AFFARI ISTITUZIONALI - 014
Consiglio di Stato,
Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5105
E' legittimo il divieto posto dal Comune,
mediante norma di regolamento, relativo all'accesso ai pareri formulati da
consulenti legali esterni all'ente espressi mediante pareri riservati, quando
questi riguardano l'instaurazione di
giudizi o l'avvio di eventuali procedimenti contenziosi.
E' tale il parere espresso da un avvocato di
fiducia del comune circa l'istanza del privato diretta a ottenere il
parziale rimborso dei contributi di concessione edilizia che questi ha ritenuto
pagati
in misura erronea.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente decisione
sul ricorso in appello n. 16/2000 proposto dalla s.r.l. L.P., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati L.V., C.A. e A.F. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, ....
CONTRO
il Comune di Cassolnovo, non costituito in giudizio
per l'annullamento
ella sentenza del T.A.R. Lombardia, Sezione Seconda, 14 ottobre 1999, n. 3426.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla Camera di Consiglio del 30 maggio 2000, il
Consigliere Marco Lipari; Udito l'Avv. L.V.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall'attuale appellante, per l'annullamento:
a) della nota del responsabile dell'ufficio tecnico del
Comune di Cassolnovo, n. 4520 del 3 giugno 1999, recante diniego alla richiesta
di accesso agli atti formulata dall'interessato;
b) dell'articolo 9, comma 6, lettera h) del regolamento
comunale di disciplina del diritto di accesso, nella parte in cui non consente
la visione degli atti di consulenza riservati.
L'appellante ripropone le censure disattese dal tribunale.
L'amministrazione, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.
DIRITTO
1. La società appellante, ricorrente in primo grado,
otteneva dal comune di Cassolnovo la concessione edilizia per la costruzione di
un capannone e la posa in opera di un essiccatoio di lastre per cemento armato,
pagando i contributi concessori determinati dall'amministrazione.
Successivamente, l'interessata richiedeva al Comune la
restituzione della quota relativa all'essiccatoio, ritenendo che tale tipo di
costruzione non fosse soggetto a contribuzione.
Con atto n. 3458 del 28 aprile 1999, il responsabile
dell'Ufficio Tecnico rispondeva che "con riferimento alla sua pratica e
riguardo il pagamento del contributo c. c. per l'impianto di essiccazione,
sentito l'avvocato di fiducia dell'Amministrazione, le comunico che si ritiene
che il contributo, in base alla tipologia di lavori concessi, sia comunque
dovuto, e pertanto non è possibile la restituzione della parte di oneri versati
per la realizzazione dell'impianto".
2. La società interessata proponeva allora una richiesta di
accesso ai documenti detenuti dall'amministrazione, con specifico riferimento al
parere espresso dall'Avvocato, richiamato nell'atto recante il rifiuto di
restituzione dei contributi versati.
La richiesta veniva respinta con la nota n. 4520 del 3 giugno
1999 (impugnata in primo grado), in base alla seguente motivazione: "si
comunica che ai sensi dell'articolo 9, comma 6 del vigente regolamento comunale
di accesso ai documenti, il parere formulato da professionista esterno quale
atto di consulenza, è espressamente sottratto all'accesso, pertanto non è
possibile il rilascio di copia dello stesso".
3. A dire dell'appellante il diniego è illegittimo, perché
nessuna norma o principio di livello legislativo prevede che i pareri espressi
dai legali siano sottratti all'accesso dei documenti.
È del pari illegittima la disposizione regolamentare, nella
parte in cui, individuando, fra i documenti sottratti all'accesso, i
"pareri formulati da professionisti esterni quali atti di consulenza
rilasciati in via riservata", introduce un inammissibile limite alla piena
espansione dei criteri della pubblicità degli atti utilizzati
dall'amministrazione e della trasparenza nei rapporti con i cittadini.
L'appello è infondato.
4. In linea generale, l'articolo 7 della legge 8 giugno 1990
n. 142 e gli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241 riconoscono
il diritto di accesso ai documenti amministrativi a tutti i soggetti interessati
alla tutela di una situazione giuridicamente rilevante.
L'articolo 22 della legge n. 241/1990 individua, poi, un
concetto ampio di documento amministrativo, comprensivo anche degli atti
provenienti da soggetti diversi dalla stessa amministrazione. L'Adunanza
Plenaria, con le decisioni n. 4 e 5 del 1999, ha chiarito che la disciplina
dell'accesso si estende anche agli atti di diritto privato, purché correlati al
perseguimento degli interessi pubblici affidati alla cura dell'amministrazione.
Peraltro, la normativa di rango statale, pur affermando
l'ampia portata della regola, la quale rappresenta la coerente applicazione del
principio di trasparenza, che governa i rapporti tra amministrazione e
cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le
ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all'accesso, in
ragione del loro particolare collegamento con interessi e valori giuridici
protetti dall'ordinamento in modo differenziato.
5. In particolare, l'articolo 24 della legge n. 241/1990
stabilisce che il diritto di accesso "è escluso per i documenti coperti da
segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801,
nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti
dall'ordinamento".
Il significato della disposizione è chiaro: la legge n.
241/1990 ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, il
quale, ora, non esprime più un principio generale dell'agire dei pubblici
poteri, ma rappresenta un'eccezione al canone della trasparenza, rigorosamente
circoscritta ai soli casi in cui viene in evidenza la necessità obiettiva di
tutelare particolari e delicati settori dell'amministrazione.
Ma l'innovazione legislativa, per quanto radicale, non
travolge le diverse ipotesi di segreti, previsti dall'ordinamento, finalizzati a
tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile, secondo
l'impostazione più tradizionale, alla mera protezione dell'esercizio della
funzione amministrativa.
In tali eventualità, i documenti, seppure formati o detenuti
dall'amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il
principio di trasparenza cede a fronte dell'esigenza di salvaguardare
l'interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto.
6. L'esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti talvolta può risultare disagevole. Al riguardo, peraltro, possono indicarsi due criteri direttivi:
a) il "segreto" che impedisce l'accesso ai
documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di
assoluta riservatezza dell'azione amministrativa;
b) il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve
riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi
di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi.
7. Sulla base di queste indicazioni ermeneutiche, è
possibile affermare che, nell'ambito dei segreti sottratti all'accesso ai
documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in
esecuzione di specifici rapporti di consulenza con l'amministrazione.
Si tratta, infatti, di un segreto che gode di una tutela
qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice
penale e 200 del codice di procedura penale.
Sul piano sistematico è poi utile richiamare la previsione
contenuta nell'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio 26 gennaio
1996, n. 200 (regolamento recante norme per la disciplina di categorie di
documenti dell'Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso). La norma
mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto
professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei
principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell'ambito della
difesa erariale.
La disposizione, rubricata "categorie di documenti
inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti
dall'ordinamento", stabilisce che, "ai sensi dell'art. 24, comma 1,
della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già
previsto dall'ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti
tra difensore e difeso, sono sottratti all'accesso i seguenti documenti:
a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la
inerente corrispondenza;
b) atti defensionali;
c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e
b)".
La giurisprudenza ha chiarito che detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall'ordinamento, sono sottratti all'accesso gli scritti defensionali (Cons. Stato, IV, 27 agosto 1998, n. 1137). Tale principio risponde, del resto, ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie.
8. Al riguardo è peraltro necessaria una puntualizzazione.
L'amministrazione può ricorrere alle consulenze legali
esterne in diverse forme ed in diversi momenti dell'attività amministrativa di
sua competenza. Le differenze tra i vari contesti si riflette anche sulla
disciplina dell'accesso ai documenti.
Può verificarsi, in primo luogo, l'ipotesi in cui il ricorso
alla consulenza legale esterna si inserisce nell'ambito di un'apposita
istruttoria procedimentale. In tale eventualità, il parere è richiesto al
professionista con l'espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale
ed è poi richiamato nella motivazione dell'atto finale. Ne deriva che, in detta
eventualità, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto
privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra
professionista e cliente, è soggetto all'accesso, perché oggettivamente
correlato ad un procedimento amministrativo.
9. Una seconda ipotesi è invece quella in cui, dopo l'avvio
di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente
amministrativo), oppure dopo l'inizio di tipiche attività precontenziose, quali
la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio in materia di
rapporto di lavoro, l'amministrazione si rivolga ad un professionista di
fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva (accoglimento della
pretesa, resistenza in giudizio, adozione di eventuali provvedimenti di
autotutela, ecc.).
In detta eventualità, il parere del legale non è affatto
destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a
fornire all'ente pubblico tutti gli elementi tecnico-giuridici utili per
tutelare i propri interessi. Ne deriva che, in questo. caso, le consulenze
legali restano caratterizzate dalla nota di riservatezza, che mira a tutelare
non solo l'opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione
dell'amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa,
protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a
quella di qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento.
10.Si può profilare, ancora, un terzo gruppo di ipotesi,
nelle quali la richiesta della consulenza legale interviene in una fase
intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito
del procedimento, ma ,recedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio
dell'eventuale procedimento precontenzioso.
Anche in casi di questo genere, il ricorso alla consulenza
legale persegue lo scopo di consentire all'amministrazione di articolare le
proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in
atto, può considerarsi quanto meno potenziale. Ciò avviene, in particolare,
quando il soggetto interessato chiede all'amministrazione l'adempimento di una
obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda
all'amministrazione l'adozione di comportamenti materiali, giuridici o
provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume
illegittima od illecita.
11. Applicando i parametri ermeneutici appena esposti alla
presente vicenda, si possono svolgere le seguenti osservazioni.
La norma regolamentare del comune di Cassolnovo è coerente
con il principio generale secondo cui l'attività defensionale svolta dal
professionista esterno di fiducia dell'ente pubblico resta sottratta all'accesso
ai documenti, purché caratterizzata dal necessario elemento di connessione con
una controversia in atto od in fieri.
Il diniego di accesso contestato in primo grado è
puntualmente riferito ad una vicenda, che, con ragionevole probabilità,
potrebbe essere destinata a sfociare in un contenzioso. Infatti, a fronte ad un
procedimento edilizio definitivamente concluso con la determinazione degli oneri
concessori posti a carico del privato (e da questi già pagati al Comune), si
pone la pretesa dell'interessato volta alla restituzione delle somme pagate
asseritamente senza titolo.
In tale contesto, quindi, il parere legale non assume rilievo
istruttorio o endoprocedimentale, ma presente tutte le connotazioni tipiche
dell'atto difensivo.
12. Non vale obiettare che il rifiuto di restituzione dei
contributi menziona espressamente l'acquisizione del parere legale.
Tale circostanza testimonia, semmai, l'intenzione
dell'amministrazione comunale di definire, anche in via preventiva, le linee
difensive nei confronti di un'eventuale azione proposta dalla società
interessata per ottenere le somme rivendicate.
13. In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del presente grado di lite, non essendosi la parte appellata costituita in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello; nulla per le spese del secondo grado;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 maggio 2000, con l'intervento dei signori:
GIOVANNI PALEOLOGO, Presidente
PAOLO BUONVINO, Consigliere
ALDO FERA, Consigliere
MARCO LIPARI, Consigliere Estensore
VINCENZO BOREA, Consigliere