LAVORI PUBBLICI - 069
Consiglio di Stato, sezione V, 24 aprile 2002, n. 2207
Il termine per la comprova dei requisiti di cui all'articolo 10, comma 1-quater,
della legge n. 109 del 1994, è perentorio anche per l'aggiudicataria e la
seconda graduata.
La richiesta di comprova dei requisiti si intende validamente inoltrata anche
via fax, quale mezzo idoneo ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000.
Un fax si presume giunto al
destinatario in base al solo rapporto di trasmissione senza necessità di alcuna
ulteriore prova; la prova contraria concernente la non funzionalità
dell'apparecchio ricevente non può che essere fornita da chi afferma
la mancata ricezione del messaggio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.4896 del 2001, proposto dalla I. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. N.M. con domicilio eletto in ...
contro
Il Comune di Finale Emilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. A.C. e C.D.P., presso gli stessi elettivamente domiciliato in ...
Il Consorzio G.I. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. E.B. e E.M., presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in ...
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. dell’ Emilia e Romagna, - Bologna -
sez. II, 7 marzo 2001, n.193;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti
appellate;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 3108/01 con la quale è stata respinta
la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 novembre 2001 il
Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti l'Avv. M., l’Avv. P. (su
delega dell’Avv. C.) e l’Avv. Q. (su delega dell’Avv. M.);
Visto il dispositivo di decisione n. 617 del 30 novembre
2001;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
L'impresa I. s.r.l, aggiudicataria provvisoria dell'asta pubblica indetta dal Comune di Finale Emilia per l'affidamento dei lavori di ampliamento del cimitero, è stata esclusa dalla gara per non aver fatto pervenire entro il termine prefissato (4 dicembre 2000) i documenti richiesti a dimostrazione dei requisiti da lei precedentemente dichiarati. Dopo la nuova formulazione della graduatoria, la gara è stata aggiudicata al Consorzio G.I. s.r.l.
L'I. s.r.l. ha impugnato gli atti in parola davanti al T.A.R. per l'Emilia Romagna, il quale ha respinto il ricorso, con sentenza n. 193 del 7 marzo 2001, giudicando infondati i motivi prospettati dalla ricorrente.
L'impresa, con il presente appello, ripropone le censure di
legittimità disattese dal primo giudice. In particolare, dopo aver affermato di
non aver ricevuto il fax contenente la richiesta di presentazione della
documentazione, denuncia la violazione dell'articolo 10, comma 1-quater, della
legge n. 109 del 1994, sotto i profili dell'inidoneità di tale tipo di
comunicazione a far decorrere un termine perentorio e comunque della non
perentorietà del termine in questione, nonché l'eccesso di potere sotto i
profili del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta e dello
sviamento.
Conclude quindi chiedendo, previa riforma della sentenza
appellata, l'annullamento degli atti impugnati in primo grado.
Resiste all'appello il Comune di Finale Emilia, il quale
rileva la tardività delle censure rivolte contro il bando di gara e controbatte
le tesi avversarie, concludendo per il rigetto della domanda giudiziale.
È altresì costituito il Consorzio G.I., il quale
osserva come la decisione della stazione appaltante di attribuire carattere
perentorio al termine in questione è connessa all'esigenza della celere
realizzazione dei lavori. Conclude quindi per il rigetto dell'appello.
Le parti hanno scambiato memorie per illustrare ulteriormente
le rispettive tesi difensive.
DIRITTO
L’appello proposto dall'impresa I. s.r.l. è infondato.
L'articolo 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del 1994, aggiunto dall'art. 3, legge 18 novembre 1998, n. 415, ha introdotto una complessa procedura in base alle quale le stazioni appaltanti, prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. La norma aggiunge poi che “la suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni … si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta ed alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione".
Nel caso di specie, le norme contenute negli atti di gara, concernenti l'asta pubblica per l'appalto dei lavori di ampliamento del cimitero del Comune di Finale Emilia, stabilivano che la richiesta ai "concorrenti sorteggiati" di comprovare il possesso dei requisiti richiesti nel bando di gara ed autodichiarati sarebbe stata "inviata a mezzo fax o telegramma e confermata in pari data a mezzo del servizio postale". Chiarivano poi che "la medesima verifica verrà effettuata, concluse le operazioni di gara, anche relativamente all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria".
