AFFARI ISTITUZIONALI - 015
Corte dei Conti - Sez. giurisdizionale Sicilia - 16 marzo - 23 giugno 2000, n. 90
Deve rilevarsi gravemente colpevole la condotta degli amministratori locali che deliberano l'approvazione di un progetto palesemente privo di elementi essenziali alla luce della normativa del tempo, determinando un inutile esborso di denaro per l'ente di appartenenza.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIA

composta dai signori magistrati:

dott. Fabrizio Topi, Presidente
dott. Diana Calaciura, Consigliere
dott. Pino Zingale, Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente sentenza nel giudizio di responsabilità amministrativa iscritto al n.684 del registro di segreteria promosso ad istanza del Pubblico Ministero nei confronti di:
· G.N.   G.C.  L.D.   P.A.   R.D. tutti rappresentati e difesi dall'avv. A.P. ed elettivamente domiciliati presso il di lui studio in Catania, via ...;
Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 6 luglio 1999.
Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Uditi alla pubblica udienza del 16 marzo 2000 il relatore Consigliere Pino Zingale, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Francesco Rapisarda e l'avv. A.P. per i convenuti.

FATTO

Con nota n.1636 del 6 luglio 1998 il Servizio Ispettivo dell'Assessorato Enti Locali della Regione Siciliana trasmetteva alla Procura Regionale presso questa Corte una relazione avente ad oggetto "Irregolarità conto consuntivo 1996 - Comune di Gravina di Catania", dalla quale risultava un prelevamento coattivo dalle casse del Comune, in data 28 maggio 1996 ed a favore dell'architetto M. per Lire 252.110.354.
Dagli accertamenti compiuti dall'Ufficio del P.M. emergeva che con delibera n. 64 del 23 febbraio 1990 la Giunta municipale (G.M.) di Gravina di Catania aveva proceduto ad incaricare il predetto professionista della progettazione e direzione lavori per la realizzazione di un campo sportivo per il gioco del Rugby e del Baseball e per lo studio geologico il dott. F.S.M.; con deliberazione n. 95 del 7 marzo 1990 la medesima G.M. procedeva, poi, all'approvazione del progetto.
La delibera, però, venne gravata di richiesta di chiarimenti da parte della Commissione provinciale di controllo (C.P.C.), ai quali l'Amministrazione Comunale non diede mai riscontro.
Peraltro, come evidenziato dall'Ufficio del P.M., già prima dell'affidamento dell'incarico precisamente, in data 10 febbraio 1990, gli elaborati progettuali riflettenti la stessa opera erano stati inviati al C.O.N.I. per il prescritto parere tecnico.
Con delibera di G.M. n. 374 del 27 novembre 1992 l'Amministrazione Comunale deliberava il pagamento della fattura dell'architetto M. per Lire 77.800.000 quale acconto per la progettazione e Lire 14.728.800 per I.V.A.: tale deliberazione veniva assunta in forza della deliberazione consiliare n.1 23 del 17 luglio 1991 di riconoscimento di debiti fuori bilancio e solo successivamente si è verificato l'ulteriore esborso per il prelievo coattivo di Lire 252.110.354.
Le suddette somme complessivamente ammontanti a Lire 344.639.154 costituirebbero secondo il P.M. un esborso del tutto dannoso a carico dell'erario comunale in quanto l'opera non è stata mai realizzata e di tali somme dovrebbero essere chiamati a rispondere il sindaco (G.N.) ed i componenti della Giunta Municipale (G.C.  L.D.   P.A.   R.D.) che adottarono le delibere di affidamento dell'incarico e di approvazione del progetto e, rispettivamente, la delibera n. 64 del 23 febbraio 1990 e la delibera n. 95 del 7 marzo 1990, in un momento prematuro ed inappropriato ed in una situazione di assoluta aleatorietà ai fini della realizzazione dell'opera.

