LAVORI PUBBLICI - 066
Consiglio di Stato, sezione IV, 10 aprile 2002, n. 1960
E' legittima la clausola della lettera di invito che prescrive la presentazione
dell'offerta ad un determinato ufficio.
L'offerta tardiva deve essere esclusa senza che rilevi la limitatezza temporale
e la causa dello sforamento (nel caso di specie 20 minuti, motivati da "disguidi
dovuti al parcheggio e al guasto dell’ascensore").
L'attestazione dell'ora di consegna da parte dell'addetto al protocollo,
ancorché adempimento non previsto dall'ordinamento, nel regime delle pubbliche
gare costituisce normale completamento
delle attribuzioni dell'addetto, contestabile solo mediante querela di falso.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente decisione
contro
S.I. e R., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti M.S., R.M., G.C. e G.F.R., ed elettivamente domiciliate presso l’ultimo in ...
e nei confronti
di B. e B., in persona del legale rappresentante
p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti M.B. e F.L., ed elettivamente
domiciliata in ..., interveniente ad adiuvandum,
di T.T.R., anche in qualità di capogruppo del relativo R.T.I., in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti F.A. e E.M., e
presso il secondo elettivamente domiciliata in ..., interveniente ad
adiuvandum,
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sez. III,
del 30 ottobre 2000, n. 6158, con la quale è stato accolto il ricorso delle
appellate avverso il provvedimento di esclusione dalla gara e la clausola
presupposta della lettera d’invito.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle appellate, appellanti
incidentali;
Visti gli atti di intervento di B. e B. e T.T.R.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza in data 24 luglio 2001, con cui è stata accolta l’istanza
di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Relatore alla pubblica udienza del 30 novembre 2001 il Consigliere Gerardo
Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti I., M., L. e M.;
Visto il dispositivo della presente decisione n. 630/2001 pubblicato il
3/12/2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
1.
Con deliberazione n. 1556/00, in data 2 giugno 2000, la Giunta Comunale di
Milano approvava il progetto di bonifica dell’area Bovisa Gasometri.
Con bando di gara in data 14 luglio 2000 veniva indetta la procedura ristretta,
ai sensi del d.lgs. 157/95, per l’esecuzione dei servizi relativi al primo
lotto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della suddetta area,
comportante il trattamento e lo smaltimento di circa 50.000 mc. di terreni
contaminati e rifiuti solidi.
Le società appellate, S.I. e R., dichiaravano di volersi
costituire in raggruppamento e conseguivano in data 16 agosto 2000, a seguito
della fase di prequalifica, l’invito a partecipare alla gara.
Nella lettera di invito, al punto 5, si precisava che la concorrente avrebbe
dovuto trasmettere offerta e documentazione “all’Ufficio
Protocollo del Settore Ambiente ed Energia – Piazza Duomo 21 – 20121 Milano,
entro e non oltre le ore 16.00 del giorno 3 ottobre 2000”.
Il costituendo Raggruppamento inviava un proprio incaricato per la
consegna del plico.
La consegna presso l’Ufficio Protocollo avveniva tardivamente, alle ore 16.20
del giorno 3 ottobre 2000.
Conseguentemente sulla ricevuta di consegna, accanto al timbro dell’Ufficio, veniva aggiunta a mano la seguente nota: “consegna alla ore 16.20 per disguidi dovuti al parcheggio e al guasto dell’ascensore”.
Il giorno successivo, 4 ottobre 2000, il Presidente della Commissione di gara,
preso atto della suddetta circostanza, disponeva l’esclusione delle attuali
appellate dalla gara, come da relativo verbale.
Nella successiva seduta del 5 ottobre la Commissione riteneva altresì di non
dare seguito all’istanza di riammissione formulata dalle medesime, che veniva
comunque allegata al verbale di gara.
2. Insorte le appellate contro il provvedimento di esclusione, il Tribunale periferico, con la pronunzia indicata in epigrafe, tenuto conto anche dei generali dettami della legge 241/90, accoglieva il gravame, con pronunzia in forma semplificata resa - ai sensi dell’art. 9 della legge 205/00 - nella camera di consiglio insediata per la sede cautelare, limitatamente alla previsione della lettera di invito, parimenti impugnata, che imponeva alle imprese invitate di trasmettere le offerte, entro il giorno e l’ora stabiliti, direttamente all’Ufficio protocollo del Settore Ambiente ed Energia, anziché semplicemente presso la sede comunale.
3. Il Comune di Milano ha interposto appello per la riforma della prefata pronunzia, insistendo sulla circostanza che il termine di presentazione delle offerte nelle pubbliche gare è un elemento essenziale, da precisarsi nel bando ovvero nella lettera di invito e comunque da rispettarsi rigorosamente, a pena di decadenza.
