AFFARI ISTITUZIONALI - 039
Consiglio di Stato, sezione IV, 26 maggio 2003, n. 2826
L'obbligo di astensione che incombe sugli amministratori comunali in sede di adozione (e di approvazione) di atti di pianificazione urbanistica sorge per il solo fatto che, considerando lo strumento stesso l’area alla quale l’amministratore è interessato, si determini il conflitto di interessi, a nulla rilevando il fine specifico di realizzare l’interesse privato e/o il concreto pregiudizio dell’amministrazione pubblica: esso trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che deve caratterizzare l’azione amministrativa, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione ed è finalizzato ad assicurare soprattutto nei confronti di tutti gli amministrati la serenità della scelta amministrativa discrezionale.
L’obbligo di astensione costituisce regola di carattere generale, che non ammette deroghe ed eccezioni e ricorre quindi ogni qualvolta sussiste una correlazione diretta ed immediata fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, pur quando la votazione non potrebbe avere altro apprezzabile esito e quand’anche la scelta fosse in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico.
Se è vero che l’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265, ha quali destinatari solo gli amministratori comunali, il principio dell’obbligo di astensione, in quanto espressione dei principi di legalità, imparzialità  buon andamento dell’azione amministrativa, fissati dall’articolo 97 della Costituzione, è espressione di una regola generale ed inderogabile, di ordine pubblico, applicabile quindi anche al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge che scatta automaticamente allorquando sussiste un diretto e specifico collegamento tra la deliberazione ed un interesse proprio di colui che vota o dei suoi congiunti.
(Massima a cura del Consiglio di Stato)

REPUBBLICA  ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

         Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello iscritto al NRG. 1638 dell'anno 2002 proposto dal COMUNE DI SAN FELICE SUL PANARO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. G.P., con il quale è elettivamente domiciliato in ...

contro

... omissis ..., rappresentanti e difesi dall’avv. G.F., con il quale sono elettivamente domiciliati in ...

nonché

... omissis ..., non costituiti in giudizio; nei confronti della PROVINCIA DI MODENA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentato e difeso dall’avv. C.M., con il quale è elettivamente domiciliata in ...

e della REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del T.A.R. dell’Emilia Romagna, sez. I^, n. 1023 del 22 novembre 2001; Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori ... omissis ... e della Provincia di Modena;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 febbraio 2003 il Consigliere Carlo Saltelli;
Uditi, altresì, l’avv. M.L., su delega dell’avv. P., per il comune appellante, l’avv. E.M., per delega dell’avv. G.F. e l'avv. P.Q. su delega dell'avv. C.M. per gli appellati;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 19 luglio 2000 i signori ... omissis ..., tutti proprietari di immobili e/o cittadini residenti in fabbricati ubicati nel Comune di San Felice sul Panaro, chiedevano al Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna l’annullamento:

a) della delibera del Consiglio comunale di San Felice sul Panaro n. 36 del 29 maggio 2000, concernente «Esame osservazioni ed approvazione variante delimitata al P.R.G. vigente (art. 15, comma 4) - Modifica tracciato strada primaria Cispadana (tratto ricadente nel territorio comunale), così come adottata con atto consiliare n. 88 del 29 ottobre 1999» ; 
b) della delibera della Giunta provinciale di Modena n. 59 del 1° febbraio 2000, avente ad oggetto «Comune di San Felice sul Panaro - Variante specifica al P.R.G. - De1iberazione del consiglio comunale n. 88 del 29 ottobre 1999 - Osservazioni ai sensi dell’art. 15, comma 5, L.R. n. 47/78 e successive modificazioni»; 
c) della delibera del Consiglio comunale di San Felice sul Panaro n. 88 del 29 ottobre 1999, recante «Delibera del Consiglio comunale n. 90 del 30 ottobre 1998 avente ad oggetto: « Variante delimitata al P.R.G. vigente - Modifica tracciato strada primaria Cispadana (tratto ricadente nel territorio comunale) » - Esame osservazioni - Provvedimenti» ; 
d) per quanto possa occorrere, delle altre delibere consiliari del Comune di San Felice sul Panaro n. 38 del 3 maggio 1999, recante «Variante Cispadana - Osservazioni presentate» e n. 90 del 30 ottobre 1998, avente ad oggetto «Variante delimitata al P.R.G. vigente - Modifica tracciato strada primaria Cispadana (tratto ricadente nel territorio comunale) - Adozione»; 
e) nonché delle ulteriori delibere del Consiglio comunale di San Felice sul Panaro n. 57 del 21 febbraio 1998 e della Giunta Municipale n. 57 del 21 febbraio 1998 e n. 427 del 23 settembre 1999, oltre a tutti gli altri connessi, preordinati e conseguenti.