Osserva il P.M. che, in materia di danno erariale per mancata utilizzazione di un progetto di opera pubblica, si sarebbe andato consolidando un orientamento giurisprudenziale secondo il quale sussiste la responsabilità degli amministratori che abbiano deliberato l'affidamento dell'incarico in assenza delle condizioni oggettive per la realizzazione dell'opera.
Nella fattispecie al momento in cui fu affidato l'incarico di progettazione mancava ogni finanziamento e nella relativa delibera tale profilo si esauriva in un mero impegno a richiedere le risorse all'Assessorato regionale allo Sport e Turismo ed al C.O.N.I., intenzione rinnovata in sede di approvazione del progetto.
Secondo il P.M., inoltre, sarebbe la stessa anomala sequenza procedimentale posta in essere dalla G.M. a dimostrare la grave colpevolezza e scriteriatezza del suo comportamento in quanto prima ha inviato il progetto al C.O.N.I. (nota comunale n. 3899 del 1° febbraio 1990), poi ha deliberato l'affidamento dell'incarico, ma la relativa delibera è stata inviata alla C.P.C. cinque mesi dopo (con nota n. 17731 del 2 luglio 1990) e, cioè, dopo l'approvazione del progetto deliberato il 7 marzo 1990.
Quest'ultima delibera di fatto, peraltro, sarebbe da considerare nulla perché, come già ricordato, l'Amministrazione Comunale non forni mai i chiarimenti richiesti dalla C.P.C. e non poteva, comunque, essere adottata, atteso che il progetto non risultava approvato tecnicamente dal competente C.T.A.R., ai sensi dell'art. 12 della legge regionale 21/85, né sul progetto era stata apposta l'attestazione di conformità urbanistica ai sensi dell'art. 9 della legge regionale 19/72.

Il P.M., quindi, con atto depositato il 6 luglio 1999 ha citato in giudizio i signori G.N., ex sindaco ed i componenti della Giunta Municipale G.C., L.D., P.A. e R.D., per sentirli condannare alla rifusione del danno erariale, quantificato in Lire 344.639.154, in favore del Comune di Gravina di Catania, ciascuno per un quinto e senza vincolo di solidarietà, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
I convenuti si sono costituiti, tutti rappresentati e difesi dall'avv. A.P., con distinte memorie depositate il 30 settembre 1999, ed hanno eccepito l'assenza di danno e, in ogni caso, di colpa grave, chiedendo di essere mandati assolti da ogni addebito, in via subordinata hanno chiesto l'applicazione del potere riduttivo.

Questa Sezione con ordinanza n. 133/99/0RD/RESP disponeva che l'Ufficio del P.M. procedesse all'acquisizione di copia del programma triennale delle opere pubbliche vigente presso il comune di Gravina di Catania nel periodo febbraio - marzo 1990 e quella integrale del progetto redatto dall'architetto Giuseppe Monaco ed approvato con delibera di G.M. n. 95 del 9 marzo 1990, accompagnata da una relazione tecnico-amministrativa, da redigersi a cura del dirigente preposto al settore "lavori pubblici" idonea a chiarirne in atto lo stato di utilizzabilità e sotto il profilo cronologico, i vari passaggi ed il relativo esito in ragione delle verifiche, pareri e controlli all'epoca previsti dalla legge, esplicitando i motivi di eventuali esiti negativi nonché la compatibilità con lo strumento urbanistico all'epoca ed in atto vigente, a cura dello stesso P.M. infine, veniva disposto che si procedesse all'accertamento della data di effettiva cessazione dalle funzioni di sindaco, nel 1990, del convenuto GUARDO, a seguito dell'insediamento del successore, e per quali motivi non si era dato riscontro alla nota di osservazioni della C.P.C. di cui alla decisione n. 30485 del 22 maggio 1990.
Il supplemento istruttorio è stato ritualmente eseguito e la documentazione acquisita agli atti.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2000 l'avv. A.P., per tutti i convenuti, ha ulteriormente illustrato le memorie difensive, insistendo per l'assoluzione dei propri assistiti: il Pubblico Ministero ha confermato per tutti la richiesta di condanna.

DIRITTO

La vicenda sottoposta all'esame di questo Giudice si incentra, secondo la prospettazione fattane dal P.M., sull'approvazione di due delibere di G.M., la n. 64 del 23 febbraio 1990 e la n. 95 del 7 marzo 1990, con le quali l'Amministrazione comunale di Gravina di Catania conferì l'incarico di progettazione di un campo di rugby e ne approvò, poi, i relativi elaborati.
L'opera non fu mai realizzata in quanto priva di finanziamenti: inoltre, come sostenuto dal P.M., la delibera di approvazione del progetto, in quanto gravata di rilievi da parte della C.P.C., la si sarebbe dovuta considerare nulla, atteso che il Comune non si è mai peritato di dare risposta alla nota di osservazioni.

L'Amministrazione comunale, comunque ha proceduta al pagamento della parcella al progettista, per una quota sulla base di una delibera di riconoscimento di debito adottata dal consiglio comunale e, per il resto, sulla base di un prelievo coattivo a seguito di azione giudiziaria incoata dal medesimo creditore: l'intero pagamento, in quanto privo di ogni utilità per il comune, è stato qualificato come danno erariale dal P.M. ed imputato agli odierni convenuti, partecipanti tutti alla prima ed alla seconda delibera, con eccezione del R.D. che non ha partecipato alla seconda di approvazione del progetto, in parti uguali tra loro.
Occorre, quindi, accertare se, in effetti, un danno sussista e se questo sia riferibile alla condotta dei convenuti.
A ciò è stato finalizzato il supplemento istruttorio disposto dalla Sezione.
Quanto al danno, dalla relazione a firma del dirigente U.S.T. "Lavori pubblici" ing. R.M., è emerso che:

- il progetto era all'epoca (1990) ed è in atto compatibile con lo strumento urbanistico;
- sul progetto non risulta essere stato acquisito il parere tecnico ex art.12 della l.r. n. 21/85;
- sul progetto non risulta apposta l'attestazione di conformità urbanistica ai sensi dell'art. 9 della l.r. n.19/72;
- il progetto risulta utilizzabile ai fini di attivare la procedura per la richiesta di finanziamento dell'opera, ai sensi dell'art. 5, comma 3, della l.r. n. 21/85;
- laddove conseguito il finanziamento, il progetto potrebbe essere utilizzato previo:

1. aggiornamento dei prezzi unitari;
2. adeguamento del capitolato speciale d'appalto alle norme della l.r. n. 10/1993 e successive modifiche ed integrazioni;
3. adeguamento degli impianti e delle strutture portanti alle nuove norme tecniche nel frattempo intervenute.

In sintesi, quindi, quello che è stato predisposto e pagato come "progetto esecutivo" può essere ora utilizzato solo come "progetto di massima" ai fini dell'eventuale finanziamento e, per divenire idoneo per la realizzazione dell'opera necessiterebbe di tutta una serie di (costose) modifiche e revisioni che lo rendessero conforme alla vigente legislazione, attività che, sotto un profilo di economicità ed efficienza, quest'ultima in relazione all'obsolescenza concettuale della progettazione risalente ad oltre un decennio addietro, non sarebbero di certo preferibili ad una progettazione integralmente ex novo.
Non pare, quindi, revocabile in dubbio che l'elaborato in possesso del Comune sia, allo stato degli atti privo di effettiva utilità economica ancorché l'opera sia tuttora inserita nel piano triennale delle pubbliche e che, pertanto, le somme erogate al progettista si connotino come danno per l'ente locale.

