interessi da quella protetti al fine di attribuire alla stessa il significato e la portata precettiva maggiormente conformi alla sua finalità.

Va al riguardo osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, di garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un'impresa che osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche, se non prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in maniera significativa, condizionando la stessa possibilità di partecipare alla procedura selettiva, l’osservanza della normativa in parola, l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R., condizionando la sola conclusione del contratto con l’impresa vincitrice della gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili, posto che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della sanzione dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti a rinviare ad un momento successivo la regolarizzazione, sotto il profilo considerato, della propria organizzazione. Tanto osservato circa la ratio dell’art. 17 della legge n. 68/1999, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non, come erroneamente ritenuto dal T.A.R., all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva.

Si rileva, infine, che l’interpretazione appena illustrata risulta significativamente avvalorata e corroborata dal dato letterale della disposizione esaminata. L’univoco testo della norma, infatti, là dove prescrive alle imprese che “partecipino a bandi” di “presentare preventivamente” la dichiarazione e la certificazione ivi descritte, individua chiaramente nella presentazione della domanda di partecipazione la fase procedimentale nella quale va adempiuta quella prescrizione, escludendo, al contempo, la riferibilità dell’avverbio “preventivamente”, per come inteso dal T.A.R., all’aggiudicazione definitiva della gara. Il contestuale utilizzo delle dizioni “partecipazione a bandi per appalti pubblici” e “presentazione preventiva” e l’evidente connessione logica tra le stesse impongono, in definitiva, la lettura della disposizione sopra preferita ed impediscono, di contro, come già osservato, di accedere alla diversa esegesi, in quanto contraria al palese significato letterale delle espressioni usate, che circoscrive l’adempimento in parola alla sola fase finale della procedura e che lo qualifica come mera condizione dell’aggiudicazione definitiva o, addirittura, della stipulazione del contratto. Le convergenti indicazioni ricavate dall’esegesi logica e da quella letterale della disposizione inducono, in definitiva, ad affermare con chiarezza che l’attestazione, nelle forme indicate dalla norma, del rispetto della normativa a pena d’esclusione, contestualmente alla domanda di partecipazione alla gara.

4) - È anche vero che il legislatore è, successivamente, intervenuto in materia con l’articolo 77-bis (L) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), secondo cui «le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall'articolo 78» (articolo aggiunto dall'art. 15 della legge 16 gennaio 2003, n. 3); e che, non essendo la norma di cui si discute contenuta nell’ora detto art. 78, ne consegue che, con l’entrata in vigore della disciplina in parola, deve ritenersi sufficiente la semplice dichiarazione in luogo della certificazione prevista dal ripetuto art. 17.

Si tratta, però, non di norma interpretativa, ma modificativa del previgente assetto normativo («Capo II - Norme di semplificazione, articolo 15: modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445: 1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono apportate le seguenti modificazioni ...»; e, tra queste, quella introduttiva del nuovo art. 77-bis dianzi riportato).

E, non trattandosi di disciplina interpretativa, deve, a maggior ragione, ritenersi che, prima dell’entrata in vigore della novella normativa, dovesse tenersi per ferma l’interpretazione della norma sopra condivisa.

Da quanto sopra consegue che correttamente la società A.C. s.r.l. è stata esclusa dalla gara di cui si tratta per insufficiente produzione documentale.

5) - La società A.C. ripropone anche le prime due censure svolte in primo grado, assorbite dal T.A.R.

Le stesse sono infondate.

5.1) - Con la prima, si deduce che i provvedimenti di avvio dei procedimenti di esclusione della esponente e, in particolare, quello di esclusione dalla gara della stessa, sarebbero stati dichiaratamente adottati in sede e nell’esercizio del potere di verifica dei conteggi presentati dall’aggiudicataria, secondo quanto dispone l’art. 90, comma 7, del d.P.R. n. 554/1999 e, dunque, dopo l’aggiudicazione definitiva e prima del contratto; in una fase, quindi, si assume, extraconcorsuale, in quanto con l’aggiudicazione definitiva la gara si sarebbe conclusa.

Con la conseguenza che non sarebbero stati possibili un procedimento ed un provvedimento di esclusione dalla gara, ormai conclusa, né sarebbe stato necessario rispettare l’obbligo della par condicio; e con l’ulteriore conseguenza che il provvedimento di esclusione avrebbe dovuto essere congruamente motivato sotto il profilo del pubblico interesse ed, anzi, la P.A. ben avrebbe potuto e dovuto richiedere documentazione integrativa volta a regolarizzare quella già prodotta.

La censura non può essere condivisa, dal momento che la determinazione impugnata è stata assunta in un momento in cui l’aggiudicazione non era ancora definitiva, come emerge dallo stesso verbale di gara e dal fatto che l’Amministrazione ha dato sollecitamente corso a procedure di verifica dell’offerta dell’aggiudicataria, avviando più procedimenti a tal fine, conclusisi con l’esclusione della società A.C. dalla gara e l’aggiudicazione all’odierna appellante.