4. Le imprese appellate si sono costituite in giudizio per resistere all’appello e contestualmente, con ricorso incidentale, hanno riproposto le censure di illegittimità non analizzate dal T.A.R. in quanto implicitamente assorbite.
5. Ha dispiegato atto di intervento adesivo, qualificato in alternativa come
ricorso in appello autonomo, la società tedesca B. e B.,
inizialmente esclusa per presunte carenze documentali e poi definitivamente
riammessa dalla Commissione di gara in virtù della pronuncia cautelare resa dal
T.A.R. Lombardia in data 27 ottobre 2000.
La società da ultimo menzionata risultava, al momento dello svolgimento del
giudizio di primo grado, estranea alla procedura di gara per effetto del
provvedimento di esclusione dalla stessa, e per tale ragione non poteva
ritenersi controinteressata o comunque legittimata ad intervenire in quel
giudizio. A seguito, però, del provvedimento di riammissione la B. e B.
partecipava alla procedura, collocandosi utilmente al secondo posto della
graduatoria stilata con il verbale del 10 aprile 2001, che vedeva
primeggiare la S.I. e R.
Di qui dunque l’interesse di B. e B., originariamente pretermessa, a far
valere le proprie ragioni contro la sentenza di primo grado (vista anche
la mancanza di giudicato e quindi la non proponibilità di opposizione di
terzo) con atto di appello o, quanto meno, con atto di intervento autonomo.
Le appellate hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello/intervento di B.
e B. e, da ultimo, l’improcedibilità del gravame in appello in
trattazione per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che il Comune di
Milano, che non ha chiesto nell’immediatezza la sospensione dell’esecutività
della sentenza impugnata, ha disposto la prosecuzione, successivamente alla
pubblicazione della pronunzia di prime cure, della procedura di gara,
conclusasi, in data 12 aprile 2001, con la definitiva aggiudicazione in favore
delle appellate.
6. Anche il Raggruppamento capeggiato dalla società T.R.T., classificatosi definitivamente al terzo posto, e parimenti non parte del giudizio di prime cure, ha spiegato atto di intervento adesivo.
Le parti hanno depositato memoria.
Con ordinanza della Sezione in data 24 luglio 2001 è stata motivatamente sospesa l’efficacia della sentenza di primo grado.
Alla pubblica udienza del 30 novembre 2001 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
1. L’appello dell’Amministrazione comunale merita di essere accolto.
Preliminarmente, però, il Collegio è chiamato a soffermarsi su alcuni profili
di rito concernenti l’atto di appello principale, nonché l’atto di
intervento della società B. e B., quest’ultimo da ritenersi tale a
prescindere dalla dubbia qualificazione proposta dalla medesima società.
Le società appellate, come accennato in narrativa, hanno da ultimo eccepito,
con memoria conclusiva, l’improcedibilità del gravame comunale per
sopravvenuta carenza di interesse, atteso che il Comune di Milano, che non ha
chiesto nell’immediatezza la sospensione dell’esecutività della sentenza
impugnata, a seguito della pubblicazione della pronunzia medesima ha disposto la
prosecuzione della procedura di gara, conclusasi in data 12 aprile 2001 con la
definitiva aggiudicazione proprio in favore del Raggruppamento costituito dalle
appellate, riammesso in virtù della contestata pronunzia del T.A.R. Lombardia.
La Sezione non è di questo avviso.
Il Comune di Milano ha ben evidenziato nell’istanza del 22 giugno 2001, volta
ad ottenere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata e
peraltro motivatamente accolta (anche in virtù del sostegno di sufficienti
elementi di fondatezza) in data 24 luglio 2001, quali siano le ragioni - non da
ultimo il complesso districarsi di ulteriori azioni giurisdizionali, anche da
parte di soggetti inizialmente non coinvolti nella vertenza, avverso le
determinazioni assunte dalla Commissione di gara in esecuzione della pronunzia
giurisdizionale di prime cure - che l’hanno portato, dapprima, a chiedere la
tutela cautelare (accordata da questo Consiglio), di poi comunque ad insistere
per la decisione, nel merito, del gravame, relativamente alla quale appare fuor
di dubbio il permanere dell’interesse.
Del resto è principio acquisito che la possibilità di appellare non è
negativamente incisa dall’esecuzione, anche se volontaria, della sentenza di
primo grado, esecutiva ex art. 33 legge 1034/71. L’atteggiamento di volontaria
esecuzione, infatti, in quanto coatto in relazione al carattere esecutivo dello
jussum judicis, non costituisce condotta sintomatica, in termini di spontaneità,
della volontà dell’interessato di accettare il contenuto del provvedimento a
lui sfavorevole. Non è per conseguenza ravvisabile un’acquiescenza preclusiva
dell’impugnazione a norma dell’art. 329 c.p.c.
