Ministero delle Politiche comunitarie
CIRCOLARE 29 aprile 2004
Principi da applicare, da parte delle stazioni appaltanti, nell'indicazione delle specifiche tecniche degli appalti pubblici di forniture sotto soglia comunitaria.
(G.U. n. 161 del 12 luglio 2004)

Gli uffici della Commissione europea - Direzione generale per il mercato interno hanno segnalato al Governo dei casi nei quali alcune stazioni appaltanti italiane, nel redigere i bandi di gara per forniture sotto soglia comunitaria, hanno indicato specifiche tecniche in violazione della normativa comunitaria applicabile in materia.

Preso atto delle argomentazioni giuridiche poste a fondamento dei rilievi avanzati dalla Commissione europea ed allo scopo di prevenire controversie giudiziarie davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee, si indicano qui di seguito le regole comportamentali alle quali dovranno attenersi le stazioni appaltanti nella materia di cui all'oggetto, alla luce delle norme di diritto comunitario contenute nel trattato CE, che, in quanto tali, trovano applicazione in tutto il territorio dell'Unione europea prevalendo sul diritto nazionale e, pertanto, vanno rispettate anche con riferimento a tutti gli appalti pubblici, compresi quelli non disciplinati da specifiche direttive o regolamenti comunitari.

Per quanto concerne la disciplina nazionale, si ricorda che l'art. 15 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, legge 24 novembre 2003, n. 326 (pubblicata nella G.U. 25 novembre 2003, n. 274, s.o.) ha abrogato l'art. 24, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - legge finanziaria 2003).

Le disposizioni abrogate estendevano, tra l'altro, l'applicazione delle modalità previste dal decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, recante il «Testo unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture, in attuazione delle direttive 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 11 agosto 1992, n. 188, supplemento ordinario), come modificato dall'art. 7 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 402 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 24 novembre 1998, n. 275), anche alle procedure aperte o ristrette relative a contratti di appalto di valore superiore a 50 mila euro.

Ne consegue che la disciplina di cui al richiamato decreto legislativo n. 358 del 1992 è oggi nuovamente applicabile, in via diretta, ai soli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria (così come determinata con comunicato del Ministero dell'economia e finanze del 29 dicembre 2003, pubblicato in G.U. 29 dicembre 2003, n. 300), mentre per l'aggiudicazione di appalti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario resta applicabile il solo regolamento di cui al d.P.R. 18 aprile 1994, n. 573, (pubblicato nella G.U. 10 ottobre 1994, n. 237).

Il d.P.R. n. 573 del 1994 non contiene, però, quanto alle c.d. «specifiche tecniche» una prescrizione analoga a quella contenuta nell'art. 8, comma 6, del decreto legislativo n. 358 del 1992 (si veda in particolare l'art. 5 del menzionato decreto, relativo alla disciplina dei bandi di gara).
In particolare, l'art. 8, comma 6, del decreto legislativo n. 358, dispone, in ordine alle specifiche tecniche, che «salvo che non sia giustificata dall'oggetto dell'appalto, è vietata l'introduzione nelle clausole contrattuali di specifiche tecniche che menzionano prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza o ottenuti con un particolare procedimento e che hanno l'effetto di favorire o escludere determinati fornitori o prodotti. E' vietata, in particolare, l'indicazione di marchi, brevetti o tipi o l'indicazione di un'origine o di una produzione determinata; tale indicazione, purché accompagnata dalla menzione "o equivalente", è, tuttavia ammessa se le amministrazioni aggiudicatrici non possano fornire una descrizione dell'oggetto del contratto mediante specifiche sufficientemente precise e comprensibili da parte di tutti gli interessati.».

Tale disposizione è stata introdotta nell'ordinamento italiano proprio per garantirne la piena coerenza ed il rispetto di quanto sancito dal trattato CE all'art. 28 (ex art. 30), in base al quale «Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente», nonché all'art. 30 (ex art. 36), in base al quale «Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri».

La libera circolazione delle merci all'interno del Mercato unico europeo, con divieto di qualsiasi restrizione quantitativa all'importazione o misura di effetto equivalente nel commercio tra Stati membri, sancita dal trattato CE, rappresenta un principio di carattere generale che, per sua natura, trova indistinta applicazione in materia di appalti pubblici di fornitura sia di importo superiore alla soglia comunitaria, come regolamentati dal sopra citato decreto legislativo, sia di importo inferiore alla soglia comunitaria medesima.

Infatti, sebbene il procedimento di aggiudicazione dei contratti di appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria non rientri nell'ambito di applicazione delle sopra menzionate direttive in materia di appalti pubblici di fornitura, «gli enti aggiudicatori che li stipulano sono comunque tenuti a rispettare i principi fondamentali del trattato, in generale» (in tal senso, Corte di giustizia, sezione sesta, sentenza del 7 dicembre 2000 in Causa C-324/98, c.d. Telaustria) in ragione della prevalenza, anche ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, del diritto comunitario sul diritto nazionale.

Non può, infatti, non condividersi che la mancata menzione della dizione «o equivalente» dopo l'indicazione, nel capitolato d'oneri, di un prodotto di una determinata fabbricazione o provenienza o ottenuto con un particolare procedimento «non solo può dissuadere gli operatori economici che usano sistemi analoghi a tale prodotto dal partecipare alla gara d'appalto, ma può altresì ostacolare le correnti d'importazione nel commercio intracomunitario, in contrasto con l'art. 30 del trattato, riservando il mercato ai soli fornitori che si propongono di usare il prodotto specificamente indicato (v., in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata, punto 27)» (cfr. Corte di giustizia, seconda sezione, ordinanza del 3 dicembre 2001, punto 22, in causa C-59/00, c.d. Bent Mousten).

La mancata menzione, da parte dell'art. 5 del d.P.R. n. 573, cit., di una prescrizione analoga a quella contenuta nell'art. 8, comma 6, del decreto legislativo n. 358, cit., risulta, pertanto, del tutto irrilevante: «tenuta in considerazione anche la ratio, che vi è evidentemente sottesa, di tutela dei principi della libera concorrenza e di non discriminazione, è particolarmente problematico non considerare il sopra espresso dettato normativo come l'esplicazione di un principio di generale applicazione e di diretta derivazione comunitaria, non limitabile in quanto tale agli appalti direttamente presi in considerazione dalla normativa di matrice comunitaria» (cfr. in tal senso, Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 10 aprile 2002, n. 1945).

A maggior conferma di quanto appena asserito basta considerare che ove vi fosse nell'ordinamento italiano una specifica norma che escludesse l'obbligo di una tale prescrizione per gli appalti sotto soglia comunitaria, sussisterebbe l'obbligo per le singole stazioni appaltanti di disapplicare tale norma nazionale in quanto da ritenere in contrasto con il diritto comunitario, obbligo incombente «non solo al giudice nazionale, ma anche a tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative (v., in questo senso, sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, racc. pag. 1839, punto 31), il che implica, ove necessario, l'obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per agevolare la piena efficacia del diritto comunitario (v. sentenza 13 luglio 1972, causa 48/71, Commissione/Italia, racc. pag. 529, punto 7)» (in tal senso da ultimo, Corte di giustizia, sentenza del 9 settembre 2003, punto 49 della motivazione, in causa C-198/01).

In conclusione, deriva da tutto quanto sopra detto che i bandi di gara, e la correlata documentazione, per l'aggiudicazione di appalti pubblici sotto soglia comunitaria, nel regolamentare gli aspetti connessi alle «specifiche tecniche» del bene oggetto di fornitura, dovranno prestare la massima cura nel contenere previsioni coerenti con i suddetti principi, dovendosi considerare, per contro, a tutti gli effetti illegittima ogni indicazione diretta ad individuare marchi, brevetti o tipi, nonché l'indicazione di un'origine o di una produzione determinata a meno che, nelle sole ipotesi nelle quali non risulti possibile fornire una descrizione dell'oggetto del contratto mediante specifiche sufficientemente precise e comprensibili da parte di tutti gli interessati, tali indicazioni siano espressamente accompagnate dalla indicazione ulteriore: «o equivalente».

Tali essendo i principi ricavabili dall'ordinamento comunitario, questo Ministro invita tutte le amministrazioni interessate a conformarsi con effetto immediato alle ricordate prescrizioni in sede di redazione di tutti i nuovi bandi di gara e dell'allegata documentazione per l'aggiudicazione di appalti pubblici di fornitura di importo inferiore alla soglia comunitaria, nonché nello svolgimento delle relative procedure selettive.
Si segnala, infatti, che la Commissione europea è già più volte intervenuta nei confronti del Governo italiano sottoponendo a vaglio critico il comportamento di alcune stazioni appaltanti che nel corso di procedure di evidenza pubblica per l'aggiudicazione di appalti di forniture sotto soglia comunitaria hanno pubblicato avvisi di gara richiedendo beni, oggetto della fornitura, mediante indicazione di marca e modello predeterminato ed escludendo la possibilità di fornire modelli equivalenti di differente marca, sottolineandone la contrarietà con i citati articoli 28 e 30 del trattato CE.

Poiché l'eventuale ripetersi di comportamenti simili da parte delle stazioni appaltanti, da ritenersi illegittimi per violazione alle regole comunitarie sopra descritte, potrebbero comportare una condanna dello Stato italiano, ai sensi dell'art. 228 del trattato CE, con conseguente applicazione di sanzioni pecuniarie da parte dell'Unione europea, si rammenta che ciò comporterebbe, conseguentemente, l'obbligo di attivazione da parte del Governo dei consequenziali provvedimenti a carico dei pubblici funzionari che vi hanno dato causa, si invitano tutte le stazioni appaltanti ad attenersi scrupolosamente agli indirizzi operativi di cui alla presente circolare, con l'avvertenza che, in caso di inosservanza di siffatti obblighi, si incorrerà nella responsabilità amministrativa per danno all'erario.

La presente circolare sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana al fine di assicurarne una diffusa conoscenza sull'intero territorio nazionale.

Roma, 29 aprile 2004     Il Ministro per le politiche comunitarie: Buttiglione

Registrato alla Corte dei conti il 9 giugno 2004 Ministeri istituzionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri registro n. 7, foglio n. 9