I ricorrenti, mediante tredici articolati motivi di censura deducevano l’illegittimità della scelta dell’amministrazione comunale di San Felice sul Panaro di modificare parzialmente il tracciato della realizzanda strada regionale Cispadana, collocandola di circa un chilometro più a nord rispetto alle previsioni del progetto di massima, approvato con la precedente delibera consiliare n. 66 dell’8 aprile 1986.
In particolare, con un primo gruppo di censure, riconducibili ai motivi I - VII e XI - XII, essi si dolevano dell’incoerenza, dell’inadeguatezza e della contraddittorietà della scelta, affetta anche da vizio di motivazione e da carente istruttoria, priva com’era non solo della necessaria valutazione d’impatto ambientale, pur essendo evidente la sua confliggenza con gli interesse ambientali dei luoghi così gravemente incisi, ma anche dell’indicazione delle ragioni che avevano indotto alla modifica del tracciato viario anche in relazione alle scelte operate dai comuni contermini e alle perplessità manifestate dalla stessa amministrazione provinciale di Modena; con un secondo gruppo di censure, imperniate sui motivi VIII - X, denunciavano, poi, che l’adozione e l’approvazione della variante in esame era avvenuta con la partecipazione ed il voto favorevole del sindaco, sig. C.M., che, in quanto parente entro il quarto grado di cittadini interessati allo spostamento del tracciato di strada da realizzare (in quanto il nuovo tracciato dell’arteria stradale non incideva più sui beni di loro proprietà), aveva l’obbligo di astenersi, e aggiungevano che un’identica situazione di conflitto di interesse sussisteva anche nei confronti di alcuni componenti della c.d. Commissione Cispadana, istituita con le delibere n. 1 del 20 febbraio 1998 del Consiglio Comunale e n. 57 del 21 febbraio 1998 della Giunta Municipale, che con il proprio parere aveva contribuito alla scelta del nuovo tracciato stradale.
L’adito Tribunale, nella resistenza del Comune di San Felice sul Panaro e della Provincia di Modena, per un verso, accoglieva il ricorso, annullando sia le delibere consiliari n. 88 del 29 ottobre 1999 e n. 36 del 29 maggio 2000 (rispettivamente di adozione e di approvazione della variante), con effetti travolgenti sulla delibera della Giunta provinciale di Modena n. 59 del 1° febbraio 2000, sia quelle relative alla costituzione della c.d. Commissione cispadana e alle conclusioni da essa raggiunte, e cioè la delibera consiliare n. 1 del 20 febbraio 1998, nonché le delibere n. 57 del 2 febbraio 1998 e n. 427 del 23 settembre 1999 della Giunta comunale di San Felice sul Panaro; per altro verso, poi, dichiarava inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione delle delibere consiliari n. 90 del 30 ottobre 1998, relativa alla prima adozione della variante, e n. 38 del 3 maggio 1999, di presa d’atto delle osservazioni presentate e contestuale rinvio del loro esame.

Ad avviso del Tribunale, erano innanzitutto fondati ed assorbenti nei confronti delle delibere di adozione e di approvazione della variante i motivi di censura relativi alla violazione dell’obbligo di astensione gravante sul sindaco, sig. M.C., essendo stato documentalmente provato il suo rapporto di parentela entro il quarto grado con il sig. A.C., proprietario di un bene che, per effetto della modifica del tracciato stradale, non era più ricompresso nell’area necessaria per la realizzazione della strada Cispadana; erano inoltre fondati i motivi appuntati nei confronti delle delibere con cui era stata istituita la c.d. Commissione Cispadana, non solo perché, non essendo stati individuati i criteri per la effettiva scelta dei rappresentanti dei cittadini, la sig. B.S. risultava essere rappresentante solo di una determinata categoria di cittadini, portatori di un interesse particolare rispetto alla realizzazione della strada, per quanto anche sulla stessa, anch’essa proprietaria di un bene non più interessato alla realizzazione della strada Cispadana grazie alla contestata modifica del tracciato viario, gravava un obbligo di astensione.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune di San Felice sul Panaro, asserendone la erroneità e chiedendone la riforma alla stregua di un unico articolato motivo di censura, con il quale ha sostanzialmente lamentato che i primi giudici avevano fatto cattiva applicazione al caso di specie delle norme e dei principi che regolano l’obbligo di astensione degli amministratori pubblici in materia di adozione e di approvazione degli strumenti urbanistici.In particolare, ad avviso dell’amministrazione comunale appellante, la modifica del precedente tracciato della realizzanda strada, per effetto della quale il bene di proprietà del sig. A.C., cugino del sindaco, sig. M.C., non era più compreso tra i beni interessati alla realizzazione della strada Cispadana, non integrava gli estremi di quella correlazione diretta ed immediata tra il provvedimento assunti e gli interessi specifici dell’amministrazione, solo in presenza della quale sarebbe scattato per il predetto amministratore l’obbligo di astensione; tanto più che, per un verso, sarebbe mancata, nel caso di specie qualsiasi prova ed addirittura qualsiasi indizio circa il pregiudizio derivante al predetto cittadino dalla originaria localizzazione del tracciato e quindi del vantaggio ottenuto con la modifica del tracciato, e che, per altro verso, l’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265, aveva significativamente ristretto l’obbligo di astensione in materia di adozione e approvazione di strumenti urbanistici all’esistenza di interessi specifici, di cui nel caso di specie non sarebbe stato fornito il benché minimo indizio, per non paralizzare il fondamentale esercizio della funzione di pianificazione urbanistica, con la conseguenza che una sua diversa interpretazione, come quella sostenuta dai giudici di primo grado, ne comportava l’illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 5, 97, 118, 119 e 128 della Costituzione.

Inoltre, sempre secondo le tesi dell’appellante, la delibera istitutiva della c.d. Commissione Cispadana conteneva effettivamente l’indicazione delle modalità della sua effettiva composizione, così che non sussisteva affatto il presunto vizio riscontro dai primi giudici, i quali poi avevano erroneamente ed illegittimamente esteso ad un suo componente, la sig. B.S., l’obbligo di astensione letteralmente previsto dall’articolo 19 della legge n. 265 del 1999 solo per gli amministratori.

Si sono costituiti nel giudizio di appello i signori ... omissis ..., i quali hanno dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi posto a fondamento dell’avverso gravame, riproponendo i motivi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non esaminati e dichiarati assorbiti dalla sentenza impugnata. Anche la Provincia di Modena si è costituita in giudizio, deducendo innanzitutto che nessuna censura era stata sollevata in primo grado avverso la delibera della Giunta provinciale n. 59 del 1° febbraio 2000, pure indicata tra gli atti impugnati, sostenendo in ogni caso la piena legittimità degli atti assunti dall’amministrazione comunale di San Felice sul Panaro circa la modifica dell’originario tracciato della realizzanda strada Cispadana e concludendo, quindi, per l’accoglimento del gravame.

DIRITTO

I. E’ controversa la legittimità degli atti di pianificazione urbanistica assunti dal Comune di San Felice sul Panaro con le delibere specificamente indicate nella esposizione in fatto, attraverso le quali è stato modificato il tracciato originario della realizzanda strada Cispadana, il cui progetto esecutivo era stato approvato con delibera consiliare n. 66 dell’8 aprile 1986, spostandolo di circa un chilometro più a nord.

Il Comune di San Felice sul Panaro ha chiesto la riforma della sentenza n. 1023 del 22 novembre 2001, con la quale il T.A.R. dell’Emilia - Romagna, sez. I, accogliendo il ricorso proposto da B.A. e dagli altri litisconsorti segnati in epigrafe, ha annullato i predetti piani di pianificazione urbanistica, ritenendoli - a suo avviso - erroneamente inficiati per la violazione dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco con riferimento alle delibere, rispettivamente di adozione (consiliare n. 88 del 29 ottobre 1999) e di approvazione (consiliare n. 36 del 29 maggio 2000) della variante in discussione, e della Sig. R.S., componente della c.d. Commissione Cispadana, quanto alle delibere, consiliare n. 1 del 20 febbraio 1998 e di Giunta comunale n. 57 del 21 febbraio 1998 e n. 427 del 23 settembre 1999; infatti, secondo l’amministrazione appellante, l’erronea convinzione dei primi giudici era il frutto di una inammissibile interpretazione dell’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265, e di un’altrettanto superficiale valutazione del materiale probatorio in atti.

