AFFARI ISTITUZIONALI - 043
Consiglio di Stato, sezione V, 8 settembre 2003, n.  5033
Il silenzio su istanze dei privati è impugnabile solo quando l’amministrazione abbia l’obbligo giuridico di provvedere su di esse, cioè quando i richiedenti agiscono in veste di titolari di una posizione giuridica soggettiva protetta dall’ordinamento - Di norma non sussiste a carico dell'amministrazione un obbligo giuridico di provvedere a tutela di un interesse generale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8324/2002, proposto da G.L., G.G., R.D. rappresentati e difesi dagli Avv.ti L.M. e S.D.S.M. ed elettivamente domiciliati presso quest’ultima in ...

CONTRO

il Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. S.G., con il quale è elettivamente domiciliato in ...
la Casa di Cura S. S.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti A.A. e F.P. ed elettivamente domiciliata in ...
per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, Parma, del 1.7.2002, n. 369;
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza dell’8.4.2003, il Consigliere Claudio Marchitiello;
Uditi gli avvocati D.S.M., I. per delega dell’avv.to G. e S.R. per delega dell’avv.to P.;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

I Sigg. G.L., G.G e l’Arch. R.D. hanno impugnato il silenzio mantenuto dal Comune di Reggio Emilia sulle loro istanze dirette a chiedere l’adozione di provvedimenti in ordine ai problemi della viabilità, del parcheggio e del rumore determinatisi nelle vie Levi e Castefidardo a causa dell’ampliamento della struttura sanitaria denominata S.

Si costituivano in giudizio. opponendosi all’accoglimento del ricorso, il Comune di Reggio Emilia e la Casa di Cura S..

Il T.A.R. dell’Emilia Romagna, Parma, con la sentenza del 1.7.2002, n. 369, dichiarava il ricorso inammissibile.

I Sigg. G.L., G.G e l’Arch. R.D. appellano la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.
Il Comune di Reggio Emilia e la Casa di Cura S. resistono all’appello e chiedono la conferma della sentenza appellata.

All’udienza dell’8.4.2003, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

I Sigg. G.L., G.G e l’Arch. R.D. appellano la sentenza della Sezione staccata di Parma del T.A.R. dell’Emilia Romagna del 1.7.2002, n. 369.

Il T.A.R., con tale sentenza, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dagli appellanti contro il silenzio mantenuto dal Comune di Reggio Emilia sulle loro numerose istanze e diffide dirette a sollecitare l’adozione di provvedimenti per risolvere i problemi insorti nelle vie Levi e Castefidardo riguardo alla viabilità, alla sosta e alla rumorosità, determinati dalla presenza e dai lavori in corso della Casa di cura S.

Gli appellanti, come già in primo grado, espongono che tale struttura sanitaria, che oggi dispone di 100 posti letto, nella quale lavorano più di cento dipendenti, e i perenni lavori in corso per la sua ristrutturazione ed il suo ampliamento comportano gravi problemi di viabilità, per gli ingorghi determinati dalla complessa attività della struttura e dai cantieri dei lavori, problemi di parcheggio, in quanto le automobili sostano nelle strade circostanti per giorni interi, nonostante la zona consenta solo una fermata di sessanta minuti, ed un’eccessiva rumorosità, per i lavori e per il mancato rispetto degli orari di lavoro del cantiere.

Ciò premesso, gli appellanti deducono la erroneità della sentenza appellata, che ha respinto il loro ricorso, formulato ai sensi 21-bis alla legge 6.12.1971, n. 1034, ritenendo insussistente un obbligo del Comune di provvedere sulle predette istanze.

L’appello non è fondato.

Secondo principi pacifici nella giurisprudenza amministrativa (Cfr: Sez. V, 8.3.2001, n. 1354) il silenzio su istanze dei privati è impugnabile solo quando l’amministrazione abbia l’obbligo giuridico di provvedere su di esse, cioè quando i soggetti richiedenti agiscono in veste di titolari di una posizione giuridica soggettiva protetta dall’ordinamento.

Nella specie, l’obbligo raffigurato dagli appellanti non può desumersi dall’art. 36 del D.Lgs. 30.4.1992, n. 285 o dal Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 12.4.1995.

L’art. 36 del codice della strada, che prescrive l’adozione, da parte dei comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti, di un piano urbano del traffico (PUT), e l’art. 6 del citato decreto ministeriale, che impone ai comuni tenuti all’adozione del PUT di istituire un “Ufficio Tecnico del Traffico”, con compiti di monitoraggio, di progettazione e di realizzazione di opere per la sistemazione del traffico urbano e per il controllo dell’inquinamento atmosferico ed acustico, sono disposizioni che incidono in modo unilaterale solo sulle amministrazioni comunali, che danno vita a doveri a carico di queste, ai quali non corrispondono posizioni giuridiche soggettive degli amministrati,

Gli interessi delineati dagli appellanti e che essi hanno posto a base della loro azione giurisdizionale, sono interessi, ai quali essi partecipano non uti singoli ma uti universi, in quanto le norme dirette a soddisfarli sono poste dall’ordinamento a tutela di un interesse generale e non dei singoli soggetti.

Si tratta di interessi collettivi che i singoli possono far valere con azioni e ricorsi esperiti in nome proprio, ma a tutela di tali interessi generali, solo in casi del tutto eccezionali stabiliti positivamente dall’ordinamento (azioni popolari), circostanza, questa, non ricorrente nel caso in esame.

Correttamente, pertanto, il T.A.R. ha ritenuto inammissibile il ricorso originario, in quanto non proposto a tutela di posizioni giuridiche soggettive individuali.

L’appello, in conclusione, deve essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono, come di regola la soccombenza nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, rigetta l’appello.

Condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio in favore del Comune di Reggio Emilia che liquida in complessivi Euro 3.000 (tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso, in Roma,in Camera di Consiglio, l’8.4.2003, con l'intervento dei signori:

Emidio Frascione, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere Est.