EDILIZIA - 029 
T.A.R. Lazio, sezione II-ter, n. 3593 (camera di consiglio 17 febbraio 2000)
E' legittima la sanzione della demolizione di autorimesse eseguite sine titulo qualora siano subordinate a concessione edilizia - Le autorimesse private per auto sono generalmente riconducibili nell’ambito delle “pertinenze urbanistiche”, per le quali, in via generale, se pertinenziali ad edifici preesistenti non si richiede la concessione edilizia - Non sono autorimesse pertinenziali qualora siano suscettibili  di reddito proprio attraverso autonoma utilizzabilità per finalità estranee o diverse da quelle a servizio dell’edificio cui accedono, e da soggetti che con lo stesso edificio non hanno alcun rapporto - Come tali sono soggette al regime della concessione edilizia - Nella controversia intorno alla collocazione “entro” o “fuori terra” si rileva che l'articolo 9 della legge n. 122 del 1989 applicabile agli edifici preesistenti, e l'articolo 4, comma 7, della legge n. 493 del 1993 (come sostituito dall'articolo 2, comma 60, della legge n. 662 del 1996) trattano comunque di parcheggi "nel sottosuolo" o "sotterranei" - Non solo tali le autorimesse che, per un tratto della loro altezza, non risultano interamente interrate - La ratio delle disposizioni che sottraggono la esecuzione di determinate opere al regime della concessione edilizia per ricondurle a quello della d.i.a. e prevede la realizzazione di opere pertinenziali (quali i parcheggi nel sottosuolo di aree esterne all’edificio) risiede nella considerazione che esse risultino occultate ovvero assorbite dall’impatto dell’edificio cui direttamente e visibilmente accedono - Ogni qualvolta non sia dato riscontrare tale naturale e diretto assorbimento non può ritenersi più sufficiente la d.i.a. bensì necessaria la concessione edilizia.
(nel caso di specie si trattava di 8 autorimesse singole seminterrate nell'area di pertinenza, autonome funzionalmente rispetto all'edificio al quale si pretendevano pertinenziali)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Ter) ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sui ricorsi n. 11596/97 e n. 2636/98 proposti da C.R. rappresentato e difeso dall’avv. S.M. con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via ...

contro

il Comune di Roma in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’Avv. R.M. con domicilio eletto presso lo stesso nella Sede dell’Avvocatura comunale alla via del Tempio di Giove, 21 (Campidoglio)

per l'annullamento

della Determinazione del Dirigente Coordinatore la U.O.T. della IV Circoscrizione del Comune di Roma n. 410 in data 10.6.1997 concernente la immediata sospensione di lavori; e della Determinazione stesso Dirigente n. 669 del 25.11.1997 di demolizione delle opere abusive consistenti nella realizzazione, in corso, di 8 posti macchina (box) a livello di pubblica via (ric. n. 2636/98).

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 17 febbraio 2000 il relatore Consigliere Paolo Restaino e uditi, altresì, l’avv. M. per il ricorrente e l’avv. C., in sostituzione dell’avv. M., per l’amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con due ricorsi, contrassegnati rispettivamente con il n. 11596/97 e con il n. 2636/98 il ricorrente impugna:

a)   La determinazione dirigenziale n. 410 del 10.6.1997 con cui il dirigente coordinatore della Unità Organizzativa Tecnica del Comune di Roma ha disposto la sospensione di lavori abusivi dallo stesso istante intrapresi.
b)   La determinazione dello stesso dirigente coordinatore n. 669 del 25.11.1997 con cui è stata disposta la demolizione delle stesse opere consistenti nella realizzazione (senza concessione edilizia) di n. 8 posteggi per macchina (box), ancora in corso di esecuzione.

Riferisce l’istante, proprietario di un appartamento con giardino sito tra la via Val di Lanzo e la via del Casale Giuliano, che, intervenuto il D.L. 26.7.1993, n. 310, che prevedeva, tra l’altro per la costruzione di parcheggi nel sottosuolo dei fabbricati, (non in contrasto con gli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi) il solo obbligo di “denuncia di inizio attività”, come consentito anche dai successivi decreti leggi, l’ultimo dei quali D.L. 24.9.1996 n. 495 è stato convertito nella legge 23.12.1996 n. 662, presentava la dichiarazione di inizio attività, per la realizzazione di 8 posti macchina nell’area privata circostante l’edificio di sua proprietà.

