LAVORI PUBBLICI - 035
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 12 gennaio 2001, n. 805 (dispositivo n. 6) (Pres. Giovannini - est. Maruotti)
Se nel corso della gara sono ammesse varie Imprese prive dei requisiti e le cui offerte sono state considerate per la determinazione della soglia di anomalia, qualora col ricorso si censuri l’illegittima ammissione dell'Impresa aggiudicataria prospettando che la ricorrente avrebbe titolo all’aggiudicazione in luogo dell’aggiudicataria, sussiste l’interesse strumentale a ricorrere ma sussistono anche i medesimi vizi degli atti di ammissione delle altre Imprese le cui offerte sono state decisive per il calcolo della soglia di anomalia - L’illegittimità delle ammissioni può essere dedotta dall'aggiudicataria (con ricorso incidentale) al fine di far accertare se la ricorrente sia titolare di un effettivo interesse, ovvero può essere accertata dall’Amministrazione, titolare del potere di autotutela la quale (a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione) può verificare se tutti gli atti di gara siano legittimi alla luce dei principi enunciati dal giudice amministrativo - Se la ricorrente deduce che l’aggiudicataria andava esclusa perché priva dei requisiti, nel caso di annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione l'amministrazione, in sede di rinnovazione degli atti di gara, può escludere le Imprese che versino nella identica situazione di quella già risultata aggiudicataria in base al provvedimento annullato.
Essendovi un evidente interesse pubblico per la legittima determinazione della soglia di anomalia, in sede di rinnovazione degli atti l’Amministrazione può escludere le Imprese prive dei requisiti e le cui offerte siano state decisive per la individuazione di tale soglia, dal momento che il provvedimento finale, emesso in sede di esecuzione della sentenza amministrativa, deve risultare legittimo e non solo immune dai vizi già riscontrati in sede giurisdizionale.
Tale soluzione preclude radicalmente che la ricorrente in sede giurisdizionale possa influire sull’esito della gara, mediante la contestazione dell’ammissione di una o più Imprese al fine di fare rideterminare la soglia di anomalia in modo tale che la propria risulti la migliore tra quelle non anomale.
In considerazione del potere di autotutela l’Amministrazione può rivedere le posizioni delle altre Imprese (e rideterminare, conseguentemente, la soglia di anomalia) qualora effettivamente esse versino in una situazione identica a quella dell’aggiudicataria.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) ha pronunciato la seguente sentenza

sul ricorso in appello n. 6712 del 2000, proposto dal Comune di Civitavecchia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato G.A.P., col quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla via ..., presso lo studio dell’avvocato R.V.,

contro

il C.R.C.P.L. (appellante incidentale), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F.P. e S.V., ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via ..., presso lo studio dell’avvocato S.V.;

e nei confronti

della Impresa M.G.A. Costruzioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione II, 11 maggio 2000, n. 3911;

Visto il ricorso principale in appello, con i relativi allegati;
Visto il ricorso incidentale del C.R.C.P.L.;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Visto l’art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti all’udienza del 12 gennaio 2001;
Udito l’avvocato G.A.P. per l’appellante principale e l’avvocato F.P. per l’appellante incidentale;
Considerato che la Sezione ha già depositato il dispositivo della presente decisione, cui segue il deposito della seguente motivazione;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con un bando di data 11 novembre 1999, il Comune di Civitavecchia ha indetto una licitazione privata per l’affidamento dei lavori di bonifica e di riconversione del tratto terminale del bacino idrografico del Fosso della Fiumaretta.
Il Comune, col successivo provvedimento di data 28 dicembre 1999, ha aggiudicato i lavori alla impresa M.G.A. Costruzioni.

2. Col ricorso n. 1922 del 2000, proposto al T.A.R. per il Lazio, il C.R.C.P.L. ha impugnato l’atto di aggiudicazione e gli atti presupposti, rilevando che l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere l’Impresa risultata aggiudicataria e che, conseguentemente, il ricorrente medesimo avrebbe avuto titolo all’aggiudicazione.
Nel corso del giudizio, il C.R.C.P.L. ha chiesto altresì la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti.

Con la sentenza n. 3911 del 2000, il T.A.R.:
- ha accolto il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati, rilevando che l’Impresa aggiudicataria non era in possesso di tutti i requisiti prescritti dal bando di gara;
- ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, poiché formulata con una memoria non notificata;
- ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

3. La sentenza del TAR è stata impugnata:
a) con l’appello principale, dal Comune di Civitavecchia, il quale ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile o infondato;
b) dal C.R.C.P.L. ricorrente in primo grado, il quale ha chiesto che sia ritenuta ammissibile e fondata la domanda di risarcimento del danno.

Nel corso del giudizio, l’appellante principale e l’appellante incidentale hanno illustrato le loro argomentazioni ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
Non si è costituita in giudizio l’impresa risultata aggiudicataria della gara.

4. All’udienza del 12 gennaio 2001 la causa è stata trattenuta per la decisione e la Sezione ha pubblicato il dispositivo, ai sensi dell’art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205

DIRITTO

1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità degli atti con cui il Comune di Civitavecchia ha aggiudicato all’Impresa controinteressata in primo grado i lavori di bonifica e di riconversione del tratto terminale del bacino idrografico del Fosso della Fiumaretta.
Il Comune ha indetto la gara col bando dell’11 novembre 1999 ed ha aggiudicato i lavori con il successivo provvedimento di data 28 dicembre 1999.
Col ricorso di primo grado, gli atti di gara sono stati impugnati innanzi al T.A.R. per il Lazio dal C.R.C.P.L. (ora appellante incidentale), il quale ha dedotto che l’aggiudicazione doveva essere disposta in suo favore, poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere l’Impresa aggiudicataria.
Nel corso del giudizio, il C.R.C.P.L. ha depositato una memoria, con cui ha chiesto anche la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti.

Con la sentenza gravata, il T.A.R.:
- ha accolto il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati, rilevando che l’Impresa aggiudicataria non era in possesso di tutti i requisiti prescritti dal bando di gara;
- ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, poiché formulata con una memoria non notificata.

La sentenza è stata impugnata:
a) con l’appello principale, dal Comune di Civitavecchia, il quale ha chiesto che il ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile o infondato;
b) con l’appello incidentale, dal C.R.C.P.L., il quale ha chiesto che sia ritenuta ammissibile e fondata la domanda di risarcimento del danno.

2. Col primo motivo dell’appello principale, il Comune di Civitavecchia ha dedotto che il T.A.R. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso di primo grado, poiché:
- il C.R.C.P.L. ha dedotto che il bando prescriveva i requisiti dell’iscrizione nell’albo nazionale dei costruttori per le tre categorie (G8, G3 e G1) e che, pertanto, l’Impresa aggiudicataria doveva essere esclusa perché iscritta in una sola delle tre medesime categorie;
- risulta che altre due Imprese hanno partecipato alla gara, versando in situazione identica a quella dell’aggiudicataria, perché non risultano iscritte per tutte le categorie;
- la rideterminazione della soglia di anomalia delle offerte (non calcolando quella dell’aggiudicataria e quelle delle altre due Imprese che non potevano essere ammesse, nel caso di fondatezza del ricorso) avrebbe comportato l’anomalia della stessa offerta del C.R.C.P.L. ricorrente;
- anche se l’Amministrazione resistente non può proporre un ricorso incidentale avverso un proprio atto (nella specie, gli atti di ammissione delle altre due Imprese non iscritte nelle tre categorie), il T.A.R. avrebbe dovuto comunque esaminare la questione se la fondatezza della censura del C.R.C.P.L. gli avrebbe potuto far conseguire la contestata aggiudicazione.

Pertanto, secondo l’assunto, il T.A.R. prima di esaminare la fondatezza del ricorso originario avrebbe dovuto esaminare l’eccezione in tal senso formulata in primo grado.
Il C.R.C.P.L. sul punto si è difeso rilevando la correttezza della sentenza impugnata, per la quale, in assenza di impugnazioni rivolte contro gli atti di ammissione della gara delle altre due Imprese in ipotesi prive dei prescritti requisiti di partecipazione, la soglia di anomalia delle offerte (nel caso di accertata fondatezza del ricorso di primo grado) andrebbe ricalcolata senza calcolare la sola offerta dell’Impresa aggiudicataria, restando ferma la rilevanza delle offerte delle altre due Imprese che si trovano in posizione identica.

3. Ritiene la Sezione che tale motivo d’appello ha evidenziato l’erroneità della ratio decidendi della statuizione del T.A.R. in ordine all’eccezione di inammissibilità del ricorso.

Se nel corso della gara d’appalto sono ammesse varie Imprese, prive dei prescritti requisiti e le cui offerte sono state considerate per la determinazione della c.d. soglia di anomalia, qualora col ricorso avverso gli atti di gara si censuri l’illegittima ammissione della sola Impresa risultata aggiudicataria e si prospetti che la ricorrente avrebbe titolo all’aggiudicazione in luogo dell’aggiudicataria, da un lato va considerato sussistente l’interesse strumentale a ricorrere e dall’altro conservano rilievo gli eventuali vizi degli atti di ammissione alla gara delle altre Imprese, le cui offerte sono state decisive per il calcolo della soglia di anomalia.
L’illegittimità di tali atti di ammissione:
- può essere dedotta, in linea di principio, dalla stessa aggiudicataria, con un formale ricorso incidentale, al fine di far accertare in sede giurisdizionale se l’Impresa ricorrente sia titolare di un effettivo interesse;
- può essere accertata dall’Amministrazione, quale titolare del suo generale potere di autotutela, in base al quale (a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione e in sede di emanazione degli atti ulteriori) essa può verificare se tutti gli atti di gara siano legittimi, alla luce dei principi enunciati dal giudice amministrativo.

In altri termini, se l’Impresa ricorrente (come è avvenuto nella specie) deduce che l’aggiudicataria andava esclusa perché priva dei requisiti prescritti dal bando, in ogni caso conservano rilevanza i profili di illegittimità degli atti che hanno ammesso alla gara le altre Imprese: nel caso di annullamento dell’aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, in sede di rinnovazione degli atti di gara l’Amministrazione può escludere le Imprese che versino nella identica situazione di quella già risultata aggiudicataria in base al provvedimento oramai annullato.

A maggior ragione, essendovi un evidente interesse pubblico per la legittima determinazione della c.d. soglia di anomalia, in sede di rinnovazione degli atti l’Amministrazione può escludere le Imprese prive dei prescritti requisiti e le cui offerte siano state decisive per la individuazione di tale soglia, dal momento che il provvedimento finale, emesso in sede di esecuzione della sentenza amministrativa, deve risultare obiettivamente legittimo e non solo immune dai vizi già riscontrati in sede giurisdizionale.

Del resto, tale soluzione preclude radicalmente che l’Impresa ricorrente in sede giurisdizionale possa influire sull’esito della gara, mediante la contestazione dell’ammissione di una o più Imprese al dichiarato fine di fare rideterminare la soglia di anomalia in modo tale che la propria risulti la migliore tra quelle non anomale.

Ciò comporta che l’eccezione formulata dal Comune (e reiterata con l’appello) va respinta per la parte in cui ha chiesto che il ricorso originario sia dichiarato inammissibile, poiché essa non ha di per sé sollevato una questione concernente l’ammissibilità del ricorso originario:
- il C.R.C.P.L. ricorrente, quale titolare di un interesse strumentale, ben poteva dedurre l’illegittimità della aggiudicazione, perché disposta in favore di una Impresa priva dei prescritti requisiti;
- poiché nel corso del giudizio di primo grado l’Impresa controinteressata non ha proposto alcun ricorso incidentale, e in mancanza di atti comunali di autotutela aventi per oggetto gli atti di ammissione alla gara, il ricorso originario risulta ammissibile.

Le deduzioni del Comune sono però fondate per la parte in cui hanno lamentato che il T.A.R. ha erroneamente delimitato i suoi poteri esercitabili nel caso di annullamento degli atti impugnati.
Proprio in considerazione del suo generale potere di autotutela, infatti, resta fermo il potere dell’Amministrazione di rivedere le posizioni delle altre due Imprese (e di rideterminare, conseguentemente, la soglia di anomalia), qualora effettivamente risulti che esse versano in una situazione identica a quella dell’Impresa risultata aggiudicataria (malgrado la mancata iscrizione nelle tre categorie previste nel bando).

4. Il Comune ha altresì dedotto che il ricorso di primo grado sarebbe inammissibile per la mancata impugnazione dell’atto n. 756 del 30 novembre 1999, che ha invitato le Imprese risultate «in possesso dei requisiti richiesti, con riserva di ulteriore verifica della documentazione presentata in sede di gara»: secondo l’assunto, la mancata impugnazione di tale atto precluderebbe l’esame delle censure formulate avverso gli atti di ammissione e di aggiudicazione disposti in favore della Impresa controinteressata in primo grado.

5. La deduzione va respinta per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, la stessa Amministrazione si è riservata di approfondire le questioni concernenti la sussistenza dei prescritti requisiti di partecipazione, sicché il successivo mancato riscontro di essi riguarda aspetti di legittimità dei successivi atti, di per sé senz’altro lesivi.
In secondo luogo, va fatta applicazione del principio generale per cui non è autonomamente impugnabile l’atto interno del procedimento, anche se di ammissione di una Impresa ad una gara, poiché l’attualità dell’interesse a ricorrere deriva dal provvedimento finale di aggiudicazione, concretamente lesivo.

6. Col secondo articolato motivo d’appello, è dedotto che:
- il bando di gara non richiedeva l’iscrizione all’albo nazionale per le tre categorie G8, G3 e G1;
- il T.A.R. avrebbe errato nell’interpretare il bando alla luce dell’art. 23, primo comma, del decreto legislativo n. 406 del 1991;
- il T.A.R. avrebbe altresì errato nel ritenere che sussistessero tutte le ragioni tecniche per richiedere l’iscrizione nelle tre categorie, poiché tale norma invece dispone che l’Amministrazione possa espressamente richiedere l’iscrizione in categorie diverse da quella prevalente, solo nel caso di comprovata presenza di motivi tecnici evidenziati in sede progettuale.

7. Ritiene la Sezione che tale motivo d’appello vada respinto, anche se ha posto in evidenza l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata.

7.1.Contrariamente a quanto ha ritenuto il TAR, il bando della gara va interpretato in base alle sue effettive prescrizioni riguardanti la categoria o le categorie di iscrizione nell’albo nazionale, mentre in sede giurisdizionale non può verificarsi se l’Amministrazione avesse o meno dovuto o potuto chiedere l’iscrizione nelle varie categorie in ragione di comprovati motivi tecnici.
Infatti, per la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. V, 26 giugno 1996, n. 803):
- l’art. 23, primo comma, ha attribuito alle Amministrazioni aggiudicatrici il potere di richiedere l’iscrizione all’albo nazionale dei costruttori non solo nella categoria prevalente, ma anche in altre categorie di lavori;
- la regola generale è quella della sufficienza dell’iscrizione all’albo nella sola categoria prevalente;
- il potere di cui al primo comma, tuttavia, può essere esercitato in presenza di «comprovati motivi tecnici evidenziati in sede progettuale», da cui deve risultare «indispensabile» tale determinazione al fine della corretta esecuzione del contratto.
L’Amministrazione, pertanto, può chiedere l’iscrizione in categorie diverse da quella avente il carattere prevalente, sulla base di un motivato provvedimento (espressione di un potere tecnico-discrezionale), da cui possano evincersi le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione ad avvalersi del relativo potere di chiedere ulteriori requisiti non stabiliti in termini generali dalla legge.
Ciò comporta che, non risultando tali espresse e specifiche valutazioni dell’Amministrazione, la sentenza impugnata non poteva trarre argomenti, per affermare la necessità dell’iscrizione delle tre categorie, dalla obiettiva complessità dei lavori da realizzare.
In mancanza di specifiche e tempestive impugnazioni rivolte avverso il bando di gara, in questa sede è del resto irrilevante ogni deduzione secondo la quale il bando avrebbe prescritto senza motivazione l’iscrizione nelle tre categorie.

7.2. Ciò posto, ritiene la Sezione che effettivamente il bando abbia prescritto per la partecipazione la contestuale iscrizione alle tre categorie G8, G3 e G1.
La pagina 1 dell’invito alla licitazione privata, sul punto, è chiara: senza alcun richiamo all’art. 23, primo comma, del decreto legislativo n. 406 del 1991, e senza neppure indicare quale potesse essere considerata la categoria prevalente, l’invito ha prescritto l’iscrizione nelle tre categorie «per partecipare alla gara».
Poiché è pacifico che l’Impresa risultata aggiudicataria non è in possesso di tali requisiti, è pertanto sostanzialmente corretta la statuizione del T.A.R. di annullamento degli atti con cui tale impresa è stata ammessa alla gara e ne è risultata aggiudicataria.

7.3. L’appello principale, nel suo complesso, risulta pertanto infondato e va respinto, nel senso che resta fermo l‘annullamento già disposto dal T.A.R. degli atti che hanno riguardato l’aggiudicataria.
L’Amministrazione, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 1034 del 1971, può emanare i provvedimenti ulteriori, esercitando i propri poteri di autotutela al fine di dare attuazione alle concrete previsioni del bando, in attuazione della regola della par condicio tra le imprese.

8. Deve ora passarsi all’esame dell’appello incidentale, con cui il C.R.C.P.L. originario ricorrente ha lamentato che il TAR avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la sua domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni, a seguito dell’emanazione degli atti risultati illegittimi.
Secondo l’assunto, dopo la proposizione del ricorso d’annullamento sarebbe possibile una mera emendatio libelli, con la quale si potrebbe chiedere, con una memoria non notificata, il risarcimento del danno subito in conseguenza del provvedimento impugnato: la domanda di risarcimento, così formulata, dovrebbe ammettersi «in un’ottica di superamento» della distinzione tra diritto e interesse legittimo, anche per ragioni di economia processuale.
Il C.R.C.P.L. ha conseguentemente svolto deduzioni per la determinazione concreta del risarcimento.

9. Osserva la Sezione che, contrariamente a quanto è stato dedotto nell’appello incidentale, non sussistono tutti i presupposti per affermare che l’aggiudicazione sarebbe dovuta spettare al C.R.C.P.L. originario ricorrente.
Per le ragioni sopra esposte al punto 3., e in considerazione dell’ampio dibattito svoltosi nel corso del presente giudizio, risulta che deve ancora accertarsi se l’offerta del C.R.C.P.L. debba o meno considerarsi anomala, in considerazione delle offerte formulate dalle Imprese da ammettere alla gara.
Solo a seguito di tale concreta verifica, e nella propria sede amministrativa, può verificarsi la fondatezza della deduzione del C.R.C.P.L., secondo cui esso doveva risultare aggiudicatario della gara.

10. Inoltre, va confermata la statuizione di inammissibilità della domanda, come pronunciata dal T.A.R.
In linea di principio, va considerata ammissibile la domanda di risarcimento del danno subito dal titolare di un interesse legittimo, formulata (con un atto ritualmente notificato al soggetto che si assume debitore) nel corso del giudizio da questi tempestivamente proposto avverso il provvedimento autoritativo.
Quando il provvedimento costituente espressione di un potere è impugnato entro il prescritto termine di decadenza innanzi al giudice amministrativo (in sede di giurisdizione esclusiva o di legittimità), ben può il ricorrente notificare una ulteriore domanda che, senza attendere l’esito del pendente giudizio di annullamento, sottoponga all’esame del giudice anche le questioni riguardanti la pretesa risarcitoria: tali questioni, per la loro stretta connessione e per esigenze di economia dei giudizi, possono essere decise contestualmente.
Nella specie, tuttavia, nel corso del giudizio di primo grado il C.R.C.P.L. originario ricorrente ha formulato la domanda risarcitoria (aggiuntiva e nuova rispetto a quella di annullamento, e non costituente una mera emendatio libelli), mediante il deposito di una memoria non notificata al Comune.
Per consentire l’adeguata difesa in giudizio del soggetto nei cui confronti è formulata la domanda di risarcimento del danno (e per fargli valutare quali siano le più opportune difese volte a contestare specificamente tale domanda), non trova eccezione la regola generale per cui qualsiasi domanda, rivolta al giudice amministrativo, risulta ammissibile (sia essa proposta a tutela di un diritto o di un interesse legittimo) solo se formulata con un atto ritualmente notificato alla controparte, nel rispetto dei principi sulla difesa e sul contraddittorio.
Ogni contraria tesi contrasta con i valori espressi dall’art. 24 della Costituzione e con le regole generali sulla notifica dei ricorsi giurisdizionali amministrativi, sempre sancite dalle leggi sulla giustizia amministrativa, ribadite dalle leggi n. 1034 del 1971 e n. 205 del 2000 e applicabili per qualsiasi domanda e senza alcuna eccezione, anche nei casi in cui sussista la giurisdizione piena o esclusiva del giudice amministrativo.

11. Per le ragioni che precedono, l’appello principale e quello incidentale vanno respinti e la sentenza impugnata va confermata, sia pure con diversa motivazione.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello principale n. 6712 del 2000 e respinge l’appello incidentale. Per l’effetto, conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 12 gennaio 2001, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giorgio Giovannini Presidente
Sergio Santoro Consigliere
Paolo Numerico Consigliere
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere