LAVORI PUBBLICI - 104
T.A.R. Lombardia, Milano, sezione III, 30 aprile 2003, n. 1097 (nei termini nn. 1094, 1095, 1096)
Il divieto di partecipazione di cui all'art. 10, comma 1-bis, della legge n. 109 del 1994, riguarda solo le imprese controllate e non si estende automaticamente alle imprese collegate. Tuttavia è legittima l'esclusione di imprese collegate in presenza di adeguata motivazione circa la sussistenza dell'alterazione della segretezza dell'offerta.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez. III

ha pronunciato la seguente sentenza

sul ricorso R.G. n. 2638/2002, proposto dalla D. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in ..., rappresentata e difesa dall’Avvocato B.C., in virtù di delega apposta sul ricorso introduttivo, ed elettivamente domiciliata presso ...

contro

il COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati M.R.S. e M.T.M., ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in Milano, Via Guastalla n. 8;

e nei confronti

della S. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, (non costituita);

per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione,

- dei verbali di gara dell’8.5.2002 e del 6.6.2002, relativi all’appalto n. 38/2002, con i quali il Dirigente del Settore Gare e Contratti del Comune di Milano ha aggiudicato alla S. s.r.l. l’esecuzione di interventi di emergenza, recupero, riqualificazione e sistemazione a verde di aree degradate di proprietà comunale; - del provvedimento di esclusione della società ricorrente di cui al verbale di gara 6/6/02;
- del provvedimento di escussione e incameramento della cauzione provvisoria di cui al verbale di gara del 6/6/02;
- della nota datata 6.6.2002 prot. n. PG 280.470/2002 del Comune di Milano, con la quale è stata comunicata l’adozione dei citati provvedimenti; 
- degli eventuali atti di approvazione della gara in questione; di tutti gli atti preordinati, consequenziali o connessi.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza dell’11 marzo 2003, il dott. Roberto Proietti;
Uditi i difensori delle parti come da verbale;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente impugnava gli atti indicati, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue:

- con bando di gara regolarmente pubblicato, il Comune di Milano ha indetto l’appalto n. 38/2002, per l’affidamento di lavori relativi ad interventi di emergenza, recupero, riqualificazione e sistemazione a verde di aree degradate di proprietà comunale, per un importo a base d’asta di 827.185,25 euro;
- il criterio di aggiudicazione veniva individuato nel massimo ribasso sull’importo dei lavori posto a base d’asta, con la procedura di cui all’art. 21, comma 1bis, Legge n. 109/94;
- il bando di gara, al punto k), prevedeva l’esclusione di quelle società che si fossero trovate in una delle situazioni di controllo o collegamento previste dall’art. 2359 c.c.;
- unitamente all’offerta, alle concorrenti era imposto di produrre un ‘patto di integrità’, che recava, tra l’altro, una dichiarazione contenente l’impegno delle partecipanti a non accordarsi con altre imprese per limitare la concorrenza e a non porre in essere comportamenti corruttivi;
- la ricorrente partecipava alla gara;
- nella seduta del 6/6/02 la Commissione di gara escludeva la D., la A. e la E., riscontrando la violazione del patto di integrità e del punto k) del bando di gara, a causa dell’esistenza di un presunto collegamento sostanziale tra le citate imprese riconducibili – a parere della Commissione – ad un unico centro di interessi;
- unitamente all’esclusione dalla gara, veniva applicata la sanzione dell’incameramento della cauzione;
- di seguito, espletati gli ulteriori adempimenti del caso, l’appalto veniva aggiudicato alla controinteressata;
- a seguito dei fatti indicati, l’Autorità per i lavori pubblici, con determinazione n. 85 del 28/2/03, infliggeva alle tre società indicate la sanzione della sospensione di un anno dalla partecipazione alle gare, a causa del prospettato collegamento sostanziale..

La parte resistente, costituitasi in giudizio, eccepiva l’inammissibilità e l’improponibilità del ricorso, sostenendone, nel merito, l’infondatezza e chiedendone il rigetto.
La controinteressata, invece, non si costituiva in giudizio.

Con ordinanza del 25 settembre 2002 il T.A.R. accoglieva la domanda incidentale di sospensione proposta da parte ricorrente, limitatamente al provvedimento di incameramento della cauzione.
Con successive memorie le parti argomentavano ulteriormente le rispettive difese.

Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2003 la causa veniva trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio il Collegio respinge l’istanza della ricorrente tesa ad ottenere un rinvio della trattazione della causa in attesa che il T.A.R. Lazio si pronunci sul ricorso proposto avverso la determinazione n. 85 del 28/2/03 dell’Autorità per i lavori pubblici (con la quale è stata inflitta alle tre società indicate la sanzione della sospensione di un anno per il prospettato collegamento sostanziale), rilevando l’autonomia del procedimento giurisdizionale da quello che si svolge dinanzi all’Autorità indicata.

Ciò posto, vanno esaminate le eccezioni preliminari proposte dal Comune di Milano.

Va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, fondata sul rilievo che la ricorrente non avrebbe dimostrato di essere nelle condizioni per poter aspirare all’aggiudicazione.
Sul punto va rilevato che, pur prescindendo dal fatto che le buste relative alle offerte delle imprese escluse non sono state aperte, si deve considerare che l’impresa ha interesse sia all’annullamento del provvedimento di incameramento della cauzione – che le consentirebbe di evitare un depauperamento patrimoniale diretto –, sia all’annullamento del provvedimento di esclusione – considerando i riflessi negativi che l’esclusione per i motivi indicati comporta con riferimento alla gara e con riferimento alla possibile adozione di provvedimenti sanzionatori da parte dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici -.

Va respinta anche l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione del Patto di integrità, poiché tale atto non risultava immediatamente lesivo già dal momento della sottoscrizione o al momento della pubblicazione del bando, del quale fa parte integrante, sicché la ricorrente lo ha impugnato nel momento in cui – con l’esclusione ed il conseguente incameramento della cauzione – il Patto ha manifestato la sua lesività.

Nel merito il Collegio osserva quanto segue.

Con il primo motivo di ricorso – evidenziata la composizione delle quote societarie della D., della A. e della E. - si contesta la ricorrenza delle ipotesi di controllo e di collegamento societario di cui all’art. 2359 c.c. e si censura la violazione dell’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94, nella parte in cui preclude la possibilità di partecipare a gare pubbliche ad imprese che si trovino in situazione di controllo ex art. 2359 c.c..

Con il secondo motivo di ricorso si deducono il vizio di eccesso di potere, la violazione dei principi generali in materia di gare pubbliche e la violazione del punto k) del bando di gara e del Patto di integrità. In particolare, si evidenzia che le analogie e le similitudini riscontrate nella compilazione delle dichiarazioni rese dalle partecipanti sarebbero dovute ai moduli predisposti dal Comune di Milano.

Tali censure vanno trattate congiuntamente al fine di chiarire: se è possibile prevedere ipotesi di esclusione automatica dalla gara diverse da quelle indicate all’art. 10, comma 1-bis, legge n. 109/94, discendenti dalla configurabilità di forme di collegamento sostanziale tra imprese; se la Stazione appaltante può introdurre un’apposita clausola nella lex specialis al fine di escludere un’impresa da una gara pubblica per violazione dei principi di segretezza e di par condicio dei concorrenti; se la Stazione appaltante può escludere un’impresa da una gara pubblica, al fine di tutelare i principi di segretezza e di par condicio dei concorrenti e, quindi, l’interesse alla correttezza della procedura, a prescindere dall’esistenza di un’apposita clausola contenuta nella lex specialis; sulla base di quali elementi probatori la Stazione appaltante può affermare la violazione dei principi di segretezza e par condicio e può emettere il provvedimento di esclusione.

Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

L’art. 10, comma 1-bis, legge 11 febbraio 1994, n. 109, stabilisce il divieto di partecipazione alla medesima gara di imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c..

Ai sensi dell’art. 2359 c.c., ricadono nell’ambito del concetto di ‘controllo societario’ le ipotesi, in cui: una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di altra società; una società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di altra società; la società controllata sia sotto l’influenza dominante di altra società in virtù dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali intercorrenti tra le due società.

Ai sensi del terzo comma dell’art. 2359 c.c., l’ipotesi del ‘collegamento societario’ si concretizza quando una società esercita su altra società un’influenza notevole: ipotesi che si presume qualora nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.

Poiché il citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109/94 si limita a richiamare solo l’ipotesi delle ‘società controllate’ prevista e disciplinata dall’art. 2359 c.c., è evidente che la ricorrenza di ipotesi di ‘collegamento’ (anche di quelle disciplinate dall’art. 2359 c.c.) non potrebbe condurre all’automatica esclusione delle offerte. In sostanza, il legislatore della c.d. Merloni ter, al fine di imporre divieti alla partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, ha indicato soltanto le situazioni di controllo societario che vedono coinvolte imprese concorrenti per lo stesso affidamento. Le ipotesi di collegamento di cui al citato comma terzo dell’art. 2359 c.c., non sono prese in considerazione e non sono richiamate, e ciò deve ritenersi frutto di una scelta precisa del legislatore.

Pertanto, deve ritenersi illegittima l’introduzione - nei bandi di gara, ovvero in altri atti che integrino la lex specialis della procedura – di clausole che vietino in modo automatico la partecipazione o prevedano l’esclusione automatica per il solo fatto dell’esistenza di forme di collegamento.

Al citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109/94, infatti, viene generalmente attribuito il carattere di norma imperativa posta a tutela dell’ordine pubblico economico e ciò – anche alla luce dell’articolo 41 della Costituzione, che tutela la libertà di iniziativa economica privata – non può che indurre ad interpretarlo in modo non estensivo.

L’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (Atto di regolazione n. 27 del 9 giugno 2000) è del parere appena espresso e (a conferma) rileva giustamente che, in altre disposizioni oggetto di modifiche da parte della medesima legge, sono richiamate entrambe le fattispecie del controllo e del collegamento: - art. 18, comma 9, della legge 55/90, nel testo modificato dalla legge 415/98 (ove si chiede all’impresa che si avvale del subappalto o del cottimo di allegare alla copia autentica del contratto, la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento, a norma dell’articolo 2359 c.c., con l’impresa affidataria del subappalto o del cottimo); - art. 17, comma 9, della legge 109/94 (ove viene fatto un richiamo espresso alle situazioni di controllo e collegamento di cui all’art. 2359 c.c.); - l’art. 2, comma 4, legge n. 109/94 (nella parte in cui si prevede che i concessionari possano appaltare a terzi i lavori non realizzati direttamente, è stabilito che per imprese terze si devono intendere, oltre alle controllate, anche imprese collegate; tale norma rinvia all’art. 2359 c.c. per la definizione delle situazioni di controllo e collegamento).

Del resto, le fattispecie di collegamento costituiscono fenomeni di tipo organizzativo, i quali, in astratto, non possono ritenersi lesivi della correttezza della procedura.

Chiarito ciò il Collegio ritiene che, in assenza di norme ad hoc (come quella contenuta nell’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94), le verifiche in ordine alla correttezza della procedura vadano compiute in concreto e caso per caso. Pertanto, la Stazione appaltante può prevedere nella lex specialis ulteriori ipotesi di esclusione – eventualmente legate all’esistenza di forme di collegamento tra imprese concorrenti -, purché non si stabilisca un’esclusione automatica dalla gara, dovendo in tali casi l’Amministrazione verificare se l’esame della fattispecie concreta induca a ritenere violati i principi posti a garanzia della correttezza della procedura.
Su questo punto il Tribunale condivide l’orientamento giurisprudenziale favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di collegamento sostanziale tra imprese, a prescindere da quanto stabilito dall’aart. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94 (Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 685; Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2002, n. 923; Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6424).

E’ noto che la pubblica amministrazione sceglie il contraente con il quale concludere il contratto di appalto attraverso un procedimento regolato da norme pubblicistiche, tese all’individuazione del miglior contraente possibile. Il procedimento amministrativo è improntato al rispetto dei principi generali di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, secondo quanto imposto dall’art. 97 della Costituzione. Tali principi, nell’ambito delle gare pubbliche, si estrinsecano nelle regole della concorsualità, della segretezza e della serietà delle offerte, che tendono a garantire la par condicio dei partecipanti e possono essere presi in considerazione ed esplicitati anche attraverso la predisposizione della lex specialis della procedura di gara.
Al rispetto di tali regole sono tenuti – non solo la Stazione appaltante, ma - anche i concorrenti, i quali devono presentare offerte che, tra l’altro, devono essere serie, indipendenti e segrete, poiché solo così è rispettato il principio di libera concorrenza che garantisce l’individuazione del miglior contraente per l’Amministrazione.
In questo contesto va inquadrato il disposto dell’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94. La norma, nel prevedere che "non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile", sancisce l’impossibilità di ammettere alla gara offerte delle quali si dubita sotto i profili dell’indipendenza, della serietà, della segretezza e dell’affidabilità, in quanto provenienti da soggetti legati da una stretta comunanza di interessi.
Come detto, il citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109/94 va considerato norma di ordine pubblico e, quindi è applicabile a prescindere da una specifica previsione in tal senso da parte dell’amministrazione appaltante (Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6424). Si tratta di una norma basata su una presunzione assoluta e, quindi, non suscettibile di prova contraria.

La norma tende a tutelare il libero confronto tra le offerte, ed è chiaro che la correttezza e la trasparenza della gara risultano pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. In sostanza, anche alla luce della disciplina comunitaria, è evidente che il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza, essendo chiaro che in presenza di accordi interni alle concorrenti, risulta impossibile evitare che si producano effetti distorsivi sulla regolarità della procedura di affidamento.
Ma, se questa è la finalità dell’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94 e se è vero che tale norma si basa su una presunzione, deve ritenersi che la Stazione appaltante possa prevedere ulteriori fatti o situazioni (rispetto a quelli espressamente considerati dalla legge: le forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 c.c.) capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nell’autentica concorrenza tra le offerte.

La differenza tra le ipotesi di esclusione di cui all’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94 e le eventuali ulteriori ipotesi individuate dalla Stazione appaltante, consiste nel fatto che qualora si verifichi il primo caso l’Amministrazione sarà vincolata ad assumere il provvedimento di esclusione – essendo presunte le ipotesi di controllo di cui all’art. 2359 c.c. lesive delle regole indicate – mentre nel secondo caso sarà indispensabile individuare e valutare specifici elementi oggettivi e concordanti, che inducano a ritenere che più offerte siano state presentate in contrasto con i principi di segretezza e par condicio.

Per quanto riguarda il momento in cui la Stazione appaltante può operare tale individuazione, il Collegio non ritiene sia necessario che ciò avvenga nella fase di predisposizione del bando di gara o, comunque, del complesso della lex specialis.

E’ evidente l’opportunità – soprattutto al fine di evitare contestazioni - di prevedere l’esclusione per le ipotesi in discussione attraverso un’apposita clausola del bando. In tal caso, tuttavia, deve ritenersi non consentito – e, comunque, inopportuno - tipizzare fatti e situazioni, poiché al fine di tutelare adeguatamente l’interesse pubblico alla scelta del migliore contraente, occorre poter valutare e prendere in considerazione tutte le situazioni concrete di alterazione della gara, anche quelle ex ante imprevedibili.

Ma, a prescindere dalla possibilità di dettare disposizioni ad hoc direttamente nel bando di gara, non può escludersi che – qualora si dimostri che le offerte provengano da un medesimo centro di interessi o, comunque, che siano state violate le regole citate - l’esclusione possa intervenire facendo applicazione diretta dei principi posti a tutela della libera concorrenza, della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti (T.A.R. Puglia – Bari, sez. I, 8 agosto 2001, n. 3221). Non vi è una grossa differenza, infatti, tra il dettare nel bando una generica clausola che, in base ai principi indicati, preveda l’esclusione di offerte provenienti da imprese in contatto tra loro (nel senso indicato), e l’escludere offerte facendo direttamente applicazione dei medesimi principi (ma evitando la mediazione della lex specialis).

In ogni caso, infatti, si versa in ipotesi in cui un concorrente partecipa alla presentazione di più offerte, alterando la competizione e influendo sull’andamento della gara. La conclusione della vicenda, pertanto, non può differire a seconda che la Stazione appaltante abbia o meno inserito nella lex concorsualis una disposizione ad hoc, poiché i principi violati sono i medesimi a prescindere dall’esistenza di un’apposita clausola al riguardo.

Ragionando diversamente si può giungere ad ipotesi assurde, come quella di ritenere illegittimo il provvedimento di esclusione basato sulla ricorrenza di un’ipotesi di collegamento sostanziale - malgrado risulti con certezza, dagli elementi acquisiti dalla Stazione appaltante, la configurabilità di un unico centro di interessi -, solo perché tale ipotesi di esclusione non è stata prevista da una clausola del bando.

A conferma dell’opinione sopra espressa, va rilevato che anche prima dell’introduzione dell’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94, il divieto per le imprese controllate o collegate di partecipazione a gare pubbliche era sanzionato con l’esclusione, facendo riferimento alla violazione dei principi generali posti a garanzia della par condicio e della segretezza delle offerte che governano le gare pubbliche e costituiscono regole generali in tale materia (Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1988, n. 478).
Ciò posto, va affrontato il problema relativo all’individuazione degli elementi probatori sulla base dei quali la Stazione appaltante può affermare la violazione dei principi di segretezza e par condicio e può emettere il provvedimento di esclusione.

Per quanto riguarda, in modo specifico, le ipotesi di collegamento sostanziale, il Collegio ribadisce che il collegamento tra imprese non comporta, di per sé, necessariamente la nascita di un autonomo centro di interessi, poiché in astratto le società collegate mantengono la propria personalità giuridica e la propria autonomia (Cass. 2 febbraio 1988 n. 957; 3 agosto 1991 n. 8532; 29 novembre 1993 n. 11801). E’ noto, altresì, che il collegamento è un fenomeno diffuso, realizzato al fine di utilizzare il potenziale economico di varie imprese. E’ altrettanto noto, però, che le situazioni di collegamento agevolano il prodursi di effetti distorsivi sulle gare pubbliche - anche se non arrivino ad integrare fattispecie di reato quale la turbata libertà degli incanti –, potendo determinare alterazioni della procedura ad evidenza pubblica sotto i profili della trasparenza e della correttezza.

Le situazioni di collegamento tra imprese costituiscono quindi, significativi indizi circa l’esistenza di un medesimo centro di interessi. Le ipotesi di collegamento tipizzate dall’art. 2359 c.c. risultano particolarmente significative ai fini che interessano in questa sede. Gli altri casi di collegamento sostanziale tra imprese non sono disciplinati espressamente dalla legge, e la giurisprudenza ha tentato di individuare, caso per caso, gli elementi utili per poter concludere nel senso che le imprese fossero riconducibili ad un medesimo centro di interessi (Cons. Stato, sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1056; sez. V, 2 luglio 2001, n. 3605; T.A.R. L’Aquila 20 aprile 1998, n. 556; T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 gennaio 1998, n. 31 e 18 dicembre 1998, n. 600; T.A.R. Napoli, sez. I, 30 maggio 2000, n. 1699; T.A.R. Trentino Alto Adige, 1 marzo 2001, n. 164).

Questo Collegio ritiene che tale modo di operare non abbia alternative e debba costituire una regola generale, poiché le fattispecie concrete riconducibili alla figura del collegamento sostanziale possono essere le più varie e, quindi, è inutile – oltre che inopportuno – tentare di individuare regole valide in ogni caso. L’unica regola da tenere presente è quella che impone di prendere in considerazione soltanto elementi oggettivi di riconoscibilità del collegamento sostanziale (Cons. Stato, sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1056; sez. V, 2 luglio 2001, n. 3605; T.A.R. L’Aquila 20 aprile 1998, n. 556).

Pertanto, l’esistenza di forme di collegamento tra le concorrenti ad una medesima gara non costituiscono prova certa della violazione delle regole poste a tutela della correttezza della procedura. Perfino in presenza di un gruppo societario deve affermarsi l’indipendenza e l’autonomia sul piano giuridico di ciascuna società, poiché ogni impresa mantiene la sua soggettività e l’esistenza del gruppo non implica il formarsi di una soggettività distinta, (Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 1999, n. 16,).

Resta fermo, quindi, che al fine di emettere un giudizio occorre procedere ad un esame approfondito del caso concreto, verificando le singole situazioni e gli elementi emersi nel corso del procedimento.

Qualora la Stazione appaltante abbia perplessità in merito alla rilevanza degli elementi raccolti, sarà tenuta a sospendere la procedura, prima dell’aggiudicazione, e ad eseguire verifiche puntuali (come chiarito dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con l’Atto di regolazione n. 27 del 9 giugno 2000). Ma è chiaro che, per non aggravare la procedura, la sospensione del procedimento e l’esecuzione delle verifiche sono da ritenersi indispensabili solo nelle situazioni veramente dubbie. Proprio per evitare di allungare i tempi del procedimento può essere utile prevedere nel bando una clausola mediante la quale si richieda ai partecipanti di elencare le imprese rispetto alle quali si trovano in situazione di collegamento (indicando sotto quali profili si estrinseca tale collegamento).

L’alterazione della par condicio dei concorrenti e la violazione dei principi di concorrenza e di segretezza dell’offerta possono ritenersi provate qualora ricorrano elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi, precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, il venir meno della correttezza della gara. Ciò si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengono da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dalle partecipanti.
In sostanza, la violazione dei principi indicati comporta il rischio concreto di pregiudicare la correttezza della procedura e cioè, il rischio che - all’esito della gara - non sia individuato il miglior contraente per la pubblica amministrazione. Si tratta di un rischio, appunto, e come tale va preso in considerazione sotto il profilo probatorio, perché il bene coinvolto – la correttezza della gara pubblica e la reale concorrenza tra le imprese – va tutelato ex ante, nel momento in cui è messo in pericolo, senza attendere che si verifichi una sua lesione concreta. E’, del resto, evidente che sarebbe molto difficile garantire una restituito in integrum nel caso in cui il bene indicato fosse stato leso, se si considera che l’annullamento e la rinnovazione della gara comporterebbero, comunque, effetti negativi sotto i profili dell’economicità e della speditezza dell’azione amministrativa.

Per questi motivi deve ritenersi non indispensabile eseguire una prova di resistenza al fine di verificare l’incidenza concreta sulla gara della violazione dei principi di segretezza e di par condicio.

Precisato quanto sopra, si può passare ad esaminare il caso di specie.

Il punto K) del bando prevede l’esclusione dalla gara per “.. violazione del principio della segretezza delle offerte (art. 75 del R.D. 23/5/1924 n. 827)” per “le imprese concorrenti fra le quali esistono forme di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.”. Per le considerazioni sopra espresse, la legittimità di tale clausola potrebbe essere posta in dubbio ove sottintendesse l’automaticità dell’esclusione al ricorrere (tra l’altro) di qualunque forma di collegamento. Ma, nel caso di specie, l’esclusione è stata disposta a causa della violazione del principio di segretezza - del quale la Stazione appaltante si è fatta carico di dare dimostrazione attraverso l’esame degli elementi indiziari emersi in sede di esame delle offerte - e non semplicemente a causa della mera esistenza di forme di controllo e collegamento di cui all’art. 2359 c.c.
Pertanto, va respinta la censura proposta dalla ricorrente avverso la clausola contenuta nel bando di gara.

Secondo quanto stabilito dal medesimo bando con riferimento alla ‘documentazione’, ogni concorrente ha presentato ‘a pena di esclusione’, a corredo dell’offerta, copia del “.. Patto di integrità sottoscritto dal legale rappresentante dell’impresa concorrente ovvero dai legali rappresentanti delle imprese concorrenti in caso di ATI come da modello allegato al presente bando”. Con la sottoscrizione di tale documento, tra l’altro, l’impresa concorrente ed il Comune di Milano si sono impegnati a “.. conformare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza ..” oltre che a non assumere condotte corruttive. L’impresa partecipante alla gara, inoltre, sottoscrivendo il Patto si è impegnata a “.. segnalare al Comune di Milano qualsiasi tentativo di turbativa, irregolarità o distorsione nelle fasi di svolgimento della gara .., da parte di ogni interessato o addetto o di chiunque possa influenzare le decisioni relative alla gara ..” ed ha dichiarato che “.. non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara per limitare in alcun modo la concorrenza”.

Dal tenore degli atti indicati emerge chiaramente che l’Amministrazione comunale ha preso in considerazione ipotesi di esclusione ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 10, comma 1- bis, legge n. 109/94, facendo riferimento a principi generali (lealtà, trasparenza, correttezza, dovere di non accordarsi con altri partecipanti alla gara per limitare la concorrenza) richiamati nel Patto di integrità. E, richiamato quanto detto sopra, anche nel caso di specie non può disconoscersi il potere del Comune di disporre l’esclusione dalla gara in applicazione dei principi generali di segretezza delle offerte e di par condicio dei concorrenti (come sopra precisato).

Ciò chiarito occorre verificare se dagli elementi di fatto presi in considerazione dalla Commissione e dagli accertamenti compiuti dall’Amministrazione possa trarsi il convincimento che, nel caso concreto, siano stati violati i principi indicati.

Come emerge dal verbale in atti, la Commissione di gara ha ritenuto violato il principio di segretezza avendo riscontrato elementi idonei ad alterare la serietà e l’indipendenza delle offerte presentate dalle concorrenti D., A. ed E.. Gli elementi che, a parere della Commissione, inducono a far presumere l’esistenza di forme di collegamento sostanziale tra le imprese citate, sono i seguenti:

- le dichiarazioni di cui al punto 1) del bando di gara, la dichiarazione sostitutiva del casellario giudiziale, la dichiarazione di cui al punto 4) del bando di gara e la dichiarazione di subappalto, presentano il medesimo difetto di stampa, infatti, in alcune righe i caratteri non risultano stampati integralmente ma troncati nella parte inferiore;
- le buste contenenti i plichi hanno la stessa dimensione e colore, e presentano la stessa impostazione grafica e le dichiarazioni relative all’ottemperanza al disposto della legge n. 68/99, per la quale non esistono modelli predisposti dal Comune di Milano, sono state inserite nella domanda di partecipazione con la stessa formulazione e la medesima progressione, dalle società A. ed E.;
- le Polizze Fidejussorie, presentate quale cauzione provvisoria dalla A. e dalla E., sono state rilasciate dalla medesima compagnia di assicurazioni e dalla stessa agenzia, nel medesimo giorno e con un numero progressivo successivo;
- dalle dichiarazioni sostitutive del casellario giudiziale è risultato che V.R.F., direttore tecnico della A., e V.S., legale rappresentante nonché direttore tecnico della E., hanno la propria residenza a F., in via ..., indirizzo coincidente con la sede legale della E.;
- da accertamenti anagrafici è risultato che V.S. è il padre di V.R.F.;
- dagli atti d’ufficio è risultato che: Ventura Angelo, amministratore unico della A., è proprietario di una quota pari al 4% della D.; V.R.F., nipote di V.A. nonché direttore tecnico della A., è proprietario di una quota pari al 50% della D.; V.S., fratello di V.A., rappresentante legale e direttore tecnico della E., è proprietario di una quota pari al 50% della E. congiuntamente al nipote V.R., figlio di V.A.; le restanti quote della D. sono risultate essere di proprietà di V.G. per il 92%, il quale, da accertamenti anagrafici, è risultato essere fratello di V.A. e V.S., nonché zio di V.R. e V.R.F.

Ora, è chiaro che i vincoli familiari indicati e gli intrecci esistenti tra le società e i soggetti che, all’interno delle citate società, risultano proprietari di quote e ricoprono ruoli di massima importanza (quali, in particolare, quelli di amministratore e direttore tecnico), potrebbero anche non essere ritenuti sufficienti per affermare l’esistenza di un’ingerenza reciproca nell’attività delle diverse imprese (T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 dicembre 1998, n. 600) e, quindi, insufficienti per considerare violato il principio di segretezza delle offerte. Nel caso di specie, però, il Collegio ritiene che tali circostanze, valutate alla luce degli altri elementi oggettivi presi in considerazione dalla Stazione appaltante, possano indurre a ritenere esistente un collegamento sostanziale tra le imprese escluse, tale da far presumere violati i principi di segretezza delle offerte e di par condicio dei concorrenti e, conseguentemente, di mettere in pericolo la correttezza della gara. In tal senso depongono gli elementi e le circostanze di fatto presi in considerazione dalla Commissione di gara e confermati dalla documentazione in atti.

La ricorrente, in generale, non contesta tali elementi di fatto relativi alle formalità e agli adempimenti inerenti alla presentazione delle offerte, ma li ritiene irrilevanti, affermando, in particolare, che le analogie e le similitudini riscontrate nella compilazione delle dichiarazioni rese dalle partecipanti sarebbero dovute ai moduli predisposti dal Comune di Milano.
Sotto questo profilo la ricorrente ha avanzato anche istanze istruttorie tese ad acquisire le dichiarazioni prodotte dalle concorrenti, per dimostrare che tutte le partecipanti che hanno compilato i moduli con stampanti laser hanno presentato dichiarazioni con caratteri troncati nella parte inferiore.

L’istanza istruttoria è superflua e la tesi della ricorrente, oltre che non dimostrata, risulta infondata, poiché dalla documentazione prodotta in giudizio emerge che i moduli predisposti dal Comune non presentano alcuna anomalia, mentre è il riempimento degli spazi vuoti, eseguito a cura delle concorrenti, che presenta l’anomalia riscontrata (lettere troncate nella parte inferiore).

In conclusione, alla luce dell’esame complessivo delle circostanze emerse in sede di gara, il Collegio ritiene ragionevole il sospetto sorto in capo alla Stazione appaltante, circa il fatto che le diverse imprese indicate conoscessero le rispettive offerte e che, quindi, fosse necessario escluderle al fine di evitare che fosse messa in pericolo la regolarità della gara.

Per i motivi sopra espressi deve ritenersi, inoltre, irrilevante il fatto che l’Amministrazione non abbia eseguito indagini e prove di resistenza al fine di verificare l’incidenza sulla gara del collegamento tra le due imprese. La prova circa la violazione dei principi generali citati, infatti, è da ritenersi sufficiente per escludere dalla gara i concorrenti collegati, anche se l’esclusione comporta un restringimento del numero dei partecipanti, poiché l’interesse alla regolarità della gara prevale sull’interesse ad avere un’ampia partecipazione alla stessa.

Passando a considerare il motivo di ricorso (III°) con il quale si contesta la legittimità del provvedimento di incameramento della cauzione, va osservato che con lo stesso si deduce: 

violazione e falsa applicazione del bando di gara e dell’alleato patto di integrità; 
eccesso di potere; 
difetto di presupposti; ingiustizia ed illogicità manifesta e travisamento dei fatti. 

In sostanza, la ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento di incameramento della cauzione in quanto, non sussistevano le condizioni di fatto ed i presupposti giuridici per adottare tale provvedimento.

Tale motivo di ricorso è fondato e va accolto.

A differenza del provvedimento di esclusione, il provvedimento di incameramento della cauzione non mira a tutelare direttamente la regolarità della gara, ma a sanzionare il comportamento scorretto del soggetto cui è destinato.
Come è noto, le sanzioni amministrative consistono in provvedimenti irrogati nei confronti di soggetti che commettono un illecito amministrativo. L’illecito amministrativo si concretizza attraverso la violazione di un precetto posto a tutela dell'ordinamento amministrativo (in particolare, degli interessi pubblici la cui tutela è affidata alla pubblica amministrazione). La sanzione è la conseguenza sfavorevole dell’illecito, che viene applicata coattivamente dalla pubblica amministrazione e costituisce la misura retributiva e afflittiva irrogata nei confronti del trasgressore.

In assenza di norme specifiche, i principi generali in materia vanno desunti dalla Costituzione e dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che detta criteri di tipo garantistico, sul modello descritto dalla legislazione penale.
Ora, la Costituzione stabilisce il principio di riserva di legge in materia di sanzioni, prevedendo all’art. 25, comma 2 Cost., che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata un vigore prima del fatto commesso”.
L’art. 1 della legge n. 689/81, ribadisce il principio di legalità - con i corollari della tassatività, tipicità e nominatività delle sanzioni amministrative – stabilisce che a nessuno può essere irrogata una sanzione amministrativa se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

In generale, quindi, è indispensabile una previsione legislativa al fine di prevedere una sanzione e attribuire il potere di irrogarla.

Nel caso di specie, il provvedimento di incameramento della cauzione ed il relativo potere esercitato dalla Stazione appaltante risultano basati sullo strumento offerto dal Patto di integrità, in base al quale, a parere della parte resistente, l’Amministrazione avrebbe potuto applicare una ‘pena privata’, come pattuito con la concorrente in caso di violazione del Patto.

Ma, anche visto sotto questo profilo, va rilevato che tale Patto prevede l’incameramento della cauzione solo con riferimento alla violazione degli impegni ‘anti-corruzione’ e non per le altre ipotesi ivi indicate (tra le quali quella oggetto di causa). Né assume particolare importanza la circostanza (rappresentata dall’Amministrazione) che il Patto sia stato tradotto dall’inglese e, quindi, rechi un’imprecisione nella parte in cui limita la possibilità di applicare la sanzione indicata alla sola ipotesi di violazione degli impegni anti-corruzione. E’ evidente, infatti, che in sede giudiziale può essere utilizzata solo la versione italiana sottoscritta dalla concorrente, da interpretare nel senso dalla stessa reso palese.

Pertanto, il provvedimento risulta illegittimo e va annullato.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato, nei limiti sopra indicati.

Sussistono validi motivi – legati alla complessità delle questioni trattate ed alla soccombenza reciproca - per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Amministrativo per la Lombardia, Sezione Terza:

in parte accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla il provvedimento di incameramento della cauzione;
respinge il ricorso nella parte in cui si chiede l’annullamento del provvedimento di esclusione della ricorrente dalla gara;
dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa;
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio dell’11 marzo 2003, con l'intervento dei magistrati:

dott. Italo Riggio - Presidente
dott. Domenico Giordano– Cons.
dott. Roberto Proietti - Ref. Estensore