LAVORI PUBBLICI - 189
Consiglio di Stato, sezione IV, 27 giugno 2011,
n. 3862
Il concorrente dichiarante è obbligato ad indicare i soggetti cessati nel
triennio (*) antecedente la data del bando, tuttavia in
relazione all'articolo 38, comma
1, lettera c), del d.lgs. n. 163 del 2006, è legittimato a dichiarare la
loro situazione in materia di condanne, nei limiti «per quanto a propria
conoscenza» e non è tenuto ad indicare i motivi per i quali non ha potuto
ottenere le dichiarazioni dei singoli soggetti cessati.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Qarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7095 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Consorzio Centro Servizi, rappresentato e difeso
dall'avv. L.L. , con domicilio eletto in ...
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale
dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Società Dussmann Service a r.l., rappresentato e difeso dagli avv. A.E., D.V., E.R., con domicilio eletto in ...
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 32377/2010, (e dapprima del dispositivo di sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00193/2010), resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE GARA SERVIZIO DI PULIZIA DI ENTI, DISTACCAMENTI E REPARTI DELLA MARINA MILITARE
Visti i ricorsi in appello, i motivi aggiunti e i
relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Società Dussmann Service A R.L,
nonché l’appello incidentale da quest’ultima proposto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati V.C. in sostituzione di L.L., D.V. e A.E. (Avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Consorzio Centro Servizi ed il Ministero della Difesa impugnano la sentenza 22 settembre 2010 n. 32377, con la quale il TAR Lazio, sez. I-bis, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Dusmann s.r.l., ha annullato il provvedimento 17 febbraio 2009 n. 4, di aggiudicazione definitiva al Consorzio Centro Servizi della procedura ristretta accelerata finalizzata alla stipula di un accordo di quattro anni per il servizio di pulizia degli enti, distaccamenti e reparti della Marina Militare, lotto 2 –centro e isole.
La sentenza ha affermato:
- ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 38, commi 1 e 2, lett. c) d.lgs. n. 163/2006, da parte dei legali rappresentanti cessati dalla carica nel triennio (*) antecedente la data di pubblicazione della gara, è ammissibile che il legale rappresentante “produca una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà “per quanto a propria conoscenza” specificando le circostanze che rendono impossibile (ad esempio, in caso di decesso) o eccessivamente gravosa (ad esempio, in caso di irreperibilità o immotivato rifiuto) la produzione della dichiarazione da parte dei soggetti interessati”. Tuttavia, a fronte di una dichiarazione proveniente dal legale rappresentante in carica, “la stazione appaltante avrebbe dovuto, quanto meno, chiedere chiarimenti in merito all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di considerare ammissibile l’offerta del Consorzio Centro Servizi”;
- appare incongrua l’offerta del Consorzio Centro Servizi, posto che, detratto dal valore economico complessivo dell’offerta il costo della manodopera, residuano poco più di 128.000 Euro (121.000, secondo l’amministrazione) e “tale importo appare insufficiente per coprire i costi legati alle macchine, alle attrezzature, alla formazione del personale, ai dispositivi di protezione, alla copertura delle spese generali ed ad assicurare un utile”. Risultano, inoltre, incongruenze quanto al costo dei programmi di formazione del personale, ai macchinari e alle attrezzature, alle migliorie e all’organizzazione dell’organigramma (poiché il numero degli addetti impiegati è indicato prima in 385 unità, poi in 335 unità, infine in 264 unità);
- non vi è possibilità per il giudice di pronunciarsi sull’inefficacia del contratto stipulato a seguito del’aggiudicazione, poiché il d.lgs. n. 163/2006 “richiede la domanda di parte ai fini del subentro in corso di rapporto, correttamente considerando il subentro cosa diversa dall’instaurazione del rapporto contrattuale ab initio”, e, nel caso di specie “il ricorrente non ha manifestato un tale interesse al subentro”;
- deve essere rigettata la domanda di risarcimento del danno, poiché la ricorrente “non ha fornito elementi di valutazione”, laddove l’art. 245-quinquies, comma 1, prevede che, a tali fini, occorra “non solo la domanda di parte, ma anche la prova piena del danno”.