Una parte degli originari ricorrenti, puntualmente indicati in epigrafe, si è costituita in appello, contestando l’ammissibilità e la fondatezza dell’avverso gravame di cui ha chiesto il rigetto, riproponendo tuttavia all’esame della Sezione le censure mosse in primo grado nei confronti degli atti impugnati e ritenute assorbite nella sentenza impugnata; la Provincia di Modena, invece, pur evidenziando preliminarmente la completa estraneità al giudizio de qua., non essendo stato fatto valere alcun vizio nei confronti della propria delibera di Giunta n. 59 del 1° febbraio 2000, pure indicata tra gli atti impugnati in primo grado, ha sostenuto la piena conformità alla legge dei contestati atti di pianificazione urbanistica assunti dal Comune di San Felice sul Panaro.

II. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.

II.1. Esaminando l’unico motivo di appello, nella parte cui è stato contestato che nel caso di specie sussistesse in capo al Sindaco, Sig. C.M., l’obbligo di astenersi dalla partecipazione alla discussione ed alla votazione delle delibere di adozione e di approvazione della variante urbanistica recante la modifica all’originario tracciato della strada Cispadana, in punto di fatto deve rilevarsi che l’Amministrazione appellante non ha contestato la documentazione probatoria, versata in atti dai ricorrenti sin dal primo grado, da cui risulta innanzitutto che il Sindaco, sig. C.M., è effettivamente parente entro il quarto grado del sig. A.C., essendo figli di due fratelli (rispettivamente, C.D. e C.A.).

Il signor C.A., sempre dall’esame della documentazione in atti, ed in particolare dalla visura per partita catastale dell’Ufficio del Territorio di Modena n. 68223 del 29 luglio 2000, risulta essere proprietario per  1/2 delle particelle n. 119 e 171 del foglio 8 del catasto terreni del Comune di San Felice sul Panaro, la prima delle quali (n. 119) ricompresa nell’area di rispetto e la seconda (n. 171), ricadente interamente addirittura nel tracciato del progetto originario della realizzanda strada Cispadana.
Ugualmente non è stato contestato che, per effetto dei contestati atti di pianificazione urbanistica assunti dal Comune di San Felice sul Panaro, della cui legittimità si discute, i predetti fondi di proprietà del sig. A.C. non sia più in alcun modo interessati dalla realizzazione della strada Cispadana.
Ciò precisato, la Sezione è dell’avviso che correttamente i giudici di prime cure hanno ritenuto che nel caso di specie incombeva sul Sindaco del Comune di San Felice sul Panaro l’obbligo di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione delle delibere di adozione e di approvazione della variante recante la modificazione dell’originario tracciato della realizzanda strada Cisalpina.
Invero, come ripetutamente ricordato dalla giurisprudenza di questo consesso, l’obbligo di astensione che incombe sugli amministratori comunali in sede di adozione (e di approvazione) di atti di pianificazione urbanistica sorge per il solo fatto che, considerando lo strumento stesso l’area alla quale l’amministratore è interessato, si determini il conflitto di interessi, a nulla rilevando il fine specifico di realizzare l’interesse privato e/o il concreto pregiudizio dell’amministrazione pubblica (C.d.S., sez. IV, 3 settembre 2001, n. 4622; 5 luglio 2000, n. 3734; 18 maggio 1998, n. 827).

Tale obbligo, che trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che deve caratterizzare l’azione amministrativa, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, essendo finalizzato ad assicurare soprattutto nei confronti di tutti gli amministrati la serenità della scelta amministrativa discrezionale (C.d.S., sez. IV, 23 febbraio 2001, n. 1038;23 settembre 1996, n. 1035; 20 settembre 1993, n. 794) costituisce regola di carattere generale, che non ammette deroghe ed eccezioni e ricorre quindi ogni qualvolta sussiste una correlazione diretta ed immediata fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, pur quando la votazione non potrebbe avere altro apprezzabile esito e quand’anche la scelta fosse in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico (C.d.S., sez. IV, 12 dicembre 2000, n. 6596; 22 febbraio 1994, n. 162).

Nel caso di specie non può fondatamente negarsi non solo il rapporto di parentela, come sopra evidenziato tra il sindaco ed il sig. C.A., ma anche la correlazione diretta ed immediata tra la delibera di adozione della variante, recante la modifica dell’originario tracciato della realizzanda strada Cispadana e la nuova destinazione dei fondi del predetto sig. C.A., non più soggetti ad espropriazione, quanto alla particella n. 171 (in quanto non più ricompreso nello stesso tracciato viario), e non più ricadente nell’area di rispetto, quanto alla particella n. 119.
E’ di tutta evidenza il vantaggio, concreto, diretto ed immediato conseguito dai predetti fondi in virtù della variante contestata, essendo essi stati restituiti interamente alla pienezza delle facoltà di disposizione e di godimento del proprietario, con tutte le ovvie conseguenze non solo sotto il profilo della integrale possibilità di utilizzazione, ma anche del ripristinato valore economico di scambio. 

E’ del tutto ininfluente, come già si è avuto modo di sottolineare, la asserita inesistenza da parte del Sindaco di uno specifico fine di favorire gli interessi del parente ovvero di pregiudicare quelli dell’ente locale, essendo invece decisiva l’esistenza della indiscutibile correlazione diretta ed immediata tra le delibere di variante (adozione e approvazione) e la nuova destinazione dei fondi di proprietà del sig. A.C. ed il rapporto di parentela esistente tra questi ed il Sindaco.
Tali conclusioni non contrastano con le previsioni della norma dell’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265, confluite poi nell’articolo 78 della del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, atteso che, diversamente da quanto sostenuto dall’amministrazione appellante, non può ragionevolmente dubitarsi dello specifico interesse del sig. A.C. a conseguire per i suoi beni una destinazione urbanistica che li sottraesse ai vincoli derivanti dall’originario tracciato della realizzanda strada Cispadana e li restituisse al suo pieno godimento e alla sua piena utilizzazione, ottenuta proprio grazie ai provvedimenti di pianificazione urbanistica di cui si discute.Il motivo di doglianza, sotto tale profilo, è pertanto destituito di fondamento.

II.2. Ugualmente infondato, ad avviso della Sezione, è il motivo di censura articolato nei confronti della sentenza impugnata con riguardo alla posizione della sig. B.S.

II.2.1. Giova innanzitutto evidenziare che con la delibera consiliare n. 1 del 20 febbraio 1998, in considerazione delle problematiche insorte proprio in ordine alla concreta realizzazione della strada Cispadana secondo il progetto approvato con la delibera consiliare n. 66 dell’8 aprile 1986, e alla necessità di apportarvi eventuali modifiche in ragioni delle sopravvenute esigenze prospettate anche dai cittadini, fu approvato un ordine del giorno che prevede la costituzione di un’apposita commissione, avente il compito di proporre un’alternativa al tracciato originariamente approvato, composta dal Sindaco, da due capigruppo, da un componente nominato da ciascuno dei due gruppi consiliari, in rappresentanza delle liste, da un tecnico e da un componente del comitato nominato dai consiglieri.
Con la delibera n. 57 del 21 febbraio 1998 la Giunta Comunale fu nominata predetta Commissione, tra i cui componenti fu compresa la Sig. B.S., verbalmente designata dal comitato dei cittadini.

Come hanno correttamente rilevato i giudici di primo grado nella delibera consiliare n. 1 del 20 febbraio 1998 non sono in alcun modo individuate le modalità di scelta dei componenti del rappresentante dei cittadini e tanto meno viene chiarito quale sia il ruolo nella vicenda in questione dell’indicato “comitato di cittadini”, il che importa evidentemente la illegittimità della stessa composizione della istituita commissione di studio, per la violazione dei principi di trasparenza, legalità, buon andamento ed imparzialità che devono presiedere all’azione della pubblica amministrazione.
Poiché il compito della commissione di cui si discute era proprio quello di suggerire un eventuale tracciato stradale della realizzanda Cispadana alternativa a quello originariamente approvato, non solo doveva essere puntualmente chiarito quale fosse il ruolo del comitato dei cittadini, ivi previsto, in relazione agli interessi generali dell’intera collettività, ovvero quali fossero i rilevanti interessi di cui erano portatori i cittadini che facevano parte del comitato e tali da differenziarli dall’interesse collettivo dell’intera collettività, ma dovevano essere indicate, quanto meno in linea di larga massima, le modalità di scelta del relativo rappresentate, onde evitare che in modo arbitrario ed irragionevole si assicurasse un’inammissibile tutela di un gruppo di cittadini portatori di interessi particolari, senza dar conto dell’interesse pubblico ad assicurare quella particolare tutela.
Né può opporsi, come ha tentato di sostenere la parte appellante, che, trattandosi di una commissione non prevista dalla legge e quindi di una determinazione piena ed esclusiva dell’Amministrazione comunale circa l’insediamento della commissione, i motivi di censura sollevati in primo grado e ritenuti fondati dall’adito Tribunale sarebbero irrilevanti.
E’ sufficiente rilevare al riguardo che i principi fissati dall’articolo 97 della Costituzione devono ispirare tutta l’attività della pubblica amministrazione e non solo quella vincolata ovvero quella prevista direttamente dalla legge: compito dell’azione amministrativa è quella, in ogni caso, di perseguire l’interesse pubblico e quest’ultimo non può essere assicurato senza il rispetto di quei principi fondamentali sopra indicati.

II.2.2. Quanto fin qui sostenuto trova poi conferma in concreto nella circostanza che anche la sig. B.S. versava in una evidente situazione di conflitto di interessi con la scelta del nuovo tracciato stradale suggerito (e che ha dato luogo ai contestati provvedimenti di pianificazione urbanistica), di tal che anche su di essa incombeva l’obbligo di astenersi.

Invero, come emerge dalla non contestata documentazione versata in atti, ed in particolare dalla visura per partita catastale dell’Ufficio del Territorio di Modena n. 61629 del 20 luglio 2000, ella risulta essere proprietaria dell’immobile riportato al foglio 5, particella 263, sub. 2, del catasto fabbricati del Comune di San Felice sul Panaro, ricadente interamente nel tracciato del progetto originario della realizzanda strada Cispadana.

Per tale specifica ed incontestata condizione, essendo essa ragionevolmente interessata a conseguire per il suo bene una modifica dell’originario tracciato stradale che lo sottraesse all’esproprio, fine ottenuto proprio grazie ai provvedimenti di pianificazione urbanistica di cui si discute e che hanno fatto proprie le conclusioni circa il nuovo tracciato della strada cui era pervenuta la commissione (c.d. Cispadana), non vi è dubbio che dovesse astenersi non solo dal prendere parte ai lavori della commissione, ma addirittura dal farne parte, essendo direttamente coinvolto un proprio specifico interesse che incideva sulla serenità di giudizio e sulla trasparenza delle determinazioni, in modo addirittura più deciso e pregnante di quanto sopra accennato con riguardo alla posizione del Sindaco.

Il fatto che la predetta signora B.S. non fosse amministratore comunale non esclude la sussistenza dell’obbligo di astensione a suo carico: se è vero che l’articolo 19 della legge 3 agosto 1999, n. 265 (ora articolo 78 del decreto legislativo n. 267 del 2000 - n.d.r.), ha quali destinatari solo gli amministratori comunali, non può sottacersi che il più volte citato obbligo di astensione, in quanto espressione dei principi di legalità, imparzialità buon andamento dell’azione amministrativa, fissati dall’articolo 97 della Costituzione, è espressione di una regola generale ed inderogabile, di ordine pubblico, applicabile quindi anche al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge (C.d.S., sez. V, 9 dicembre 1997, n. 1484), che scatta automaticamente allorquando sussiste un diretto e specifico collegamento tra la deliberazione ed un interesse proprio di colui che vota o dei suoi congiunti.

III. In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte, l’appello proposto dal Comune di San Felice sul Panaro deve essere respinto: ciò esime la Sezione dall’esame dei motivi di censura svolti in primo grado, dichiarati assorbiti, e riproposti dagli appellati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo nei confronti degli originari ricorrenti costituiti nel presente giudizio di appello; può disporsi, tuttavia, la loro compensazione nei rapporti con la Provincia di Modena.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di San Felice sul Panaro avverso la sentenza n. 1023 del 22 novembre 2001 del T.A.R. dell’Emilia Romagna, sez. I^, lo respinge.

Condanna il predetto Comune di San Felice sul Panaro al pagamento in favore degli appellati costituiti in giudizio delle spese del presente grado, liquidate complessivamente in €. 5.000, 00 (cinquemila).

Compensa le spese di giudizio nei confronti della Provincia di Modena.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 4 febbraio 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:

RICCO STENIO - Presidente
SALVATORE COSTANTINO - Consigliere
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
CARINCI GIUSEPPE - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere, est.