LAVORI PUBBLICI -
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T.A.R. Lombardia, Milano, sezione III, 30
aprile 2003, n. 1092
Formulazioni equivoche negli atti di gara e conseguente
errore dei concorrenti. Limiti e le condizioni per l'esercizio del potere di
annullamento per autotutela dell'aggiudicazione provvisoria.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez. III
ha pronunciato la seguente sentenza
sul ricorso R.G. n. 2817/2002 proposto dalla C. S.p.a., con sede in ..., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Z.M. e C.A., come da procura apposta sul ricorso introduttivo, con domicilio eletto in ...
contro
il COMUNE DI GORGONZOLA, in prersona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F.F.G., come da procura in atti, con domicilio eletto in ...
e nei confronti
della V.C. s.r.l., (non costituita);
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione
del provvedimento definitivo di aggiudicazione alla controinteressata dell’asta pubblica “per lavori di costruzione del collettore di gronda al servizio della zona centro orientale dell’abitato comunale e della vasca volano impermeabile per le prime acque di pioggia”; di ogni altro atto preordinato, presupposto, consequenziale e/o connesso, con particolare riferimento al 2° verbale di asta pubblica del 29.8.2002 relativo alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria in favore della ricorrente ed alla riformulazione della graduatoria di gara;
e per la condanna
dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno ingiusto subito da parte ricorrente.
Visto il ricorso indicato in epigrafe con i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione
resistente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato per la pubblica udienza del 15 gennaio 2003, il
relatore dott. Roberto Proietti;
Uditi altresì i difensori delle parti costituite presenti in
udienza, come da verbale;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso introduttivo la parte ricorrente impugnava gli atti indicati, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue:
- con deliberazione della Giunta Comunale n. 150 del 15/5/02 il Comune di Gorgonzola indiceva una gara d’appalto per la costruzione del collettore di gronda al servizio della zona centro orientale dell’abitato comunale e della vasca volano impermeabile per le prime acque di pioggia, per un importo complessivo di 1.363.446,21 euro;
- quanto alle modalità di presentazione delle offerte il bando di gara rinviava al disciplinare di gara, il quale imponeva alle concorrenti di presentare (a pena di esclusione) una domanda contenente, tra l’altro, una dichiarazione sostitutiva con la quale la partecipante avrebbe dovuto dichiarare “di prendere atto che le indicazioni delle voci e quantità riportate nella ‘lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori’, relativamente alla parte a corpo, non ha valore negoziale essendo il prezzo, determinato attraverso la stessa, convenuto a corpo e, pertanto, fisso ed invariabile ai sensi dell’art. 19, della legge 109/94 e successive modificazioni e dell’art. 326, comma 2, della legge 20/3/1865, n. 2248 allegato F” (lettera m));
- nel fac-simile allegato al (e richiamato dal) disciplinare di gara, però, erano riportate tutte le dichiarazioni elencate nel disciplinare ad eccezione di quella di cui alla lett. m);
- la ricorrente presentava la propria offerta corredata dalla documentazione allegata ed in particolare da una dichiarazione sostitutiva resa sulla base del modello fac-simile predisposto dall’Amministrazione (pur senza utilizzare il fac-simile allegato al disciplinare);
- nella seduta del 16/7/02 la Commissione di gara, prima di procedere all’apertura del plichi, rilevava l’incongruenza esistente tra la lett. m) del disciplinare di gara ed il fac-simile allegato e decideva di procedere all’ammissione dei concorrenti anche in difetto della dichiarazione di cui alla lett. m);
- di seguito venivano aperti i plichi e si constatava che 19 imprese avevano prodotto una dichiarazione priva dell’indicazione di cui alla lett. m), ma, come prestabilito, anche tali imprese venivano ammesse alla gara;
- solo un’impresa veniva esclusa per carenza della necessaria qualificazione;
- successivamente venivano aperte le buste contenenti le offerte economiche e si constatava che la ricorrente aveva presentato la migliore offerta, con un ribasso del 10,287%, sicché la gara le veniva provvisoriamente aggiudicata;
- con successiva nota in data 26/7/02 l’Amministrazione dava notizia che nella seduta del 29/8/02 si sarebbe proceduto alla revisione e rettifica del verbale di aggiudicazione provvisoria, con esclusione delle offerte che non avevano dichiarato quanto indicato alla lett. m) del disciplinare di gara;
- la ricorrente presentava una memoria per evidenziare l’illegittimità di tale decisione, ma la Commissione di gara nella seduta del 29/8/02 revocava l’aggiudicazione provvisoria in favore della C. S.p.A. , escludeva dalla gara le 19 imprese che avevano presentato la dichiarazione sostitutiva conforme al fac-simile ma priva dell’indicazione di cui alla lett. m) del disciplinare, calcolava di nuovo la soglia di anomalia e, conseguentemente, aggiudicava provvisoriamente l’appalto alla V.C. s.r.l. che aveva presentato un’offerta con un ribasso del 9,54%;
- ritenendo illegittimo l’operato dell’Amministrazione la C. S.p.A. impugnava gli atti indicati in epigrafe.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio
sosteneva l’infondatezza del ricorsi e ne chiedeva il rigetto.
La parte controinteressata, invece, non si costituiva in
giudizio.
Con decreto presidenziale del 23/10/02 veniva respinta l’istanza
tesa ad ottenere un provvedimento cautelare provvisorio.
Con ordinanza collegiale in data 23/10/02 il T.A.R. accoglieva
la domanda incidentale di sospensione proposta da parte ricorrente.
Con successive memorie le parti argomentavano ulteriormente
le rispettive difese.
A seguito dell’udienza di merito del 15 gennaio 2003 il
giudizio veniva trattenuto dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
Il Collegio osserva che la vicenda trae origine dalla
discrepanza esistente tra le prescrizioni contenute nel disciplinare di gara
richiamato dal bando di gara con riferimento alle modalità di presentazione
delle offerte) ed il fac-simile della domanda di partecipazione alla gara,
predisposto dalla Stazione appaltante e allegato allo stesso.
In particolare, al punto 1) del disciplinare di gara è
prescritto l’obbligo per le imprese concorrenti di inserire nella busta ‘A’,
a pena di esclusione, alcuni documenti, tra i quali, il documento indicato alla
lettera m), avente ad oggetto la seguente dichiarazione: “.. prendere atto
che le indicazioni delle voci e quantità riportate nella ‘lista della
categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori’,
relativamente alla parte a corpo non ha valore negoziale essendo il prezzo,
determinato attraverso la stessa, convenuto a corpo e, pertanto, fisso ed
invariabile, ai sensi dell’dell’art.
19, della legge 109/94 e successive modificazioni e dell’art. 326,
comma 2, della legge 20/3/1865, n. 2248 allegato F”.
Nel fac-simile della “DOMANDA DI AMMISSIONE ALLA GARA E ALLEGATO A”, invece, tra le dichiarazione predisposte dall’Amministrazione, pur figurando una lettera m), non è inserita la dichiarazione sostitutiva sopra indicata.
Tale incongruenza ha comportato l’errore della ricorrente (e di altre 18 concorrenti), la quale, facendo affidamento sul modulo predisposto dalla Stazione appaltante, ha reso una dichiarazione carente in merito alla presa d’atto atto inerente alle indicazioni delle voci e quantità riportate nella ‘lista della categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori’.
Sul fatto che l’errore sia da addebitare alla Stazione appaltante non pare si possa dubitare. La stessa Commissione di gara, nella seduta del 16/7/02, prima di procedere all’apertura delle buste contenenti le offerte, ha comunicato “.. che esiste un’incongruenza tra le disposizioni del disciplinare di gara ed il fac-simile delle dichiarazioni predisposte, incongruenza relativa all’assenza nel fac-simile di gara della dichiarazione prevista alla lettera m) del disciplinare ..”. E proprio partendo dall’errore commesso dalla Stazione appaltante e “.. tenuto conto che l’incongruenza della documentazione di gara potrebbe aver generato difformi interpretazioni tra i concorrenti ..”, nella stessa occasione la Commissione di gara ha deciso di ammettere anche le offerenti che non avevano reso la dichiarazione di cui alla lettera m) del disciplinare. A tali conclusioni la Commissione è giunta dopo un esame della situazione; esame ripetuto a causa delle contestazioni presentate da C.C. – direttore tecnico della concorrente Ditta C.G., presente alla seduta –, il quale aveva chiesto l’esclusione delle imprese che non avevano reso la dichiarazione indicata.
E non si può certo sostenere – come affermato nella seduta della Commissione di gara del 29/8/02 – che si trattava di un errore materiale palese, che non avrebbe dovuto impedire alla partecipanti di giungere ad una interpretazione certa. Infatti, la stessa Amministrazione non pare essersi avveduta dell’errore fino alla seduta del 16/7/02 e, comunque, in tale sede, la Stazione appaltante ha preso atto delle proprie responsabilità e si è determinata nel senso di ammettere tutte le imprese che avevano presentato offerte, a prescindere dal fatto che avessero o meno presentato la dichiarazione indicata.
Ciò posto, il Collegio ritiene che le conseguenze dell’errore dell’Amministrazione non possono essere fatte ricadere in toto sulle imprese che hanno fatto affidamento sui modelli predisposti dalla Stazione appaltante. Pertanto, di fronte ad un comportamento omissivo (il non aver reso la dichiarazione di cui alla lettera m)), generato dalla condotta dell’Amministrazione, la Stazione appaltante avrebbe potuto agire in via di autotutela per ripetere la procedura ma non per escludere le imprese che non avevano prodotto la dichiarazione di cui alla lett. m) del disciplinare. Del resto, avrebbe dovuto risultare inverosimile che le 19 concorrenti che avevano omesso di rendere la dichiarazione, avessero l’intenzione di sottrarsi al principio del prezzo a corpo, essendo chiaro (e riconosciuto), piuttosto, che l’omissione fosse frutto del contraddittorio operato del Comune che, da una parte, aveva imposto l’obbligo di rendere la dichiarazione indicata e, dall’altro, aveva predisposto una modulistica carente sotto questo profilo.
La contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione nella fase anteriore all’espletamento della gara si è ripetuta in occasione delle decisioni assunte in merito all’ammissione delle imprese e all’aggiudicazione dell’appalto. Come già detto, infatti, nella seduta del 16/7/02 la Commissione di gara ha preso atto dell’incongruenza descritta e ha deciso di ammettere tutte le offerenti alla gara, malgrado alcune non avessero presentato la dichiarazione di cui alla lett. m) del disciplinare. Mentre, a seguito dell’apertura delle buste e dell’aggiudicazione provvisoria della gara alla ricorrente, la stessa Commissione ha mutato opinione, ha escluso la ricorrente - in quanto non aveva prodotto la citata dichiarazione - e ha aggiudicato l’appalto alla controinteressata.
Ciò posto, il Collegio ritiene che, nell’adottare i provvedimenti contestati dalla ricorrente, la Stazione appaltante abbia violato anche i principi generali in tema di autotutela.
In generale, va osservato che la pubblica amministrazione, una volta operata una scelta nell’ambito di un procedimento di gara, assume con i concorrenti l’impegno di proseguire la procedura fino alla definizione seguendo la linea adottata, a meno che sussistano situazioni che ne impediscano la conclusione o si proceda a valutazioni che consiglino di rivedere le scelte operate. In tal caso, tuttavia, resta a carico dell'Amministrazione l'obbligo di precisare l’esistenza di tali situazioni e di indicare le valutazioni eseguite, al fine di giustificare il suo operato.
Pertanto, deve ritenersi che anche nelle gare per l'aggiudicazione dei contratti dalla Pubblica amministrazione, l’esercizio del potere di autotutela decisoria sia sottoposto a precisi limiti ed alla ricorrenza di puntuali presupposti, quali:
a) l'obbligo di motivazione;
b) la presenza di concrete ragioni di pubblico interesse, non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità;
c) la valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, tenendo conto del tempo trascorso dalla sua adozione;
d) il rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale;
e) l'adeguata istruttoria (C.d.S. Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661).
E’ evidente che il potere di autotutela può essere esercitato in modo diverso a seconda che l’amministrazione decida di ritirare l’atto prima o dopo la conclusione del procedimento, e decida di farlo attraverso un autoannullamento, ovvero attraverso un provvedimento di revoca.
Nella fase successiva alla conclusione del procedimento, infatti, il perfezionamento dell’impegno assunto con il partecipante alla gara impone di considerare con particolare rigore i limiti ed i presupposti sopra indicati.
Viceversa, nell’ipotesi in cui non vi sia stata ancora l’aggiudicazione, l’amministrazione ha un ambito di manovra più ampio, sempre salvo il diritto dell’interessato di far valere la responsabilità precontrattuale della p.a. Ciò non toglie, tuttavia, che anche in questo caso l’azione dell’amministrazione sia sottoposta ai limiti procedimentali sopra indicati ed alle valutazioni inerenti sia all’interesse pubblico da tutelare nel caso di specie, che all’affidamento dei partecipanti.
Come detto, ulteriori differenze e particolari limiti derivano dalla tipologia dell’atto di ritiro posto in essere dalla p.a.
L’annullamento d’ufficio, infatti, è consentito dalla presenza di vizi originari dell’atto (c.d. invalidità originaria dell’atto). Il potere di annullamento d’ufficio, essendo espressione del potere di autotutela, non è soggetto a termini, ma non è atto dovuto e, per questo, presuppone non solo che l’atto da ritirare presenti un vizio di legittimità, ma anche che vi sia un interesse pubblico concreto ed attuale alla eliminazione dell’atto, non riducibile alla mera esigenza di ripristino della legalità.
La revoca, invece, presuppone dei vizi di merito dell’atto da ritirare, trovando il suo fondamento nell’esigenza che l’azione amministrativa si adegui al mutato interesse pubblico. In sostanza, essa presuppone: che l’atto non risponda più alle esigenze pubbliche; l’esistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale alla eliminazione dell’atto inopportuno.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che nel caso di specie il potere di autotutela sia stato illegittimamente esercitato dalla resistente.
A prescindere da altri aspetti, infatti, l’illegittimità dei provvedimenti assunti emerge: dal fatto che non risultavano ricorrere concrete ragioni di pubblico interesse (non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità); dall’omessa valutazione circa l'affidamento della parte privata destinataria del provvedimento oggetto di riesame; dall’inadeguatezza dell’istruttoria eseguita.
Sotto il primo profilo, il Comune si è limitato a richiamare l’art. 90, comma 5, del d.P.R. n. 554/99 ed il disciplinare di gara, che prevedevano la necessità di rendere la dichiarazione contestata, ma, come detto, la mera esigenza di ripristinare la legalità non può ritenersi sufficiente per giustificare l’adozione di un atto di autotutela quale quello adottato nel caso di specie. Né può giustificarlo l’ipotetico rischio di imbarcarsi in contenziosi attivati dalle imprese che avevano reso la dichiarazione di cui alla lett. m) del disciplinare, poiché a fronte di tale circostanza (ipotetica) vi era il vantaggio (concreto e attuale) per l’Amministrazione di aver aggiudicato la gara all’impresa che aveva presentato l’offerta più vantaggiosa (quella della ricorrente).
Sotto il secondo profilo, l’Amministrazione non pare aver tenuto conto dell’affidamento ingenerato nella C. S.p.A. Non solo sotto l’aspetto che alla stessa era stata aggiudicata la gara - seppure in via provvisoria - (circostanza, certamente, non irrilevante sotto l’aspetto in esame), ma anche in quanto i profili e i dubbi attinenti all’ammissione alla procedura ed, in particolare, alla rilevanza dell’omessa presentazione della dichiarazione ex lett. m) del disciplinare, erano stati esaminati e risolti dalla Commissione di gara nella seduta del 16/7/02, sicché il mutamento di opinione, avvenuto senza che fosse intervenuto alcun fatto nuovo - a prescindere dall’apertura della buste (e, quindi, della conoscenza delle offerte) - avrebbe dovuto comportare una maggiore ponderazione degli interessi in gioco e delle possibili soluzioni da dare a problemi dei quali l’operato della stessa Stazione appaltante aveva dato causa.
Sotto il terzo aspetto, il Collegio ritiene che il Comune avrebbe dovuto completare l’istruttoria prendendo in considerazione la possibilità di ripetere l’intera gara e non soltanto la fase dell’ammissione delle offerte e della riformulazione della graduatoria. In particolare, l’Amministrazione avrebbe dovuto esaminare le cause dell’accaduto – e, quindi, la condotta negligente che aveva causato l’incongruenza tra il disciplinare di gara ed il fac-simile di domanda -; valutare la ragionevolezza e la legittimità (o quanto meno, l’opportunità) della scelta di far ricadere l’errore della Stazione appaltante su coloro che avevano fatto affidamento sulla modulistica predisposta dalla stessa Amministrazione; prendere il considerazione i problemi connessi alla riformulazione della graduatoria una volta aperta le buste e, quindi, a offerte conosciute. Di tutto ciò non v’è traccia nel verbale del 29/8/02 e, quindi, anche sotto questo profilo i provvedimenti impugnati appaiono viziati.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve ritenersi fondato e, conseguentemente, devono essere annullati i provvedimenti impugnati.
Ciò posto va affrontato l’esame della domanda di risarcimento danni avanzata dalla ricorrente.
Al riguardo va osservato che l’annullamento degli atti impugnati non determina necessariamente l’obbligo della Stazione appaltante di aggiudicare la gara alla ricorrente, poiché i motivi di illegittimità evidenziati inducono a ritenere necessaria la ripetizione dell’intera procedura e, comunque, nulla vieta all’Amministrazione di determinarsi in tal senso facendo di nuovo uso dei suoi poteri di autotutela, considerando – alla luce dell’errore commesso - non solo le posizioni delle imprese che hanno fatto affidamento sulla modulistica predisposta dal Comune, ma anche quelle che hanno correttamente interpretato la lex specialis malgrado l’incongruenza esaminata.
Ne consegue non solo l’infondatezza della domanda di risarcimento del danno in forma specifica, ma anche l’infondatezza della domanda di risarcimento per equivalente, individuato nel mancato utile e nel paventato pregiudizio economico indiretto connesso al mancato espletamento dell’appalto.
Ciò posto, potrebbe residuare un’ipotesi di responsabilità precontrattuale del Comune, ma pur a voler prescindere dal fatto che la parte ricorrente non ha proposto domande specifiche in tal senso, va, comunque, osservato che non è stato fornito alcun elemento di prova circa il danno subito con riferimento all’interesse negativo pregiudicato: il pregiudizio subito dalla C. S.p.A. per aver fatto affidamento sulla modulistica predisposta dal Comune e, cioè, le spese inutilmente erogate e la perdita di occasioni contrattuali favorevoli. Nel ricorso introduttivo, infatti, vengono genericamente richiamate le spese di predisposizione dell’offerta, ma nel corso del giudizio non è stato fornito alcun elemento di valutazione al riguardo.
Pertanto, la domanda di risarcimento del danno va rigettata.
Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza, definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe,
accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati;
rigetta la domanda di risarcimento danni;
dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa;
Così deciso in Milano, il 15 gennaio 2003, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori:
dott. Italo Riggio - Presidente
dott. Concetta Anastasi – Cons.
dott. Roberto Proietti - Ref. Est.