Documentabilità dell’antimafia: il d.P.R. 252/1998 non ammette l’autocertificazione generalizzata
di Lino Bellagamba
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1. La nuova disciplina dell’“antimafia” è stata introdotta introdotta con Regolamento delegificante attuativo delle Leggi 59/1997 e 127/1997 (c.d. “Bassanini 1” e “2”). Si tratta del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252: “Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia”.
2. La verifica “antimafia” dovrebbe anzitutto essere
conseguita dall’Amministrazione procedente per via telematica. Le “attestazioni”
prodotte in via telematica dalla Prefettura (oggi, per l’esattezza, “Ufficio
Territoriale del Governo”) costituiscono per l’Amministrazione collegata una
“segnalazione”.
Se a carico dell’interessato non vi sono “segnalazioni”,
l’Amministrazione può procedere a porre in essere l’atto.
In caso contrario, l’Amministrazione deve inoltrare alla
Prefettura un’apposita “richiesta nominativa” di conferma della “segnalazione”.
Se, nei 15 giorni dal ricevimento della richiesta predetta, la Prefettura emette
una “specifica comunicazione di conferma” - anche mediante elenchi
cumulativi - l’Amministrazione può emettere il provvedimento sfavorevole.
3. Stesso valore della “comunicazione” ha la “certificazione”
o “attestazione” della Camera di Commercio.
Condizione per l’equiparazione è che il “certificato
camerale” rechi la “dicitura antimafia”: “Nulla osta ai fini dell’articolo
10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni. La presente
certificazione è emessa dalla CCIAA utilizzando il collegamento telematico con
il sistema informativo utilizzato dalla prefettura di Roma”.
4. Anzitutto, occorre acquisire agli atti il “certificato
camerale”.
In subordine, qualora il “certificato camerale” sia privo
della “dicitura antimafia”, “deve essere richiesta la comunicazione”
prefettizia scritta. Nel caso non è invece ammessa l’autocertificazione,
evidentemente in quanto la mancanza della “dicitura antimafia” postula
proprio una verifica definitiva (d.P.R. 252/1998, art. 6, comma 4).
La “comunicazione” scritta è al terzo gradino dell’ordine
di priorità procedimentale (dopo la “comunicazione” in via telematica e il
certificato C.C.I.A.A.). Si è legittimati alla richiesta di comunicazione
scritta quando: 1) i collegamenti telematici fra Amministrazione interessata e
Prefettura non sono operativi; 2) i collegamenti predetti sono operativi, ma
occorre conferma scritta della Prefettura sull’attestazione che risulta in via
informatica; 3) il certificato della Camera di Commercio è privo della dicitura
“antimafia”.
I privati interessati, nel caso che si avvalgano della
facoltà di richiedere la verifica “antimafia”, hanno l’onere di allegare
auto-certificazione di certificato di iscrizione alla Camera di Commercio.
5. Il D.P.R. 252/1998 è di stretta interpretazione. L’autocertificazione
non è ammessa fuori dei casi previsti per le “informazioni”, quindi il suo
contesto è lo stesso delle “comunicazioni” e dei “certificati”
camerali.
Essa, in materia di appalti, è ammessa soltanto per
contratti e subappalti dichiarati urgenti. Questi ultimi sono quelli pari o
superiori a 300 milioni di lire, che pure sarebbero riservati alla fascia delle
“informazioni” per le quali non è prevista autocertificazione.
L’attestazione
“antimafia” è una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che, come
tale, avrebbe valore definitivo. La verifica “d’ufficio” è lasciata alla
discrezionalità dell’Amministrazione stessa, che dovrebbe necessariamente
procedervi solo “in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi sulla
veridicità” dell’attestazione stessa.
6. A nulla servirebbe prevedere in bando l’obbligo di far
dichiarare in autocertificazione la regolarità in ordine all’“antimafia”,
come invece nella prassi molto spesso avviene. L’eventuale mancata
dichiarazione del concorrente non potrebbe legittimamente costituire causa d’esclusione,
in quanto in materia l’autocertificazione è possibile solo nei casi previsti
dall’art. 5 del D.P.R. 252/1998 di cui si tratta.
Altro discorso è invece far dichiarare in gara la
regolarità antimafia a un fine diverso da quello che inerisce alle cause di
esclusione, e cioè per predeterminare la responsabilità pre-contrattuale dell’impresa
che, pur potendo legittimamente partecipare alla gara, non sia poi in grado di
aggiudicarsi definitivamente l’appalto o comunque di stipulare il contratto.
7. La verifica
“antimafia” incide sulla capacità di aggiudicarsi definitivamente il
contratto o di stipularlo.
Inoltre, il D.P.R. 252/1998, che ha innovato la materia dell’”antimafia”,
non ha posto alcun onere di documentazione certificatoria a carico del
partecipante ad una gara d'appalto, e neanche alcun onere di dichiarazione
semplice.
“La verifica dei requisiti “antimafia” è una verifica
le cui modalità sono specificamente regolate dall’ordinamento. Ed è proprio
quest’ultima considerazione che consente di risolvere il problema principale (…),
inerente al rapporto fra il D.P.R. 252/1998 e il successivo T.U. che consolida
il principio dell’acquisizione d’ufficio della documentazione” (L.
Bellagamba, La gara d’appalto - Autocertificazione e semplificazione,
Milano, 2001, III ed., 136).
8. “La domanda che va posta è duplice: si applica la
regola ordinaria dell’onni-autocertificabilità dei requisiti anche alla
materia dell’”antimafia” così come da ultimo disciplinata dal d.P.R.
252/1998? E poi, il principio della acquisizione d’ufficio della
documentazione vale anche per l’”antimafia”?
La risposta è negativa in ambedue i casi.
Nel primo, in quanto l’autocertificazione è ammessa in
materia d’”antimafia” soltanto nelle limitate ipotesi espressamente
previste.
Nel secondo caso in quanto, altrimenti, la struttura della
riforma “antimafia” (frutto di Regolamento delegificante ai sensi delle
Leggi “Bassanini”, alla pari della riforma dell’autocertificazione)
sarebbe vanificata in quello che è il suo fulcro, e cioè la produzione del
certificato della Camera di Commercio ad opera del soggetto interessato” (L.
Bellagamba,
ibidem, 136-137).
9. In definitiva, la verifica d’ufficio tramite richiesta di “comunicazione” può essere svolta solo se il certificato “camerale” (che quindi è da richiedersi) non contenga il “nulla osta”. Ma, soprattutto, se l’operatore intendesse verificare d’ufficio un’eventuale autodichiarazione sostitutiva di certificato “camerale” (non consentita dall’art. 46 del d.P.R. 445/2000, che è di stretta interpretazione come già lo era l’art. 2 della L. 15/1968), correttamente il dipendente della Camera di Commercio gli opporrebbe un cordiale ma secco “no”.
10. Alcune circolari prefettizie vanno invece nel senso di una estensione generalizzata dell’autocertificazione in materia di antimafia. Ci sia consentito di dire che solo il legislatore che ha disciplinato il d.P.R. 252/1998 potrebbe rendere, per il principio di legalità, un’interpretazione autentica estensiva nella materia in questione.
Ma, allora, l’impianto normativo del d.P.R. 252/1998 sarebbe tutto da rifare.