2. (omissis)
3. Il T.A.R. Lombardia, con la pronuncia contestata, ha affermato il principio
secondo cui la prescrizione della lettera d’invito in base alla quale
l’offerta da parte delle ditte partecipanti alla gara d'appalto deve essere
recapitata all’Ufficio protocollo del Settore ambiente ed energia del Comune
entro la data e l’orario stabiliti deve essere interpretata alla luce del
generale principio enunciato dall’art. 1, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n.
241, che preclude all’Amministrazione di aggravare il procedimento
amministrativo se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo
svolgimento dell’istruttoria, con la conseguenza che la scadenza del detto
termine non deve coincidere con la presentazione del plico contenente
l’offerta direttamente al detto Ufficio, rilevando a tal fine l’accesso
nella sede del Comune in tempo utile per non trovare già sbarrato l’ingresso
all’ora prevista e per recarsi successivamente presso l’Ufficio protocollo.
Le argomentazioni dedotte dal Comune appellante per confutare la trama seguita
dai primi giudici meritano una valutazione di fondatezza.
Il termine di presentazione delle offerte nelle pubbliche gare è certamente uno
degli elementi essenziali da specificarsi nella lex specialis.
Tale termine viene di norma prescritto dalle Amministrazioni committenti a pena
di decadenza (e comunque come tale va interpretato, in mancanza di espressa
previsione contraria), per evidenti ragioni di funzionalità, certezza,
ragionevolezza e, non certo da ultimo, par condicio dei concorrenti.
La specificazione dell’ora e del luogo di ricezione delle offerte, oltre a
rispondere ad esigenze di certezza e parità di trattamento, costituisce
esplicazione di un potere organizzativo eminentemente discrezionale, e pertanto
limitatamente sindacabile.
Nel caso di specie, l’Amministrazione, una volta autolimitatasi relativamente
a data, ora e luogo di ricevimento delle offerte, visto che la mancata
presentazione dell’offerta in tempo utile e nel luogo previsto da parte delle
attuali appellate è elemento incontestato, non aveva alcun margine di
scelta circa la non ammissione delle imprese medesime, non rispettose del
termine.
Né il Comune poteva dar rilievo, in ossequio alla par condicio, alla
eventuale limitatezza temporale dello sforamento, dovendosi necessariamente
salvaguardare chi aveva presentato la propria offerta tempestivamente, e tener
conto, altresì, di coloro che potevano aver spontaneamente rinunciato alla
presentazione dell’offerta in quanto consapevoli della scadenza del termine
utile.
4. Sulla scorta dunque del percorso argomentativo risultante dall’ordito
correttamente prescelto, sul punto, dal giudice di prima istanza (atteso che
l’Amministrazione una volta autovincolatasi con una precisa clausola di lex
specialis è tenuta al rispetto della clausola stessa, salvo l’annullamento
della clausola per illegittimità, disposto in sede di autotutela ovvero con
pronuncia del giudice), è in effetti la legittimità della clausola della
lettera di invito a venire in discussione, relativamente alla quale non poteva
darsi luogo ad alcuna variante interpretativa, attesa anche l’estrema
chiarezza del suo perentorio dettato, da rispettarsi rigorosamente, come
accennato, a tutela della parità di condizioni, senza che ai fini della non
ammissione potesse darsi rilievo all’entità del ritardo o, salvo quanto si
dirà in tema di forza maggiore, alle cause dello stesso.
La formulazione della clausola, ed in particolare la previsione dell’obbligo
di consegnare i plichi non genericamente presso la sede della Casa comunale bensì
presso lo specifico Ufficio protocollo del Settore addetto al vaglio e
all’istruttoria delle domande, non può essere considerata, in sé, un
aggravio procedimentale ricadente sotto gli strali della legge 241/90.
La precisazione, da parte della lex specialis, del luogo e dell’ora
limite per la ricezione dei plichi contenenti l’offerta costituisce
null’altro che la specificazione del concetto stesso del termine di
presentazione, e come tale risulta funzionale anch’essa alle ricordate
esigenze di certezza e, soprattutto, di parità di trattamento tra gli
aspiranti.
Né può sottacersi, al riguardo, che il luogo di presentazione (Ufficio
protocollo del Settore ambiente ed energia) non aveva nulla di inusuale,
trattandosi dello stesso ufficio comunale che aveva emesso il bando e trasmesso
la lettera di invito, e al quale i concorrenti sapevano di potersi rivolgere per
qualsiasi richiesta di chiarimento.
Il menzionato Settore era situato al piano di un edificio non riservato
esclusivamente agli Uffici comunali, di modo che non poteva certo far ritenere
soddisfatta la contestata prescrizione la (indimostrata) presenza
dell’incaricato in tempo utile nell’atrio dell’edificio medesimo.
Né, ancora, può attribuirsi rilevanza decisiva alla presenza di personale
oltre l’orario ufficiale di apertura al pubblico degli uffici comunali, per la
quale circostanza possono agevolmente ipotizzarsi ragioni organizzative (ad
esempio lavoro straordinario nel giorno di scadenza per la presentazione delle
offerte), in questa sede peraltro non rilevanti.
5. Le motivazioni addotte dall’appellata a
sostegno del ritardo, relativamente a presunti problemi di parcheggio e
dell’ascensore, non possono poi integrare quella causa di forza
maggiore che sola sarebbe - in teoria - idonea a giustificare il ritardo,
ma che dovrebbe essere nondimeno tale da impedire in maniera assoluta, e
soprattutto per tutti i concorrenti, il rispetto del termine di presentazione
delle offerte, il quale - occorre ribadire - deve ritenersi inderogabile e non
può essere disatteso, pena altrimenti la violazione del principio fondamentale
della par condicio (cfr. Cons. Stato, V, 25 gennaio 1995, n. 130).
A fronte di un termine per la presentazione delle offerte preciso, inderogabile
e ben conosciuto, che non comportava un particolare aggravio procedimentale,
stava alle imprese partecipanti, fatti salvi i casi eccezionali riconducibili
alla forza maggiore, predisporre le adeguate misure organizzative in modo da
ottemperarvi con tempestività.
6. Resta, a questo punto, al Collegio
l’incombenza della disamina dell’appello incidentale, con il quale le
appellate (pur bastando all’uopo il mero richiamo con atto difensivo) hanno
riproposto i profili di doglianza non trattati, in quanto implicitamente
assorbiti dai giudici di prime cure.
In particolare si tratta di argomentazioni che traggono forza dalla
considerazione che tra le attribuzioni dell’Ufficio protocollo comunale, ai
sensi delle norme di riferimento (anche le più recenti), non vi è quella di
attestare l’ora, in termini fidefacenti, dell’avvenuta consegna dei plichi.
In tal senso l’Ufficio protocollo è sprovvisto di un orologio che possa
attestare con sicurezza il predetto orario, dovendosi fare affidamento sulle
valutazioni soggettive dell’impiegato addetto e dei suoi strumenti di
misurazione del tempo.
Le censure incidentalmente proposte non colgono nel segno.
Deve anzitutto tenersi conto della possibilità,
nel regime dei pubblici appalti, di introdurre, come nella specie in sede di lex
specialis, previsioni specificative, che rispondano adeguatamente ai
generali principi della certezza, ragionevolezza e parità di trattamento.
Tali prescrizioni e specificazioni aggiuntive possono comportare,
indirettamente, l’integrazione delle normali attribuzioni degli addetti ai
competenti uffici, salva la contestazione degli esiti attestativi con gli
ordinari mezzi disponibili a tutela dell’integrità e veridicità delle
attestazioni pubbliche.
Detto questo, non può non rilevarsi ancora una volta come, con riferimento alla
fattispecie in argomento, il ritardo nella consegna fosse circostanza
assolutamente pacifica e comprovata, non da ultimo, dalle stesse giustificazioni
addotte da parte delle appellate.
7. Alla stregua del complesso delle considerazioni sopra riportate, l’appello dell’Amministrazione comunale deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, deve essere rigettato il ricorso proposto in prime cure dalle società S.I. e R.
Va altresì respinto l’appello incidentale
proposto da queste ultime.
Le spese di lite, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio, seguono la soccombenza delle appellate nei confronti del Comune appellante e, nella misura specificata in dispositivo, sono poste a carico delle medesime.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe,
lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il
ricorso di primo grado proposto dalle appellate.
Respinge, altresì, l’appello incidentale proposto da queste ultime.
Condanna le appellate al pagamento, in favore del Comune appellante, delle spese
di lite relative ad entrambi i gradi di giudizio, liquidate in £ 5.000.000
(cinquemilioni), equivalenti ad EURO 2.582,28.
Compensa le spese di giudizio con riferimento alle altre parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Alfonso Quaranta, Presidente
Giuseppe Farina, Consigliere
Corrado Allegretta, Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Gerardo Mastrandrea, Consigliere est.