LAVORI PUBBLICI - 106
T.A.R. Veneto, sezione prima, 9 maggio 2003, n. 2653
Diversamente da quanto ritenuto dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione n. 30/2002 il richiamo contenuto nell'art. 17, comma 12-ter, legge n. 109 del 1994 alla disciplina del D.M. 4 aprile 2001 non ha natura formale ma recettizia: la norma, introdotta ad hoc, ne ha recepito, cioè, il suo contenuto attuale sussumendo la disciplina regolamentare nella fonte primaria al fine specifico di conferirle stabilità.
La norma resta insensibile all'annullamento del D.M. 4 aprile 2001 successivamente intervenuto per vizi del procedimento.
Che tale conclusione non è inficiata dal comma 14-ter dell’art. 17, che stabilisce che sino all’emanazione delle decreto previsto dal comma 12-bis continuano ad applicarsi le tariffe professionali in vigore : si tratta infatti di una norma ultronea (essendo del tutto ovvio che fino alla fissazione delle nuove tariffe si debbano applicare quelle in vigore) che per tale suo connotato è coerente con qualsiasi interpretazione del concetto di “tariffe professionali in vigore” ed anzi lo è assai più rispetto alla tesi della permanenza transitoria dell’efficacia delle tabelle contenute nel D.M. 4/4/2001 che rispetto a quella del ripristino delle vecchie tariffe risalenti alla legge n. 143/1949. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
prima sezione

con l’intervento dei signori magistrati

Stefano Baccarini - Presidente
Angelo De Zotti - Consigliere, relatore
Angelo Gabbricci - Consigliere

SENTENZA

sul ricorso n. 752/2003, proposto da ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI TREVISO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. L.R. e F.Z., con elezione di domicilio presso lo studio del secondo, in ...

contro

il COMUNE di CONEGLIANO (TV), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

e nei confronti

dell’AUTORITA’ PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI, in persona del Presidente p. t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege;

per l'annullamento

dell’avviso prot. n. 10043/AST del 27 febbraio 2003 del Dirigente del Comune di Conegliano - Area Servizi del Territorio, concernente la selezione dei soggetti qualificati per l’affidamento dell’incarico fiduciario, relativamente alla realizzazione di un “Sottopasso Ferroviario sulla linea Venezia-Udine per il collegamento di via Friuli e via Maggiore Piovesana”, nella parte relativa gli onorari professionali;

Visto il ricorso notificato l’8.4.2003 e depositato presso la Segreteria l’11.4.2003, con i relativi allegati;
visti gli atti tutti di causa;
uditi all’udienza camerale del 16 aprile 2003 (relatore il Consigliere Angelo De Zotti), gli avvocati: M., in sostituzione di R. per la parte ricorrente, e l’Avv. dello Stato C. per l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici;

considerato

che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

che la legittimazione dell’Ordine degli Ingegneri ad impugnare gli atti in epigrafe non appare contestabile: gli ordini professionali, infatti, sono legittimati a difendere in sede giurisdizionale gli interessi di categoria dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale non solo quando si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, ma anche ogniqualvolta si tratti di perseguire comunque il conseguimento di vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria (cfr. Cons. St., sez. V, 7 marzo 2001, n. 1339; sez. VI, 3 giugno 1996, n. 624), con l’unico limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni concernenti i singoli iscritti e di quelle relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà dell’ordine professionale; ipotesi che non rientra nella vicenda in trattazione;

che il primo motivo di censura, con il quale si deduce la violazione dell’art. 7 comma 1^ lett. i) punto 6 della legge 166/2002 (che ha introdotto nell’art. 17 della legge 109/94 il comma 12-ter) è fondato: la norma suddetta stabilisce, infatti, che “fino all’emanazione del decreto ivi previsto continua ad applicarsi quanto stabilito nel decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001, pubblicato nella G.U. n. 96 del 26 aprile 2001”;

che la norma ha inteso, com’è noto, fare salvi in via transitoria, fino alla revisione prevista dalla stessa legge, i minimi tariffari stabiliti con il D.M. 4 aprile 2001, allo scopo di impedirne il venir meno a seguito dell’intervenuta impugnazione del decreto di approvazione delle tariffe dinanzi al T.A.R. del Lazio;

