LAVORI PUBBLICI - 112
Consiglio di Stato, sezione V, 8 agosto
2003, n. 4599
Mentre il possesso dei requisiti di ordine speciale è attestato dalla SOA ed è
insindacabile da parte della stazione appaltante, vanno dichiarati ogni volta i
requisiti di ordine generale a nulla rilevando che l'attestazione SOA sia
subordinata al loro possesso. La clausola di esclusione relativa alle
irregolarità in materia di pagamento di imposte e tasse (art.
75, comma 1, lettera e). d.P.R. n. 554 del 1999) opera nei confronti di
tutti i singoli rappresentanti e amministratori dell'impresa, anche qualora
dette irregolarità di riferiscano a periodi nei quali detti soggetti non erano
incardinati nell'impresa concorrente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10926/2002, proposto dalla E.I s.r.l. rappresentata e difesa dall’ Avv. L.L. con domicilio eletto in ...
contro
T.G. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti L.C. ed E.R. e preso il secondo elettivamente domiciliata in ...
e nei confronti
del Comune del Comune di SARZANA, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio,
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. della Liguria, Sezione II, 8 novembre
2002, n. 1084;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio e contestuale
appello incidentale della società appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione n. 195 del 21 gennaio 2003;
relatore, alla pubblica udienza del 1° aprile 2003, il Cons.
Paolo Buonvino e uditi, per le parti, gli avv.ti L. per l’appellante e P., per delega dell’Avv.
R., per la società appellata.
visto il dispositivo n. 145 del 01 aprile 2003;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1) – Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza con la quale il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto dalla società qui appellata per l’annullamento del verbale di asta pubblica in data 16 maggio 2002 per l’appalto dei lavori di sistemazione idraulico-ambientale del tratto terminale del torrente Parmignola e dell’aggiudicazione alla controinteressata.
Per l’appellante la sentenza sarebbe errata, anzitutto, in quanto il T.A.R. avrebbe svilito l’ambito di efficacia dell’attestato SOA regolarmente rilasciatole, che sarebbe stato pienamente idoneo a dimostrare il possesso, in capo alla stessa, anche dei requisiti morali e professionali.
La sentenza sarebbe erronea anche laddove ha ritenuto sussistere la causa di esclusione di cui all’art. 17, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 34/2000 e di cui all’art. 75, comma 1, lett. g), del d.P.R. n. 554/1999; in particolare, l’irregolarità fiscale, definitivamente accertata, costituente causa di esclusione della deducente, non avrebbe potuto essere legittimamente riferita all’amministratore della società concorrente medesima, essendosi trattato di irregolarità posta in essere allorché lo stesso non era responsabile di tale impresa, bensì di altra e distinta società (la C.).
L’erroneità della sentenza appellata apparirebbe ancor più grave in considerazione di quanto disposto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori.
2) - Si è costituita in giudizio la società appellata che svolge appello incidentale condizionato per quanto attiene al capo della sentenza impugnata che ha disatteso il primo motivo dell’originario ricorso; per quant’altro, insiste per il rigetto dell’appello principale e la conferma della sentenza stessa.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
DIRITTO
1) – È impugnata la sentenza con la quale il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società qui appellata per l’annullamento del verbale di asta pubblica in data 16 maggio 2002 per l’appalto dei lavori di sistemazione idraulico-ambientale del tratto terminale del torrente Parmignola e dell’aggiudicazione alla controinteressata.
L’appello è infondato.
2) – Non può essere, condiviso, invero l’assunto dell’appellante secondo cui la certificazione SOA rilasciatale sarebbe stata sufficiente ad assolvere ogni onere attestativo anche per quanto attiene alla documentazione dei requisiti di carattere generale oltre che a quella dei requisiti tecnico-finanziari.
E, invero, l’art. 1 del d.P.R. n. 34 del 25 gennaio 2000 prevede che quanto attestato dalla SOA è necessario e sufficiente a certificare la capacità economico-finanziaria; ma, per quanto attiene agli altri requisiti di cui all’art. 17 dello stesso decreto, è la stazione appaltante che deve verificare la sussistenza concreta degli stessi; e ciò indipendentemente dall’attestazione SOA, che vale solo ai fini anzidetti (comma 3: “……l’attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente regolamento costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”).
Ne consegue che l’attestazione SOA rilasciata all’interessata non era sufficiente a certificare il possesso, in capo alla stessa, dei requisiti generali, diversi da quelli relativi alla capacità tecnica e finanziaria; requisiti generali il cui possesso che deve essere verificato, di volta in volta, dalla stazione appaltante.
Se è onere della SOA attestare il possesso dei requisiti tecnico-finanziari (che non possono essere posti in discussione dalla P.A.), per contro, per i requisiti di carattere generale, il legislatore non ha inteso sottrarne la concreta verifica alla stessa stazione appaltante, cui spettano i necessari apprezzamenti in merito alla rilevanza dei fatti riscontrati.
3) - In particolare, oggetto di contestazione è la verifica – giusta art. 17, comma 1, lettera e), del citato d.P.R. n. 34/2000 - circa la sussistenza o meno, nella specie, in capo all’appellante, di “irregolarità, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana o del paese di provenienza”.
Secondo il T.A.R., la condanna definitiva patita dall’odierna appellante per un reato di natura fiscale (l’amministratore unico e direttore tecnico della società E., notavano i primi giudici, aveva subito una condanna penale definitiva per violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), ancorché non rilevante, trattandosi di fattispecie depenalizzata, sotto il profilo della presenza o meno dei requisiti di cui alla lettera c) dello stesso art. 17 (“inesistenza di sentenze definitive di condanna passate in giudicato ovvero di sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale a carico del titolare, del legale rappresentante, dell’amministratore o del direttore tecnico per reati che incidono sulla moralità professionale”), rilevava, per contro, ai fini della citata lettera e), che l’irregolarità come sopra accertata non risultava altrimenti superata (ad esempio, con l’accoglimento di ricorsi tributari).
Tale impostazione è qui contestata con il secondo motivo di ricorso.
Per l’appellante, in particolare, l’irregolarità fiscale definitivamente accertata posta, dal T.A.R., a fondamento della sua esclusione, non avrebbe potuto essere legittimamente riferita all’amministratore unico e direttore tecnico della società concorrente stessa, essendosi trattato di irregolarità posta in essere allorché il medesimo non era responsabile di tale impresa, bensì di altra e distinta società (la C.).
Le irregolarità fiscali del legale rappresentante di una società dovrebbero, infatti, per la deducente, essere prese in considerazione – contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. - solo se e in quanto poste in essere in un momento in cui il medesimo era legale rappresentante della stessa società in gara e non, invece, nell’ipotesi in cui si tratti di soggetto che, come nella specie, al momento della commissione dei fatti, amministrava una differente società, la quale soltanto ha tratto benefici dalla condotta di quell’amministratore.
L’erroneità della sentenza appellata apparirebbe ancor più grave, per l’appellante, anche in considerazione di quanto disposto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori.
Si tratta, allora, di stabilire se irregolarità di carattere fiscale, commesse da uno dei legali rappresentanti di una società partecipante ad una pubblica gara, possano in essa assumere rilevanza allorché le medesime risalgano ad un momento (nel caso in esame, risalente a circa sei anni prima della gara) in cui il soggetto stesso era amministratore di altra società e la società in gara non era stata ancora neppure costituita.
4) – La tesi qui fatta valere dall’appellante non può essere condivisa.
Ai sensi dell’art. 75, comma 1, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:……g) che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.
Ebbene, deve ritenersi che il riferimento ai “soggetti” che “abbiano commesso irregolarità” riguardi, indistintamente, tutti coloro nei cui confronti le stesse siano state, come nella specie, definitivamente accertate; e ciò indipendentemente dal fatto che gli stessi stiano amministrando la medesima società presso la quale hanno commesso l’illecito fiscale e attualmente concorrente alla gara, oppure una società concorrente alla gara stessa, ma nuova e diversa rispetto a quella presso la quale hanno commesso l’illecito.
Il legislatore, in effetti, non ha differenziato tra soggetto societario e amministratore, avendo fatto generico riferimento ai “soggetti” che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate; soggetti tra i quali rientrano, quindi, non solo le società – beneficiarie dell’illecito - in quanto tali, ma, evidentemente, anche i loro amministratori.
E ciò risponde ad una evidente esigenza di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa, dovendosi, logicamente, avere riferimento anche alla “personalità” denotata in passato dal legale rappresentante di una impresa, indipendentemente dal fatto che le irregolarità fiscali dallo stesso commesse siano entrate, per così dire, nel “patrimonio” della società concorrente o di un soggetto diverso.
Ne consegue che, in presenza della accertata irregolarità fiscale, l’Amministrazione non avrebbe potuto sottrarsi all’onere di escludere la concorrente; la norma (che, tra l’altro, non fa riferimento alla gravità della violazione, ma solo al suo definitivo accertamento) si limita a disporre l’esclusione in caso di accertamenti definitivi, quale è quello di specie.
5) - Né rileva, in questa sede, il fatto che l’art. 25 del d.lgs. n. 74 del 10 marzo 2000 abbia, al comma 1, lettera d), abrogato il titolo I del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, e, quindi, anche l’art. 2 di tale decreto, sulla cui base il predetto amministratore è stato condannato.
Ciò che conta è, infatti, che l’irregolarità fiscale, nella sua materialità, fosse stata definitivamente accertata al momento della gara, mentre la successiva abrogazione della norma contenente la fattispecie di reato non era in grado, di per sé (anche se precedente rispetto allo svolgimento della gara), di incidere sulla definitività dell’accertamento contenuto nella sentenza di condanna in sede penale, se non seguita da fatti estintivi della sentenza medesima; mentre, nel caso in esame, la revoca della sentenza di condanna è formalmente intervenuta solo nel mese di febbraio del 2003 e, quindi, molto tempo dopo la conclusione della gara, sicché non poteva logicamente essere presa in considerazione dall’Amministrazione, che non poteva, invece, trascurare di tenere conto di quella che era, all’epoca, la situazione di definitività dell’accertamento scaturente dalla decisione penale di cui si è detto.
Quanto, infine, alla dedotta mancata considerazione di quanto disposto, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, dal d.lgs. n. 231/2001, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori, si tratta di disciplina irrilevante nella specie, in quanto mira a definire la responsabilità della società rispetto all’azione del suo amministratore, ma non incide in alcuna misura sulla disciplina di cui all’art. 75 del d.P.R. n. 554/1999 per quanto attiene agli effetti sulla partecipazione alle gare d’appalto delle irregolarità fiscali accertate in capo all’amministratore della società concorrente e sulla rilevanza delle stesse indipendentemente dal fatto che siano state o meno commesse in un momento in cui il medesimo era legale rappresentante di quella stessa società.
6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 1° aprile 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
AGOSTINO ELEFANTE - Presidente
RAFFAELE CARBONI - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
GOFFREDO ZACCARDI -Consigliere
MARZIO BRANCA - Consigliere