L'appellante, aggiudicataria provvisoria, è stata esclusa
dalla gara per non aver fatto pervenire i documenti richiesti mediante fax
trasmesso in data 24 novembre 2000, confermato con lettera raccomandata ricevuta
il 28 novembre 2000, entro il termine perentorio del 4 dicembre 2000.
L’appellante ribadisce, in questa sede, i motivi di ricorso
disattesi dal T.A.R.
In primo luogo, la violazione dell'articolo 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del 1994, sotto il profilo del mancato rispetto del
termine di dieci giorni stabilito la norma. Il presupposto da cui muove la
censura è che la stazione appaltante non avrebbe fornito la prova della
effettiva ricezione del fax, e che, comunque, tale mezzo di comunicazione non
sarebbe idoneo a far decorrere termini perentori.
L’assunto non può essere condiviso. Ciò non solo perché l'utilizzo del fax era esplicitamente previsto dalle norme di gara, che non sono state, neppure tardivamente, impugnate dalla I. s.r.l.. Ma anche perché la natura di atto recettizio dell'invito a presentare la documentazione non esclude affatto che la comunicazione possa avvenire attraverso tale strumento. Ed invero, laddove la legge non preveda una forma particolare per la notificazione degli atti amministrativi (come quella contenuta nel regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnativa, da parte dei soggetti direttamente contemplati, degli atti conclusivi nel procedimento), compete all'amministrazione procedente dettare le regole da seguire nella comunicazione degli atti endoprocedimentali. Specie quando si tratti di disciplinare la partecipazione delle parti all'istruttoria, giacché in questo caso la funzione della regola è anche quella di fornire ai diversi soggetti pubblici privati uno strumento comunicativo che consenta loro di cooperare in vista del fine comune di un adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria medesima.
Ora, in quest'ordine di idee, il fax rappresenta uno dei modi in cui può concretamente svolgersi la cooperazione tra i soggetti, in quanto essa viene attuata mediante l'utilizzo di un sistema basato su linee di trasmissione di dati ed apparecchiature che consentono di poter documentare sia la partenza del messaggio dall'apparato trasmittente che, attraverso il cosiddetto rapporto di trasmissione, la ricezione del medesimo in quello ricevente. Tali modalità, garantite da protocolli universalmente accettati, indubbiamente ne fanno uno strumento idoneo a garantire l’effettività della comunicazione. In tal senso, infatti, si muove la normativa più recente (d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445) che consente un uso generalizzato del fax nel corso dell'istruttoria, sia per la presentazione di istanze e dichiarazioni da parte dei privati (articolo 38, comma 1) che per l'acquisizione d'ufficio da parte dell'amministrazione di certezze giuridiche (articolo 43, comma 3). Tanto è vero che "i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o un altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale." (articolo 43, comma 6).
Posto quindi che gli accorgimenti tecnici che caratterizzano il sistema garantiscono, in via generale, una sufficiente certezza circa la ricezione del messaggio, ne consegue non solo l’idoneità del mezzo a far decorrere termini perentori, ma anche che un fax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova. Semmai la prova contraria può solo concernere la funzionalità dell'apparecchio ricevente; ma questa non può che essere fornita da chi afferma la mancata ricezione del messaggio.
Il secondo motivo di appello concerne la perentorietà del termine. Sostiene l'appellante che la perentorietà del termine sarebbe prevista solo nel caso dei controlli a campione e non anche in quello dell'inoltro della documentazione da parte dell'aggiudicatario e del secondo classificato. La tesi non può essere condivisa, in primo luogo perché sfugge la ragione di una simile differenziazione non ricavabile dalla lettera della norma. In secondo luogo perché le ragioni di speditezza procedimentale e di garanzia dei terzi (in particolare del secondo classificato) sono evidenti in entrambe le ipotesi disciplinate dal legislatore.
Anche il terzo motivo di appello, con il quale viene prospettato il vizio di eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta e dello sviamento, è privo di consistenza giuridica. Infatti, come si è visto, la perentorietà del termine non è stata una scelta discrezionale dell'amministrazione ma trae la sua radice direttamente nella legge.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese, che liquida
in complessive £.4.000.000, in favore delle controparti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27
novembre 2001, con l’intervento dei signori:
Alfonso Quaranta, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere estensore
Claudio Marchitiello, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere