LAVORI PUBBLICI - 068
Consiglio di Stato, sezione V, 24 aprile 2002, n. 2209
In materia di distinzione tra appalto di lavori e appalto di servizi (nel caso di specie manutenzione e adeguamento di ascensori).
La manutenzione degli ascensori non pare possa attribuirsi ai servizi di manutenzione di cui al decreto legislativo n. 157 del 1995.
Più conforme a logica e rispondente agli intenti che sembrano aver pervaso il legislatore, nazionale e comunitario, risulta la riconduzione ai “lavori pubblici” dell’attività di manutenzione.

REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8621 del 2001 proposto dalla Provincia di Milano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti L.F. e G.P. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in ...

contro

la O. s.p.a., non costituita in giudizio,

e nei confronti

della S. s.r.l., in persona del suo amministratore delegato, rappresentata e difesa dagli avv.ti G.C. ed U.F.i ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in ...

per l'annullamento

della sentenza n. 3131 del 20 aprile 2001 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per Lombardia, Milano, Sezione III;

Visto il ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della S. s.r.l.;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore il Consigliere Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 14 dicembre 2001 per le parti gli avv.ti F., P. e F.I;
Visto il dispositivo della presente decisione, n. 708 pubblicato il 19 dicembre 2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

In data 19 aprile 1999 la Provincia di Milano bandiva un’asta pubblica per l’affidamento dei lavori di manutenzione degli impianti elevatori, montacarrozzelle e affini, installati presso gli edifici scolastici provinciali e il Provveditorato agli Studi di Milano, per un importo a base d’asta pari a £ 1.209.000.000 e una durata complessiva fissata in 36 mesi.
Il bando prevedeva che l’aggiudicazione avvenisse mediante il criterio delle offerte segrete al ribasso, formulato in percentuale, sull’importo dei lavori, con le modalità di cui all’art. 21, commi 1 e 1-bis, della legge n. 109 del 1994, come modificata dalla legge n. 216 del 1995 e dalla legge n. 415 del 1998.

Nel medesimo bando si stabiliva espressamente che la procedura di esclusione automatica per anomalia dell’offerta sarebbe stata esercitata qualora il numero delle offerte valide fosse risultato almeno pari a cinque e che si sarebbe proceduto all’esclusione del 10% delle offerte valide tanto nel calcolo della media dei ribassi quanto nel calcolo dello scarto.

In applicazione delle disposizioni suddette, la O. s.p.a., attuale appellata, veniva esclusa dalla gara, che restava aggiudicata in favore della società S. s.r.l.
La O. s.p.a. proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia contro l’atto di esclusione, il verbale del 24 maggio 1999, il bando di gara ed ogni altro atto presupposto o conseguenziale, lamentando l’erronea applicazione della disciplina relativa ai lavori pubblici, vale a dire della legge n. 109/94, come successivamente modificata, in luogo di quella sui servizi, che in caso di offerte anomale non prevede l’esclusione automatica ma la richiesta di giustificazioni.

Con la sentenza impugnata, Il Tribunale, disattese le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità, accoglieva il ricorso, rilevando che l’appalto in esame doveva essere qualificato come di servizi, e non di lavori.

Avverso la suddetta pronunzia di primo grado sono insorte con l’appello in trattazione l’Amministrazione provinciale e la ditta aggiudicataria, le quali, oltre a contrastare nel merito, le argomentazioni dei giudici di prime cure, circa la non riconducibilità ai lavori pubblici dell’attività in questione, hanno riproposto le eccezioni di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso di primo grado proposto dalla O. s.p.a..
La società appellata non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2001 la causa è stata introitata per la decisione, sentiti i difensori presenti.

DIRITTO

La controversia verte essenzialmente sulla qualificazione da attribuirsi all’appalto in questione, avente ad oggetto, testualmente, i “lavori di manutenzione degli impianti elevatori, montacarrozzelle e affini installati presso gli edifici scolastici provinciali e il Provveditorato agli Studi di Milano”.
Dalla qualificazione della procedura, come appalto di lavori ovvero appalto di servizi, deriva l’applicazione di una diversa disciplina relativa alle offerte anomale, dovendosi procedere nell’un caso all’esclusione automatica della concorrente - come si è verificato nella specie a carico dell’appellata - nell’altro, invece, alla richiesta di giustificazioni dell’offerta ed alla loro valutazione.
Con la sentenza impugnata, i giudici di prime cure, disattese le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità, hanno accolto il ricorso proposto dall’attuale appellata, sul convincimento che l’appalto in esame debba essere qualificato come di servizi, e non di lavori.

Di questa stessa gara si è già occupata questa Sezione su appelli proposti dall’Amministrazione e dall’aggiudicataria per l’annullamento della sentenza (n. 4418 del 16 giugno 2000) con la quale il T.A.R. Lombardia, Sez. III, ha accolto, per il medesimo motivo, il ricorso proposto da altra concorrente avverso la sua esclusione.
In proposito, con decisione n. 2518 del 4 maggio 2001, si è fatto riferimento all’art. 2, comma 1, della legge n. 109 del 1994, che annovera espressamente tra i lavori pubblici le attività di “restauro e manutenzione di opere ed impianti”, nonché all’allegato 1 del D.Lgs. n. 157 del 1995, in materia di appalti pubblici di servizi, il quale, nella versione applicabile, per quanto concerne i servizi di manutenzione e riparazione, fa riferimento a voci della C.P.C. (Central Product Classification), corrispondenti ai numeri 6112, 6122, 633,886, aventi ad oggetto veicoli a motore, motocicli e gatto delle nevi, articoli personali e domestici, prodotti metallici, macchinari e attrezzature.

Si è rilevato che si tratta di voci che, almeno nella loro immediatezza, “non sembrano poter trovare applicazione nella fattispecie in argomento e che paiono rispondere ad una logica di tassatività (appare verosimile che il Legislatore, alla stregua del dettato comunitario, abbia optato per un’elencazione tassativa proprio al malcelato fine di evitare, nei limiti del possibile, questioni sulla qualificazione delle innumerevoli attività di carattere manutentivo e quindi i connessi problemi in ordine alla normativa applicabile), portando dunque ad escludere che possano considerarsi manutenzioni rientranti tra gli appalti di servizi attività relative ad impianti non compresi nei numeri indicati”.

Né sembra”, si è osservato, “che la manutenzione de qua, attesa la sua indubbia specificità, possa essere fatta comodamente rientrare nel generale riferimento ai «macchinari e attrezzature» o, ancor più, nell’ambito della voce residuale degli «altri servizi» (n. 96 CPC), posto che in tale voce devono necessariamente ricomprendersi solo le attività diverse da quelle di cui alle 26 categorie espressamente elencate negli allegati al decreto legislativo 157/95, e quindi non i servizi di manutenzione e riparazione”.

A conforto della conclusione che vanno ricomprese nella nozione di lavori pubblici di cui all’art. 2 della L. 109/94 tutte le attività di manutenzione diverse da quelle espressamente previste dai citati numeri della CPC e pertanto anche la complessa attività di manutenzione in argomento, si è attribuita portata decisiva all’art. 3 del D.Lgs. 157/95, il quale, nella versione vigente alla data della gara, prevedeva che gli appalti che, insieme alla prestazione di servizi, comprendono anche l’esecuzione di lavori, sono considerati appalti di servizi qualora i lavori assumano funzione accessoria rispetto ai servizi, siano complessivamente di importo inferiore al 50% del totale e non costituiscano l’oggetto principale dell’appalto.

Nel caso in esame, si è constatato, “la sola lettura delle disposizioni del capitolato consente di rilevare che nell’insieme delle prestazioni richieste all’appaltatore è contemplata soprattutto una serie di interventi di adeguamento, sostituzione e riparazione, riconducibili chiaramente al concetto di «lavori», e che non appaiono in posizione accessoria o strumentale, né economicamente, né funzionalmente, con l’attività di controllo dell’efficienza degli ascensori, tipicamente includibile invece nei «servizi»”.
Si tratta, in particolare, di attività, su base pluriennale o annuale, riferite all’adeguamento degli impianti elettrici elevatori a norma (legge n. 46/90), all’installazione di impianti di comunicazione di sicurezza ed emergenza, ad interventi di riparazione e riqualificazione in genere, alla manutenzione straordinaria omnicomprensiva e alla sostituzione di parti complete.

Se dunque è vero che il complesso quadro normativo sembra imporre di verificare concretamente, al di là del nomen iuris attribuito alle tipologie di attività contemplate dall’appalto, la prevalenza economica delle prestazioni riconducibili ai servizi o di quelle ascrivibili ai lavori, le censurate argomentazioni della sentenza impugnata - che non ha applicato, come doveroso, il predetto criterio della prevalenza economica al valore dei servizi e dei lavori unitariamente considerati, ma ha preventivamente distratto dall’ambito di questi ultimi quelli ritenuti “accessori"  non sembrano in effetti cogliere nel segno.
Più conforme a logica e rispondente agli intenti che sembrano aver pervaso il legislatore, sia nazionale che comunitario, risulta la riconduzione ai “lavori pubblici” dell’attività di manutenzione in questione.

Poiché non v’è ragione per dissentire dalle riportate considerazioni, né, in mancanza di costituzione in giudizio dell’appellata, sono stati dedotti argomenti idonei a confutarle, l’appello principale e quello incidentale adesivo dell’aggiudicataria, che su di esse si fondano, devono essere accolti, con conseguente reiezione, in riforma dell’appellata sentenza, del ricorso proposto in primo grado.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio, attesa la complessità della questione, possono compensarsi tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 dicembre 2001 con l'intervento dei Signori:

Alfonso Quaranta - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Paolo Buonvino - Consigliere
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Filoreto D’Agostino - Consigliere