LAVORI PUBBLICI
- 078
Consiglio di Stato, sezione VI, 8 maggio 2002, n. 2498
Ai fini dell'irrogazione delle sanzioni di cui all'art. 4, comma 7, legge n. 109
del 1994, l’Autorità è tenuta a
verificare l’effettiva assenza di fondati motivi idonei a giustificare la
mancata trasmissione della documentazione richiesta.
L'Autorità deve esternare le argomentazioni logico-giuridiche poste a base
del giudizio di incongruità delle ragioni difensive addotte dal destinatario
della sanzione.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello proposto dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n.12;
contro
V.A. rappresentato e difeso dagli avv.ti F.V., A.D.Q. e R.D.S. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in ...
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sez. di Reggio Calabria, n. 7201 del 25.7.2001;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2002 relatore il Consigliere dott. Roberto
Garofoli.
Uditi l'Avv. D.S. e l'Avv. dello Stato D.S.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso proposto in primo grado l’odierno appellato, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Bovalino, ha impugnato il provvedimento CR/3349 notificato il 18/4/2001 con cui il Consiglio dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ha comminato, in solido con l’Amministrazione comunale, la sanzione amministrativa pecuniaria di lire tre milioni ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge n. 109/94, addebitandogli la tardiva trasmissione dei dati relativi all’indagine campionaria disposta con nota del 1/10/1999, in base al comma 7 del citato art. 4.
Il primo Giudice, respinta l’eccezione di tardività dedotta dalla difesa dell’Autorità, ha accolto il ricorso annullando il citato provvedimento sanzionatorio: a fondamento della decisione il Giudice di prime cure ha rimarcato il difetto di motivazione dell’atto impugnato e la ritenuta incompatibilità con le emergenze documentali versate in atti del giudizio di imputabilità al Versaci e al suo scarso impegno professionale del sanzionato ritardo.
Insorge l’Autorità sostenendo l’erroneità della sentenza di cui chiede, pertanto, l’annullamento.
All’udienza del 12 febbraio 2002 la causa è stata ritenuta per la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Va in primo luogo respinto il primo motivo di appello con cui è riproposta la censura di tardività del ricorso di primo grado già respinta dal Giudice periferico.
Non vi è dubbio che l’entrata in vigore dell’art. 23-bis della legge n.1034/1971, introdotto dall’art. 4, legge n.205/2000, segna la perdita di efficacia delle previgenti disposizioni intese a delineare un particolare rito per talune tipologie di controversie ora ricomprese tra quelle cui ha riguardo lo stesso art. 23-bis: quest’ultima disposizione, infatti, definisce e disciplina ormai un modello processuale da osservare per tutte le controversie dalla stessa enumerate, alla sola condizione che le stesse appartengano alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Ne consegue, quindi, che la presente vicenda processuale, in quanto innescata con l’impugnazione del provvedimento sanzionatorio adottato dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, soggiace alla disciplina introdotta per le controversie relative ai provvedimenti delle Autorità amministrative indipendenti dal citato art. 23-bis della legge n. 1034/1971 a tenore del quale la regola del dimezzamento dei termini processuali non trova applicazione con riguardo ai termini di proposizione del ricorso introduttivo.
Vanno parimenti disattese le censure con le quali si deduce l’erroneità della sentenza gravata laddove è stato rimarcato il difetto di motivazione dell’atto impugnato e la ritenuta incompatibilità con le emergenze documentali versate in atti del giudizio di imputabilità al V.A. e al suo scarso impegno professionale del sanzionato ritardo.
Preliminarmente giova tener conto che il provvedimento sanzionatorio è stato adottato in applicazione dell'art. 4, comma 7, della legge n. 109/94 a tenore del quale i soggetti ai quali è richiesto di fornire la documentazione di cui al comma 6 dello stesso articolo “sono sottoposti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a lire 50 milioni se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire informazioni o di esibire documenti, ovvero alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a lire 100 milioni se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri”.
Orbene, dalla lettura della disposizione citata emerge agevolmente che il mero ritardo nella trasmissione della documentazione richiesta, se certo non può reputarsi di per sé inidoneo ad integrare la fattispecie omissiva, deve tuttavia essere immotivato, non sorretto, cioè, da ragionevoli giustificazioni.
E’ opportuno rilevare che, diversamente da quanto previsto da altre disposizioni tra cui, per esempio, in ambito penale, l’art. 328 c.p., il legislatore non richiede che entro il termine assegnato per assolvere all’obbligo di comunicazione si ponga in essere l’atto dovuto o, alternativamente, si esplicitino le ragioni del ritardo, ma si limita a sanzionare l’omissione non accompagnata da “giustificato motivo”.
Il tenore letterale della disposizione induce a ritenere, quindi, che nel verificare la sussumibilità della condotta nella fattispecie astratta delineata dal citato art. 4, comma 7, legge n. 109/94, l’Autorità è tenuta a verificare l’effettiva assenza di fondati motivi idonei a giustificare la mancata trasmissione della documentazione richiesta: la stessa Autorità, quindi, deve esternare le argomentazioni logico-giuridiche poste a base dell’eventuale giudizio di non sufficiente congruità delle ragioni difensive addotte dal soggetto passivo del procedimento sanzionatorio.
Orbene, come rilevato dal primo Giudice, nella parte motiva del contestato provvedimento sanzionatorio non è dato rinvenire un apparato motivazionale idoneo a dare conto delle ragioni in base alle quali l’Autorità ha reputato insussistenti, ininfluenti o comunque non idonee ad integrare un giustificato motivo del ritardo le circostanze fattuali dedotte dall’odierno appellato in seno al procedimento, tra cui la lievità del ritardo, la gravosità dei carichi di lavoro, l’insufficienza del personale assegnato all’Ufficio tecnico comunale; al contempo, appare contraddetta dalle emergenze documentali, o comunque dalle stesse non del tutto confortata, l’affermazione dell'imputabilità del ritardo allo scarso impegno dell’appellato, reintegrato nell’incarico ricoperto all’interno dell’Amministrazione comunale in forza di ordinanza del Giudice del lavoro.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame va dunque respinto.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del secondo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso. Compensate le spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2002, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI, Presidente
Giuseppe ROMEO, Consigliere
Giuseppe MINICONE, Consigliere
Lanfranco BALUCANI, Consigliere
Roberto GAROFOLI, Consigliere Est.