LAVORI PUBBLICI - 153
T.A.R. Toscana, Sezione II, 14 ottobre 2005, n. 4678
Il
collegamento tra imprese concorrenti
deve essere sostanziale e accertato in concreto - Il responsabile tecnico (non
il direttore tecnico) di un'impresa concorrente che sia amministratore di altra
società concorrente non comporta intreccio tra organi amministrativi, né la
comunanza della modalità di confezionamento delle offerte e della redazione
delle polizze cauzionali comportano di per sé fattore turbativo, in assenza di
ulteriori elementi probatori.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA - II.a SEZIONE
ha pronunciato la seguente: SENTENZA
sul ricorso n. 2208/2204 proposto da Impresa Edile F.N. rappresentata e difesa dagli avv.ti P.Q. e L.Q. ed elettivamente domiciliata presso ...
contro
la società P. S.p.A. in persona del legale rappresentante pro-tempore costituitosi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti S.G., F.M.G. e G.T. ed elettivamente domiciliata presso ...
e nei confronti
dell’impresa C. di F.G. s.a.s. in persona del legale
rappresentante pro-tempore, costituitasi in giudizio ed elettivamente
domiciliata in ...;
per l'annullamento
del verbale di riapertura II^ seduta del 13 luglio 2004, con il quale è
stata disposta l’esclusione dell’impresa ricorrente dalla gara, nonché per
il risarcimento del danno
Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio, della stazione appaltante e
dell’impresa controinteressata
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 30 giugno 2005, relatore il Consigliere
Vincenzo Fiorentino, gli avv.ti L.Q., G.T. e R.M. per V.B.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con avviso n. 217/2004 pubblicato il 4 maggio 2004, la società P.
S.p.A. indiceva una gara per l’aggiudicazione con il metodo del pubblico
incanto, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. a), della
legge 11 febbraio 1994,
n. 109, dei lavori di manutenzione, estensione e nuovi allacciamenti delle
reti e degli impianti idrici nel territorio dei comuni di Prato, Carmignano
e Poggio a Caiano per un importo a base d'asta di € 3.432.000,00(tremilioniquattrocentotrentaduemila/00),
di cui € 182.000,00(centoottantaduemila/00) per oneri di sicurezza non
soggetta a ribasso.
Il 30 giugno 2004, si teneva la prima seduta di gara relativa alla verifica
della correttezza formale dell’offerta.
Nella seduta dell’8 luglio 2004 la Commissione di gara procedeva
all’apertura delle buste ed a formulare la graduatoria provvisoria.
Le prime due offerte esaminate risultavano essere state presentate
dall’Impresa F.N. (ribasso del 17,7770%) e dall’Impresa Edile L. (ribasso del 17,2350%).
Il Presidente della Commissione, tuttavia, all’apertura dell’offerta
presentata dall’Impresa Edile L. notava “la somiglianza della stessa
con l’offerta presentata dall’Impresa F.N.” facendo, in
particolare, mettere a verbale che “tali offerte risultavano avere la
medesima impostazione grafica e riportavano per entrambe le imprese lo
stesso recapito telefonico decidendo, in conseguenza di sospendere la seduta
onde sottoporre ad attenta analisi le offerte e la documentazione presentata
da entrambe le imprese al fine di verificare il rispetto del principio della
segretezza delle offerte presentate”.
Nella seduta del 13 luglio 2004, il Presidente dava atto a verbale che dalla verifica effettuata era stato rilevato che:
- le buste contenenti la documentazione risultavano stampate con dicitura, carattere e posizioni di stampa identici;
- i plichi risultavano spediti lo stesso giorno e dallo stesso ufficio postale, le polizze erano state rilasciate dalla stessa agenzia, nel medesimo giorno e firmate dallo stesso procuratore;
- l’importo di entrambe le polizze era stato arrotondato da € 34.320,00 (trentaquattromilatrecentoventi/00) ad € 34.350,00(trentaquattromilatrecentocinquanta/00), l’istanza di autocertificazione era stata redatta con lo stesso schema, compilata dalla stessa calligrafia e riportava lo stesso errore ortografico e la stessa correzione di tale errore;
- che i modelli A di entrambe le imprese risultavano compilati con la stessa calligrafia, anche se con inchiostro diverso;
- dalla visura camerale risultava che il sig. A.L., oltre ad essere titolare e amministratore unico dell’impresa omonima era dal 26 febbraio 2002, responsabile tecnico dell’impresa F.N.;
- all’indirizzo di via “Q.M.C. n. 2 ed al numero telefonico 083.XXXXXX rispettivamente sede legale e recapito telefonico dell’impresa F.N.) corrispondeva, anziché la stessa impresa F.N., l’impresa edile L.
La Commissione ritenendo tali elementi “idonei ad alterare la serietà e
l’indipendenza delle offerte presentate, in modo da far presumere una forma
di collegamento sostanziale tra le imprese riconducibile ad unico centro di
interessi” disponeva l’esclusione dalla gara delle due imprese, riformulando
nella stessa seduta la media delle restanti offerte e dichiarando
aggiudicataria provvisoria l’impresa C. s.a.s.
Il provvedimento di esclusione veniva comunicato con le note n. 10839 e n.
10840, del 19 luglio 2004, rispettivamente all’impresa F.N. ed
all’impresa edile L.
Con atto notificato il 2 novembre 2004 e depositato il 23 dello stesso mese,
l’impresa F.N. impugnava sia l’atto di esclusione che il provvedimento
con cui la gara era stata aggiudicata all’impresa C. di F.G. s.a.s.
A fondamento dell’impugnativa la società ricorrente deduceva i seguenti motivi:
- Irrilevanza dei dati meramente formali. Il provvedimento di esclusione sarebbe stato adottato disattendendo che gli “indizi rilevati dalla commissione nelle offerte esclusa, per la loro natura meramente formale sarebbero stati del tutto inidonei a ricondurre tali offerte ad un unico centro di interessi. Del resto la coincidenza di forma riscontrata nelle offerte sarebbe stata determinata dal fatto che le due società, aventi la loro sede legale nella stessa città, si erano rivolte alla medesima agenzia di servizi per l’espletamento delle formalità necessarie. Non corrisponderebbe, infine, al vero quanto ritenuto dalla stazione appaltante, sul fatto che A.L. oltre ad essere titolare ed Amministratore unico dell’impresa omonima sarebbe dal 26 febbraio 2002 anche responsabile tecnico dell’impresa F.N., così come non corrisponderebbe al vero che le due ditte avrebbero comunanza di sede e di utenza telefonica".
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e dei principi dettati in materia di collegamento sostanziale tra imprese;
- Violazione degli artt. 97 e 41 Cost.; difetto di istruttoria, difetto di motivazione ed illogicità manifesta.
La stazione appaltante avrebbe ritenuto, in
assenza di adeguata istruttoria e sulla base di elementi inesatti, che le
due imprese si trovassero tra loro in una situazione di controllo di cui
all’art. 2359 c.c.
La società ricorrente chiedeva, infine, la condanna della stazione
appaltante al risarcimento del danno che assumeva esserle derivato dal
comportamento illegittimo di questa.
Si costituiva in giudizio con atto depositato il 24 novembre 2004 la
stazione appaltante resistendo.
Si costituiva in giudizio, con atto depositato il 7 dicembre 2004, anche la
società C. di F.G. s.a.s. che, in via preliminare, eccepiva la tardività del ricorso per mancata impugnativa nel termine decadenziale di
trenta giorni, del verbale, del 13 luglio 2004, con il quale la Commissione
aveva deciso di escludere la società ricorrente dalla gara; termine
decorrente dal 17 luglio 2004, data questa in cui era stata comunicata alla
società la disposta esclusione; mentre nel merito veniva contestata la
fondatezza della pretesa.
Con memoria del 10 dicembre 2004 la difesa della stazione appaltante
eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, sia perché
depositato oltre il termine dimidiato decorrente dall’ultima notifica, nella
specie effettuata tramite il servizio postale, sia perché la società
ricorrente avrebbe impugnato solo il verbale di gara del 13 luglio 2004 e
non anche il provvedimento lesivo, costituito nell’atto n. 10839, del 19
luglio 2004 con il quale era stata esclusa.
Comunque rispetto al verbale il ricorso sarebbe tardivo essendo stato
notificato soltanto il 2 novembre 2004, oltre quindi il termine perentorio
di sessanta giorni.
Nel merito la difesa della stazione appaltante contestava la fondatezza del
ricorso.
La suddetta difesa depositava il 23 giugno 2005 ulteriore articolata
memoria.
La causa veniva trattenuta per la decisione alla pubblica udienza del 30
giugno 2005.
DIRITTO
Tra le eccezioni di tardività ed inammissibilità dedotte vanno
preliminarmente esaminate quelle di tardività.
L’eccezione di tardività formulata dalla società controinteressata si basa
sull’assunto che, avendo la controversia ad oggetto una fornitura pubblica,
e quindi relativa a materia tra quelle contemplate dall’art. 23-bis, comma 1,
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall’art. 4 della
legge 21
luglio 2000 n. 205, il termine per la notificazione del ricorso doveva
ritenersi dimezzato.
Conseguentemente, secondo la prospettazione della società controinteressata,
la domanda di parte ricorrente, diretta ad ottenere l’annullamento del
verbale, del 13 luglio 2004, con cui la Commissione di gara l’aveva esclusa
dalla procedura concorsuale, doveva ritenersi tardiva in quanto notificata
soltanto il 2 novembre 2004, oltre, quindi, il termine decadenziale di rito
che, nella specie sarebbe di trenta giorni(in quanto, sempre secondo la
prospettazione della società ricorrente, dimidiato, a norma del citato art.
23-bis della legge n. 1034 del 1971), decorrente dal 17 luglio 2004; data questa
in cui la stazione appaltante aveva comunicato l’esclusione.
L’eccezione va disattesa.
Il suindicato art. 23-bis, comma 2, della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto
dall’art. 4, comma 1, legge 21 luglio 2000, n. 205, dispone che, per le
controversie relative alle materie elencate in tale comma 1, (tra le quali
rientrano, per quanto qui interessa, le procedure “di aggiudicazione,
affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità ivi
compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti”) “i
termini processuali sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione
del ricorso”.
Il tenore letterale della disposizione è chiaro nel prevedere che il
dimezzamento dei termini processuali non si applica alla notificazione del
ricorso.
Le ragioni di tale deroga al dimezzamento dei termini - deroga che, come
affermato dalla giurisprudenza, trova applicazione oltre che per la
notificazione del ricorso principale anche per quella del ricorso
incidentale, pena in caso contrario l’incostituzionalità del suddetto comma
2 dell’art. 4 della legge n. 205/2000 (cfr. per tutte C.d.S., IV sez., 9 ottobre
2002, n. 5363) - sono state individuate nella necessità che all’interessato,
nonostante l’obiettivo di rendere più celere il giudizio amministrativo
relativo ad alcune materie, fosse assegnato un più congruo spatium
deliberandi dalla conoscenza dell’atto o del comportamento lesivo ovvero
dall’azione altrui per decidere ed organizzare la propria tutela
giurisdizionale(cfr. C.d.S., IV sez., 6 ottobre 2003, n. 5897 e 9 ottobre 2002,
n. 5363).
Tali ragioni, evidentemente, non riguardano il deposito del ricorso, che
costituisce adempimento di carattere meramente materiale (anche se dal
deposito del ricorso prende vita il rapporto processuale amministrativo)
Passando all’esame dell’eccezione, dedotta dalla difesa della stazione
appaltante, di irricevibilità del ricorso per essere la relativa notifica
stata effettuata il 2 novembre 2004 e quindi oltre il termine decadenziale
di rito che nella specie decorrerebbe dal 13 luglio 2004, data questa di
redazione del verbale con il quale la Commissione di gara aveva escluso la
società ricorrente dalla procedura concorsuale, ne va rilevata
l’infondatezza.
Il contenuto di tale verbale è stato, difatti, comunicato alla società
ricorrente, con nota n. 10839, del 19 luglio 2004, inviata tramite fax;
conseguentemente, in assenza di prova da parte della stazione appaltante, di
una intervenuta conoscenza del verbale precedentemente all’invio della
suindicata nota, a tale data occorre far riferimento per il computo del
termine, e, tenendo conto del periodo di sospensione dei termini
processuali, per le ferie degli avvocati (dal 1 agosto al 15 settembre) il
ricorso è tempestivo.
Attesa il carattere di mera comunicazione della suddetta nota e, quindi,
l’assenza nella stessa, di contenuto dispositivo proprio, va disattesa anche
l’eccezione con cui la difesa della stazione appaltante sostiene
l’inammissibilità del ricorso per avere, con questo, la società ricorrente
impugnato il citato verbale della Commissione e non anche l’atto con il
quale il contenuto del verbale le è stato comunicato.
Va, infine, esaminata l’eccezione con cui la difesa della stazione
appaltante sostiene che il ricorso sarebbe inammissibile per tardivo
deposito, intervenuto il 23 novembre 2004 e cioè oltre il 15° giorno
rispetto alla data di notifica del ricorso, da identificarsi nella medesima
data del 2 novembre 2004 nella quale il ricorso è stato notificato a mani
alla stazione appaltante, e consegnato all’ufficiale giudiziario ai fini
della notifica, a mezzo posta, alla società controinteressata.
Ad avviso del Collegio anche detta eccezione è da disattendere, non
potendosi condividere la ricostruzione operata dalla difesa della stazione
appaltante, e supportata da parte della giurisprudenza, secondo la quale la
data di scadenza per il deposito del ricorso (nello specifico caso, 15
giorni, trattandosi di termine dimidiato) decorrerebbe dalla consegna
dell’atto dell’ufficiale giudiziario affinché venga eseguita la notifica a
mezzo del servizio postale anziché della successiva data in cui l’atto è
effettivamente pervenuto al destinatario.
Ritiene il Collegio di aderire al diverso indirizzo secondo il quale la
regola, affermata dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n.
477/2002, per la quale la notificazione a mezzo del servizio postale si
perfeziona per il notificante al momento della consegna dell’atto
all’ufficiale giudiziario, si applica limitatamente ai fini della
tempestività del ricorso, ma non con riguardo al deposito che è tempestivo
se effettuato nei termini previsti decorrenti dalla ricezione del plico da
parte dell’ultimo destinatario (Cass. sez. III civ. 17 luglio 2003 n. 11201).
Il fondamento della suddetta decisione della Corte Costituzionale si radica
nella necessità di sottrarre il notificante agli esiti negativi (ritardi e quant’altro) di un’attività indisponibile per il notificante stesso.
Proprio per tale ragione risultava non condivisibile l’applicazione di detto
principio ai fini della decorrenza del termine per il deposito, che si
vorrebbe individuare nella data di consegna dell’atto all’ufficiale
giudiziario.
Per un verso, la giurisprudenza in tema di notificazione a mezzo posta, pur
ammettendo il deposito del ricorso ancorché privo dell’avviso di
ricevimento, ne impone di quest’ultimo il deposito prima della decisione, a
pena di inammissibilità del ricorso, con ciò dimostrando di ritenere che il
ricevimento della cartolina di ritorno integri la notificazione.
Per altro verso, individuare il dies a quo nella data di consegna dell’atto
all’ufficiale giudiziario, verrebbe a ridurre irragionevolmente il termine a
disposizione del ricorrente per il deposito, perché per un verso il
notificante dovrebbe attendere l’espletamento della notifica per poter
depositare l’atto correlato della relata (ed anzi fino alla di avvenuto
compimento delle formalità della notifica l’originale dell’atto non può
nemmeno essere riconsegnato dall’ufficiale giudiziario), per altro verso il
termine per il deposito starebbe già decorrendo per effetto della consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario.
Deve, quindi, ritenersi che il dies a quo vada individuato(nel caso in cui
l’ultima notifica risulti effettuata a mezzo posta) nella data di
ricevimento del plico dal destinatario.
In ogni caso, anche a seguire l’opposta ipotesi, andrebbe riconosciuto alla
società ricorrente l’errore scusabile, stante il contrasto giurisprudenziale
sul punto.
Sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari può procedersi all’esame del
merito.
Come delineato in fatto la determinazione contenente l’esclusione dell’impresa F.N. dalla procedura concorsuale è stata adottata dalla stazione appaltante per avere questa riscontrato che il responsabile tecnico di tale impresa era anche titolare ed Amministratore unico dell’impresa edile L. e per aver rilevato che le buste contenenti la documentazione delle due imprese risultavano stampate con diciture, caratteri e posizioni di stampa identici; i plichi delle offerte risultavano spediti lo stesso giorno e dallo stesso ufficio postale; le polizze fideiussorie erano state rilasciate dalla stessa agenzia nel medesimo giorno e firmate dallo stesso procuratore; all’indirizzo di via Q.M.C. n. 2 ed al numero telefonico 083.XXXXXX (rispettivamente sede legale e recapito telefonico dell’impresa F.N.) corrispondeva anziché la stessa impresa F.N., l’impresa edile L.
La stazione appaltante ha ritenuto che tali elementi fossero idonei a
configurare tra le imprese interessate una situazione di collegamento
sostanziale incompatibile con il principio di reciproca segretezza e piena
autonomia delle offerte e quindi con la partecipazione alla stessa procedura
concorsuale espressamente avvertito anche dalla lett. B del disciplinare di
gara.
La società ricorrente, nel dolersi della determinazione impugnata ne deduce
l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dei principi generali in
materia di controllo e collegamento tra le imprese concorrenti agli appalti
pubblici e per carenza dei presupposti in fatto ed in diritto.
Afferma in particolare l’impresa ricorrente che la stazione appaltante
ritenendo che la circostanza che il responsabile tecnico di essa impresa
fosse anche titolare ed amministratore unico dell’impresa edile L.
configurasse una situazione di collegamento incompatibile con il principio
di segretezza e di piena autonomia delle offerte e quindi con la
partecipazione alla stessa procedura concorsuale avrebbe disatteso che il
disciplinare limitava il divieto di partecipazione congiunta alla medesima
gara delle sole imprese in situazione di controllo o collegamento ex
art. 2359 c.c.
Il motivo è fondato.
Il disciplinare di gara alla lett. B) prevedeva che la stazione appaltante
doveva verificare che le società concorrenti non fossero “fra di loro in
situazione di controllo di cui all’art. 2359 del Codice Civile richiamato
dall’art. 10, comma 1-bis, Legge 109/94 e successive modificazioni, o in una
situazione di collegamento o di intreccio degli organi amministrativi o di
rappresentanza o tecnici che comunque non assicuri la piena autonomia e
segretezza dell’offerta ed in caso positivo ad escluderli entrambi dalla
gara”.
Premesso che il collegamento cui fa riferimento la determinazione impugnata
non può essere riconducibile all’ipotesi di cui al secondo comma dell’art.
2359 c.c. che considera “collegate le società sulle quali un’altra esercita
un’influenza notevole”; influenza “che si presume quando nell’assemblea
ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti” occorre
verificare se la circostanza che il responsabile tecnico dell’impresa
ricorrente fosse anche titolare e amministratore unico dell’impresa edile L.
fosse idoneo, come ritenuto dalla stazione appaltante, a configurare tra le
due imprese, una situazione di collegamento incompatibile con il principio
di reciproca segretezza e piena autonomia delle offerte e quindi con la
partecipazione alla stessa gara.
Al riguardo va tenuto presente che dai principi della “par condicio” dei
concorrenti e della segretezza delle loro offerte discende la conseguenza
che in caso di pluralità di concorrenti le diverse offerte facciano
riferimento a centri di interessi distinti, in quanto solo in presenza di
tali condizioni le regole della procedura concorsuale possono essere
rispettate.
Ne consegue che vanno esclusi dalla gara per l’aggiudicazione di un appalto
pubblico i concorrenti le cui offerte siano riconducibili ad un medesimo
centro decisionale, realizzandosi in tale ipotesi la possibilità di una
comunanza degli elementi di conoscenza e di volizione che è sufficiente per
escludere la garanzia dell’autonomia delle diverse offerte. Peraltro la
possibilità astratta di accordi tra due società concorrenti va intesa non
come mera eventualità di accordi tra concorrenti, sempre possibile anche tra
soggetti in nessun modo collegati, ma come oggettiva conseguenza
dell’intreccio degli organi amministrativi o tecnici dei soggetti
partecipanti e quindi degli stessi assetti societari.
Invero la particolare situazione in cui si trovano le società che hanno in
comune amministratori dotati di poteri di partecipazione alla stessa gara
determina, già dal punto di vista formale e documentale rilevabile dalla
stazione appaltante, la possibilità che gli amministratori, pur
sottoscrivendo disgiuntamente le offerte, accedano agli elementi conoscitivi
che stanno alla loro base o addirittura concorrano, secondo i poteri
conferiti dallo statuto, alla determinazione di volontà dell’offerta.
Quindi solo l’intreccio degli organi amministrativi o di rappresentanza dei
soggetti partecipanti in quanto determina la possibilità di comunanza degli
elementi di conoscenza, è sufficiente per escludere la garanzia
dell’autonomia delle diverse offerte.
Conseguente non può ritenersi che costituisca fattore turbativo di per sé la
circostanza che il responsabile tecnico della società ricorrente fosse anche
titolare ed amministratore unico dell’impresa edile L. non essendo tale
circostanza autonomamente idonea a consentire un flusso informativo tra le
due società in merito alla fissazione delle offerte ovvero agli elementi
valutativi ad esse sottostanti. Peraltro nel caso di specie le funzioni di
responsabile tecnico erano, limitate come da certificazione rilasciata dalla
Camera di Commercio di Lecce il 4 giugno 2004 alle sole attività di
installazione, trasformazione, ampliamento degli impianti di cui all’art. 1
della Legge 5 marzo 1990, n. 46 (Norme per la sicurezza degli impianti).
Nel caso di specie, pertanto la stazione appaltante avrebbe dovuto acquisire
la prova che tra le due società ci fosse un accordo specifico od almeno una
prassi gestionale tali da configurare che le stesse fossero soggette ad un
comune centro decisionale.
Né assume, infine,alcuna rilevanza probante l’accertata comunanza nelle modalità di confezionamento delle buste e dei plichi contenenti rispettivamente la documentazione e le offerte delle due società, né il fatto che le buste di tali plichi risultavano spedite dallo stesso luogo e che le polizze fideiussorie risultassero emesse dalla medesima compagnia di assicurazione, attesa in particolare la circostanza che le due imprese avevano la sede nella stessa città, per cui ben poteva succedere che si avvalessero della stessa ditta specializzata nella spedizione e ricorressero allo stesso istituto per l’emissione delle polizze.
Sulla base delle suesposte considerazioni, concludendo il ricorso va accolto con conseguente annullamento delle determinazioni con lo stesso impugnate ed ammissione della impresa ricorrente alla procedura concorsuale.
Le spese ed onorari di causa vengono liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie con
conseguente annullamento degli atti impugnati ed ammissione alla procedura
concorsuale dell’impresa ricorrente;
condanna la stazione appaltante al pagamento delle spese ed onorari di causa
liquidati in complessivi € 3.000,00(tremila/00) oltre agli accessori di
legge, compensa le spese nei confronti della società controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 30 giugno 2005, dal Tribunale Amministrativo
Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei
signori:
Giuseppe PETRUZZELLI - Presidente
Vincenzo FIORENTINO - Consigliere, rel. est.
Stefano TOSCHEI - Primo Ref.