LAVORI PUBBLICI - 118
Consiglio di Stato, Sezione V, 9 ottobre 2003, n. 6070
Offerta di ribasso in cifre e in lettere: discordanza delle due espressioni, la prevalenza dell'espressione in lettere prevista dall'art. 72 del R.D. n. 827 del 1924 recede e non può essere applicata a fronte della palese riconoscibilità dell'errore (nel caso di specie le tre cifre decimali dopo la virgola, enunciate dal concorrente come "centesimi", erano state arbitrariamente convertite dalla stazione appaltante in unità e centesimi, mentre dovevano essere lette come "millesimi" in coerenza con l'offerta in cifre)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1830 del 2002 proposto dal Consorzio per la Zona Industriale di interesse regionale - Z.I.R. di Siniscola, in persona del suo legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv.ti R. e F.T. ed elettivamente domiciliato in ...

contro

l’Impresa S.S., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. D.C. ed elettivamente domiciliata in ...

e nei confronti

della S. s.r.l. e della S. s.a.s, non costituite in giudizio,

per l'annullamento

delle sentenze n. 563 del 18 maggio 2001, n. 1254 del 19 novembre 2001 e n. 7 in data 10 gennaio 2002, pronunciate tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e di appello incidentale dell’appellata Impresa S.S.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il dispositivo di sentenza n. 108 pubblicato in data 11 marzo 2003;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Udito alla pubblica udienza del giorno 11 marzo 2003 l’avv. R.T.;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

L’appello è diretto contro le sentenze n. 563 del 18 maggio 2001, n. 1254 del 19 novembre 2001 e n. 7 del 10 gennaio 2002, pronunciate tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna sui ricorsi n. 366 del 1999, proposto dalla S. s.a.s., e nn. 624 e 887 del 1999 avanzati dall’impresa S.S.

Con il primo ricorso n. 366 del 1999 la S. s.a.s.. aveva impugnato il provvedimento con il quale il Consorzio odierno appellante l’aveva esclusa dalla gara d'appalto, indetta con deliberazione n. 19 del 17 luglio 1998 per l’affidamento dei lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione del comparto “B” della seconda fase di intervento della zona industriale, unitamente a tutti gli atti presupposti tra i quali, in particolare, il verbale di gara e l’eventuale provvedimento di aggiudicazione alla S. s.r.l., il bando di gara e la deliberazione d’indizione della gara.

Gli altri due ricorsi erano stati avanzati dall’impresa S.S. per l’annullamento del verbale in data 12 gennaio 1999 con il quale la S.. s.r.l. era stata dichiarata aggiudicataria dell’appalto, oltre che dei precedenti atti di gara e del bando (ricorso n. 624/99), nonché della deliberazione n. 3 in data 1 marzo 1999 con la quale il Consiglio d’amministrazione del Consorzio aveva definitivamente aggiudicato l’appalto alla predetta Società (ricorso n. 887/99).

Riuniti i ricorsi, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna ha disposto incombenti istruttori con le sentenze n. 563 del 18 maggio 2001 e n. 1254 del 19 novembre 2001.

In corso di giudizio sono sopravvenute le deliberazioni n. 11 in data 29 maggio 2001 e n. 12 del 14 giugno 2001, con le quali il Presidente del Consorzio, in esito al procedimento aperto in esecuzione della decisione interlocutoria n. 563 del 2001, ha nuovamente aggiudicato la gara alla S. s.r.l., avverso le quali entrambe le ricorrenti hanno esteso l’impugnazione a mezzo di motivi aggiunti

Con la sent. n. 7 del 10 gennaio 2002, decidendo la controversia, il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 624/99; ha accolto il ricorso n. 887/99, annullando la citata deliberazione n. 12 in data 14 giugno 2001 del Presidente del Consorzio ed ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 366/99.

Il Consorzio appellante chiede l’annullamento di tutte e tre le sentenze, in quanto errate ed ingiuste, considerata la tardività dei ricorsi della S.S. e l’inammissibilità dei motivi aggiunti da questa formulati contro la deliberazione presidenziale n. 12 del 2001, nonché l’infondatezza della tesi di merito accolta dal Tribunale e, comunque, il difetto di giurisdizione.

Si è costituita in giudizio la S.S., la quale ha controdedotto al gravame, concludendo per la sua reiezione perché inammissibile ed infondato.
Ha proposto, altresì appello incidentale subordinato, in accoglimento del quale ha chiesto l’annullamento delle deliberazioni del Presidente del Consorzio per i motivi implicitamente ed erroneamente disattesi dal giudice di primo grado, in questa sede espressamente riproposti.

Entrambe le parti hanno chiesto il ristoro delle spese di giudizio.

La causa è stata trattata all’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2003, nella quale, sentito il difensore presente, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dall’esame dei profili d’inammissibilità dell’appello, rappresentati dall’appellata, stante l’infondatezza del ricorso nel merito.

Per la migliore comprensione della controversia, peraltro, occorre premettere alcuni cenni di fatto.

Il Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale (Z.I.R.) di Siniscola ha celebrato in data 12 gennaio 1999 la gara d’appalto dei lavori per la realizzazione delle opere d’urbanizzazione del comparto “B” della seconda fase d’intervento della zona industriale. La gara è stata aggiudicata in via definitiva alla S. s.r.l. con deliberazione n. 3 in data 1 marzo 1999 del Consiglio d’amministrazione del Consorzio.

Contro gli atti della procedura hanno proposto impugnazione, anche a mezzo di successivi motivi aggiunti, la S. s.a.s., che ne era stata esclusa, e l'impresa S.S.

Entrambe le ricorrenti hanno dedotto, tra l’altro, che l’aggiudicazione era avvenuta sulla base di un errato calcolo della media delle offerte, avendo il Consorzio male interpretato, come recante il ribasso del 28,950% sul prezzo a base d’asta, l'offerta della concorrente M. s.r.l., che aveva offerto “… un ribasso del 20,895% (diconsi lire venti e centesimi ottocentonovantacinque per ogni cento lire di lavori eseguiti e contabilizzati)”.

Ritenuto opportuno conoscere l’importo delle offerte della S. s.a.s. e di altre tre concorrenti, anch’esse escluse per aver presentato in modo irrituale la documentazione di gara, il T.A.R. ha disposto, con decisione n. 563 in data 18 maggio 2001, che il Consorzio provvedesse all’apertura delle relative buste in seduta pubblica e con lo stesso procedimento seguito in precedenza per l’apertura dei plichi degli altri partecipanti, comunicando la data dell’operazione a tutte le ditte che avevano presentato offerta.

A tanto ha provveduto il Presidente del Consorzio, il quale con propria deliberazione n. 11 in data 29 maggio 2001 ha riaperto la gara, fissandola per il giorno 16 aprile 2001 ed informandone tutte le imprese concorrenti. Alla data stabilita, il Presidente ha verificato i documenti delle imprese in precedenza escluse, escludendone nuovamente una in quanto priva del requisito d’iscrizione richiesto dal bando di gara, ha preso conoscenza delle offerte delle altre tre imprese. Successivamente, previo ricalcolo della soglia di anomalia, ha nuovamente aggiudicato l’appalto alla S. s.a.s. con deliberazione presidenziale n. 12 in data 14 giugno 2001, impugnata da entrambe le ricorrenti con motivi aggiunti.

È seguita la sentenza n. 1254 del 19 novembre 2001, con la quale il Tribunale ha ordinato al direttore del Consorzio Z.I.R. di calcolare la media delle offerte e di individuare il potenziale vincitore dell’appalto assumendo il ribasso offerto dalla ditta M. s.r.l. come pari al 20,895%.

Tanto premesso, va subito dissipato ogni dubbio sulla giurisdizione, trattandosi di controversia concernente una procedura di affidamento di lavori di pubblica utilità, svolta da soggetto comunque tenuto all’applicazione della normativa comunitaria e nazionale di settore, e come tale assegnata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 33, c. 2, lett. d), del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000 n. 205, e dell’art. 23 bis, c. 1, lett. b, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall’art. 4 della stessa L. n. 205 del 2000.

Deve essere, altresì, preliminarmente esclusa l’appellabilità delle sentenze n. 563 del 18 maggio 2001, n. 1254 del 19 novembre 2001, attesa la loro natura interlocutoria.

Quanto alla sentenza n. 7 del 10 gennaio 2002, il Consorzio appellante ne sostiene l’erroneità, sotto un primo profilo, per avere il giudice di primo grado considerato la deliberazione presidenziale 14 giugno 2001 n. 12 come provvedimento di rinnovazione, nell’esercizio di poteri di autotutela, della fase conclusiva della procedura concorsuale, e non come atto meramente esecutivo dell’incombente istruttorio disposto con la prima sentenza interlocutoria (n. 563 del 18 maggio 2001), qual esso era.

La censura è infondata. 

Che il Presidente del Consorzio abbia travalicato il compito assegnatogli con detta sentenza, di acquisire e comunicare al giudice l’importo delle offerte presentate dalle concorrenti escluse per irrituale presentazione della documentazione di gara, emerge agevolmente già dall’esposizione dei fatti che precede e risulta, ad ogni modo, dal testo della citata deliberazione, che sulla base di nuovo calcolo della media e della soglia di anomalia reca la nuova e definitiva aggiudicazione dell’appalto.

Ne consegue che, rinnovata la procedura concorsuale a partire dalla fase dell’ammissione dei concorrenti, le determinazini adottate a questo riguardo nella seduta del 14 giugno 2001 hanno preso luogo di ogni altra precedente. Di tal che non ha pregio alcuno neppure l’appunto che l’Amministrazione appellante rivolge al primo giudice di non essersi pronunciato sulla legittimità delle esclusioni disposte in precedenza.