Deve accertarsi, tuttavia, se tale danno sia riferibile alla condotta degli odierni convenuti e se quest'ultima, in ipotesi, possa dirsi caratterizzata da grave colpevolezza.
Premesso che questa Corte, nell'ambito dei giudizi di responsabilità amministrativa, è Giudice dei comportamenti e non della legittimità degli atti, rileva il Collegio come, per un verso, nessuna censura possa essere mossa alla deliberazione di G.M. n. 64/90 di conferimento dell'incarico di progettazione: in effetti nessuna norma, all'epoca, prevedeva che per conferire un incarico di progettazione dovesse già essere a disposizione il relativo finanziamento o, comunque, la ragionevole possibilità (concetto alquanto indeterminato ed intrinsecamente aleatorio) di ottenerlo, né era necessario indicare con quali mezzi finanziari dovesse farsi fronte agli oneri di progettazione. Costituiva, difatti, prassi assai diffusa che gli enti locali si dotassero del c.d. "parco progetti", purché conforme (come nel caso di specie) al piano triennale dello opere pubbliche, spesso condizionando il pagamento dell'onorario all'ottenimento del finanziamento per il progetto medesimo, ancorché questo modus procedendi finisse per essere più uno strumento di gestione clientelare che degli interessi della collettività amministrata.

Alle disfunzioni create da una simile prassi il legislatore regionale ha iniziato a porre rimedio solo a partire dalla legge regionale 12 gennaio 1993, n.10 e poi con le leggi regionali 8 gennaio 1996, n. 4 e 6 aprile 1996, n. 22, con disposizioni che non possono trovare applicazione al caso qui in esame.

Ne consegue, quindi, che, per il convenuto R.D., che ha partecipato solo alla prima delibera, si deve escludere ogni responsabilità per il danno dedotto nel presente giudizio, avendo egli concorso all'approvazione di una deliberazione esente da vizi e censure.
A diverse conclusioni perviene il Collegio, invece, per quanto riguarda la seconda deliberazione, la n. 95 del 7 marzo 1990, quella, cioè, di approvazione dell'elaborato progettuale.
A prescindere dalla circostanza, invero inconferente rispetto all'oggetto del presente giudizio, se la delibera dovesse considerarsi o meno nulla a seguito del mancato riscontro alla richiesta di chiarimenti (intempestiva) della C.P.C. ed in ordine alla quale la Sezione non può che aderire, conformemente a quanto prospettato dalla stessa difesa dei convenuti, alla tesi della sua piena validità, in linea con la consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, resta il fatto che in quella sede fu esitato un progetto palesemente privo di due elementi di immediata percezione: il parere tecnico ex art. 12 della l.r. n. 21/85 e l'attestazione di conformità urbanistica ai sensi delI'art. 9 della l.r. n. 19/72, e proprio su tali carenze, unitamente ad altri aspetti marginali e facilmente risolvibili, si incentrò l'attenzione dell'Organo di controllo con la richiesta di chiarimenti n. 30485 del 28 maggio 1990.
In effetti questi due atti essenziali non risultavano acquisiti allo strumento progettuale e nessun rilievo assume la circostanza che non fu fornita risposta alcuna alla C.P.C. il mancato finanziamento e conseguente non esecuzione del progetto si riconnettono, infatti non all'assenza di una delibera di approvazione che invece, come sopra rilevato, poteva considerarsi definitivamente valida ed esecutiva, bensì alla mancanza dei suddetti atti che la legislazione dell'epoca considerava imprescindibili per la possibilità stessa di approvare un progetto di un'opera pubblica.

Il cambio di amministrazione successivamente all'approvazione della predetta delibera ed i mutamenti normativi da lì a poco intervenuti hanno fatto il resto paralizzando prima e rendendo quasi del tutto inutilizzabile, poi, la progettazione già acquisita.

Resta il fatto, però, che il momento genetico ed eziologicamente determinante della paralisi nell'utilizzo del progetto deve rinvenirsi nell'attività posta in essere dai convenuti che presero parte alla delibera di G.M. n.95/90, ponendo in essere un atto di approvazione palesemente in contrasto con le norme di legge all'epoca vigenti ed in quanto tale suscettibile solo di far sorgere il diritto al compenso professionale del progettista, poi attualizzatosi, senza alcun utile vantaggio per il Comune che non avrebbe mai potuto utilizzare (come di fatto non ha utilizzato) un progetto con le carenze sin qui evidenziate.
Quanto all'elemento psicologico non può non ricordarsi come la colpa grave, anche nello specifico settore delle attività pubbliche, debba intendersi come la mancata osservanza di quel minimo di diligenza richiesta dalla natura delle mansioni esercitate ed al quale, secondo, una comune constatazione si attiene, e non potrebbe non attenersi, la generalità dei soggetti che svolgono le medesime funzioni (Corte dei conti, Sez. III Giur. Centr., 23 luglio 1996, n. 320/A; idem. Sez. Giurisdiz. Toscana, 16 luglio 1996, n. 379)
Tale grave colpevolezza, nella fattispecie, deve rinvenirsi nella circostanza che quelle violate sono norme di non problematica lettura e di usuale applicazione nell'ambito della progettazione delle opere pubbliche presso gli enti locali, ben note anche agli amministratori più sprovveduti.
Ciò che sembra emergere con sufficiente evidenza dallo sviluppo cronologico dei fatti e che gli amministratori qui convenuti in giudizio abbiano prediletto una certa sollecitudine nel commissionare e poi approvare il progetto, piuttosto che nel curarne la regolarità e conformità a legge, con i risultati negativi che poi si sono puntualmente verificati.

Ne consegue che deve essere affermata la responsabilità dei convenuti G.N., G.C. L.D. e P.A., senza che appaiano neppure sussistere, ad avviso del Collegio, idonei elementi giustificatori dell'esercizio del potere riduttivo.
La condanna dei suddetti componenti della G.M. deve procedere per l'intero in misura di 1/4 pro-capite, non sussistendo alcun apprezzabile discrimine alla valenza causale dei loro singoli comportamenti e senza vincolo di solidarietà, ciò in ragione di quanto disposto dall'art.1, comma 1-quinquiens, della legge n.20/94, applicabile anche agli atti degli organi collegiali (Corte dei conti, sezioni riunite, 16 luglio 1998, n. 30 e 10 giugno 1997, n. 56; Sez. I Giur. Centr., 6 giugno 1997, n. 110/A; Sez. II Giur. Centr., 6 ottobre 1997, n.1 64 e 13 maggio 1998, n .139).
Alla condanna per la sorte capitale fa seguito quella ulteriore per rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La condanna alle spese segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, dichiara il convenuto R.D. non responsabile dei fatti a lui ascritti e, per l'effetto, lo manda assolto da ogni addebito. Dichiara i convenuti G.N., G.C., L.D. e P.A. responsabili dei fatti loro ascritti e per l'effetto li condanna al pagamento in favore del Comune di Gravina di Catania della somma di Lire 344.639.154, da ripartirsi tra loro in eguali quote pro-capite senza vincolo di solidarietà, oltre, per tutti, rivalutazione monetaria della medesima, da calcolarsi secondo gli indici ISTAT, dalla data del suo effettivo esborso da parte della P.A sino alla pubblicazione della presente sentenza ed agli interessi legali sulle somme così rivalutate da quest'ultima data sino al soddisfo. Condanna, altresì, i predetti responsabili al pagamento in favore dello Stato delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessive Lire 1.025.955, ciascuno in ragione della quota di condanna determinata per la sorte capitale.

Ordina che, ai sensi dell'art. 24 del R.D. 12 agosto 1933, n. 1038, copia della presente sentenza sia trasmessa dalla segreteria in forma esecutiva all'ufficio del Pubblico Ministero, affinché quest'ultimo ne curi l'inoltro alle Amministrazioni interessate per l'esecuzione in conformità a quanto disposto dal D.P.R. 24 giugno 1998, n.260.
Cosi deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 16 marzo 2000.

L'estensore (Pino Zingale)

Il presidente (Fabrizio Topi)

Palermo, li 23 giugno 2000