Avverso tale sentenza (e, dapprima, avverso il dispositivo della medesima, autonomamente ed immediatamente impugnato), il Consorzio Centro Servizi propone i seguenti motivi di impugnazione (affidati in parte al ricorso in appello avverso il dispositivo, in parte al ricorso per motivi aggiunti e di seguito riportati in sintesi):
a) travisamento di fatto; erroneità, difetto di istruttoria; carenza di motivazione, poiché sia i motivi relativi alla violazione delle norme sul possesso dei requisiti generali di partecipazione alla gara, sia i motivi riferiti al sospetto di anomalia dell’offerta, “non determinano un’esclusione sic et simpliciter dalla partecipazione alla gara, ma prevedono, semmai, una successiva verifica”. Quanto alla sospetta anomalia, l’amministrazione ha reputato inutile il procedimento di verifica “visto che l’offerta rientrava nei parametri di congruità previsti dalla legge”, mentre, con riferimento alla dichiarazione ex art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, “l’amministrazione ha effettuato le verifiche necessarie che hanno dato esito positivo”;
b) carenza dei presupposti; illogicità ed erroneità manifesta; difetto di istruttoria; contraddittorietà e perplessità della motivazione; falsa applicazione dell’art. 38, commi 1 e 2, lett. c) d.lgs. n. 163/2006; posto che, per un verso, non è chiaro se la sentenza abbia accolto il ricorso sul punto; per altro verso, essa è contraddittoria, perché da un lato ritiene sufficiente l’autodichiarazione con la dicitura “per quanto di conoscenza” del legale rappresentante, dall’altro richiede il rispetto di un parere dell’Autorità di vigilanza successivo non solo al bando ed alla presentazione dell’offerta, ma anche all’instaurazione del giudizio. Al momento della gara, invece, “nessun onere giustificativo era richiesto al legale rappresentante che allegasse all’offerta l’autodichiarazione con la dicitura “per quanto a propria conoscenza” rispetto alle condanne penali riportate dal suo predecessore”. Peraltro, il bando di gara (lett. c), richiedeva una generica autocertificazione e prevedeva “l’esclusione dalla gara solo in caso di omessa presentazione dell’autodichiarazione”, potendosi quindi al più richiedere un’integrazione. E a tal fine, con lettera del 4 febbraio 2009, in risposta a precedente richiesta dell’amministrazione, è stata trasmessa all’amministrazione “copia conforme all’originale dei certificati del casellario giudiziale e carichi pendenti dei legali rappresentanti del Consorzio e delle due consorziate, adempiendo così . . . all’eventuale integrazione documentale”;
c) violazione dei principi in materia di insindacabilità dell’azione amministrativa; violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; difetto di istruttoria; illogicità manifesta; ingiustizia manifesta; irragionevolezza; perplessità, poiché la sentenza “ponendo in essere una gravissima violazione del principio di insindacabilità dell’azione amministrativa, ha illegittimamente valutato nel merito l’offerta dell’esponente, per di più limitandosi a recepire acriticamente le doglianze della soc. Dussmann, senza dare conto di quanto eccepito sia dall’amministrazione che dalla controinteressata”. Comunque, in ordine alla riscontrata incongruità dell’offerta, va precisato preliminarmente che la somma residua calcolata dall’appellante nel progetto è pari a 128.300,69 Euro (risultante dalla detrazione dall’offerta economica complessiva del costo della manodopera), mentre nella relazione ministeriale tale somma è calcolata in “un residuo non inferiore a circa 121.000,00 euro/anno” ; ciò è possibile in quanto, per i costi manodopera, questi sono senza dubbio inferiori a quelli, pur utilizzati, ricavabili dalle tabelle ministeriali, dato che essi dipendono dai contributi INPS, INAIL, dal minore assenteismo, etc.; ed inoltre, i programmi di formazione del personale “si svolgono attraverso lunghi periodi di affiancamento sul luogo di lavoro proprio durante le ore di servizio”, con costo praticamente nullo. Quanto al costo macchinari e attrezzature, “i macchinari sono di proprietà del Consorzio e quindi già ammortizzati in magazzino”. In merito alle migliorie, non corrisponde al vero quanto affermato dall’appellata, secondo la quale “solo alcune di quelle offerte determinerebbero una spesa pari ad euro 65.700,00 all’anno”, poiché il costo delle stesse “non ricade sulla singola offerta ma viene inglobata dalle singole società” che a ciò destinano i fondi destinati a campagne pubblicitarie. Quanto al costo della sicurezza, questo non è affatto sottostimato, ma esso deve essere correttamente calcolato considerando i lavoratori part-time. Quanto a presunte incongruenze sul numero degli addetti all’espletamento del servizio, “ciò che determina il prezzo è il monte-ore offerto”, di modo che “una volta individuato il monte-ore e di conseguenza il prezzo, è del tutto irrilevante per l’amministrazione il numero dei lavoratori impiegati per svolgere un determinato servizio”, e l’amministrazione “ha reputato congruo e soddisfacente il prezzo offerto per il monte-ore lavorato e dunque l’offerta nella sua globalità”.
Anche il Ministero della difesa ha proposto appello, proponendo i seguenti motivi:
a) error in iudicando in relazione all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006; eccepita preliminarmente la irricevibilità per tardività del motivo di ricorso proposto in I grado, con riferimento alla violazione della norma citata, va osservato che “il giudice di I grado ha . . .- ritenuto che la stazione appaltante avrebbe dovuto tener conto anche di una successiva determinazione dell’Autorità del 12 gennaio 2010 . . . che imponeva di chiedere chiarimenti in merito alla impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire la dichiarazione dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di considerare ammissibile l’offerta”. Peraltro, la stazione appaltante “ha puntualmente avviato le prescritte verifiche di quanto oggetto della dichiarazione resa” con il risultato che “tutti gli accertamenti svolti hanno consentito di accertare l’effettiva assenza di provvedimenti penali a carico degli amministratori cessati nel triennio”.
b) error in iudicando, in relazione alla presunta anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, posto che tale offerta “non è stata sottoposta a verifica di congruità perché non è risultata sospetta di anomalia”, in quanto “l’offerta del Consorzio ha riportato punteggi, sia sul piano qualitativo che economico, la cui somma non supera le “soglie di anomalia” previste dall’art. 86, co. 2, oltre le quali le offerte sono ex lege sospette di anomalia e soggette a verifica obbligatoria” e “si è proceduto all’aggiudicazione solo dopo aver riscontrato l’adeguatezza dell’offerta rispetto ai costi fondamentali dell’appalto”. Inoltre, “la valutazione di congruità dell’offerta di competenza della stazione appaltante è . . tipica espressione di discrezionalità tecnica dell’amministrazione”, essendo quindi inammissibile sia la pretesa della soc. Dussmann di sostituirsi all’amministrazione, sia la possibilità per il giudice “di integrare autonomamente l’eventuale carenza istruttoria dell’amministrazione” ovvero, come nel caso di specie, di “valutare direttamente la congruità dell’offerta dell’aggiudicatario” (offerta che, peraltro, non presenta incongruità, per le ragioni esposte a pagg. 16-20 motivi di appello).
Si è costituita in giudizio la Dussmann Service s.r.l., che ha proposto appello incidentale avverso il capo della sentenza n. 32377/2010 del TAR Lazio, laddove si “rigetta la domanda di risarcimento dei danni formulata da Dussmann Service e nega la declaratoria di inefficacia del contratto”.
Con successive memorie (da ultimo, in data 22 febbraio 2011), la soc. Dussmann ha concluso richiedendo il rigetto degli appelli proposti dal Consorzio Centro Servizi e dal Ministero della Difesa, stante la loro infondatezza.
Con ordinanza 31 agosto 2010 n. 3970, questo Consiglio di Stato ha accolto la domanda di misure cautelari, sospendendo l’esecutività del dispositivo impugnato, relativo alla appellata sentenza del TAR Lazio.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. Gli appelli proposti dal Consorzio Centro Servizi e dal Ministero della Difesa sono fondati e devono essere, pertanto, accolti, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.
Ciò consente di prescindere dall’esame dell’eccezione, riproposta in appello dal Ministero della Difesa, di irricevibilità per tardività del motivo del ricorso introduttivo del giudizio di I grado, concernente la violazione dell’art. 38 d. lgs. n. 163/2001.
La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto avverso l’aggiudicazione disposta dal Ministero della Difesa in favore del Consorzio Centro Servizi, per due ordini di ragioni, corrispondenti ad altrettanti motivi rappresentati con il ricorso in I grado dalla ricorrente soc. Dussmann:
a) ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 38, commi 1 e 2, lett. c) d.lgs. n. 163/2006, posto che se è ammissibile che il legale rappresentante “produca una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà “per quanto a propria conoscenza” specificando le circostanze che rendono impossibile (ad esempio, in caso di decesso) o eccessivamente gravosa (ad esempio, in caso di irreperibilità o immotivato rifiuto) la produzione della dichiarazione da parte dei soggetti interessati”, tuttavia, a fronte di una dichiarazione proveniente dal legale rappresentante in carica, “la stazione appaltante avrebbe dovuto, quanto meno, chiedere chiarimenti in merito all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di considerare ammissibile l’offerta del Consorzio Centro Servizi”;
b) ha ritenuto altresì fondate le censure aventi ad oggetto l’incongruità dell’offerta del Consorzio Centro Servizi, posto che l’importo di poco più di 128.000 Euro. che si ottiene detraendo dal valore economico complessivo dell’offerta il costo della manodopera, “appare insufficiente per coprire i costi legati alle macchine, alle attrezzature, alla formazione del personale, ai dispositivi di protezione, alla copertura delle spese generali ed ad assicurare un utile”. Risultano, inoltre, incongruenze quanto al costo dei programmi di formazione del personale, ai macchinari e alle attrezzature, alle migliorie e all’organizzazione dell’organigramma (poiché il numero degli addetti impiegati è indicato prima in 385 unità, poi in 335 unità, infine in 264 unità).
3. Quanto alla prima delle ragioni evidenziate (violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006), occorre osservare che tale disposizione, prevede, per quel che interessa nella presente sede, che
“1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti . . . .
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio.
In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale.”
Il successivo comma 2 del medesimo articolo precisa che “il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione ”.
Nel caso in esame, la dichiarazione resa dal legale rappresentante di una delle società consorziate (Italiana servizi s.r.l.), quanto ai soggetti cessati dalle cariche - previste dall’art. 38 citato - nel triennio antecedente, reca la dizione “di non essere a conoscenza della sussistenza di cause di esclusione dalla partecipazione alla gara a carico dei legali rappresentati cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione della gara”.
In ordine a tale dichiarazione, il giudice di I grado non ha ritenuto la stessa elusiva delle finalità di attestazione richieste dall’art. 38 d. lgs. n. 16372006 e dal bando di gara (come afferma l’appellata soc. Dussmann: v. memoria 4 agosto 2010, pag. 6), tuttavia:
- per un verso, ha ritenuto, in linea generale, che “è preferibile una dichiarazione proveniente dal diretto interessato, ma il legale rappresentante in carica può produrre anche un’autodichiarazione qualora sia impossibile o eccessivamente oneroso acquisire la dichiarazione del rappresentante cessato dalla carica” (pag. 16);
- per altro verso, ha rilevato che “lo stesso bando prevedeva l’esclusione dalla gara solo in caso di omessa presentazione dell’autodichiarazione” (pag. 17),
- per altro verso ancora, ha infine ritenuto che “la stazione appaltante avrebbe dovuto, quanto meno, chiedere chiarimenti in merito all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di considerare ammissibile l’offerta del Consorzio Centro Servizi”.
Come è dato comprendere, la violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 è stata ritenuta sussistente, da parte della sentenza appellata, non già per difetto della autodichiarazione o per un contenuto elusivo della stessa, bensì perché, a fronte di questa, ed in mancanza di motivazione sul punto da parte del legale rappresentante in carica (dichiarante), l’amministrazione non ha proceduto, non già ad accertare effettivamente la sussistenza o meno di precedenti impeditivi della partecipazione, bensì perché non ha proceduto ad acquisire “chiarimenti in merito all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni dei legali rappresentanti cessati”.
Tal essendo l’illegittimità riscontrata dal primo giudice, appaiono fondati i motivi di appello proposti da ambedue gli appellanti.
Occorre, infatti, osservare che la dichiarazione sostitutiva (cd. autocertificazione) richiesta dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 al legale rappresentante del soggetto partecipante alle gare, relativamente ai soggetti cessati dalle cariche sociali - previste dal medesimo art. 38 - nel triennio antecedente (e concernente l’assenza di atti o fatti impeditivi espressamente indicati dalla medesima disposizione), deve, innanzi tutto, riguardare tutti i soggetti contemplati.
Ed infatti, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di chiarire (sez. IV, 1 aprile 2011 n. 2068),
- “la dichiarazione prevista dall’art. 38, comma 2, a maggior ragione se espressamente prevista dal bando a pena di esclusione, (è) necessaria, in quanto solo attraverso di essa l’amministrazione riceve contezza di tutti i soggetti per i quali, ai sensi di legge, essa deve essere resa e, conseguentemente, degli eventuali reati che tali soggetti hanno commesso e per i quali sono stati condannati.”;
- ne consegue che, qualora la dichiarazione venga omessa o sia incompleta, “l’amministrazione (e per essa la commissione di gara) non ha conosciuto dell’esistenza di soggetti rivestenti talune particolari cariche nel triennio antecedente, e non è stata posta in grado di effettuare eventuali verifiche, anche attraverso la mera richiesta di integrazione documentale”, con la conseguenza che, in tali casi., appare del tutto legittima l’esclusione del soggetto dalla partecipazione alla gara.
La dichiarazione sopra descritta non può essere, dunque, omessa e, se ciò accade, la mancata allegazione o una indicazione dei soggetti richiesti dalla norma (tale da rendere impossibili le verifiche dell’amministrazione) comporta, per le ragioni sopra esposte, l’esclusione dalla gara.
Nel caso in esame, occorre precisare che non è questa l’ipotesi che ricorre, come si evince dalle ragioni poste dalla sentenza appellata per fondare l’accoglimento del ricorso proposto in I grado.
Occorre, invece, giungere a diversa conclusione in relazione al contenuto della dichiarazione o, più precisamente, in ordine alla indicazione, in relazione ai soggetti cessati dalle cariche contemplate nel triennio precedente, degli elementi che l’art. 38 considera rilevanti ai fini della verifica dei requisiti generali per la partecipazione alle gare.
Sul punto, questo Consiglio di Stato ritiene di poter addivenire a conclusioni diverse, da quelle pur espresse da precedente giurisprudenza (sez. V, 26 gennaio 2009 n. 375, citata anche dalla soc. Dussmannn, pag. 7 memoria del 4 agosto 2010), che ha avuto modo di affermare che “il dichiarante, benché abbia sostenuto di essere consapevole delle sanzioni penali nel caso di dichiarazioni mendaci e falsità di atti, nell'affermare l'assenza di sentenze di condanna passate in giudicato e/o pronunzie emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a carico dei soggetti cessati dalle cariche sociali nell'ultimo triennio, ha inserito ulteriormente la seguente puntualizzazione: " per quanto a nostra conoscenza".
Secondo la citata sentenza, “tale puntualizzazione, come giustamente osservato dal giudice di prime cure, rende del tutto priva di valore e tamquam non esset la dichiarazione rilasciata, ponendosi in contrasto con le norme in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di cui al d.P.R. 28.12.2000 n. 445 venendo a mancare una vera e propria assunzione di responsabilità insita invece in tale tipo di dichiarazione ed alla base dell'affidamento che è chiamata a riporvi la Amministrazione”, affermandosi, in conclusione che “l'assenza e/o lacunosità delle dichiarazioni in parola relative ai requisiti di moralità, richieste a pena di esclusione dal bando e dal disciplinare non poteva che comportare la esclusione dalla gara”.
Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, trattandosi di dichiarazione che concerne stati, fatti e qualità riguardanti terzi (e non il medesimo dichiarante) questa non può che essere resa se non “per quanto a conoscenza” del dichiarante medesimo, non potendo questi procedere ad autocertificazione (con assunzione delle conseguenti responsabilità, anche penali, per dichiarazione mendace) su fatti, stati e qualità della cui veridicità non è detto che egli sia a conoscenza.
D’altra parte, lo stesso art. 47 DPR n. 445/2000, prevede che “la dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza” (comma 2).
L’art. 38, d. lgs. n. 163/2006, relativamente alle dichiarazioni sostitutive rese in ordine a stati, qualità personali e fatti relativi a terzi (cioè i precedenti amministratori cessati dalla carica nel triennio antecedente e gli altri soggetti contemplati), non può che essere interpretata se non in relazione ai principi generali in tema di dichiarazioni rese alla pubblica amministrazione (e connesse responsabilità per dichiarazioni false) ed all’art. 47 DPR n. 445/2000.
In tal senso, proprio perché il soggetto può rendere la dichiarazione afferente al terzo solo relativamente a stati, qualità e fatti “di cui abbia diretta conoscenza”, ne consegue che, in presenza di una norma (art. 38) che comunque richiede la predetta dichiarazione, quest’ultima non può che essere resa se non nel senso che essa attesta solo quanto è a conoscenza del dichiarante, ben potendo l’amministrazione – a fronte di una compiuta identificazione dei soggetti interessati – procedere alle opportune verifiche, anche attraverso il casellario giudiziale ed altri archivi pubblici (ai quali essa, a differenza del dichiarante, ha accesso), in ordine alla sussistenza (o meno) dei requisiti in capo a tali soggetti.
In definitiva, il partecipante alla gara (e per esso il suo legale rappresentante):
- per un verso, non può
allegare, di sua iniziativa, certificazioni che, riguardanti un terzo, non
gli vengono rese dalle pubbliche amministrazioni depositarie;
- per altro verso, non può dichiarare fatti, stati e qualità se non “per
quanto a propria conoscenza”, posto che non può essere costretto ad
autocertificare elementi dei quali non abbia (del tutto legittimamente)
completa contezza, né potendo egli essere costretto ad assumere
responsabilità per dichiarazioni mendaci, laddove non a conoscenza degli
elementi oggetto della dichiarazione medesima (ma tuttavia costretto a
renderla);
- per altro verso ancora, non è tenuto (né l’eventuale omissione può
costituire causa di esclusione dalla gara) ad indicare le ragioni per le
quali non ha potuto produrre le dichiarazioni dei precedenti amministratori
(o autocertificare egli le circostanze ad essi relative), posto che il
soggetto (persona fisica o giuridica) partecipante alla gara non ha assunto
obbligazioni del fatto del terzo nei confronti della stazione appaltante
(art.1381 c.c.), né vi è norma che imponga in via generale alla persona
giuridica di includere, nella fonte del rapporto intercorrente con i propri
amministratori e altri soggetti contemplati dall’art. 38, l’obbligo di
questi ultimi a rendere, fino a tre anni successivi alla cessazione dalla
carica, le dichiarazioni necessarie alla persona giuridica per la
partecipazione alle gare; né, infine, l’eventuale inadempimento di un
obbligo posto a carico dei soggetti cessati dalle cariche (ove previsto)
potrebbe risolversi in danno della (incolpevole) società.
Proprio in virtù di queste ultime considerazioni, la dichiarazione in ordine alle ragioni che – come si esprime la sentenza appellata - hanno reso impossibile o eccessivamente gravosa la produzione della dichiarazione “diretta” da parte dei soggetti interessati, appare del tutto superflua (non essendovi modo, anche per difettosa previsione legislativa, di obbligare tali ultimi soggetti a renderla), né tanto meno la mancanza di tale dichiarazione può comportare l’esclusione dalla gara.
Nella gara in esame, peraltro, l’amministrazione, come esposto anche dagli appellanti “ha puntualmente avviato le prescritte verifiche di quanto oggetto della dichiarazione resa” con il risultato che “tutti gli accertamenti svolti hanno consentito di accertare l’effettiva assenza di provvedimenti penali a carico degli amministratori cessati nel triennio”. In altre parole, l’amministrazione, resa consapevole della identità dei soggetti da considerare, ha proceduto a verificare la sussistenza dei requisiti di cui all’artt. 38 d. lgs. n. 163/2006, con esito positivo (né vi sono contestazioni sulla completezza dell’indicazione e sull’esito delle verifiche).
Per le ragioni esposte, i motivi di appello proposti dal Consorzio Centro Servizi (sub a) e b) dell’esposizione in fatto) e dal Ministero della giustizia (sub a) dell’esposizione in fatto), relativi all’error iudicandi in rapporto all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006, sono fondati e devono essere, pertanto, accolti.
4. Altrettanto fondati sono i motivi con i quali entrambi gli appellanti evidenziano error in iudicando della sentenza appellata, in relazione alla presunta anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria,
Sia il Consorzio Centro servizi, sia il Ministero della difesa lamentano, in sostanza, una violazione dei principi in materia di insindacabilità dell’azione amministrativa; poiché:
- secondo il Consorzio, la sentenza “ponendo in essere una gravissima violazione del principio di insindacabilità dell’azione amministrativa, ha illegittimamente valutato nel merito l’offerta dell’esponente, per di più limitandosi a recepire acriticamente le doglianze della soc. Dussmann, senza dare conto di quanto eccepito sia dall’amministrazione che dalla controinteressata”;
- secondo il Ministero, “la valutazione di congruità dell’offerta di competenza della stazione appaltante è . . tipica espressione di discrezionalità tecnica dell’amministrazione”, essendo quindi inammissibile sia la pretesa della soc. Dussmann di sostituirsi all’amministrazione, sia la possibilità per il giudice “di integrare autonomamente l’eventuale carenza istruttoria dell’amministrazione” ovvero, come nel caso di specie, di “valutare direttamente la congruità dell’offerta dell’aggiudicatario”.
Ambedue gli appellanti, inoltre, concludono per la perfetta congruità dell’offerta, risultata tale alle valutazioni dell’amministrazione; e ciò, in particolare secondo il Ministero, poichè “l’offerta del Consorzio ha riportato punteggi, sia sul piano qualitativo che economico, la cui somma non supera le “soglie di anomalia” previste dall’art. 86, co. 2, oltre le quali le offerte sono ex lege sospette di anomalia e soggette a verifica obbligatoria” e “si è proceduto all’aggiudicazione solo dopo aver riscontrato l’adeguatezza dell’offerta rispetto ai costi fondamentali dell’appalto”.
Come è noto, l’art. 86 d. lgs. n. 163/2001, prevede, in particolare, che:
(comma 1) “Nei contratti di cui al presente codice, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media.”
(comma 2) “Nei contratti di cui al presente codice, quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte in relazione alle quali sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, sono entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.”
(comma 3) “In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.”
Inoltre, il successivo art. 87 prevede, in particolare, che “quando un'offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all'offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo posto a base di gara, nonché, in caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, relative agli altri elementi di valutazione dell'offerta, procedendo ai sensi dell'articolo 88. All'esclusione può provvedersi solo all'esito dell'ulteriore verifica, in contraddittorio (comma 1).
Come la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire (Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3143), il Codice dei contratti prevede:
- per un verso, l'attivazione del procedimento di verifica di anomalia, in conseguenza di un calcolo matematico automatico, imponendo alle stazioni appaltanti di sottoporre a verifica tutte le offerte che eguagliano o superano la soglia di anomalia;
- per altro verso, il potere delle stazioni appaltanti di sottoporre a verifica anche offerte che, pur collocandosi al di sotto della soglia di anomalia, appaiano ciò non di meno sospette. In tale seconda ipotesi, per ragioni di economia dei mezzi giuridici e per evitare arbitrii delle stazioni appaltanti, occorre, per attivare la verifica di anomalia facoltativa, che vi sia un fumus, un sospetto di anomalia, sulla base di elementi specifici.
Con riferimento al procedimento di verifica dell’anomalia (e con particolare riguardo alla seconda delle ipotesi ora rappresentate), occorre ricordare inoltre che il sindacato del giudice amministrativo non può estendersi alla verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, poiché, ove ciò fosse, il giudice invaderebbe una sfera propria della pubblica amministrazione, in esercizio di discrezionalità tecnica.
Al contrario, il giudice amministrativo ben può sindacare le valutazioni compiute dalla pubblica amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza (al fine di verificare la presenza delle relative figure sintomatiche di eccesso di potere) e della congruità dell’istruttoria all’esito della quale l’amministrazione ha proceduto alle proprie valutazioni (Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1040).
In tali sensi e limiti, il giudice può anche considerare i singoli elementi o voci dell’offerta, ma non già al fine di valutarne l’eventuale anomalia, bensì solo come elementi concreti suffraganti la verifica della suddetta sussistenza dei profili di completezza dell’istruttoria, nonché di ragionevolezza e logicità della valutazione effettuata dalla pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, l’amministrazione (e per essa la commissione di gara), non ha sottoposto l’offerta del Consorzio appellante a verifica, perché la stessa, per effetto del calcolo effettuato, “ha riportato punteggi, sia sul piano qualitativo che economico, la cui somma non supera le “soglie di anomalia”, previste dall’art. 86 d. lgs. n. 163/2006”, soglie oltre le quali le offerte sono automaticamente sospette di anomalia e soggette a verifica obbligatoria.
Né la valutazione della stessa offerta, quanto all’assenza di “elementi specifici” tali da comportare una sua sottoposizione a verifica di congruità, appare affetta dalle figure sintomatiche di eccesso di potere sopra evidenziate. Ed infatti, le considerazioni offerte dal Consorzio all’amministrazione in sede di gara (ribadite nel giudizio di primo grado e nella presente sede per il tramite dei relativi motivi di appello), appaiono tali da non comportare un giudizio di irragionevolezza che, su di esse, ha al contrario effettuato l’amministrazione al fine di escludere la necessità della verifica di anomalia.
Sul punto, la sentenza appellata ha ritenuto che l’importo residuo (detratti i costi di manodopera al valore dell’offerta complessiva) “appare insufficiente per coprire i costi legati alle macchine, alle attrezzature, alla formazione del personale, ai dispositivi di protezione, alla copertura delle spese generali ed ad assicurare un utile” (pagg. 19-20). Orbene, tale decisione:
- per un verso, omette di considerare l’iter logico seguito dall’amministrazione, onde escludere, oltre la necessità di verifica ex lege, anche e soprattutto la sussistenza di “specifici elementi”, volti ad indurre l’amministrazione medesima a disporre verifica facoltativa;
- per altro verso, valuta direttamente la coerenza di taluni costi con il residuo importo, avanzante dall’offerta economica dopo aver detratto i costi per il personale, con ciò sovrapponendo la propria valutazione a quella (propria e riservata) dell’amministrazione;
- per altro verso ancora, omette di considerare sia le giustificazioni offerte (anche in corso di giudizio) dal Consorzio attuale appellante, proprio con riferimento agli aspetti evidenziati, sia dalla stessa amministrazione, che ha sufficientemente e plausibilmente esplicitato le ragioni che la hanno indotta a ritenere congrua l’offerta del Consorzio, pur consapevole delle “somme residue” sopra richiamate.
Per le ragioni esposte, risultano fondati anche i motivi proposti dal Consorzio Centro servizi (sub c) dell’esposizione in fatto) e dal Ministero della difesa (sub b) dell’esposizione in fatto).
Di conseguenza, gli appelli devo essere accolti, con conseguente annullamento della sentenza appellata e reiezione del ricorso proposto in I grado da Dussmann Service s.r.l..
L’accoglimento degli appelli proposti rende, di conseguenza, improcedibile per difetto di interesse l’appello incidentale proposto da Dussmann Service s.r.l., con riferimento al capo della sentenza, con il quale si rigetta la domanda di risarcimento dei danni e si nega la declaratoria di inefficacia del contratto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da Consorzio Centro Servizi e dal Ministero della Difesa (n. 7095/2010 r.g.), li accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da Dussmann Service s.r.l..
Condanna l’appellata Dussmann Service s.r.l. al pagamento, in favore di ciascuno degli appellanti, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida, per ciascuno di essi, in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
(*)
dal 13 maggio 2011: "nell'anno antecedente" in forza della modifica operata
dall'art. 4 del decreto-legge n. 70 del 2011.