LAVORI PUBBLICI - 014
Consiglio di Stato, Sezione V, 3 febbraio 2000, n. 661
Circa i presupposti e le modalità in presenza delle quali l’amministrazione può legittimamente procedere all’annullamento in via di autotutela ed alla rinnovazione (totale o parziale) degli atti di gara preordinati all’aggiudicazione di un appalto - Il principio dell'autotutela è di carattere generale quale manifestazione tipica del potere amministrativo. Anche se le gare d'appalto di evidenza pubblica si fondano su atti tipici e conclusivi (tra i quali l'approvazione del verbale) finalizzati alla verifica della legittimità della scelta del contraente, resta sempre un potere generale di riesame anche successivo alla conclusione del procedimento.
L'autotutela resta subordinata ai seguenti principi giurisprudenziali: a) l'obbligo di motivazione, b) la presenza di ragioni di pubblico interesse non limitate al mero ripristino della legalità, c) la valutazione dell’affidamento della controparte nell'atto illegittimo tenendo conto del tempo trascorso, d) il rispetto del contraddittorio (anche con la comunicazione di avvio del procedimento),e) l’istruttoria completa.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, ha pronunciato la seguente decisione

sui ricorsi in appello:
a) n. 6680/1999 proposto dalla G., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avv. M. C. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. A. 
b) n. 8034/1999 proposto dal Comune di San Gimignano, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocato G. P. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del Dottor G.

contro

la V. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocato T. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio.

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana - Sezione II, n. 627 - pubblicata in data 9 giugno 1999

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Viste le proprie ordinanze n. 2007/1999 e 2340/1999, di sospensione della sentenza appellata, relativamente all’appello n.  6680/99;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 7 dicembre 1999, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli Avvocati;
Dato atto che è stato pubblicato, in data 10 dicembre 1999 con il n. 2088, il dispositivo della sentenza, ai sensi dell'art. 19, comma secondo, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella legge 23 maggio 1997, n. 135;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La sentenza impugnata, accogliendo il ricorso proposto dalla V, ha annullato i provvedimenti del responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale del Comune di San Gimignano, n. 174 del 10 dicembre 1998 e n. 177 del 14 dicembre 1988, recanti:

a) l'autoannullamento della precedente determinazione n. 165/1998, concernente l'aggiudicazione dell'appalto di lavori per la realizzazione di un parcheggio comunale;
b) la contestuale nuova aggiudicazione del contratto alla G. s.r.l.

Gli appellanti deducono l'infondatezza dell'originario ricorso.

L'appellata resiste ai gravami, contestandone l'ammissibilità.

DIRITTO

Gli appelli, proposti contro la stessa sentenza, possono essere riuniti.
In data 25 novembre 1998, si svolgeva il pubblico incanto, indetto dal Comune di San Gimignano, per l'aggiudicazione dei lavori concernenti la realizzazione di un parcheggio in località Santa Chiara, per un importo a base d'asta di lire 2.090.000.000. Alla gara partecipavano 55 ditte. Preliminarmente, veniva disposta l'esclusione di 18 concorrenti, fra cui la T.B. s.r.l., per mancata produzione del documento di cui al punto 10 del bando di gara (fotocopia di un valido documento di riconoscimento, non autenticato, del legale rappresentante firmatario dell'offerta). Il Presidente della Commissione di gara faceva presente che, per errore, era stata aperta anche la busta contenente l'offerta di tale ditta. Peraltro, il verbale d'asta precisava quanto segue: "si procede immediatamente alla chiusura di detta busta ed al suo reinserimento nella busta contenente gli altri documenti, senza che in alcun modo ne sia stata presa visione e data lettura del contenuto".

3. Calcolata la soglia aritmetica dell'anomalia ( - 23,4067%), il seggio di gara procedeva alla esclusione delle offerte anomale, fra cui quella proposta dalla G. s.r.l. (-25, 12%), ed aggiudicava l'appalto alla ditta V., autrice dell'offerta più bassa (-23,17%), collocata al primo posto della graduatoria.
Con provvedimento n. 165 del 30 novembre 1998, il responsabile dell'Ufficio Tecnico approvava il verbale dell'asta pubblica.

4. Successivamente, l'amministrazione, sulla base di un esposto della ditta T. B. (telegramma del 3 dicembre 1998), riesaminava la documentazione allegata all'offerta e, dopo aver ritrovato il documento richiesto dal punto 10 del bando, "spillato" su altre pagine, procedeva all'annullamento della precedente determinazione n. 165/1998, con provvedimento del responsabile dell'Ufficio tecnico n. 174 del 10 novembre 1998, ed alla conseguente ripetizione della gara, svolta il giorno 11 dicembre 1998.
In tale nuova fase, la commissione, riesaminando l'offerta della T.B., dava atto che "da verifica di ufficio fatta da parte della Commissione di gara sui documenti, i quali erano conservati in luogo sicuro accessibile ai soli membri della stessa Commissione (armadio chiuso a chiave) risultava allegata" la documentazione richiesta dal bando. Quindi, determinava la nuova soglia di anomalia delle offerte (25,24119%), includendo nel calcolo anche quella della T.B. Di conseguenza, l'appalto veniva aggiudicato alla G., autrice del massimo ribasso ( - 25,12%), al di sotto della nuova soglia di anomalia delle offerte.
Gli atti della nuova gara venivano approvati con determinazione del responsabile dell'Ufficio Tecnico, n. 177 del 14 dicembre 1998.

5. Il provvedimento di autotutela e la nuova aggiudicazione sono stati annullati dal tribunale, in accoglimento delle censure proposte dalla ditta V.
A dire dei giudici di primo grado, "l'astratta possibilità dell'alterazione degli esiti della gara per il caso di riapertura di una gara ormai chiusa, in un giorno diverso da quello in cui la gara stessa si era celebrata, è sufficiente ad inficiare il risultato finale della procedura concorsuale effettuata".

6. In linea preliminare, la V. deduce l'irritualità degli appelli.
Con riguardo all'appello della G., l'appellata fa presente che l'atto è stato notificato non nel domicilio eletto e nemmeno in quello reale della parte, ma "presso la Segreteria Generale del TAR per la Toscana", in data 7 luglio 1999.

L'eccezione è infondata.

Anche a voler ritenere "inesistente" la notifica dell'appello alla Ditta V., resterebbe ferma la valida notifica dell'impugnazione al comune di San Gimignano. Ciò determinerebbe non già l'inammissibilità dell'appello, ma solo l'onere di provvedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti necessarie del giudizio, nel termine fissato dal giudice. In concreto, però, non vi è alcuna necessità di disporre tali incombenti, perché la Ditta V. si è comunque costituita in giudizio e l'appellante ha già provveduto a rinnovare la notifica.

7. In ogni caso, nella specie, si è verificata non già un'ipotesi di radicale inesistenza giuridica della prima notificazione effettuata nei confronti della V., ma un caso di semplice nullità, ritenuta pacificamente sanabile (con efficacia retroattiva), in dipendenza della costituzione in giudizio della parte intimata o della tempestiva rinnovazione dell'originario atto di impugnazione.

Infatti, secondo un orientamento interpretativo indiscusso in giurisprudenza la notificazione in un luogo diverso da quello prescritto e' affetta non da giuridica inesistenza, ma da nullità (art. 160 c.p.c.), con la conseguenza che la costituzione della parte convenuta è munita di valore sanante ex tunc rispetto ai vizi che ineriscano non alla citazione, ma alla sua notificazione; la rinnovazione della notifica, ovvero la costituzione dell'intimato, con efficacia equipollente, "impediscono la decadenza"(Cassazione civile, sez. I, 27 settembre 1996, n. 8526; Cassazione civile, sez. III, 23 giugno 1997, n. 5575; Cassazione civile sez. I, 10 giugno 1992 n. 7146; Cassazione civile, sez. lavoro, 30 ottobre 1990, n. 10461).

Nel presente giudizio di appello, la Ditta V. si è costituita in giudizio: tale circostanza è sufficiente per superare il denunciato vizio della notifica. Ma l'appellante ha anche proceduto a rinnovare la notifica dell'atto d'appello, in epoca precedente alla scadenza del termine per appellare.

In senso contrario non potrebbe giovare all'appellato il richiamo all'indirizzo interpretativo concernente la "consumazione" del diritto all'impugnazione. Detta linea interpretativa ha affermato che il principio di consumazione dell'impugnazione - mentre non consente a chi abbia già proposto una rituale impugnazione di proporne una successiva (di diverso o identico contenuto)- non esclude, fatti salvi determinati limiti, che, dopo la proposizione di un'impugnazione viziata, possa esserne proposta una seconda immune dai vizi della precedente e destinata a sostituirla. In particolare, per espressa previsione normativa (art. 353 e 387 c.p.c., rispettivamente per l'appello e per il ricorso per cassazione), la consumazione del diritto d'impugnazione presuppone l'esistenza- al tempo della proposizione della seconda impugnazione- di una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità della precedente; sicché, in mancanza di tale (preesistente) declaratoria, ben é consentita la proposizione di una (altra) impugnazione (di contenuto identico o diverso) in sostituzione della precedente viziata, sempre che il relativo termine non sia decorso e tenendo presente, a tale riguardo, che la tempestività della seconda impugnazione è da verificare con riferimento non solo al termine annuale ma anche al termine breve, il quale decorre - in mancanza di anteriore notifica della sentenza appellata - dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante (Cassazione civile, sez. lavoro, 23 gennaio 1998, n. 643). Occorre sottolineare, infatti, che tale giurisprudenza si riferisce alle ipotesi in cui il vizio riguarda l'atto di impugnazione in sé considerato e non, semplicemente, la sua notificazione. Anzi, il richiamato indirizzo interpretativo (espresso, fra l'altro anche dalle Sezioni Unite, con sentenza maggio 1982, n. 3111), trova giustificazione ragionevole proprio nei casi in cui la prima notificazione è stata effettuata ritualmente.

8. Con riferimento, poi, all'appello proposto dal Comune, la V. sostiene che anch'esso debba considerarsi inammissibile, subendo la stessa sorte di quello proposto dalla G. Infatti, a dire dell'appellato, l'impugnazione del Comune, intervenuta il 16 settembre, dopo la notifica dell'appello della G., avvenuta in data 7 luglio 1998, presenta natura "incidentale".

Anche tale eccezione è priva di pregio.

In primo luogo, va rilevato che l'affermata sanatoria della notifica dell'appello proposto dalla G. impedisce, in radice, la comunicabilità di vizi all'appello proposto dal Comune.
In secondo luogo, occorre considerare che l'appello del Comune è stato proposto, ritualmente, nelle forme dell'appello principale, da una parte rimasta totalmente soccombente nel giudizio di primo grado.
Infatti, la Sezione non ha motivo di discostarsi dall'indirizzo interpretativo secondo cui, ai sensi dell'art.333 c.p.c., la parte che abbia ricevuto la notificazione dell'appello proposto contro una sentenza ha l'onere di impugnarla in via incidentale se voglia evitare di incorrere nella decadenza nell'ipotesi di mancata riunione dei giudizi, ma non toglie alla parte stessa la facoltà di proporre un'impugnazione in forma autonoma (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 1997, n. 835; sez. V, 22 giugno 1996, n. 790).
Al riguardo, si è chiarito che nel processo amministrativo si applica l'art. 333 c.p.c., a mente del quale la parte cui sia stata notificata l'impugnazione principale deve a sua volta proporre le proprie doglianze nello stesso processo in via incidentale. Tuttavia, allorché lo scopo di concentrare gli appelli proposti avverso la medesima sentenza sia raggiunto mediante la riunione di gravami proposti separatamente, la violazione della norma predetta non ha rilievo e non possono essere pronunciate la nullità del ricorso in appello e la conseguente decadenza dal relativo potere, la tempestività del secondo appello va, in tal caso, accertata secondo le regole generali e con riferimento ai termini per proporre appello in via principale (Consiglio di Stato, sez. V; 15 marzo 1993, n. 357).
In termini più generali, del resto, la Sezione ha costantemente ritenuto che nel caso in cui contro la stessa sentenza del giudice di primo grado vengano proposti nello stesso processo un appello principale ed uno incidentale non di contro impugnazione, ma contenente doglianze autonome e del tutto indipendenti rispetto al primo, l'appello incidentale e' soggetto ai termini ordinari per l'impugnazione di cui agli art. 28, legge n. 1034 del 1971 e 327 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. V, 29 novembre 1994, n. 1424).

9. L'appellata sostiene, poi, che l'appello del Comune è stato depositato, tardivamente, oltre il termine (dimezzato per effetto della legge n. 135/1997) di cinque giorni, previsto per l'introduzione del ricorso incidentale.

Anche tale eccezione è priva di pregio, considerando che l'appello del Comune è stato proposto con le forme dell'impugnazione principale.

10. Nel merito, gli appelli sono infondati.

La questione centrale sottoposta all'attenzione del collegio consiste nello stabilire in presenza di quali presupposti, secondo quali modalità e con quali effetti giuridici, l'amministrazione può legittimamente procedere all'autoannullamento ed alla rinnovazione (totale o parziale) degli atti di gara preordinati all'aggiudicazione di un contratto pubblico.
Al riguardo, in una prospettiva di ordine generale, occorre considerare che anche nell'ambito dell'attività diretta alla conclusione degli appalti pubblici trova ingresso il principio dell'autotutela decisoria, secondo il quale l'amministrazione può riesaminare, annullare e rettificare gli atti invalidi. Infatti, il complesso delle regole sull'autotutela ha portata generale, rappresentando una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica.
Nel settore degli appalti pubblici di lavori, poi, assume particolare rilievo l'esigenza di assicurare il puntuale rispetto delle regole della concorrenza tra le imprese, nell'interesse generale alla corretta ed efficace gestione delle risorse pubbliche, conformemente ai principi enunciati dall'articolo 1 della legge n. 109 del 1994.
Del resto, tutto il sistema del procedimento contrattuale di evidenza pubblica mira ad attuare una ampia ed efficace rete di controlli, per garantire la legittimità dell'azione amministrativa.
Nella serie procedimentale ordinaria sono presenti alcuni atti tipici (l'approvazione degli atti di gara e l'eventuale controllo), aventi come scopo essenziale la verifica della legittimità dell’iter di formazione del contratto. Tale circostanza evidenzia la particolare attenzione dell'ordinamento per gli istituti idonei a ridurre gli effetti negativi di eventuali illegittimità verificatesi nel corso del procedimento.
Peraltro, la presenza di strumenti tipici di verifica immediata dell'attività compiuta dall'amministrazione non costituisce, di per sé, un ostacolo all'esercizio del generale potere di riesame, in un momento successivo alla conclusione del procedimento.

11. In tali eventualità, l'autotutela decisoria resta comunque subordinata alle comuni e rigorose regole elaborate dalla giurisprudenza, concernenti, fra l'altro: 

a) l'obbligo della motivazione;
b) la presenza di concrete ragioni di pubblico interesse, non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità;
c) la valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, tenendo conto del tempo trascorso dalla sua adozione;
d) il rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale;
e) l'adeguata istruttoria.

Tali profili assumono un particolare risalto nell'ambito del settore dei contratti pubblici di lavori, considerando la complessità dei diversi interessi contrapposti ed il loro elevato peso economico.
Nel caso di specie, il brevissimo tempo trascorso tra l'originaria approvazione degli atti di gara ed il successivo riesame rende evidente, comunque, la prevalenza dell'interesse pubblico sulle contrapposte aspettative dell'aggiudicatario. I provvedimenti impugnati in primo grado, poi, danno conto, in modo adeguato, della valutazione delle posizioni pubbliche e private coinvolte nella vicenda. 

12. Sulla base di tali considerazioni, quindi, va respinta la tesi prospettata dall'appellata, secondo la quale la definitiva approvazione del procedimento di gara determinerebbe una sorta di intangibilità degli atti preordinati alla selezione del contraente privato, non più riesaminabili dalla stessa amministrazione, ma censurabili unicamente attraverso l'impugnativa giurisdizionale proposta dalla parte interessata.
Ciò chiarito, occorre considerare l'ulteriore argomento sviluppato dalla parte appellata e, recepito, in certa misura, anche dalla sentenza impugnata, secondo cui l'eventuale accertamento di illegittimità concernenti il procedimento contrattuale non potrebbe mai condurre alla riapertura di una gara ormai conclusa, ma dovrebbe costituire il presupposto per l'integrale annullamento degli atti e la completa rinnovazione dell'iter di selezione dell'appaltatore.

Al riguardo, è necessario tenere nettamente distinte due diverse questioni, concernenti:

a) l'individuazione dell'organo competente a riesaminare gli atti di gara e a riattivare il procedimento;
b) la determinazione della portata dell'autoannullamento degli atti di gara, con riferimento alla successiva attività amministrativa.

Rispetto al primo punto, sembra indiscutibile che, dopo l'approvazione dell'atto di aggiudicazione, la commissione di gara ha esaurito la propria funzione e non ha più alcun potere di rivedere gli atti compiuti. L'eventuale valutazione successiva della legittimità del procedimento spetta unicamente al competente organo di amministrazione attiva responsabile del pertinente settore di attività contrattuale.
Nel caso di specie, l'autoannullamento è stato disposto dal responsabile dall'Ufficio tecnico, ossia dal competente organo di amministrazione attiva, a nulla rilevando che, in concreto, questi abbia assunto anche la posizione di presidente della commissione di gara.
Quindi, nella vicenda in esame non occorre approfondire gli ulteriori aspetti problematici concernenti il potere della commissione di gara di rinnovare intere fasi del procedimento (quali la stessa seduta del pubblico incanto), prima della trasmissione dei verbali all'organo competente all'approvazione. Infatti, in concreto, la riapertura della gara non è frutto di un'autonoma iniziativa del seggio di gara, ma di una determinazione adottata dal responsabile del procedimento; i verbali erano stati trasmessi, e l'approvazione aveva avuto luogo.

13. Il secondo profilo, riguardante gli effetti dell'autoannullamento disposto dall'amministrazione, richiede un esame più articolato.

In relazione al tipo di vizio concretamente riscontrato, il procedimento di riesame può condurre ad esiti diversi, che condizionano, poi, la successiva rinnovazione delle operazioni di gara. In particolare, si tratta di stabilire la linea di demarcazione tra le illegittimità che colpiscono l'intera procedura di gara e quelle che riguardano solo determinate fasi od operazioni particolari.
In questa prospettiva, occorre tenere conto del canone fondamentale della conservazione degli atti giuridici, operante in tutti i settori dell'ordinamento giuridico, ma che, nel diritto amministrativo, assume una valenza rafforzata, in relazione alle specifiche regole di economicità dell'azione amministrativa e del divieto di aggravamento del procedimento.

14. Seguendo questo criterio, la concreta portata dell'autoannullamento va circoscritta, rigorosamente, soltanto agli atti effettivamente toccati dalle accertate illegittimità. Di conseguenza, la rinnovazione del procedimento deve limitarsi solo alle fasi viziate ed a quelle successive, conservando l'efficacia dei precedenti atti legittimi del procedimento.
Infatti, costituisce principio generale quello secondo il quale il potere di annullamento può essere sempre esercitato parzialmente, nel senso che possono essere annullati solo alcuni atti del procedimento, mantenendosi validi ed efficaci gli atti anteriori, ove rispetto a questi non sussistano ragioni di annullamento; pertanto, nell'ipotesi, d'invalidità di una gara di appalto per illegittima esclusione di alcune ditte offerenti, non e' necessario disporre la rinnovazione integrale della gara stessa (con la riapertura, cioè, della stessa fase di presentazione delle offerte), ma si può legittimamente mantenere fermo il sub-procedimento di presentazione delle offerte e disporre la rinnovazione solo della fase dell'esame comparativo delle offerte già pervenute (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 ottobre 1986, n. 664).

15. Peraltro, questa regola di giudizio, pur assumendo portata generale, va attentamente raccordata con le specifiche modalità di espletamento delle gare pubbliche. A tal fine, è indispensabile distinguere tra le procedure di aggiudicazione "automatiche" e quelle caratterizzate dalla presenza in capo alla commissione di gara, di profili di discrezionalità tecnica od amministrativa.

16. Nel primo caso, l'accertamento di vizi concernenti l'ammissione o l'esclusione dei concorrenti non comporta la necessità di rinnovare la procedura sin dal momento della presentazione delle offerte, perché il criterio oggettivo e vincolato dell'aggiudicazione priva di qualsiasi rilevanza l'intervenuta conoscenza, da parte del seggio di gara, dei contenuti delle altre offerte già ammesse.

17. Diversamente, nel caso di aggiudicazione basata su apprezzamenti discrezionali con attribuzione di punteggi, legati a valutazioni di ordine tecnico (licitazione privata con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa; appalto concorso), l'illegittima esclusione di un concorrente, se accertata dopo l'esame delle altre offerte, rende necessario il rinnovo dell'intero procedimento di gara, a partire dalla stessa fase di presentazione delle offerte. Infatti, la riammissione delle imprese originariamente escluse impedirebbe di effettuare una valutazione delle loro offerte rispettando i principi della par condicio tra i concorrenti e della necessaria contestualità del giudizio comparativo, perché la seconda valutazione risulterebbe oggettivamente condizionata dalla intervenuta conoscenza delle precedenti offerte e dall'attribuzione del punteggio.
Infatti, secondo un indirizzo ermeneutico pienamente condiviso dal collegio, è legittima la riammissione alla gara, e la consequenziale riapertura delle valutazioni delle offerte, di una ditta rimasta esclusa per incompletezza della documentazione allegata alla propria offerta, soltanto se l'acquisizione successiva dei documenti mancanti non conceda alla ditta la possibilità, sia pure astratta, di modificare la propria offerta una volta presa cognizione delle offerte avversarie (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 ottobre 1986, n. 664).
Ora, nel caso di specie, secondo l'amministrazione, l'esito originario della gara, svolta con il sistema "automatico" dell'asta pubblica, risulta viziato per effetto della illegittima esclusione della ditta T.B., perché, contrariamente a quanto affermato nel verbale originario di gara, l'offerta è stata ritualmente corredata, sin dall'origine, di tutti i documenti prescritti dal bando.
Pertanto, questo tipo di vizio delle operazioni di gara, se correttamente accertato, dovrebbe condurre al rinnovo della sola fase di determinazione del nuovo limite di anomalia e della graduatoria delle offerte, senza necessità di procedere alla formulazione di nuove offerte.

18. L'autotutela relativa alle procedure di aggiudicazione deve svolgersi, tuttavia, secondo modalità coerenti con le regole sostanziali che governano le singole fasi di aggiudicazione.
In questa corretta prospettiva, ben messa in luce dalla sentenza appellata, va considerato che il sistema dell'asta pubblica è caratterizzato dalla piena pubblicità delle fasi concernenti l'apertura delle buste recanti la documentazione di rito e le offerte economiche.
Il sistema delineato offre ampie garanzie di regolarità, in quanto l'intero procedimento di gara è assoggettato al controllo incrociato dei diversi concorrenti, portatori di interessi contrapposti.

19. Evidentemente, però, il sistema della massima pubblicità delle operazioni di verifica delle offerte attenua in misura elevata, ma non elimina del tutto, il rischio di errori e di illegittimità e la conseguente necessità di porre rimedio ai vizi riscontrati solo dopo la conclusione del procedimento e l'approvazione degli atti di gara.
In tali eventualità, l'accertamento di eventuali vizi della procedura può essere compiuto dalla stessa amministrazione, in applicazione del principio generale dell'autotutela, ma soltanto attraverso adeguate modalità procedimentali. In questo senso, il procedimento di riesame deve svolgersi, in tutte le sue diverse fasi, con cautele idonee ad assicurare garanzie uguali o sostanzialmente equipollenti a quelle prescritte per gli atti e le operazioni oggetto di rivalutazione.

20. A tal fine, è indispensabile distinguere due tipi di vizi.
Da una parte si collocano quelle illegittimità che non intaccano gli accertamenti dei fatti materiali compiuti dal seggio di gara, ma sono riferite, esclusivamente, o a meri errori di calcolo, oppure ad errate interpretazioni di norme giuridiche o di atti amministrativi. In tal caso, il riesame dei risultati della gara può essere legittimamente compiuto attraverso le procedure garantistiche ordinarie, delineate dalla giurisprudenza in materia di esercizio del potere di autotutela, quali la previa comunicazione dell'avvio del procedimento, l'adeguata istruttoria, comprensiva dell'esame delle osservazioni degli interessati, la motivazione dell'interesse pubblico.

21. Dall'altra parte si collocano le ipotesi in cui i vizi riguardano le descrizioni di operazioni materiali o gli accertamenti di fatti storici compiuti dalla commissione. In tali casi, la procedura di riesame è necessariamente soggetta a regole garantistiche più stringenti e rigorose. Infatti, a fronte della attestazione, contenuta nei verbali di gara, della esistenza (o della mancanza) di determinati documenti allegati alle offerte, già verificata in seduta pubblica, l'accertamento di eventuali errori è possibile solo seguendo procedure idonee a non vanificare il rigore formale dell'asta pubblica e delle modalità di presentazione delle offerte.

22. In particolare, la successiva verifica dei documenti di gara è ammessa solo quando ricorrono, congiuntamente, le circostanze di seguito indicate:
- gli atti concernenti le offerte delle diverse imprese sono adeguatamente conservati secondo modalità idonee a garantire l'impossibilità dell'alterazione del loro contenuto. A tal fine non è sufficiente la attestazione postuma secondo cui gli atti sono stati conservati "in luogo sicuro, accessibile solo ai membri della commissione", ma occorre che il seggio di gara, al termine delle operazioni indichi compiutamente le modalità di conservazione delle offerte e dei documenti allegati, specificando se le buste sono state nuovamente richiuse con accorgimenti adeguati;
- le operazioni di verifica devono essere svolte non solo alla presenza della commissione di gara nella sua integrità, ma soprattutto in modo da consentire la partecipazione dei concorrenti, o, quanto meno, dei soggetti direttamente interessati dal riesame delle precedenti operazioni. Fra tali soggetti va sicuramente incluso l'originario aggiudicatario, il quale deve essere posto in grado di verificare personalmente (o tramite un rappresentante), la consistenza effettiva della documentazione di gara;
- all'atto del riesame dei documenti l'organo precedente, nel contraddittorio con le imprese interessate, deve comunque dare conto in modo esauriente e dettagliato delle effettive condizioni di conservazione delle singole offerte, specificando se le buste risultano aperte oppure adeguatamente richiuse.

23. È possibile ritenere che la prescrizione di forme garantistiche così rigorose possa determinare un rilevante aggravamento del procedimento di riesame, rendendolo addirittura inattuabile nei casi in cui, per mera dimenticanza, l'amministrazione (o la commissione di gara) abbia omesso di adottare le opportune cautele. Ma va osservato che una diversa soluzione, ispirata da criteri meno "formalistici", seppure più efficace e rapida, finirebbe per vanificare la funzione del procedimento dell'asta pubblica, caratterizzato dalla segretezza ed intangibilità delle offerte prima della loro apertura in pubblica seduta. Senza trascurare, poi, che negli appalti pubblici il rigore formale delle gare (e, quindi, delle procedure di riesame) non è fine a sé stesso, ma risponde all'esigenza di assicurare la massima trasparenza dell'iter amministrativo e l'assoluta parità di condizioni tra i concorrenti.
Ora, nel caso di specie, non sembra contestato che nessuna delle tre condizioni procedimentali sia stata rispettata dall’amministrazione.

a) L'originario verbale di asta pubblica ha omesso di descrivere le modalità di conservazione delle offerte e dei documenti allegati.
b) Il procedimento di riesame dei documenti si è svolto senza assicurare alcun contraddittorio con le imprese interessate (in particolare, con l'originaria aggiudicataria),nemmeno nella più semplice forma della preventiva comunicazione di avvio del procedimento.
c) Nessun atto dell'amministrazione precisa l'effettivo stato di conservazione dei documenti di gara, né chiarisce se le buste erano rimaste aperte o richiuse. Inoltre, manca una dettagliata verbalizzazione delle operazioni compiute all'atto di riesame delle offerte originariamente escluse, dalla quale possa evincersi con certezza il momento di svolgimento del riesame e le persone presenti. Ne deriva, quindi, l'illegittimità dell'autoannullamento dell'aggiudicazione e della riapertura della gara, per il difetto dei necessari requisiti di garanzia procedimentale e di effettiva tutela del contraddittorio.

24. L'appellata, nelle proprie difese, ha fatto presente che, nelle more del giudizio, le opere, oggetto dell'appalto in contestazione, sono state realizzate, almeno per la massima parte. Pertanto, ha affermato che il proprio interesse sostanziale potrebbe essere realizzato anche attraverso una pronuncia che, senza annullare i provvedimenti impugnati in primo grado, disponga la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno, in applicazione della disciplina introdotta dall'articolo 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
Al riguardo il collegio, senza esaminare il delicato problema concernente il rapporto processuale tra la domanda di annullamento e quella di condanna al risarcimento del danno, osserva che:
I) la richiesta risarcitoria è stata formulata in modo meramente subordinato ed eventuale, evidenziando l'interesse primario della ricorrente di primo grado ad accertare l'illegittimità degli atti contestati, con una pronuncia costitutiva di annullamento;  
II) la domanda risarcitoria è stata proposta in primo grado, ma il tribunale ha stabilito che "non vi è spaziologico-giuridico" per il suo esame, perché la richiesta "risulta formulata per la prima volta soltanto in memoria non notificata"; pertanto, a fronte di un capo della sentenza di prima grado che statuisce l'inammissibilità della domanda, la parte soccombente aveva l'onere di proporre un appello incidentale: in mancanza di tale presupposto, resta preclusa alla Sezione la possibilità di esaminare la richiesta riproposta dalla parte appellata.

25. In definitiva, quindi, gli appelli devono essere respinti.
Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge gli appelli; condanna gli appellanti, in solido tra loro, a rimborsare alla appellata le spese di lite, liquidandole in lire 12.000.000;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 dicembre 1999