REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4 del 2003 proposto da J.S. s.r.l., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria dell’A.T.I. J.S. s.r.l. - A.M. s.a.s., e da A.M. s.a.s., rappresentate e difese dagli Avv.ti G.A.F., R.S. e A.T. ed elettivamente domiciliate in ...
contro
L. s.p.a, rappresentata e difesa dall’Avv. P.P. ed elettivamente domiciliata presso lo stesso, in ...
e nei confronti
del COMUNE DI UGENTO, in persona del Sindaco p.t., n.c.
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R.Puglia - Lecce, Sez. seconda, n. 6297 del 18.11.2002.
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società L.;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 15 aprile 2003, il relatore,
consigliere Nicolina Pullano, ed uditi, inoltre, gli avv.ti F., S., T. e P.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il T.A.R. Puglia, Sezione staccata di Lecce, ha accolto il ricorso proposto dalla società L. avverso l’aggiudicazione provvisoria all’A.T.I. J.S. - A.M. dell’asta pubblica per l’appalto dei lavori riguardanti “interventi necessari per fronteggiare l’erosione del litorale della Marina di Ugento”.
Il T.A.R. ha ritenuto che il geom. S., direttore tecnico della s.a.s A.M., avendo partecipato alla progettazione dell’opera nella fase relativa alla elaborazione finalizzata al finanziamento, versasse in una situazione di contiguità con i soggetti ai quali avrebbe potuto essere affidata la direzione dei lavori e che, quindi, tale situazione di contiguità comportasse l’incapacità di partecipare alla gara dello stesso geom. S. e della struttura di cui fa parte con funzioni di responsabilità.
L’A.T.I. soccombente in primo grado ha impugnato la sentenza chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
- il ricorso sarebbe stato accolto per ragioni diverse da quelle dedotte dalla società ricorrente;
- una presunta contiguità tra potenziale direttore dei lavori e direttore tecnico dell’impresa esecutrice non potrebbe mai comportare un divieto di partecipazione alla gara, posto che, ai sensi dei comma 4 e 14 dell’art. 17 della legge 11.2.1994 n. 109, l’affidamento della direzione dei lavori al progettista incaricato dell’esecuzione del progetto non è obbligatoria per la P.A., ma solo prioritaria;
- l’estensione del divieto alla “struttura cui il geom. S. partecipi con funzioni di responsabilità” non ha alcuna giustificazione, essendo la direzione tecnica dell’impresa cosa ben diversa dall’esecuzione dei lavori.
L’appellata soc. L., nel costituirsi in giudizio, ha illustrato i motivi di infondatezza dell’appello.
Successivamente le parti hanno depositato memorie con le quali hanno ribadito le proprie argomentazioni difensive.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Il primo motivo non può essere condiviso perché non risponde al vero che il T.A.R. ha accolto il ricorso per ragioni diverse da quelle dedotte dalla società L., originaria ricorrente.
Il Giudice di primo grado si è limitato a chiarire, esaminando congiuntamente le censure (la sentenza è stata redatta in forma breve), che le ragioni della scelta del legislatore di escludere gli affidatari di incarichi di progettazione dagli appalti o dalle concessioni di lavori pubblici … per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione e di estendere tale divieto ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico ed ai loro dipendenti (art. 17, comma 9, della legge n. 109 del 1994), trova giustificazione nelle disposizioni concernenti l’affidamento della direzione dei lavori nel caso di progettazione esterna (combinato disposto dei comma 4 e 14 dello stesso art. 17), piuttosto che nella salvaguardia del principio della par condicio (principio che, peraltro, l’originaria ricorrente non ha invocato nel primo motivo di gravame - nel quale ha denunciato la violazione dell’art. 17, comma 9, per essere il direttore tecnico dell’A.M. già affidatario di incarichi di progettazione - ma solo nel secondo motivo, nell’ambito del dedotto vizio di eccesso di potere).
Anche le ulteriori doglianze sono infondate.
Ed infatti, anche se non sembra convincente la motivazione della sentenza di primo grado - la cui logica si imbatte effettivamente nel rilievo che l’affidamento della direzione dei lavori al progettista non è una soluzione obbligatoria ed esclusiva di altre - appare, comunque, risolutivo considerare la ratio della disposizione di cui al comma 9 dell’art. 17: il legislatore, vietando a coloro che direttamente o indirettamente (agli affidatari degli incarichi di progettazione ed ai loro dipendenti e collaboratori) abbiano partecipato alla progettazione di concorrere nelle gare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori progettati, ha voluto assicurare la massima autonomia e l’assoluta separazione tra attività di progettazione dei lavori e le attività esecutive degli stessi e, quindi, evitare che il redattore del progetto possa essere in modo diretto o indiretto anche l’esecutore dei lavori.
Ora tale finalità risulta certamente frustrata nel caso in cui, come nella specie, si verifichi una perfetta coincidenza tra il progettista (il geom. S., oltre ad essere socio della società affidataria della progettazione, ha contribuito materialmente alla redazione del progetto, che porta la sua firma) e il direttore tecnico della società appaltatrice, atteso il ruolo centrale (di interlocutore, per la società, del direttore dei lavori) che tale organo assume nell’esecuzione dei lavori appaltati e la particolare situazione in cui egli versa, essendo, al tempo stesso, anche il progettista dei lavori.
Né può validamente sostenersi che la società appaltatrice è soggetto diverso dal suo organo tecnico e che, pertanto, non incorre nella prevista incompatibilità, perché, per le ragioni appena viste, il principio di ragionevolezza impone di ritenere che si verifichi, comunque, quella indiretta commistione che il legislatore ha inteso evitare.
D’altra parte, in proposito, non è da sottovalutare anche la circostanza che il direttore tecnico della impresa o della società che partecipa alle gare assume, nell’ambito della disciplina degli appalti, un rilievo particolare, ove si consideri che l’impresa o la società di cui fa parte non può partecipare alle gare per l’esecuzione di lavori pubblici, ove egli versi in una situazione che incida sulla sua affidabilità morale e professionale, e che il divieto opera perfino nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di avere adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata (v. art. 75, primo comma, lett. c del d.P.R. 21.12.1999 n. 554, come sostituito dall’art. 2 del d.P.R. 30.8.2000 n. 412).
Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va, quindi, respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 aprile 2003, con l'intervento dei Signori:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giuseppe FARINA, Consigliere
Corrado ALLEGRETTA, Consigliere
Francesco D’OTTAVI, Consigliere
Nicolina PULLANO, Consigliere est.