Sotto altro profilo, secondo l’appellante, la sentenza n. 7 del 2002 meriterebbe di essere annullata perché nell’atto di motivi aggiunti, con il quale l’impugnazione è stata estesa al provvedimento n. 12 del 2001 del Presidente del Consorzio, l’Impresa S.S. non ha specificato la censura, poi accolta, relativa all’errata lettura dell’offerta della ditta M., ma si è limitata a fare generico rinvio all’originario ricorso; ricorso, per altro, irricevibile siccome tardivo. 
Il Tribunale, pertanto, avrebbe violato il principio della domanda, impedendo il corretto esplicarsi del contraddittorio.

Ritiene il Collegio che la doglianza sia da respingere.

Manca, in primo luogo, una prova rigorosa della tardività del ricorso n. 887 del 1999, non risultando in maniera incontrovertibile la piena conoscenza da parte dell’impresa S.S., prima del termine per ricorrere, della deliberazione n. 3 in data 1 marzo 1999 del Consiglio d’amministrazione del Consorzio, che di quel ricorso formava oggetto.

In secondo luogo, la fattispecie va considerata alla luce dei principi affermati, riguardo all’introduzione della materia del contendere nel processo amministrativo, con l’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, come modificato dall’art. 1 della L. 21 luglio 2000 n. 205.

Con la disposizione che “tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti”, si statuisce, invero, un principio che, se sotto l’aspetto formale è di concentrazione in un unico processo di tutte le impugnazioni relative alla medesima controversia, sotto quello sostanziale afferma la necessità che la vicenda contenziosa tra l’Amministrazione ed il privato sia sottoposta al giudice nella sua interezza e complessità. Da ciò consegue un indubbio arricchimento dei poteri del giudice, il quale è posto nelle condizioni di adottare la decisione più adeguata al caso concreto, proprio grazie alla più piena cognizione che egli in tal modo ha della materia del contendere, anche nei suoi profili dinamici determinati dalla sopravvenienza di nuovi atti e provvedimenti dell’Amministrazione.

Questa visione più sostanzialistica del giudizio amministrativo comporta, altresì, da un lato un’attenuazione dei formalismi nella prospettazione delle contrapposte ragioni delle parti in causa e, dall’altro, una maggiore libertà ed ampiezza d’indagine ed apprezzamento da parte del giudicante.

Al riguardo, peraltro, deve richiamarsi il principio affermato da tempo che impone al giudice amministrativo di procedere all’individuazione dei motivi di gravame tenendo conto, non solo delle censure espressamente enunciate, ma anche di quelle che, pur se formalmente non esposte, possono essere desunte, quale sostanziale contenuto dell’impugnazione, dall’esposizione dei fatti e, ad ogni modo, dal contesto del ricorso. Principio, questo, che alla luce della nuova disciplina dettata dall’art. 21 della L. n. 1034 del 1971 di cui s’è detto, non può che essere confermato, con i soli adattamenti imposti dalla presenza di una pluralità di atti introduttivi del materiale contenzioso riuniti in un unico processo.

Le considerazioni ora svolte consentono al Collegio di ritiene che, nel caso di specie, il rinvio, operato nell’atto di motivi aggiunti alle doglianze esposte nel ricorso principale, costituisce formulazione di queste sufficiente alla loro proposizione anche nei confronti dei provvedimenti contro i quali l’impugnazione per motivi aggiunti è rivolta. Così aderendo al convincimento espresso nella sentenza appellata.

Questa, per altro, è da condividere anche quanto alla soluzione data alla questione concernente il ribasso d’asta offerto dalla ditta M.

Secondo orientamento giurisprudenziale costante (cfr., per tutte, Con. Stato, Sez. V, 6 maggio 1997 n. 466; id. 21 ottobre 1995 n. 1467), nella valutazione delle offerte in una gara d'appalto pubblico, non sussiste discordanza d'espressione tra offerta in cifre ed offerta in lettere, tale da dover giustificare la prevalenza di quest'ultima ai sensi dell'art. 72 R.D. 23 maggio 1924 n. 827, nel caso in cui l'offerta in cifre sia erroneamente formulata, con tre cifre decimali, in centesimi, anziché in millesimi, stante l'immediata riconoscibilità dell'errore in cui l'offerente è incorso. 
Non v’è dubbio, infatti, che, nella specie, il numero 20,895, enunciato in lettere con l’espressione “venti e centesimi ottocentonovantacinque” si legga e significhi venti e 895 millesimi, secondo il corretto valore aritmetico corrispondente all'espressione numerica adoperata, e non ventotto e novantacinque centesimi, come del tutto arbitrariamente lo ha inteso correggere l’Amministrazione.

L’appello principale va, in conclusione, respinto e quello incidentale subordinato va, conseguentemente, dichiarato improcedibile per difetto d’interesse.

Spese e competenze del grado di giudizio seguono, come per regola, la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile quello incidentale.

Condanna il Consorzio per la Zona Industriale d’Interesse Regionale (Z.I.R.) di Siniscola al pagamento delle spese e competenze del secondo grado di giudizio, in favore dell’appellata Impresa S.S., nella complessiva misura di 5.000 (cinquemila) euro.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2003 con l'intervento dei Signori:

Emidio Frascione - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere