LAVORI PUBBLICI - 091
Consiglio di Stato, sezione V, 13 novembre 2002, n. 6281
Non sussiste alcuna possibilità per l’Amministrazione appaltante di
rinegoziare con il soggetto prescelto come contraente le condizioni di
esecuzione dei contratti aggiudicati in esito a procedure concorsuali. Per gli enti
pubblici la capacità di agire nei rapporti contrattuali non è rimessa alla
libera scelta degli organi ma è strettamente correlata allo svolgimento di
procedure definite in modo compiuto dal legislatore siano esse concorsuali o non
concorsuali. E’ sulla base di tali considerazioni che va negata la
possibilità di modificare le condizioni contrattuali di affidamento di un
servizio o di una fornitura o della realizzazione di un’opera , sia prima che
dopo l’aggiudicazione, perché in ogni caso non vi è capacità di agire di
diritto privato dell’Ente in tal senso ed, inoltre, vi è palese violazione
delle regole di concorrenza e di parità di condizioni tra i partecipanti alle
gare pubbliche.
La modifica del corrispettivo richiesto o di altri elementi significativi dell’offerta
aggiudicataria, sia in aumento che in diminuzione, muta le condizioni di fatto
su cui si è pervenuti alla conclusione del procedimento.
Se fosse ammissibile la rinegoziazione post aggiudicazione non vi sarebbe
ostacolo ad una serie indeterminata di richieste di modifica delle condizioni da
parte degli aggiudicatari che sarebbero indotti a mantenere le offerte al minimo
al momento della presentazione per conseguire l’aggiudicazione, per poi
recuperare condizioni più favorevoli nel corso della esecuzione del contratto
negoziando modifiche vantaggiose quanto al prezzo o al contenuto della
prestazione ovvero alle modalità di esecuzione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
decisione
Sul ricorso in appello n. 11934/2001 proposto da A.L.S. s.p.a. in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dall’avv. G.F.R., dall’avv. P.V. e dall’avv. M.A.Q., elettivamente domiciliata in ...
contro
La S. s.p.a. in persona del legale rappresentante in proporio e quale mandataria dell’Associazione di imprese con S. s.r.l. rappresentata e difesa dall’avv.G.F.R. e L.M. ed elettivamente domiciliata in ...
e nei confronti
Dell’Azienda Policlinico Umberto I° in persona del legale rappresentante, non costituitasi;
Sul ricorso in appello n. 12127/2001 proposto dall’Azienda Policlinico Umberto I° in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dall’avv. A.C. e dall’avv. A.C.A. con domicilio eletto presso il secondo in ...
contro
La S. s.p.a. in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dall’avv. G.F.F. e dall’avv. L.M. ed selettivamente domiciliata presso il secondo in ...
contro
Di A.L.S. s.p.a. in persona del legale rappresentante , non costituitasi;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 106/2002;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti come sopra indicate;
Visto l’appello incidentale proposto dalla S. s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto il dispositivo n. 357 del 3 luglio 2002;
data per letta , alla pubblica udienza del 2 luglio la relazione del Consigliere
Goffredo Zaccardi e uditi , altresì , gli avvocati delle parti come da verbale
d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con i due appelli indicati in epigrafe A.L.S. s.p.a. e l’Azienda policlinico Umberto I° impugnano la sentenza del T.A.R., sezione terza, n. 106/2002 con cui è stato accolto il ricorso proposto in primo grado da S. s.p.a. , in proprio e quale mandataria dell’Associazione di imprese specificata in epigrafe, per l’annullamento:
a) della determinazione presa dalla Commissione tecnica nominata nell’ambito della procedura ristretta per l’affidamento del “servizio di gestione, manutenzione e revisione degli impianti di stoccaggio e distribuzione di gas medicinali , tecnici e di laboratorio compresa la fornitura degli stessi all’Azienda Policlinico Umberto I° di Roma”, di attribuzione all’offerta presentata da A.L.S. s.p.a. di un punteggio superiore rispetto a quello assegnato all’offerta della ricorrente in primo grado;
b) della proposta formulata dalla Commissione Tecnica di aggiudicazione dell’appalto alla A.L.S. s.p.a.;
c) dei verbali di gara ;
d) degli atti consequenziali tra i quali l’aggiudicazione dell’appalto alla Società suindicata.
Con la medesima decisione non è stato riconosciuto alla Società ricorrente alcun risarcimento del danno perché la rinnovazione della gara avrebbe soddisfatto direttamente la pretesa azionata in giudizio dalla Società ricorrente.
La decisione appellata, dopo aver rigettato numerose censure dirette ad evidenziare una serie di errori di valutazione della Commissione Tecnica in sede di valutazione delle offerte , ha accolto il ricorso ritenendo illegittimo il comportamento dell’Azienda intimata che ha avviato una trattativa per la riduzione del prezzo del servizio con l’aggiudicatario provvisorio mentre era ancora in corso la procedura di aggiudicazione .
E’ accaduto, infatti, che la Commisione di aggiudicazione aveva proposto di aggiudicare la gara alla A.L.S. s.p.a. al prezzo di £ 590.000.000 mensili e l’Azienda aveva ritenuto di verificare l’opportunità e la convenienza di procedere alla presa d’atto della aggiudicazione in presenza di due offerte economiche così difformi (l’attuale appellata aveva offerto £ 390.000.000 mensili). Dopo alcuni contatti dei dirigenti dell’Azienda con i responsabili della Società aggiudicataria in via temporanea si era convenuta una riduzione del 15% del prezzo che era stato così definitivamente fissato in £ 501.500.000. Su tale presupposto il Direttore Generale con deliberazione n. 547 del 29 agosto 2001 aveva preso atto della aggiudicazione aderendo ad una proposta formulata in tal senso dal responsabile del competente Dipartimento Risorse Finanziarie e Strumentali.
Contro la statuizione del giudice di primo grado sono dirette le censure svolte negli appelli essenzialmente mirate a porre in risalto che nel procedimento in esame vi era stata aggiudicazione definitiva, e non provvisoria, come testimonierebbero le norme di gara, secondo cui il verbale di aggiudicazione tiene luogo del contratto, nonché la natura di mera presa d’atto dell’aggiudicazione già intervenuta dell’intervento nel procedimento del Direttore Generale. Pertanto,sarebbe legittima la fase di rinegoziazione del prezzo con l’aggiudicatario che atterrebbe solo ad aspetti contrattuali riservati all’autonomia negoziale delle parti che si esplica nella fase di esecuzione degli stessi senza i vincoli derivanti dalla procedura di gara pregressa . Non poteva porsi, quindi, alcun problema di rispetto delle posizioni degli altri partecipanti alla gara ormai conclusa e definita. Si sostiene, altresì, in via subordinata, che essendo stata annullata la sola aggiudicazione definitiva la gara dovrebbe riprendere con la ripetizione da tale momento procedimentale senza necessità di rinnovazione completa della procedura .
La S. s.p.a. ha proposto appello incidentale riproducendo le censure, rigettate in primo grado, circa gli errori di valutazione delle offerte tecniche effettuate dalla Commissione di valutazione dei progetti. La difesa della A.L.S. s .p .a. ha eccepito la inammissibilità di tali censure perché attinenti al merito dell’azione amministrativa e, quindi, insindacabili in questa sede di giudizio attinente alla sola legittimità degli atti e ne ha, altresì, confutato analiticamente la fondatezza.
DIRITTO
1) Appare utile al Collegio premettere alcune brevi considerazioni di carattere generale per un corretto inquadramento della questione posta con gli appelli all’esame che si risolve, in definitiva ,nel verificare la possibilità per le Amministrazioni appaltanti di rinegoziare con il soggetto prescelto come contraente alcune condizioni di esecuzione dei contratti aggiudicati in esito a procedure concorsuali.La risposta al quesito posto non può che essere negativa a giudizio del Collegio per le considerazioni che seguono.
2) Si deve tenere presente che per gli Enti Pubblici la capacità di agire nei rapporti contrattuali non è rimessa alla libera scelta degli organi chiamati a manifestare la volontà dell’Ente ma, invece, è strettamente correlata allo svolgimento da parte degli organi competenti di procedure definite in modo compiuto dal legislatore siano esse concorsuali o, come accade in alcune ipotesi eccezionali individuate specificamente dall’ordinamento ,non concorsuali. L’attuazione di tali procedure sostituisce il procedimento logico di formazione della volontà e di conseguente scelta del contraente riservato nei rapporti interprivati alla libera autonomia negoziale e che si concreta nelle singole manifestazioni di volontà dei soggetti privati. In altri termini nel nostro ordinamento giuridico la capacità giuridica e di agire degli Enti Pubblici è disciplinata dalle disposizioni di diritto positivo relative alle persone giuridiche ma, in relazione al principio della necessaria evidenza pubblica delle scelte effettuate da detti Enti , le persone giuridiche pubbliche possono assumere impegni solo nei limiti e nei modi stabiliti dalla legislazione che regola la loro attività per il perseguimento dei fini che sono loro assegnati (in tal senso cfr. tra le altre decisioni Cons. Stato Ad. Gen. n. 2/2000 del 17 febbraio 2000).
Da tale premessa, ormai consolidata, discende, per il carattere inderogabile delle disposizioni che prevedono tali procedure sicuramente ascrivibili al novero delle norme imperative, l’obbligo di seguire i procedimenti nei quali è, per così dire, cristallizzata la volontà dell’Ente, volontà che così come deve manifestarsi secondo tali procedure parimenti può essere modificata solo con il ricorso ai medesimi procedimenti e, di regola, con l’adozione di atti espressione del potere di autotutela ove sussistano i presupposti per il ricorso ai relativi istituti. Al di fuori dei limiti segnati dalle norme dell’ordinamento di settore che fissano le regole cui le Amministrazioni devono seguire nel contrattare non vi è, pertanto, capacità di agire di diritto privato, che possa essere utilmente esercitata dalla p.a.. Siamo, perciò, in presenza dell’illegittimo esercizio della funzione amministrativa, in palese contrasto con le norme in tema di procedure di evidenza pubblica.
Le norme qui richiamate, e che prevedono le singole procedure di gara ,corrispondono in primo luogo all’esigenza di consentire alle Amministrazioni di provvedere nel modo più economico e conveniente alla provvista di beni e servizi ed alla realizzazione di opere, ma assolvono anche alla essenziale funzione di consentire a tutti i soggetti dell’ordinamento di partecipare, a parità di condizioni. alla redistribuzione delle risorse pubbliche che attraverso il sistema degli affidamenti pubblici viene effettuata. Si tratta, con evidenza, di risorse dei bilanci degli Enti pubblici prevalentemente conseguite con il prelievo fiscale e con gli altri strumenti propri della finanza pubblica e per le quali è doveroso consentire, in linea con i principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 41 della Costituzione prima ancora che con i principi posti a garanzia della concorrenza nell’ordinamento interno e comunitario, la possibilità di un libero accesso a tutti gli operatori economici giudicati idonei tecnicamente per fornire i beni, prestare i servizi e realizzare le opere nei confronti di Enti pubblici.
Appare utile differenziare la fattispecie in esame dai casi in cui si individuano singoli vizi del procedimento di formazione della volontà degli Enti pubblici e , quindi ,delle procedure di affidamento , che determinano secondo indirizzi consolidati della Corte di Cassazione una incapacità relativa dell’Ente con la conseguenza che il disposto annullamento della aggiudicazione determina solo l’annullabilità del contratto stipulato sulla base della stessa e non la sua nullità (da ultimo cfr. Cass., sezione prima, 30 luglio 2002 n. 11247 ma l’orientamento risale alla decisione n. 1982 della medesima sezione del 20 luglio 1962) . La procedura di scelta del contraente era, infatti, conclusa e l’intervento del Direttore Generale in sede di approvazione degli atti di gara, con cui si sono modificate le condizioni di aggiudicazione, è stato effettuato in violazione delle norme imperative e non derogabili sulla capacità contrattuale dell’Ente di appartenenza, nel che si concreta, ad avviso del Collegio, una ipotesi di nullità del contratto posto in essere, con la conseguente inidoneità a produrre effetti giuridici nei confronti dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma (cfr. sul punto del rilievo come comportamento meramente fattuale degli atti emessi in violazione delle regole sulla rappresentanza dell’Ente e sulla necessità di seguire le procedure prescritte Cass., sezione terza, n. 15197 del 24 novembre 2000). Va, inoltre, evidenziato che, secondo quanto statuito di recente da questa Sezione, il regime dell’annullamento dell’atto amministrativo ha portata recessiva al di fuori dei casi in cui l’Amministrazione esercita la funzione amministrativa non mediante l’adozione di provvedimenti di natura autoritativa, bensì mediante atti di natura paritetica pur sempre ricadenti nell’ambito di suoi poteri pubblicistici (es. accordi).
In questi casi, l’esercizio della funzione amministrativa in contrasto con norme imperative, non dà luogo alla semplice annullabilità del provvedimento, prevista espressamente dalla legge per i soli casi di atto e/o provvedimento di tipo autoritativo, bensì alla nullità dell’assetto di interessi posto in essere con l’assenso del privato interessato (art. 11 legge n. 241/90). E’ evidente, infatti, che, nelle ipotesi considerate, non sussistendo una capacità di diritto privato, liberamente esplicabile da parte della p.a., trattasi pur sempre di esercizio illegittimo della funzione amministrativa, che trasmoda in nullità del regolamento di interessi posto in essere al di fuori e senza la prescritta osservanza delle regole della evidenza pubblica [ V. al riguardo C.Stato Commissione speciale 12 ottobre 2001 secondo cui, in tal modo, si introduce un elemento distorsivo nella gara, così da trasformare illegittimamente una procedura aperta (ovvero ristretta) in una procedura negoziata]. L’inconfigurabilità in astratto di una capacità di diritto privato della stazione appaltante o, più in generale, dell’Amministrazione tenuta all’osservanza delle procedure di evidenza pubblica radica l’esame della controversia nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo l’espressa previsione contenuta nell’art. 7 legge n. 205/2000 (lettera d), 2° comma), trattandosi in ogni caso di una funzione amministrativa spettante alla stessa p.a., ma esercitata in modo arbitrario e contra legem.
Si è in presenza, in altri termini, di fattispecie di segno eguale e contrario a quelle che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, allorché non è in astratto configurabile un potere della p.a. di incidere legittimamente sulla situazione soggettiva del privato (c.d. carenza in astratto del potere). In questi casi invece esiste si il potere della p.a. di conformare le situazioni soggettive facenti capo ai privati, ma esso è illegittimamente esercitato mediante il ricorso a moduli convenzionali palesemente contra legem, attesa la espressa previsione legislativa di norme inderogabili che presiedono e procedimentalizzano il corretto esercizio del potere da parte della p.a..
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ha appunto ad oggetto le ipotesi, e solo le ipotesi, in cui il diritto soggettivo del privato è in astratto suscettibile di essere assoggettato, per ragioni di pubblica utilità, al potere conformativo della p.a., anche in relazione a singole facoltà che concorrono a determinare il relativo contenuto (artt. 41 e 42 Cost.); ragioni che spetta alla p.a. in concreto di valutare e al giudice amministrativo ex post di poter sottoporre al suo sindacato di legittimità, secondo le significative indicazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale n. 355/2002.
E’ sulla base di tali considerazioni che va negata la possibilità di modificare le condizioni contrattuali di affidamento di un servizio o di una fornitura o della realizzazione di un’opera, sia prima che dopo l’aggiudicazione, perché in ogni caso non vi è capacità di agire di diritto privato dell’Ente in tal senso ed, inoltre, vi è palese violazione delle regole di concorrenza e di parità di condizioni tra i partecipanti alle gare pubbliche.
E’ evidente , infatti che la modifica del corrispettivo richiesto o di altri elementi significativi dell’offerta risultata aggiudicataria, sia in aumento che in diminuzione - come è avvenuto nel caso di specie - muta le condizioni di fatto su cui si è pervenuti alla conclusione del procedimento di aggiudicazione. Non si può, infatti, avendo riguardo al caso di specie, conoscere quali offerte sarebbero pervenute , in ipotesi anche da imprese che non hanno partecipato alla gara ritenendo inadeguato il corrispettivo a base di gara di circa quattrocento milioni, ove si fosse conosciuto l’importo reale di aggiudicazione superiore di circa duecento milioni a quanto previsto. Si tratta, è bene ricordarlo, di corrispettivi mensili per un contratto di durata pluriennale. Da altra angolazione la S. s.p.a., e gli altri eventuali concorrenti, se fossero stati a conoscenza dell’importo effettivo di aggiudicazione avrebbero potuto orientare in modo significativamente diverso la propria offerta tecnica riequilibrando, in ipotesi, l’offerta complessiva nella valutazione comparativa con quella della Società appellante.
Rispetto a queste considerazioni sono ininfluenti le argomentazioni degli appelli in ordine al momento in cui la gara in esame si è conclusa posto che in ogni caso non era consentito modificare le condizioni di aggiudicazione senza violare norme imperative ed incorrendo nella nullità dell’atto stipulato. Attesa la natura dichiarativa della nullità essa può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Ed invero se fosse ammissibile la rinegoziazione delle condizioni alle quali è intervenuta l’aggiudicazione dopo la stipula del contratto non vi sarebbe ostacolo ad una serie indeterminata di richieste di modifica delle condizioni stesse da parte degli aggiudicatari che sarebbero indotti a mantenere le offerte al minimo al momento della presentazione per conseguire l’aggiudicazione ,per poi recuperare condizioni più favorevoli nel corso della esecuzione del contratto negoziando modifiche vantaggiose quanto al prezzo o al contenuto della prestazione ovvero alle modalità di esecuzione della prestazione stessa.
Da altra angolazione una impostazione di questo tipo sarebbe esclusa per il divieto dello “Jus variandi “ delle Amministrazioni nel corso della esecuzione dei contratti. E’ noto che la facoltà di modificare l’oggetto contrattuale è oggi ristretta fortemente dall’art. 25 della legge 109/1994 e successive modifiche e non è consentito ,al di fuori della casistica individuata in tale disposizione che opera solo per i lavori pubblici e non per i contratti di servizi o di fornitura, consentire modifiche non contemplate da disposizioni di deroga al principio stesso.
Nel caso di specie non rimanevano
al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria che due alternative: o annullare
la procedura concorsuale che aveva condotto ad una aggiudicazione troppo onerosa
per l’Amministrazione, valutando l’interesse pubblico ad una equilibrata
gestione delle risorse disponibili come prevalente sulla necessità di avere
immediatamente a disposizione il servizio richiesto , ovvero aggiudicare “tout-
court” il servizio stesso all’aggiudicatario in via provvisoria. Non
avendo prescelto questa seconda via era vincolato all’annullamento ed in tal
senso va condivisa la decisione appellata che ha annullato “in toto”
la gara e non solo l’atto finale di aggiudicazione definitiva .
Va, pertanto, rigettata anche la domanda avanzata in via subordinata dagli
appellanti e diretta a consentire la rinnovazione del procedimento a partire dal
momento dell’aggiudicazione provvisoria.
2) Gli appelli indicati in
epigrafe, che vengono riuniti perché diretti contro una unica sentenza, sono
respinti. L’appello incidentale, conseguentemente, non viene esaminato.
Sussistono motivi, tuttavia, per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello indicati in epigrafe, previa loro riunione, li rigetta con conferma della sentenza appellata.
Dichiara la nullità del
contratto stipulato dall’Azienda Policlinico Umberto I° con A.L.S. s.p.a. in
esito alla gara di cui al presente giudizio.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso addì 2 luglio 2002 , in camera di consiglio con l’intervento di :
Claudio Varrone, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere rel.
Claudio Marchitiello, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere