EDILIZIA - 008 - PIANO REGOLATORE
Zone omogenee "D" – Insediamenti produttivi – Nozione – Insediamenti commerciali, direzionali e simili – Ammissibilità – Limiti

QUESITO

Questo Comune è dotato di Piano Regolatore generale vigente, con l’individuazione delle zone omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444. Non sono previste zone con destinazione specifica "commerciale" (né direzionale o turistica, anche se questo aspetto non riguarda il quesito che si pone).

Nelle norme tecniche di attuazione, nel disciplinare le zone residenziali di tipo A, B e C, si individuano le attività commerciali, direzionali, turistiche, culturali e di svago, come compatibili ma subordinate alle esigenze della residenza.

Nelle zone D invece sono ammesse costruzioni industriali, artigianali e simili (letteralmente nelle norme).

Peraltro le zone D sono divise in sottozone da D1 a D4, dove nella D2 sono "vietate le attività diverse da quelle manifatturiere di lavorazione e trasformazione materiale dei beni", nella D3 sono "vietate le attività rumorose, nocive e moleste", nelle sottozone D1 e D4 non vi sono specificazioni relative alla destinazione, ma solo alla densità edilizia.

Fino a quando erano presentate domande di permessi di costruire per negozi, bar, uffici (principalmente mediante ristrutturazione edilizia o piani di recupero) il problema della loro collocazione nelle zone residenziali non si poneva. Ora sono state presentate due domande per un grosso complesso direzionale (uffici amministrativi di una multinazionale) e per un supermercato all’ingrosso di generi di prima necessità (non alimentari), ambedue nella zona D3.

Si vorrebbe sapere se le destinazioni delle nuove domande sono ammissibili all’interno della zona D considerata.

RISPOSTA

Non può sfuggire che anche la normativa urbanistica locale, nel dubbio, una volta esauriti gli altri strumenti interpretativi (principi generali dell’ordinamento, conformità alle norme sovraordinate ecc.), debba essere interpretata in senso favorevole al cittadino; che ogni intervento non proibito espressamente o implicitamente, in questo caso mediante l’elencazione di quanto ammesso in via esclusiva, purché in modo inequivocabile, deve considerarsi possibile, almeno in linea generale. Per una risposta completa occorrerebbe conoscere nel dettaglio le norme locali.

Sulla base delle sole informazioni fornite si devono ritenere che gli interventi richiesti siano ammissibili.

Il concetto di "insediamenti produttivi", di cui alla rubrica dell’articolo 5 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, è comprensivo degli "insediamenti di carattere industriale e ad essi assimilabili" di cui al numero 1) del predetto articolo e degli "insediamenti di carattere commerciale e direzionale" di cui al numero 2).

E’ pur vero che solo il numero 1) è definito per le zone D; ma la mancanza di questa indicazione al numero 2) non pare un limite (nel senso dell’incompatibilità con la zona D) ma un’estensione degli ambiti, rafforzata dalla previsione di una riduzione degli standards, allo stesso punto, qualora l’attività produttiva commerciale o direzionale ricada nelle zone A oppure B. In altre parole la qualificazione di "insediamento produttivo" di cui alle zone territoriali omogenee D individuate secondo la suddivisione operata dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, è inteso in senso economico, come luogo in cui si svolgono attività dirette alla produzione o allo scambio di beni e servizi: ne deriva, pertanto, che in suddetta categoria rientrano non solo le attività industriali propriamente dette (secondo la nozione ricavabile dall'articolo 2195, punto 1, codice civile) ma anche le attività intermediarie nella circolazione dei beni, ossia il commercio, in quanto attività produttive di reddito (in questo senso T.A.R. Lombardia, Sez. II, 1989, n. 183), ovvero di produzione di beni immateriali o di gestione di beni (ossia l’attività direzionale). Non a caso l’articolo 27, comma 6, della legge n. 865 del 1971, disciplinando i piani per gli insediamenti produttivi prevede al loro interno impianti di carattere artigianale, commerciale e turistico (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1992, n. 966). Si tratta di una norma speciale, d’accordo, ma che dovrebbe essere più restrittiva viste le sue conclamate finalità sociali.

Fatte queste considerazioni generali, vanno esaminate nel concreto le norme del piano regolatore generale, le quali devono essere considerate conformi alle norme superiori, per cui la frase "sono ammesse costruzioni industriali, artigianali e simili", riferita a tutte le zone D, andrebbe letta in senso estensivo, anche in ragione della nota approssimazione delle discipline locali.

Nelle zone D2, non sono ammessi interventi come quelli richiesti, per il preciso divieto posto dal limite della riserva alle attività "manifatturiere di lavorazione e trasformazione materiale dei beni". Gli stessi interventi sono invece ammessi nelle zone D1 e D4, come pure nelle zone D3 ma, in questo caso, in forza del fatto che per le loro caratteristiche non trovano un ostacolo nel divieto di attività "rumorose, nocive e moleste" (definizioni sulle quali ci sarebbero da fare altre considerazioni). Al contrario in queste ultima zona D3 non potrà collocarsi una discoteca, di norma ammissibile per le ragioni esposte in zona D1 e D4, in quanto, si presume, essa non è compatibile con il divieto esplicito in ordine al rumore (salvo, anche qui, che lo strumento urbanistico dia conto della tutela e della disciplina del territorio in connessione con i rumori, di per sé estranei alla materia di competenza).