che pertanto, a giudizio del Collegio, diversamente da quanto ritenuto dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione n. 30/2002 le cui conclusioni sono recepite nel provvedimento impugnato, il richiamo contenuto nella norma alla disciplina del D.M. 4 aprile 2001 non ha natura formale ma recettizia: la norma, introdotta ad hoc, ne ha recepito, cioè, il suo contenuto attuale sussumendo la disciplina regolamentare nella fonte primaria al fine specifico di conferirle stabilità indipendentemente dalle vicende dell’atto regolamentare sottostante, gravato di impugnazione e suscettibile, come tale, di annullamento;

che per effetto di tale recepimento e della novazione della fonte, l’annullamento del D.M. 4 aprile 2001 successivamente intervenuto per vizi del procedimento, pur esplicando la sua ordinaria incidenza caducatoria sulla fonte formale della disciplina, non ha assunto, diversamente da quanto ritenuto nel parere dell’autorità per la vigilanza, alcuna rilevanza sul piano effettuale e cioè ai fini dell’applicazione delle tariffe minime inderogabili, che sono rimaste ferme non più perché fissate nel decreto annullato ma perché incorporate e rese stabili nella legge di recepimento;

che tale conclusione non appare inficiata dal disposto del comma 14-ter dell’art. 17, che stabilisce che sino all’emanazione delle decreto previsto dall’art. 12-bis (recte: dal comma 12-bis - n.d.r.) continuano ad applicarsi le tariffe professionali in vigore: si tratta infatti di una norma ultronea (essendo del tutto ovvio che fino alla fissazione delle nuove tariffe si debbano applicare quelle in vigore) che per tale suo connotato è coerente con qualsiasi interpretazione del concetto di “tariffe professionali in vigore” ed anzi lo è assai più rispetto alla tesi della permanenza transitoria dell’efficacia delle tabelle contenute nel D.M. 4/4/2001 che rispetto a quella del ripristino delle vecchie tariffe risalenti alla legge n. 143/1949 e successive attualizzazioni, atteso che, a meno di non ipotizzare che l’intenzione del legislatore fosse esattamente contraria a quella dichiarata, ciò che la legge voleva e chiaramente prevedeva era l’esplicita conferma in via transitoria delle tariffe vigenti, ossia quelle del D.M. 4 aprile 2001 e non il ripristino surrettizio di quelle pregresse non più in vigore;

che pertanto la norma contenuta nell’avviso impugnato, (art. 6 del disciplinare) che prevede che sino all’entrata in vigore del futuro decreto ministeriale gli onorari saranno calcolati in base alle tariffe professionali di cui alla legge n. 143/1949 ed ai decreti ministeriali di attualizzazione è illegittima in quanto si risolve nella disapplicazione e dunque nella violazione manifesta dell’art. 17 , comma 12-ter della legge 109/1994 e più specificamente dei minimi inderogabili che il legislatore ha fissato in via transitoria;

il ricorso va quindi accolto con conseguente annullamento dell’avviso impugnato, nella parte in cui vincola i concorrenti all’accettazione della clausola n. 6 del disciplinare allegato e consente all’amministrazione di derogare negli stessi termini alle norme vigenti in materia di onorari professionali;

le spese e le competenze di causa possono, per la novità della questione, essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla, in parte qua, il provvedimento impugnato.

Spese e competenze di causa compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 16 aprile 2003.

Il Presidente
l’Estensore

Tariffe Professionali: qual è l'oggetto del contendere

Desta davvero fortissime perplessità la sentenza del T.A.R. Veneto, Sezione I, 9 maggio 2003, n. 2653 che ha deciso per la legittimità dell'applicazione delle tariffe per le prestazioni professionali di ingegneri ed architetti, come disciplinate dal D.M. 4 aprile 2001.

Non tanto per l'enunciazione della tesi, sostenuta autorevolmente anche in dottrina, secondo la quale il richiamo della norma regolamentare da parte di una fonte primaria comporterebbe l'ascrizione della norma richiamata allo stesso rango giuridico della fonte normativa che la richiama.

Quanto, soprattutto, per la motivazione di fatto addotta a sostegno della tesi. Perché tale tesi, ancorché la si voglia accogliere, nel caso di specie può operare solo a condizione che si consideri il D.M. 4 aprile 2001 vigente al momento del richiamo normativo da parte della legge 166/2002. Questo è quanto sostiene il T.A.R., affermando che “la norma ha inteso, com’è noto, fare salvi in via transitoria, fino alla revisione prevista dalla stessa legge, i minimi tariffari stabiliti con il D.M. 4 aprile 2001, allo scopo di impedirne il venir meno a seguito dell’intervenuta impugnazione del decreto di approvazione delle tariffe dinanzi al T.A.R. del Lazio”.

Sorprende davvero il fatto che i giudici amministrativi veneti abbiano trascurato un particolare che, tuttavia, fa cadere del tutto la ricostruzione proposta nella sentenza: la legge 166/2002, infatti, non è riuscita nel supposto intento (la cui legittimità è tutta da dimostrare) di portare a rango di legge la disciplina del D.M. 4 aprile 2001, perché non solo tale decreto era stato impugnato davanti al T.A.R. Lazio, ma per effetto di ben due decisioni il decreto era stato anche già annullato, prima ancora che la legge 166/2002 entrasse in vigore.

Le date parlano chiaro: la legge, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2002, è entrata in vigore il successivo 18 agosto. Le sentenze del T.A.R. Lazio sono state pubblicate in data 23 luglio 2002 (n. 6552) e in data 8 agosto 2002 (n. 7067).

E' lecito chiedersi, allora, di cosa in effetti parli la sentenza. Di un regolamento vigente “legificato” o di un'astratta operazione di dubbia configurazione giuridica relativa ad un atto, comunque non vigente ?

Non si può ignorare, in una sentenza, che l'intervenuto annullamento del decreto ministeriale, che opera con effetto ex tunc, impedisca ad una legge divenuta vigente successivamente di richiamarne il contenuto, in quanto il contenuto non è più materialmente esistente. Nell'incertezza, ormai assoluta, delle norme, dovuta alla loro formulazione infelice, pochi elementi dovrebbero ancora apparire capisaldi, quale quello degli effetti costitutivi dell'annullamento di atti amministrativi. La legge 166/2002 ha richiamato, in effetti, il nulla, perché il D.M. 4 aprile 2001 era già stato annullato. La presunta operazione di recepimento e novazione della fonte regolamentare, pertanto, non poteva e non può comunque operare. Queste sono le obbligatorie conclusioni da trarre, se ci si attiene ai fatti, ai documenti, alle date.

In ogni caso, il fenomeno del richiamo recettizio e della novazione della fonte, definibile anche “legificazione” appare costruzione interpretativa “innovativa”, che non si basa su alcuna disposizione normativa, applicazione di un diritto vivente che nelle applicazioni di fatto tende sempre più a soppiantare il diritto positivo, contenuto nelle norme. Con conseguenze, talvolta, non del tutto piacevoli, come nel caso della creazione dell'istituto dell'occupazione acquisitiva da parte della giurisprudenza della Cassazione, a causa del quale l'Italia ha subito pesanti rilievi dalla Corte di Giustizia Europea sui diritti dell'uomo.

Se la novazione delle fonti operasse secondo lo schema proposto ed accettato dal T.A.R. Veneto, allora occorrerebbe di volta in volta indagare se i richiami contenuti nelle leggi a fonti subordinate siano da considerare recettizi o formali, per relazione. Un elemento di complicazione in più nella già difficile opera di applicazione ed interpretazione delle leggi. Non vi sarebbe più certezza nemmeno sul regime delle impugnazioni sui provvedimenti normativi, che come è noto cambia se si tratti di regolamenti o di leggi. E se la tesi sostenuta dal T.A.R. Veneto dovesse prevalere, occorre, allora, comprendere come, in assenza di una precisa disposizione ai sensi della legge 400/1988, possa nuovamente la disciplina delle tariffe, assurta a rango di legge, tornare ad essere disciplinata per regolamento.

Luigi Oliveri