5.2) - Né miglior sorte può avere il secondo motivo di ricorso, con cui la società A.C. deduce che il difetto della certificazione di cui si è detto avrebbe potuto e dovuto essere superato, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 109/1994, mediante la semplice integrazione documentale da tale disposizione prevista.

E, invero, la documentazione prodotta dall’impresa era oggettivamente carente e non avrebbe potuto esserne richiesta l’integrazione se non violando i principi della par condicio tra i concorrenti.

6) – Per completezza può, infine, osservarsi che, con memoria conclusionale, peraltro, non notificata, la società appellata insta per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno; a parte ogni questione sulla sua ammissibilità (non essendosi il T.A.R. pronunciato in punto di danno) l’infondatezza dell’originario ricorso e la fondatezza dell’appello rendono improcedibile tale domanda.

7) - Per tali assorbenti motivi - che esimono il Collegio dall’esaminare le ulteriori censure svolte dall’appellante anche per contestare la pronuncia dei primi giudici relativa al ricorso incidentale da essa svolto in primo grado, nonché le relative controdeduzioni ed eccezioni svolte dalla società qui appellata – l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Le spese dei due gradi di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 25 novembre 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:

EMIDIO FRASCIONE - Presidente
RAFFAELE CARBONI - Consigliere
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
GOFFREDO ZACCARDI - Consigliere

LAVORI PUBBLICI - 128-bis
Consiglio di Stato, sezione V, 4 febbraio 2004, n. 364
E' legittima l'esclusione dalla gara l'impresa che non ha sottoscritto la dichiarazione sostitutiva di cui all'art. 17 della legge n. 68/1999, pur in presenza di timbro e fotocopia del documento di identità; tale inadempimento non è sanabile a mezzo di integrazione documentale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 7181/2002 proposto da A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti N.A. e A.M. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in ...

contro

R.M.T. s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. M.C.I., ed elettivamente domiciliata presso la stessa, in ...

e nei confronti di

Comune di Verona. n.c.

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, Sezione Prima, n. 3834/2002 del 25.7.2002.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2003, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avv.ti A. e S. per delega dell’avv. I.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La sentenza appellata, pronunciata in forma abbreviata, in accoglimento del ricorso proposto dalla R.M.T. s.r.l., ha annullato la determinazione 21 giugno 2002, n. 136/24, del competente dirigente del comune di Verona, concernente l’aggiudicazione alla A. del servizio di trasporto dei recipienti contenenti i pasti delle mense comunali scolastiche.
La società A. contesta la decisione di primo grado e chiede il rigetto dell’originario ricorso.
La società R.M.T. resiste all’appello.
Il comune di Verona, pur ritualmente intimato, non si è costituito in questo grado di giudizio.

DIRITTO

Con i provvedimenti impugnati in primo grado, il comune di Verona ha affidato alla società A. l’appalto relativo al trasporto dei recipienti contenenti i pasti delle mense comunali alle scuole prive di attrezzature di cottura per il periodo 1 luglio 2002 – 30 giugno 2005.

La sentenza impugnata, accogliendo il ricorso proposto dalla R.M.T. s.r.l., ha annullato gli atti di gara, rilevando che la dichiarazione sostitutiva presentata dalla A., attestante che l’impresa concorrente non era soggetta agli obblighi di assunzione dei disabili, di cui alla legge n. 68/1999, era priva della sottoscrizione e che tale omissione non poteva essere sanata da una successiva dichiarazione orale svolta dal rappresentante legale dell’impresa nel corso della procedura.

Secondo la pronuncia impugnata, “la sottoscrizione, costituita dalla firma del dichiarante, cioè dal nome e cognome scritti di suo pugno, rappresenta l’espressione grafica della paternità ed impegnatività della dichiarazione che la precede, in difetto della quale – a prescindere da impossibilità fisica, qui irrilevanti – l’atto è privo di un elemento essenziale perché possa venire ad esistenza in relazione alla funzione cui è destinato.

Nella fattispecie, pertanto, si deve concludere che l’offerta era priva della dichiarazione in questione, difetto che non poteva essere sanato in corso di gara.
È bensì vero, infatti, in termini generali, che l’Amministrazione può invitare i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, ma tale facoltà, affinché non sia turbata la
par condicio dei concorrenti e non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata – non può giungere al punto di consentire al concorrente di introdurre per la prima volta, oltre il termine perentorio, un documento essenziale richiesto dalla lex specialis di gara, ciò che l’amministrazione ha inteso fare, nel caso, a favore di A., stante l’inesistenza della dichiarazione da quella presentata; non senza aggiungere che, quando pure una regolarizzazione fosse stata possibile, questa non si è certamente realizzata con una semplice affermazione orale, non equipollente alla dichiarazione sottoscritta richiesta dal bando di gara e regolata dal d.P.R. n. 445/2000”.
Secondo l’appellante, la pronuncia è ispirata a un rigore formale che non potrebbe in alcun modo essere condiviso.

In particolare, l’appellante sostiene che la paternità della dichiarazione era indiscutibilmente dimostrata da due circostanze:

- il timbro della società concorrente con la menzione della sede;
- la fotocopia del documento di identità del legale rappresentante.

La tesi non è condivisibile. Gli elementi indicati, infatti, offrono meri indizi sulla presumibile volontà dell’impresa di partecipare alla procedura di gara, ma non valgono affatto come succedanei della sottoscrizione, assolutamente indispensabile per la validità della dichiarazione.
Nel caso in esame, poi, non potrebbe essere richiamata la giurisprudenza concernente la diversa fattispecie della mancata autenticazione della firma del soggetto cui è imputata una determinata dichiarazione.

Né si può dire che la sanzione dell’esclusione risulti sproporzionata rispetto all’entità dell’omissione o possa implicare una concezione eccessivamente formalistica delle gare di appalto. Al contrario, la necessità della sottoscrizione si collega, razionalmente, alla necessità di individuare con certezza il collegamento tra l’offerta, l’impresa e i documenti allegati.
Sotto un secondo profilo, l’appellante ritiene che il difetto di sottoscrizione risulta definitivamente sanato dalla circostanza che l’amministrazione aveva invitato l’amministratore delegato della società a confermare il contenuto della dichiarazione.

La tesi prospettata dall’appellante non è condivisibile.

Il principio della sanabilità delle irregolarità formali, di derivazione comunitaria e rilevante anche nell’ordinamento interno, consente di attenuare il rilievo di prescrizioni formali che non incidono sull’assetto sostanziale degli interessi coinvolti nella procedura di gara, né alterano le regole riguardanti la par condicio tra i concorrenti.
Ora, la indiscutibile flessibilità del principio richiamato, volto a considerare attentamente tutte le particolarità di ciascun caso concreto, non impedisce di individuare alcuni limiti generali alla regola della sanatoria.

Anzitutto, essa non opera quando difettano requisiti essenziali dei documenti prodotti dalle parti. In questo senso, la mancanza della sottoscrizione riguarda proprio un elemento fondamentale dell’atto, che incide sulla individuazione stessa della dichiarazione come documento effettivamente imputabile al soggetto indicato come dichiarante.
In tal senso, si è opportunamente chiarito che l'amministrazione, nell'ipotesi di documentazione incompleta od erronea può, nell'ambito della propria discrezionalità, invitare l'interessato a provvedere alla sua regolarizzazione, nei limiti in cui l'integrazione non sia riferita agli elementi essenziali della domanda, rispetto ai quali devono essere rispettati i principi della "par condicio" e l'osservanza dei tempi procedimentali (Consiglio Stato, sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6684).

Solo la sottoscrizione della dichiarazione costituisce la fonte delle responsabilità, anche di ordine penale, derivanti dalla falsità dell’atto. La giurisprudenza ha costantemente affermato che se il modello di autocertificazione non è sottoscritto, non ha nessun significato, non solo giuridico, ma neanche logico, perché viene meno la stessa riconoscibilità esteriore come forma di autocertificazione, per cui si configura l’ipotesi di omessa presentazione di un atto prescritto (Cons. Stato 12 giugno 1997, n. 621).

In secondo luogo, la regola della sanabilità riguarda prescrizioni secondarie della procedura di gara e non può estendersi a profili di identificazione dei documenti prodotti dalle parti.
Si è affermato, in questa esatta prospettiva, che la possibilità di regolarizzazione concerne solo il completamento o la chiarificazione di documenti o dichiarazioni già versati in atti.
In terzo luogo, la regolarizzazione trova ingresso essenzialmente quando si tratta di porre rimedio a incertezze o equivoci generati dalla ambiguità delle clausole del bando e della lettera di invito o comunque presenti nella normativa applicabile alla concreta fattispecie.

In questo senso si pone la giurisprudenza più recente: ai sensi dell'art. 16 d.lgs. n. 157 del 1995, ai fini dell'esercizio del potere dell'amministrazione di invito dei concorrenti alla regolarizzazione della documentazione dei requisiti d partecipazione ad una gara, è condizione necessaria l'equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o da chiarire, in considerazione del rispetto del principio della "par condicio"; pertanto, in presenza di una prescrizione chiara e dell'inosservanza di questa da parte di un'impresa concorrente, l'invito alla regolarizzazione costituisce violazione del predetto principio (Consiglio Stato, sez. V, 4 luglio 2002, n. 3685).

Con un ultimo mezzo, l’appellante sostiene che la dichiarazione da alla documentazione prescritta nella lettera di invito non era necessaria a pena di esclusione.
A dire dell’appellante, la dichiarazione richiesta, debitamente sottoscritta, era già stata acquisita sulla base della prescrizione formulata nel bando di gara.
Anche tale censura è infondata.

La lettera di invito prevedeva in modo chiaro che la dichiarazione recante l’autocertificazione relativa all’assoggettamento agli obblighi della legge n. 68/1999 doveva essere prodotta “dalle singole ditte anche se facenti parte di un’associazione temporanea d’impresa o di consorzio, pena l’esclusione di tutto il raggruppamento e quindi anche dei componenti eventualmente in possesso dei prescritti requisiti che partecipano al raggruppamento stesso.
Non è dubitabile che la disposizione impone un nuovo obbligo alle imprese che intendono partecipare alla gara, non surrogabile dalle dichiarazioni rese nella precedente fase. Inoltre, come correttamente rilevato dal T.A.R., la disposizione riguarda anche le imprese singole ed è certamente prescritta a pena di esclusione. Non vi è alcuna plausibile ragione di ritenere che essa costituisca una mera clausola di stile, come affermato dall’appellante.
Del resto, le due dichiarazioni richieste, rispettivamente, nella fase di prequalificazione e in quella di gara non hanno oggetti perfettamente coincidenti, ma riguardano situazioni diverse: un conto è la generica dichiarazione di regolarità ai sensi della
legge n. 68/1999, essenzialmente rivolta al passato; un altro conto è invece la dichiarazione resa nella fase di gara, riguardante l’attuale non assoggettabilità dell’impresa concorrente all’obbligo di assunzione dei disabili.
Senza dire, poi, che l’intervallo temporale intercorso fra la fase di prequalificazione e quella più propriamente selettiva ben giustifica la richiesta di una nuova (ma più specifica) dichiarazione della situazione riguardante gli obblighi previsti dalla legge n. 68/1999.
In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello, compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 novembre 2003, con l'intervento dei signori:

Agostino Elefante, Presidente
Giuseppe Farina, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere Estensore
Marzio Branca, Consigliere

LAVORI PUBBLICI - 128-ter
Consiglio di Stato, sezione V, 14 maggio 2004, n. 3148
E' legittima l'esclusione dalla gara l'impresa che, ancorché avente meno di 15 dipendenti, non ha presentato la dichiarazione prescritta dall'art. 17 della legge n. 68/1999.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 4329/2003 del 16/05/2003, proposto dal
COMUNE DI ACERRA in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. G.M., con domicilio eletto in ...

contro

- S. s.r.l., in persona del legale rappresentate in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. M.Z., con domicilio eletto in ...
- E. s.a.s., non costituitasi;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione I, n. 2780/2003, resa tra le parti, concernente servizio di concessione delle lampade per il cimitero comunale;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di S. s.r.l.
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004, relatore il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani ed uditi, altresì, gli avvocati M. e Z.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1.1. Con sentenza n. 2780 del 21 marzo 2003, la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha accolto il ricorso - per l’annullamento dell’aggiudicazione alla E. s.a.s. del servizio di concessione delle lampade votive presso il cimitero comunale di Acerra, e con essa, ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, consequenziale e/o connesso, con particolare riferimento al verbale dell’11.11.2002 ed agli atti di verifica della congruità dell’offerta della predetta aggiudicataria – proposto dalla S. s.r.l., ultima classificatasi nella gara in questione, sulla base del primo motivo di impugnazione, con il quale la ricorrente (unica ad avere inserito nel plico relativo alla documentazione, anche la dichiarazione contemplata dall’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68 a tutela dei disabili e la corrispondente certificazione) contestava l’ammissione alla procedura di tutte le altre imprese (fra cui l’aggiudicataria) che, al contrario, non avevano prodotto né la dichiarazione di cui sopra né la certificazione prescritte dall’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Il giudice di primo grado:

- ha ritenuto ininfluente la mancata previsione, nel bando di gara e nella lettera di invito, della prescrizione anzidetta e la circostanza ulteriore della successiva produzione effettuata dall’aggiudicataria; l’inderogabilità della norma anche nella ipotesi di imprese non soggette alla disciplina dettata in tema di tutela del diritto al lavoro dei disabili (tenute, in tal caso a presentare, con la domanda, la documentazione negativa);

- ha annullato gli atti impugnati, facendo tuttavia salvo il potere di autotutela dell’Amministrazione sulla considerazione del carattere pressoché generale della rilevata causa di esclusione, riguardante tutte le imprese partecipanti, con la sola esclusione della ricorrente, peraltro classificatasi ultima.

1.2. La sentenza è appellata dal Comune di Acerra, il quale ne deduce l’erroneità, sulla base di tre motivi intesi a confutare punto per punto il procedimento logico-giuridico sulla cui base il giudice di primo grado è pervenuto alle proprie conclusioni:

- il bando, in quanto lex specialis, conterrebbe le sole norme cogenti applicabili al caso di specie, né potrebbe ritenersi automaticamente integrato dalla prescrizione della legge n. 68/99, dal momento che l’art. 1339 cod. civ. non troverebbe applicazione alle pubbliche gare, e in ogni caso, il mancato inserimento della prescrizione fra le clausole del bando avrebbe comportato una illegittimità del bando medesimo che (non impugnato) non avrebbe potuto essere disapplicato;

- in ogni caso, dichiarazione e certificazione in parola dovrebbero considerarsi come necessarie nella fase di stipula del contratto e non anche come presupposto per l’ammissione alla gara, e, per il suddetto profilo, dovrebbe considerarsi sufficiente che l’aggiudicataria abbia assolto il relativo obbligo, dando prova di essere in regola con gli obblighi di cui al citato art. 17 legge n. 68 del 1999, successivamente alla aggiudicazione;

- infine, il giudice di primo grado non avrebbe tenuto nella debita considerazione la non soggezione agli obblighi derivanti dal più vote citato art. 17 legge n. 68, delle imprese, che, come l’aggiudicataria occupano non più di quattordici dipendenti.

Su tali basi, la sentenza appellata andrebbe riformata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.

1.3. Si è costituita l’originaria ricorrente che resiste all’appello, con ampia argomentazione, riproponendo, in ogni caso, in questa sede, gli ulteriori motivi, dedotti in primo grado, ed intesi a contestare, altresì, l’ammissione alla gara delle generalità dei controinteressati, (ivi compresa l’aggiudicataria), per non avere gli stessi prodotto, con la domanda, i certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale, in originale, e l’omessa valutazione delle anomalie delle offerte.
Successivamente, depositate le parti ulteriori scritti difensivi, la causa, chiamata alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004, è stata trattenuta in decisione.

2. L’appello è infondato.

La questione controversa si incentra, innanzitutto, sulla interpretazione ed applicazione dell’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, che testualmente dispone nel senso che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena l'esclusione”.

Salvo quanto disposto, in tema di certificazione, dagli articoli 5, D.M. 7 luglio 2000, e 77-bis, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (e successivamente chiarito dalla circolare 28 marzo 2003, n. 10/2003 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), la norma in parola ha un chiaro contenuto di ordine pubblico, e la sua applicazione non viene fatta dipendere dall’inserimento o meno dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di concorso delle singole gare, cosicché il bando, che non contenga alcun riferimento agli obblighi derivanti dalla norma legislativa anzidetta, deve intendersi dalla stessa comunque integrato, ponendosi tutt’al più un problema di illegittimità della clausola del bando che espressamente disponga in difformità.
In tal senso deve ritenersi coerente il richiamo contenuto in sentenza all’art. 1339 cod. civ. e fuor di luogo gli argomenti oppositivi sollevati al riguardo, in appello, dal Comune, con il primo motivo di impugnazione.
L’orientamento prevalente ed ora consolidato, della Sezione, è nel senso che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere dichiarato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e che le imprese concorrenti non tenute all'osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall'essere esonerate dal comunicare all'Amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina in parola, sono comunque tenute a trasmettere, anch’esse al momento della presentazione della domanda, la dichiarazione che attesti l'inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata (per tutte, Sez. V, n. 3733 del 6 luglio 2002).

Da tale orientamento la Sezione non ha ora ragione di discostarsi, dovendosene condividere la logica esegetica, e non avendo, l’attuale appellante, aggiunto, nelle proprie difese, argomenti che non abbiano costituito oggetto di approfondito esame giurisprudenziale.
Scopo della disposizione in esame non è solo quello di garantire all’amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che osserva la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche quello di assicurare e di perseguire il rispetto di quest’ultima; finalità che si raggiungono, in forza di quanto disposto dall’art. 17 della legge n. 68/1999, imponendo comunque di dichiarare "di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili", anche se l’impresa non rientra nei casi previsti dall’art. 3 della legge n. 68/1999.

Sul punto é stato osservato, anche da altra Sezione giurisdizionale di questo Consesso (per tutte, Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202), che, diversamente opinando, si dovrebbe richiedere all’amministrazione di andare a verificare, in mancanza della dichiarazione, se l’impresa occupi un numero di lavoratori tali da esentarla dall’assunzione dei disabili; il che, non solo non è conforme alla lettera dell’art. 17 della legge n. 68/1999, ma è anche contrario a principi di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa (artt. 97, comma 1, della Cost. e 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241).

Non si rinvengono principi contrari a quanto sopra specificato, nella decisione 23 novembre 2002, n. 6440 della Sezione IV giurisdizionale, sostanzialmente conforme all’orientamento segnalato, sia pure con le particolarità richieste dalla fattispecie decisa.
La citazione, nella decisione da ultimo citata, dell’orientamento secondo cui l’art. 17 legge 12 marzo 1999, n. 68 va interpretato nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara d’appalto di opere pubbliche, è sufficiente che venga resa (a pena di esclusione) la dichiarazione attestante che l’impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e che solo nell' ipotesi di aggiudicazione provvisoria, l'impresa aggiudicataria deve essere invitata a certificare, sempre a pena di esclusione, l’ottemperanza alle norme medesime tramite i competenti uffici (Sez. V, n. 2020/02 del 17 aprile 2002), non introduce, nel presente giudizio, elementi di conflitto sui quali, la Sezione sia tenuta, in questa sede, a rimeditare il proprio orientamento.

Ci si trova in presenza di un caso, infatti, in cui non soltanto non è stata presentata, a tempo debito, la certificazione dell’Ufficio (ora surrogabile da autocertificazione, a norma del citato art. 77-bis, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e non più richiesta alle imprese con non più di 14 dipendenti), ma neppure la dichiarazione del legale rappresentante.

Tanto è di per sé sufficiente a fare condividere le valutazioni di invalidità espresse dal giudice di primo grado ed il percorso motivazionale da cui è sorretta la sentenza appellata.

L’appello, pertanto deve essere respinto, non dovendosi dare corso all’esame delle censure assorbite ed in questa sede riproposte dall’originario ricorrente.
Le spese del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;
Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 3 febbraio 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Raffaele IANNOTTA, PRESIDENTE
Giuseppe FARINA, CONSIGLIERE
CorradoALLEGRETTA, CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI, CONSIGLIERE
Claudio MARCHITIELLO, CONSIGLIERE

LAVORI PUBBLICI - 128-quater
Consiglio di Stato, sezione V, 12 luglio 2004, n. 5053
E' legittima l'esclusione dalla gara l'impresa che, ancorché avente meno di 15 dipendenti, non ha presentato la certificazione prescritta dall'art. 17 della legge n. 68/1999 che non discrimina l'obbligo in base al numero dei dipendenti. La predetta certificazione non può essere surrogata da altra documentazione e si dubita possa essere oggetto di autocertificazione.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
(Quinta Sezione)


ha pronunciato la seguente decisione sui ricorsi in appello:
 

- n. 6391/2001 proposto dal Comune di Castel Mella, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti G.R. e M.B. ed elettivamente domiciliato presso il primo in ...

contro


R., in persona del legale rappresentante p.t. Sig.ra A.M., nella qualità di capogruppo mandataria con rappresentanza dell’Associazione Temporanea di Imprese costituita tra la stessa e la P.C., rappresentata e difesa dagli Avv.ti F.S. e G.P., con i quali è elettivamente domiciliata in ...


e nei confronti


della B.C. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituito,

- n. 6588/2001, proposto dalla B.C. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti A.P. e O.E., ed elettivamente domiciliata con il primo in ...

contro

R., in persona del legale rappresentante p.t. Sig.ra A.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti F.S. e G.P., con i quali è elettivamente domiciliata in ...
P.C., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita,


e nei confronti


del Comune di Castel Mella, in persona del Sindaco p.t., non costituito,


per la riforma della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sede di Brescia, I Sezione, del 30.6.2001, n. 557;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 3.2.2004, il Consigliere Claudio Marchitiello;
Uditi i difensori delle parti gli avv.ti R. e P. come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


La R. e la P.C., parti di un’A.T.I. in via di costituzione, escluse dalla gara indetta dal Comune di Castel Mella per l’aggiudicazione dei lavori di costruzione del Nuovo Polo Scolastico prima fase, scuola elementare e mensa, impugnavano (ricorso di primo grado n. 758/2000) i verbali di gara del 1 e del 14.6.2000 e il bando di gara nel punto (Capo 2, lett. D), n. 5) in cui chiedeva una certificazione della Direzione Provinciale del Lavoro di ottemperanza alla legge 19.3.1999, n. 68.
Con motivi aggiunti, la R. e la P.C. impugnavano il verbale del 27.6.2000, concernente l’esame della documentazione richiesta all’aggiudicataria provvisoria ai sensi dell’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del 1994, e il provvedimento dirigenziale del 18.8.2000, n. 129, di approvazione degli atti della gara.
Il Comune di Castel Mella e l’aggiudicataria B.C. s.r.l., si costituivano in giudizio, opponendosi all’accoglimento del ricorso.


Il T.A.R. della Lombardia, Sede di Brescia, I Sezione, con la sentenza del 30.6.2001, n. 557, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati.
Il Comune di Castel Mella (appello n.6391/2001) e la B.C. s.r.l. (appello n. 6588/2001) appellano la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.
La R., costituitasi nei due appelli quale mandataria dell’A.T.I. con la P.C., resiste alle impugnative, chiedendo la conferma della sentenza appellata.
All’udienza del 3.2.2004, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.


DIRITTO


1. La 1.a Sezione della sede di Brescia del T.A.R. della Lombardia, con la sentenza del 30.6.2001, n. 557, ha accolto il ricorso proposto dalla R. e dalla P.C., imprese all’epoca in via di costituirsi in A.T.I., che avevano impugnato il bando di gara, i verbali della commissione giudicatrice del 1° e del 14.6.2000, e l’aggiudicazione alla B.C. s.r.l., della gara indetta dal Comune di Castel Mella per la costruzione del Nuovo Polo Scolastico, prima fase, scuola elementare e mensa.


Il Comune di Castel Mella e la B.C. s.r.l., con separati appelli, impugnano la sentenza.
I due appelli, in quanto diretti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti e definiti con un’unica decisione.


2. – L’appello della impresa B.C. s.r.l. è fondato nel merito.
La Sezione, pertanto, non si sofferma ad esaminare l’eccezione d’inamissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla Società appellante.


Le imprese appellate sono state escluse dalla gara per non avere presentato la certificazione dell’Ufficio del Lavoro e della Massima Occupazione attestante che esse erano in regola con le prescrizioni contenute nella legge 12.3.1999, n. 68, concernenti “norme per il diritto al lavoro dei disabili”.
Il bando di gara, al Capo 2, lett. c), punto 2.g, imponeva ai concorrenti di dichiarare “di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, ai sensi dell’art. 17 della legge 12.3.1999, n. 68, con riserva di presentazione, in sede di offerta e a pena di esclusione, di apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti (Direzione provinciale del lavoro) da cui risulti l’ottemperanza alle norme della legge stessa”.
La lettera d’invito, a sua volta, al Capo 2, lett. D), punto 5, ribadiva pedissequamente tale obbligo, confermando che la certificazione richiesta dal Capo 2, lett. c), del bando di gara doveva essere presentata dai concorrenti “a pena di esclusione”.
Con tali disposizioni, il bando e lettera d’invito si adeguavano all’art. 17 della legge n. 68 del 1999, per il quale: “Le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena l'esclusione”.


La Sezione, al contrario di quanto affermato dal giudice di primo grado, ritiene legittimi i provvedimenti di esclusione dalla gara delle imprese appellate.


Si esaminano separatamente le posizioni delle due Società, in quanto sono diverse le ragioni di esclusione dalla gara per ciascuna di esse, così come sono diverse le motivazioni in base alle quali il T.A.R. e le Società appellate affermano la illegittimità dei provvedimenti di esclusione impugnati in primo grado.
La R. aveva presentato una dichiarazione del legale rappresentante, nella quale faceva presente di avere meno di quindici dipendenti e di non essere soggetta quindi agli obblighi imposti dalla citata legge n. 68 del 1999 che riguarda solo le imprese con un numero di dipendenti superiore ai quindici.
La R. non presentava, pertanto, la certificazione della Direzione provinciale del lavoro richiesta dal bando e dall’avviso di gara.
Il T.A.R., con argomentazioni alle quali si adeguano le deduzioni formulate in appello dalla Società appellata ha ritenuto illegittima l’esclusione, affermando, in sostanza, che la R., avendo meno di quindici dipendenti e non essendo di conseguenza destinataria degli obblighi di assunzione di soggetti inabili, poteva ritenersi esonerata dalla presentazione della certificazione prevista dal bando e dall’avviso di gara.


La Sezione non è di questo avviso.


Ed invero, il citato art. 17 della legge n. 68 del 1999, contrariamente a quanto prospettato con la tesi in esame, ha come destinatarie tutte le imprese che “partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni” e non solo quelle che, per esservi obbligate in base al numero di dipendenti ad assumere soggetti disabili, devono dimostrare di avere nell’organico dell’impresa soggetti disabili in proporzione a tale numero secondo quanto stabilito dall’art. 3 della legge.
L’onere di presentare, nei rapporti con l’amministrazione pubblica, “apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena l'esclusione” risponde all’esigenza - sanzionata con la esclusione della impresa dai predetti rapporti - che gli organi competenti dell’amministrazione dello Stato, addetti al controllo dell’ottemperanza da parte delle imprese alla normativa speciale diretta alla promozione dell'inserimento e alla integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro, attestino la regolarità della posizione della impresa concorrente alla gara nei confronti di tali obblighi.


Tale attestazione, quindi, è necessaria sia per le imprese tenute a inserire nel personale dipendente soggetti inabili, nel qual caso il certificato attesterà anche se l’impresa ha nel proprio organico il numero di disabili richiesto dall’art. 3, sia per le imprese che avendo meno di quindici impiegati, non rientrano tra quelle tenute ad assumere soggetti inabili.
In tale secondo caso, la certificazione attesterà la regolarità della posizione dell’impresa nei confronti degli obblighi previsti dalla legge sull’avviamento al lavoro dei soggetti disabili, in quanto non tenuta all’assunzione di detti soggetti, trattandosi di impresa con meno di quindici impiegati.


In conclusione, gli obblighi di cui all’art. 3 gravano sulle imprese che, per numero di dipendenti, devono avere nel proprio organico anche dei soggetti disabili.


L’onere disciplinato dall’art. 17, invece, grava su tutte le imprese che entrano in rapporto con l’amministrazione pubblica, essendo condizionata l’instaurazione di tale rapporto alla dimostrazione che l’impresa è in regola con la normativa sull’avviamento al lavoro dei disabili.
Per dimostrare la regolarità della posizione della impresa nei confronti degli obblighi di cui trattasi, inoltre, contrariamente a quanto si sostiene dalla Società appellata, non è sufficiente una dichiarazione sostitutiva del rappresentante legale dell’impresa.


Se il legislatore avesse ritenuto sufficiente la sola dichiarazione del rappresentante legale, non avrebbe richiesto anche il certificato della Direzione provinciale del Lavoro (oggi dell’U.P.L.M.O.), ben potendosi autocertificare anche il numero dei disabili occupati dall’impresa e la proporzionalità del numero dei disabili occupati rispetto al numero complessivo dei dipendenti.
L’art. 17 chiede sia la dichiarazione del rappresentante legale dell’impresa sia il certificato della Direzione provinciale del lavoro.
Del resto, nel caso di impresa soggetta all’obbligo di assumere soggetti inabili, non sarebbe stato necessario, se l’art. 17 non avesse voluto porre l’onere di produrre entrambe le dichiarazioni, richiedere, oltre al certificato dell’U.P.L.M.O., che dà conto della esistenza di un numero dipendenti disabili rispetto al numero complessivo di dipendenti per le imprese tenute ad assumere soggetti disabili, anche la dichiarazione del rappresentante legale di essere in regola con gli obblighi stabiliti dalla stessa legge, risultando sufficiente ed assorbente il primo certificato ad attestare la regolare posizione dell’impresa di fronte agli obblighi derivanti dalla legge n. 68 del 1999.


Va infine rilevato, a confutazione di altro rilievo opposto dalla Società appellata, che la normativa in materia di certificazioni sostitutive non contempla la facoltà di autocertificare la regolarità della posizione dell’impresa nei confronti degli obblighi previsti dalla legge n. 68 del 1999.
L’art. 77 bis del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, introdotto dall’15, lett. b), della legge 16.1.2003, n. 3, che ammette la facoltà di autocertificare anche i requisiti di partecipazione alle gare pubbliche è entrato in vigore successivamente alla conclusione della gara di cui trattasi.
Anche le ulteriori contrarie controdeduzioni opposte dalla Società appellata non hanno fondamento.
Non è in linea con l’interpretazione data dalla Sezione la circolare del Ministero del Lavoro n. 41 del 26.6.2000, richiamata dalla Società appellata a sostegno delle proprie tesi difensive, atteso che, data la ratio che ne costituisce il fondamento, l’art. 17 non esonera alcuna impresa e non vi è, come si è già rilevato, al momento dei fatti una disposizione che ammette la possibilità di sostituire la certificazione richiesta da detto art. 17 con una dichiarazione sostitutiva.
La R., pertanto, pur non essendo obbligata ad assumere alcun disabile, era tenuta a presentare il certificato dell’U.P.L.M.O. competente che attestava il suo esonero dagli obblighi stabiliti dalla legge n. 68 del 1999.
La esclusione della R. dalla gara di cui trattasi comportava ovviamente la esclusione dell’intera A.T.I. in via di costituzione, dovendo essere posseduti da tutte le imprese dell’associazione i requisiti di partecipazione richiesti per le imprese singole.


Ma anche l’altra impresa della costituenda A.T.I. è stata correttamente esclusa dalla gara per non avere presentato la certificazione di cui all’art. 17 della legge n. 68 del 1999, richiesta dal bando di gara e dalla lettera d’invito a pena di esclusione.
L’impresa P.C., soggetta all’obbligo di assumere un soggetto disabile, in relazione al numero dei propri impiegati, superiore a quindici, ha presentato in luogo del certificato richiesto dal bando e dalla lettera d’invito l’autorizzazione all’assunzione di un soggetto disabile rilasciata dall’U.P.L.M.O. e la comunicazione diretta a tale ufficio dell’avvenuta assunzione di tale soggetto.
Successivamente alla scadenza del termine stabilito per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso (31.5.2000), l’impresa in parola ha poi depositato il certificato (datato 5.6.2001), che attesta la regolarità della sua posizione nei confronti degli obblighi previsti dalla legge n. 68 del 1999.
Del tutto inconsistente è la tesi secondo cui la documentazione presentata dalla impresa P.C. doveva necessariamente essere accettata dalla commissione di gara in quanto equivalente a quella richiesta dal bando di gara.


Il criterio sostanziale al quale si richiama la R., per quanto concerne la posizione dell’impresa P.C., non è condivisibile, atteso che la regolarità della posizione delle imprese relativamente agli obblighi imposti dalla legislazione sull’avvio al lavoro dei soggetti disabili deve essere certificata, come si è già rilevato, dall’amministrazione competente a controllare il rispetto della predetta normativa.
L’attestazione da parte dell’amministrazione competente, inoltre, deve avere una data antecedente a quella di scadenza del termine per la presentazione della domanda, stante che la regolarità della posizione dell’impresa nei confronti degli obblighi di cui trattasi deve preesistere a tale termine e non essere successivo a questo.
Per tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, l’appello proposto dalla B.C. s.r.l. deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, deve respingersi il ricorso di primo grado proposto dalla R. e dalla P.C.


Dall’accoglimento dell’appello della B.C. s.r.l., con la reiezione del ricorso originario, deriva la improcedibilità dell’appello proposto dal Comune di Castel Mella, che non ha più interesse all’accoglimento della sua impugnativa.
Giusti motivi inducono la Sezione a compensare integralmente fra le parti le spese dei due gradi del giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, riuniti gli appelli in epigrafe, accoglie l’appello n. 6588/2001 proposto dalla B.C. s.r.l., dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse l’appello n. 6391/2001 proposto dal Comune di Castel Mella.


Compensa fra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso, in Roma, in Camera di Consiglio, 3/2/2004, con l'intervento dei signori:
Raffaele Iannotta, Presidente
Giuseppe Farina, Consigliere
Corrado Allegretta, Consigliere
Chiarenza Millemaggi, Cogliani Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere Est.

Il 12 luglio 2004