Sennonché, essendo stato rilevato dal Comune che i predetti garages non erano interrati rispetto al livello della strada (la Via Val di Lanzo) sulla quale si affacciavano, veniva dapprima adottata la determinazione dirigenziale n. 410 del 10.6.1997 di immediata sospensione dei lavori, e quindi la successiva ingiunzione di demolizione delle opere intraprese.

Vengono dedotti, per entrambi i ricorsi, i seguenti motivi:

I - Eccesso di potere per carenza di attribuzioni del dirigente che gli stessi provvedimenti ha adottato essendo infatti attribuita al Sindaco la vigilanza sull’attività urbanistico edilizia nel territorio comunale;
II - Eccesso di potere e sviamento per mancanza della competenza specifica del dirigente che ha emesso il provvedimento, sotto l’ulteriore profilo della inesistenza di qualunque attribuzione in materia, anche per delega, al Dirigente Coordinatore dell’Unità Organizzativa Tecnica, non avente alcuna specifica competenza nel settore dell’Urbanistica o edilizia che deve ritenersi affidato al Dirigente preposto al VI Dipartimento del Comune.
III - Eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria e sviamento, poiché i provvedimenti impugnati non recano alcuna indicazione delle ragioni per le quali è stata ritenuta abusiva l’opera.

Inoltre, dalle giustificazioni contenute nel provvedimento di demolizione, si evince che l’Amministrazione Comunale ha ritenuto i garages seminterrati (e non interrati), ma senza alcuna effettiva verifica atta a determinare il livello della quota del piano del suolo.

Viene pertanto denunciata anche la assoluta carenza di un’adeguata istruttoria, avendo il Comune adottato gli stessi provvedimenti sulla base di una mera comunicazione dei VV.UU.

IV - Eccesso di potere in ordine alla sanzione, sia per quanto concerne l’ordine di sospensione dei lavori sia per quanto concerne la demolizione poiché per le opere di cui trattasi si rendeva applicabile, secondo l’istante, soltanto la diretta sanzione pecuniaria trattandosi di esecuzione di opere in difformità della denuncia di inizio lavori.
V - Eccesso di potere per errore nei presupposti e contraddittorietà manifesta, violazione di legge (Regolamento Edilizio del Comune di Roma e Norme Generali e Prescrizioni tecniche per l’attuazione del piano regolatore) per quanto concerne la individuazione della quota del piano del suolo che, in base al Regolamento Edilizio di Roma e alla normativa relativa alle Prescrizioni tecniche per l’attuazione del Piano Regolatore, ove trattasi di interventi in aree a dislivello e nelle aree destinate a villini, deve risultare dalla media dei valori delle diverse quote (richiama l’istante, in particolare, l’art. 3 della legge n. 355 del 1932 e art. 2 della legge n.  444 del 1955 così come interpretate dalla giurisprudenza).

Nel caso di specie invece, ritiene il ricorrente errata la determinazione del Comune di considerare come piano suolo la quota di via Val di Lanza, cioè la quota posta nella parte inferiore dell’area.

Viene anche denunciata la manifesta contraddittorietà con la precedente determinazione della stessa Amministrazione di concedere la licenza edilizia originaria per la edificazione del villino, in cui la quota del suolo era stata individuata ad un altezza di 4 metri rispetto alla Via di Val di Lanzo, mentre l’attuale provvedimento repressivo del ritenuto abuso edilizio è stato adottato in base all’errato presupposto che il piano del suolo sarebbe costituito dalla stessa quota di via Val di Lanzo e i boxes in costruzione sarebbero completamente fuori terra.

Il contraddittorio è stato istituito, per entrambi i ricorsi, nei confronti del Comune di Roma che, costituitosi in giudizio, sostiene, nella propria memoria di difesa, la infondatezza dei gravami dei quali viene chiesto il rigetto.

Alla udienza del 17 febbraio 2000 i due ricorsi sono passati in decisione.

DIRITTO

I due ricorsi vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione.

Trattasi infatti della impugnativa di un ordine di sospensione dei lavori e di una successiva ingiunzione di demolizione delle opere intraprese, dei quali provvedimenti il ricorrente contesta la esistenza dei presupposti costituiti dalla ritenuta necessità di concessione edilizia per 8 posti macchina, in corso di realizzazione, in un’area esterna e circostante l’edificio di proprietà dello stesso ricorrente, che il Comune avrebbe erroneamente considerati come garages non interrati in quanto situati al livello di pubblica via (Via Val di Lanzo).

Vanno esaminate le censure (primo e secondo motivo) relative alla denunciata incompetenza del Dirigente che ha adottato gli stessi provvedimenti, il Dirigente la Unità Organizzativa Tecnica.

Rilevato che entrambi gli atti impugnati sono stati adottati dal Dirigente della Unità Organizzativa Tecnica (U.O.T.) della IV Circoscrizione del Comune di Roma osserva il Collegio che la dedotta censura di incompetenza risulta infondata sotto tutti i profili denunciati nei gravami.
Infatti anche se l’art. 4 della legge n. 47/1985, dal ricorrente espressamente richiamata, imputa, in via generale, al Sindaco la attività di vigilanza e repressione degli abusi edilizi che si perpetrano sull’intero territorio comunale, tuttavia sin dalla emanazione della legge n. 142/1990, contenente l’ordinamento delle autonomie locali (chi ha fatto seguito la recente legge n. 127/1997), come pure con la emissione dello Statuto del Comune di Roma, che hanno distinto le competenze degli organi elettivi del Comune dalle attribuzioni dei dirigenti i vari settori dell’ente, devono ritenersi rientrare nelle competenze di questi ultimi tutti i provvedimenti che realizzano le istituzionali attribuzioni del Comune tra i quali sono annoverabili anche i provvedimenti relativi alla repressione degli abusi edilizi ed anche quelli riferiti al rilascio di concessioni edilizie.
Tali attribuzioni spettano al dirigente comunale jure proprio e senza necessità di apposito atto di delega sicché, essendo stati adottati gli atti impugnati con determinazioni del Dirigente coordinatore della IV Circoscrizione del Comune di Roma (compresa tra quelle in cui risulta la suddivisione amministrativa circoscrizionale dello stesso Comune), è infondato anche il successivo rilievo dello stesso istante che attribuisce erroneamente al Dirigente preposto al VI Dipartimento comunale, o al più ad altro dirigente “per delega” di quest’ultimo, la competenza ad adottare i provvedimenti di cui trattasi che rientrano invece nell’ambito delle competenze del Dirigente appartenente ad una unità organizzativa di livello circoscrizionale.

Risulta agevole anche rilevare la infondatezza del denunciato difetto di motivazione degli stessi provvedimenti ove lo si limiti alla totale inindividuabilità del presupposto fondamentale per il quale il Comune ha ritenuto come abusivo l’intervento edilizio intrapreso dal ricorrente.
Infatti entrambi i provvedimenti risultano dichiaratamente adottati sul presupposto dell’essere stato lo stesso intervento intrapreso sull’area di cui trattasi senza la concessione edilizia sicché risulta anche di conseguente evincibilità la applicazione della sanzione che il comune ha inteso nel caso di specie adottare a repressione dello stesso abuso, che si individua nella attuazione di una misura (non già meramente pecuniaria come vorrebbe il ricorrente) bensì demolitoria, come previsto dalla legge n. 47/1985 per le opere realizzate senza concessione edilizia.

Specifiche considerazioni occorre invece svolgere per la disamina degli ulteriori rilievi dallo stesso istante formulati nei relativi motivi (in particolare nel terzo e nel quinto motivo) che pure attengono alla errata (secondo il ricorrente) individuazione, degli elementi posti dal Comune a presupposto delle sue conclusioni in ordine alla necessità di una concessione edilizia nel caso di specie in cui l’opera da lui realizzata sarebbe invece da ricondursi nel regime di quelle per le quali è consentita al Comune, al massimo, la irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Le argomentazioni ed i rilievi che il medesimo fornisce al riguardo consistono, in effetti, nelle seguenti prospettazioni:

a) non necessarietà di concessione edilizia per gli 8 “box” da lui realizzati non “fuori terra” (nell’area di distacco dall’edificio di sua proprietà), come invece ritenuto dal Comune;
b) difetto di istruttoria, in sede di adozione degli atti repressivi dell’abuso, per quanto concerne la individuazione del livello della quota del suolo su cui sono stati realizzati gli stessi garage (rispetto al livello della Via Val di Lanzo).

Va evidenziato che l’ordine di demolizione (e quello anteriore di sospensione) fanno espresso e testuale riferimento alla realizzazione, da parte del ricorrente su suolo di sua proprietà, di n. 8 posti macchina (“Box”) a livello della pubblica Via Val di Lanzo in un’area di distacco dell’edificio, anch’esso di proprietà dell’attuale istante, che il medesimo avrebbe attuato previa demolizione di altre opere (private) preesistenti e sbancamento del terreno, per la cui effettuazione era stata presentata al Comune una denuncia di inizio di lavori riferiti al risanamento del muro di recinzione ed alla costruzione dei predetti otto posti auto nel “sottosuolo” della stessa “proprietà C.”.
Rileva il Collegio, in via preliminare, trattandosi della realizzazione di “box” ad uso posteggi per auto generalmente riconducibili nell’ambito della c.d. “pertinenze urbanistiche”, che invece non può ritenersi valere nel caso di specie, la disciplina ritenuta, in via generale, applicabile alle opere aventi carattere di pertinenzialità rispetto ad edifici preesistenti al cui diretto servizio sono posti, per la cui realizzazione, come noto, non si richiede la concessione edilizia; non è dato infatti ravvisare tale carattere di edificazione di strutture meramente pertinenziali nella realizzazione degli 8 “box” di cui trattasi.

Essendo stati realizzati gli stessi garages con accesso da una pubblica strada (la Via Val di Lanzo) e con la realizzazione di un muro che li separa dalle aree interne condominiali, non possono ritenersi sussistere le caratteristiche delle opere pertinenziali da ritenere poste al diretto ed esclusivo servizio dell’edificio cui accedono, le quali esigono una evidente insuscettibilità delle stesse opere di costituire un reddito proprio attraverso la loro autonoma utilizzabilità per finalità estranee o diverse da quelle a servizio dell’edificio cui accedono, e da soggetti che con lo stesso edificio non hanno alcun rapporto o titolo di usufruibilità.
Tali caratteristiche, in quanto tipiche delle accessorietà pertinenziali, devono ritenersi escluse specie nelle ipotesi in cui trattasi di costruzioni o volumi aventi una loro utilizzabilità autonoma in virtù del loro accesso singolo ed autonomo da una pubblica via, e non già solo dall’interno di un’area pertinenziale di condominiale utilizzazione, le quali costruzioni non possono in tali ipotesi essere considerate quali pertinenze urbanistiche.
Esclusa dunque la immediata riconducibilità delle opere in questione al regime considerato generalmente applicabile alle opere rientranti nella categoria delle pertinenze urbanistiche, vertendo tuttavia la controversia in materia di realizzazione di “garages” che erano stati realizzati comunque previ accordi condominiali, e attenendo l’oggetto della res controversa alla collocazione degli stessi “entro” o “fuori terra”, vanno richiamate le disposizioni, di più specifico carattere, vigenti sulla materia dei parcheggi privati (cioè di quelli collegati con l’abitazione, dei quali si ha diritto di uso come condominio o coinquilino di uno stabile).

Al riguardo, con la legge 24.3.1988 n. 122, cui hanno fatto seguito alcune disposizioni contenute nella recente legge n. 129/97, è stata dettata una nuova regolamentazione la quale consente ai proprietari di immobili già esistenti di realizzare posteggi per auto:

a) nei locali siti al piano terreno o nel sottosuolo dell’edificio;
b) ovvero nel sottosuolo ove trattasi di aree pertinenziali esterne al fabbricato.

A parte tale specifica normativa riservata alla dotazione di parcheggi agli immobili preesistenti da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari, la realizzazione di parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato è stata prevista, in via generale, anche dall’art. 2 comma 60 della legge 23.12.1996, n. 662 che consente la realizzazione degli stessi parcheggi sotterranei al lotto su cui è situato l’edifico, con il regime, semplificato, della mera denuncia di inizio della attività costruttiva.

Per quanto concerne i “box” di cui trattasi è pacifico che gli stessi sono stati realizzati in un’area esterna al fabbricato abitativo (di proprietà del ricorrente) e con accesso, negli stessi garages da una pubblica strada (la Via Val di Lanzo).
Risulta inoltre che tali “box” non sono stati collocati interamente nel sottosuolo.

Contesta al riguardo il ricorrente la errata, anzi mancata individuazione, ai fini della rilevazione della collocazione nel sottosuolo o meno dei “box” di cui trattasi, del livello della quota base del suolo rispetto a quella dell’area su cui gli stessi sono stati realizzati assumendo che, essendo stata rilasciata la concessione edilizia per la edificazione del “villino” abitativo avente un livello base di quota in posizione elevata rispetto a quella della Via Val di Lanzo, la stessa quota e non già quella di quest’ultima strada avrebbe dovuto essere presa a riferimento per determinare la collocazione dei posteggi, se sopra ovvero nel sottosuolo, come ritiene il ricorrente che assume a base il livello di quota del “villino” abitativo
Sennonché, va evidenziato che trattandosi di parcheggi realizzati in area esterna al fabbricato abitativo e con accesso da una pubblica Via, non può considerarsi come quota di livello base, come pretende il ricorrente, quella individuata in sede di rilascio della concessione edilizia del fabbricato.
I parcheggi non sono stati realizzati nel predetto fabbricato bensì in un’area pertinenziale esterna all’edificio abitativo e pertanto non assume rilevanza la quota di livello base del fabbricato la quale, nonostante fosse stata determinata con sistemi di rilevazioni altimetriche basati sul calcolo della media, riveste il carattere di dato non già di obbiettiva e generale valenza, bensì pur sempre relativo e surrettizio in quanto determinato al solo fine di consentire, sotto il profilo della sua completezza tecnica, la approvazione del progetto dell’erigendo fabbricato per abitazione, in sede di rilascio della concessione edilizia, limitata alla sola realizzazione dello stesso “villino”.

Nel caso di specie invece, essendo stati i parcheggi realizzati in area esterna al fabbricato, compresa nel lotto su cui lo stesso insiste, e con accesso diretto dalla pubblica Via (la Via Val di Lanzo), al fine di ritenere gli stessi parcheggi conformi alle disposizioni legislative che consentono la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo delle aree pertinenziali, o più specificamente nel sottosuolo del lotto su cui insiste l’edificio principale (art. 2 – comma 60 - della legge 23.12.1996, n. 662 che richiede la presentazione di mera denuncia di inizio dei lavori) vengono ad assumere valore per ritenere non necessario il preventivo rilascio della concessione edilizia e sufficiente la denuncia di inizio dei lavori (che il ricorrente asserisce di aver presentato al Comune) gli elementi altimetrici di quota riferiti all’attuale reale livello di tale area esterna confrontato con quello della Via Val di Lanzo dalla quale si accede agli stessi “garages”.
Va al riguardo evidenziato che la ratio delle disposizioni che sottraggono la esecuzione di determinate opere al regime della concessione edilizia per ricondurle a quello, estremamente semplificato, della denuncia di inizio dei lavori e prevede appunto la realizzazione di opere a carattere pertinenziale (quali i parcheggi nel sottosuolo di aree esterne all’edificio) risiede nella considerazione, ad opera dello stesso legislatore, della non verificabilità di un impatto ambientale, di rilevanza edilizio-urbanistica, in conseguenza della realizzazione di quelle opere pertinenziali che risultino occultate ovvero assorbite dall’impatto dell’edificio cui direttamente e visibilmente accedono, sicché ogni qualvolta non sia dato riscontrare tale naturale e diretto assorbimento volumetrico nell’edificio cui accedono, non può ritenersi più valere la mera denuncia di inizio dei lavori ad autorizzare la esecuzione degli stessi interventi, per i quali si richiede invece il preventivo rilascio della concessione edilizia.
Va al riguardo evidenziato che i “box” di cui trattasi, dal Comune accertati comunque come opere da realizzare, per un tratto della loro altezza, in sopraelevazione alla quota stradale della Via Val di Lanzo, dalla quale è ben riscontrabile la sporgenza, neppure risultano interamente interrati (ove pur si voglia trascurare il livello della Via Val di Lanzo) rispetto all’edificio abitativo, sì da potere ritenerli almeno collocati nell’effettivo sottosuolo (totalmente interrato) rispetto allo stesso edificio.
Infatti i “garages” superano l’altezza anche del vero e proprio “piano interrato” dell’edificio, come previsto dal progetto, dal quale sporgono sino a raggiungere e superare, come già riferito, la stessa quota della Via di Col di Lanzo.

I rilievi svolti dal ricorrente risultano dunque tutti infondati e pertanto risulta legittimo l’intervento repressivo disposto dal Comune nei confronti dello stesso.
I ricorsi dallo stesso proposti vanno, dunque, rigettati.
Si ravvisa la esistenza di motivi che consentono la compensazione tra le parti delle spese relative ai giudizi di cui trattasi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Ter) decidendo suo ricorsi indicati in epigrafe:

  1. Dispone la riunione degli stessi ricorsi;
  2. Rigetta entrambi i gravami;
  3. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese relative ad entrambi i giudizi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 17 febbraio 2000, con l'intervento dei Magistrati:

Gianni Leva Presidente
Paolo Restaino Consigliere est.
Roberto Capuzzi Consigliere