LAVORI PUBBLICI - 004 - IMMOBILE CON PIU' DI 50 ANNI
Immobile di proprietà comunale con più di cinquanta anni – Vincolo architettonico ex legge n. 1089 del 1939 – Automaticità – Esclusione – Operatività – Condizioni – Nulla osta sul progetto preliminare – Non è richiesto – Nulla osta sul progetto esecutivo – Necessità

QUESITO

E’ stato acquistato da questa amministrazione un edificio, all’interno del centro storico, in disuso da anni (una cascina già agricola). In conformità al piano regolatore generale è stato successivamente approvato dal Consiglio comunale un progetto preliminare con il quale:

- è prevista la demolizione di una parte dell’immobile (circa il 40%, vecchio prefabbricato senza alcun pregio degno di considerazione), per l’allargamento della piazza e la formazione di parcheggi pubblici;

- è prevista la ristrutturazione radicale della parte rimanente, per adibirlo a centro sociale, biblioteca e altri servizi del genere.

Come preannunciato in Consiglio comunale, alcuni consiglieri hanno presentato un’interrogazione scritta con la quale sostengono che l’immobile interessato al progetto è soggetto automaticamente al vincolo storico-architettonico ai sensi della legge n. 1089 del 1939, in quanto la sua costruzione risale a più di cinquant’anni addietro (infatti pare sia stato ultimato intorno al 1925), in quanto di proprietà pubblica.

Sostengono inoltre che la delibera di approvazione del progetto preliminare è illegittima in quanto non è stato acquisito il nulla-osta della Soprintendenza ai monumenti, obbligatoria per la presenza del vincolo.

Al sottoscritto sembra assurdo che un immobile con più di cinquant’anni, solo perché un giorno viene acquistato dal comune divenga, da un giorno all’altro, soggetto al vincolo della legge n. 1089 del 1939, come se le caratteristiche storiche o architettoniche cambiassero in funzione della proprietà pubblica piuttosto che privata. Tra l’altro tale immobile non ha alcun pregio degno di essere vincolato. Quindi si vorrebbe sapere:

1)- se esiste questo vincolo "automatico", secondo quanto descritto;

2)- in caso di risposta affermativa, se la delibera di approvazione del progetto preliminare è veramente illegittima in assenza del nulla osta da parte della Soprintendenza.

RISPOSTA

Il vincolo automatico nel senso paventato nel quesito, almeno per quanto riguarda la tutela dei caratteri storici e architettonici di cui alla legge n. 1089 del 1939, non esiste.

Bisogna fare una premessa: a prescindere dai beni vincolati direttamente con decreto, gli enti pubblici, ivi compresi gli enti locali, e le istituzioni pubbliche, ivi comprese le parrocchie e gli enti morali, dovevano (ma se non l’avessero mai fatto dal 1939, devono tuttora) presentare un elenco dei propri beni (articolo 4, primo comma), da integrare ogni volta che un nuovo bene vanga ad aggiungersi al loro patrimonio (articolo 4, secondo comma).

Non sono soggetti alla legge (e quindi sono esclusi dal predetto elenco), i beni opera di autori viventi (articolo 1, terzo comma) oppure quelli la cui esecuzione risale ad oltre cinquant’anni.

Sulla base dell’elenco, la Soprintendenza valuta quali dei beni elencati sia meritevole di tutela sotto il profilo storico-architettonico, e si esprime nel senso che questi saranno vincolati ai sensi della legge n. 1089 del 1939. I beni che la stessa Soprintendenza ritiene non meritevoli di tutela, sono invece esenti dal vincolo. Per i beni per qualunque motivo non compresi in un elenco oppure in assenza di qualsiasi elenco, i beni di proprietà pubblica non sono necessariamente vincolati, tuttavia l’ente proprietario (nel nostro caso il comune) non è in grado di sapere se lo sono, per cui non può effettuare sugli stessi alcun intervento. In altre parole il mancato inserimento nell’elenco non è sufficiente a sostenere l’assenza del vincolo (articolo 4, terzo comma).

Nel caso specifico, anche ammesso che il comune (tra i pochi diligenti) abbia compilato e trasmesso l’elenco, è ovvio che il nuovo acquisto non può esservi stato compreso. Non per questo lo stesso edificio non è vincolato, tuttavia, essendo lo stesso più vecchio di cinquant’anni e (si suppone) di autore deceduto, potrebbe esserlo. Il requisito dei cinquant’anni di vetustà è un presupposto del vincolo di specie, ma non è sufficiente; perché il vincolo esista bisogna che il Soprintendente, dopo apposita valutazione, non disponga per la sua irrilevanza, ai fini storico-architettonici.

Il comune pertanto, prima di qualsiasi intervento sul bene appena acquisito, deve richiedere tempestivamente alla competente Soprintendenza, allegando la documentazione necessaria (rilievi, mappe storiche, planimetrie catastali, fotografie, eventuali disegni originari, altri atti che pongano in evidenza le caratteristiche del bene). Lo stesso comune può, ai sensi degli articoli 7 e seguenti della legge n. 241, chiedere di partecipare all’istruttoria, anche con memorie. Qualora la Soprintendenza concluda che lo stesso bene non è meritevole di tutela, non ci sarà bisogno di alcun nulla osta e l’intervento può essere posto in atto. In caso contrario deve essere presentata la domanda di nulla osta ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 1089 del 1939.

E’ appena il caso di notare che la valutazione circa la "assenza di alcun pregio degno di considerazione" e "alcun pregio degno di essere vincolato" (della quale non c’è ragione di dubitare) non sposta il problema: questa valutazione infatti compete esclusivamente alla Soprintendenza.

Per quanto riguarda la presunta "assurdità" di un immobile di oltre cinquant’anni che non è vincolato se di proprietà privata e, a parità di qualsiasi altra condizione, risulta vincolato "automaticamente" solo perché è pervenuto nella proprietà pubblica essa sarebbe da condividere, solo che una simile lettura restrittiva non trova riscontro nella norma. Il passaggio alla proprietà pubblica, come abbiamo visto, di per sé non crea il vincolo, solo obbliga alla valutazione circa la sua necessità di imposizione o esistenza di fatto. Rimane pur sempre una disparità di trattamento tra il bene privato e quello pubblico, più liberale per il primo, ma essa è più ridotta di quanto paventato nel quesito e vista con questi limiti, è pienamente ragionevole; il legislatore, nel suo libero apprezzamento ha ritenuto che il sacrificio di elencare e quindi sottoporre ad esame preventivo generalizzato i beni di proprietà pubblica fosse un sacrificio non sopportabile dalla proprietà privata.

Circa il secondo quesito, basato sul presupposto della presenza del vincolo storico-architettonico (non conoscibile al momento per i fatti appena esposti), la risposta è negativa, nel senso che la deliberazione del Consiglio comunale che ha approvato il progetto preliminare non è illegittima per l’assenza del nulla osta invocato.

Ragionevolmente non si comprende come potrebbe essere espressa una valutazione circa la compatibilità storico-architettonica sulla base di un progetto preliminare che, per definizione, contiene solo a grandi linee gli elementi architettonici; inoltre questo livello progettuale appartiene alla fase della programmazione, cioè ancora lontana dalle scelte di dettaglio e dall’esecutività, tanto che il Consiglio comunale potrebbe respingerlo, spostarne la priorità nel triennio oppure scegliere una soluzione tra più alternative presentate al suo esame (si veda l’articolo 16, comma 3, della legge n. 109 del 1994). Appare evidente che acquisire l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 1089 del 1939 (ammesso che ciò sia tecnicamente possibile, come appena detto) su un progetto così aleatorio, o addirittura su più soluzioni progettuali, sarebbe un esercizio assolutamente inutile. L’approvazione in parola, peraltro, nell’articolazione del procedimento previsto dalle norme finanziarie e sui lavori pubblici non può essere assistita dall’esistenza delle risorse finanziarie necessarie (per le quali vi è solo una mera indicazione), questa constatazione toglie all’atto qualsiasi valenza diversa da quella di indirizzo programmatico. Tanto che è il progetto definitivo, non già il preliminare, quello deputato al "…rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli … e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle autorizzazioni e delle approvazioni" (così, letteralmente, l’articolo 16, comma 4, legge n. 109 del 1994).

Solo l’approvazione (in genere del progetto esecutivo da parte della Giunta comunale) che ha gli effetti della concessione edilizia, ai sensi dell’articolo 4, comma 16, del decreto-legge n. 398 del 1993 convertito dalla legge n. 493 del 1993, come sostituito dall'articolo 2, comma 60, della legge n. 662 del 1996, necessita delle preventive autorizzazioni delle amministrazioni esterne, tra le quali quella della Soprintendenza. Questo comma infetti recita "Per le opere pubbliche dei comuni, la deliberazione con la quale il progetto viene approvato o l’opera autorizzata ha i medesimi effetti della concessione edilizia. I relativi progetti dovranno peraltro essere corredati da una relazione a firma di un progettista abilitato che attesti la conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché l’esistenza dei nulla osta di conformità alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesistiche".

Solo questa è la deliberazione affetta di vizio di legittimità in carenza del nulla osta in parola.

Il parere di regolarità tecnica del responsabile del servizio sulla proposta di deliberazione, ai sensi dell’articolo 53, comma 1, della legge n. 142 del 1990, deve tenere conto di quanto esposto.

In conclusione la deliberazione del Consiglio comunale, sul punto, non è censurabile.