LAVORI PUBBLICI - 061
Consiglio di Stato, Sezione V –
Sentenza 30 gennaio 2002, n. 507
I requisiti di ordine generale devono essere posseduti, oltre che dal consorzio
concorrente alla gara, anche dai consorziati che siano indicati quali esecutori
diretti delle prestazioni.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2959/01, proposto dal C.N.S. Soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. E.R., e presso lo studio dello stesso elettivamente domiciliata in ...
contro
la C.I.C. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. F.S., ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in ...
e nei confronti
del Comune di Sabaudia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti F.P. e A.A., e presso il primo elettivamente domiciliato in ...
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. II, del 3 febbraio 2001, n. 855, resa inter partes, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla C.I.C. avverso gli atti di gara e l’aggiudicazione in favore del Consorzio appellante, relativamente all’appalto per l’affidamento del servizio di igiene urbana nel Comune di Sabaudia.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata e del Comune
intimato, entrambi, per quanto di ragione, appellanti incidentali;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 2213 del 10 aprile 2001, con cui è stata respinta l’istanza
di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Relatore alla pubblica udienza del 13 novembre 2001 il
Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti R., S.
e P.;
Visto il dispositivo della presente decisione n. 544 pubblicato il 14
novembre 2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Comune di Sabaudia, con le delibere n. 192 e n. 22, rispettivamente in data 30 dicembre 1998 e 6 febbraio 1999, indiceva una gara - mediante licitazione privata - per l’affidamento del servizio di igiene urbana comunale per la durata di otto anni, al prezzo a base d’asta di £ 20.000.000.000 e da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 157/95.
Alla gara venivano ammesse la C.N.S. s.c.a r.l., la C.I.C. s.r.l. e la N. s.r.l..
Con determinazione dirigenziale n. 25, del 27 gennaio 2000, il Capo Settore Lavori Pubblici del Comune di Sabaudia aggiudicava provvisoriamente l’appalto in questione al C.N.S. (che aveva conseguito un punteggio di 89,6).
2. La società C.I.C., classificatasi seconda nella
graduatoria finale (con un punteggio di 67,3), impugnava dinanzi al T.A.R. Lazio la
suddetta aggiudicazione, nonché, in ogni caso, gli atti della procedura
concorsuale.
Il T.A.R., dopo aver rigettato l’istanza cautelare, accoglieva,
nel merito, il ricorso, ritenendo fondato il profilo circa l’illegittima
partecipazione alla gara del consorzio risultato vincitore, per non aver esso
documentato il possesso dei requisiti formali partecipativi in capo alle imprese
associate deputate allo svolgimento del servizio.
3. Il Consorzio aggiudicatario ha interposto appello avverso la pronunzia
dei primi giudici, assumendo che nel caso di specie, trattandosi di consorzio di
cooperative e quindi di struttura permanente, con una propria fisionomia
giuridica e una propria autonomia, anche patrimoniale, del tutto distinta
organizzativamente e giuridicamente dalle cooperative consorziate, solo in capo
al medesimo consorzio andavano verificati i requisiti di partecipazione.
Da ultimo l’appellante, con memoria integrativa presentata
in vista dell’udienza di discussione, ha altresì eccepito la carenza di
legittimazione ad intraprendere il giudizio di primo grado, sotto vari profili,
da parte della C.I.C., impresa in liquidazione volontaria, con conseguente
improcedibilità del gravame di prima istanza.
4. L’appellata si è costituita in giudizio per resistere all’appello,
proponendo anche appello incidentale quanto al motivo rigettato dal T.A.R. ed ai
motivi assorbiti da parte del medesimo giudice territoriale.
Il Comune di Sabaudia ha proposto anch’esso appello in via
incidentale, chiedendo però, come nel caso dell’appello principale del C.N.S.,
l’annullamento della sentenza impugnata, e quindi il definitivo rigetto del
ricorso di primo grado.
Le parti hanno depositato memoria.
5. Con ordinanza della Sezione n. 2213 del 10 aprile 2001 è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, non ravvisandosi sufficienti elementi di consistenza nei motivi di appello.
Alla pubblica udienza del 13 novembre 2001 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello principale deve essere respinto, in quanto il gravame di prima istanza della C.I.C. merita in effetti esito favorevole, seppur sulla base di argomentazioni non del tutto collimanti con quelle espresse dal T.A.R.
2. Ma occorre dare anzitutto conto delle eccezioni di difetto di
legittimazione della C.I.C. ad intraprendere il giudizio di primo grado, e quindi
di improcedibilità, oltre che di inammissibilità, del ricorso di prime cure,
formulate dal Consorzio appellante.
Le eccezioni traggono perlopiù spunto dalla circostanza che, come
documentato in atti, la C.I.C., ricorrente originaria, era in situazione di
liquidazione volontaria dal 29 dicembre 1999.
Tale circostanza, pur nella sua obiettività, non sembra poter
assumere connotati decisivi nel senso delineato dall’appellante.
Il ricorso di primo grado, come del resto la memoria di costituzione con l’appello
incidentale depositati presso questo Consiglio, è stato sì sottoscritto dal
sig. V.C. ma quale procuratore in forza dei poteri
conferitigli dal sig. G.C., già amministratore unico e successivamente
liquidatore, che ha peraltro esplicitamente ratificato tutta l’attività
processuale compiuta dal procuratore rappresentante.
La società appellata, per come rappresentata, non ha inoltre
mai declinato il proprio interesse alla soluzione giurisdizionale della
vertenza, ed il comportamento processuale tenuto dalla medesima può essere
richiamato a mò di comprova.
Del resto la messa in liquidazione volontaria della C.I.C.,
unitamente anche alla circostanza dell’avvenuta cessione del ramo d’azienda,
non è elemento in sé preclusivo della partecipazione alla gara e quindi del
permanente interesse alla decisione, potendo comunque darsi luogo ad un
subentro.
Né può sostenersi che la carenza di legittimazione della società può essere automaticamente riconducibile allo stato di irregolarità contributiva previdenziale ed assistenziale, al momento sub iudice (dinanzi al Tribunale di Cassino) e relativo a pretese avanzate dall’Istituto previdenziale successivamente alla conclusione della gara (peraltro sospese in via cautelare dal Giudice ordinario adito).
Anche la cessione del ramo d’azienda con atto del 21 aprile 1999, registrato il 5 maggio 1999, non può rivestire portata decisiva nel senso preteso dal Consorzio appellante, atteso che tale cessione risulta aver avuto effetto solo dal dicembre 1999, in epoca dunque ampiamente successiva alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara; e questo in virtù dell’esplicita condizione sospensiva concordata tra le parti ed apposta sull’atto di cessione, in base alla quale l’effetto della cessione decorreva dal momento in cui la società concessionaria avrebbe ottenuto tutte le iscrizioni ed autorizzazioni necessarie all’esercizio dell’attività dell’azienda ceduta, essendo la cessione subordinata alla condizione sospensiva dell’ottenimento di dette autorizzazioni da parte della società cessionaria.
La cessione del ramo d’azienda non era dunque operativa al momento della presentazione dell’offerta da parte della C.I.C..
Quanto, infine, alla determinazione dirigenziale n. 210 da ultimo adottata, in data 25 ottobre 2001, dal Comune di Sabaudia e con la quale, una volta riconvocata la Commissione di gara e rinnovati in parte qua gli atti della procedura in esecuzione dell’impugnata pronunzia del T.A.R. n. 855/01, la C.I.C. è stata esclusa dalla gara (per le circostanze già in parte evidenziate della condizione di irregolarità contributiva accertata dall’INPS, dello stato di liquidazione volontaria, della mancata iscrizione all’Albo smaltitori e della cessione del ramo di azienda in data antecedente alla presentazione dell’offerta), atto che viene chiamato in causa anche dalla difesa comunale a sostegno della sopravvenuta improcedibilità del ricorso, ma per il quale l’appellata ha preannunziato separato ricorso al T.A.R., è sufficiente rilevare che, in disparte la sua mancata stabilizzazione in attesa dei pronunciamenti giurisdizionali, essa esula dalla materia del contendere del presente giudizio, che va correttamente ricondotta entro gli originari confini della mancata esclusione, lamentata in prime cure dall’appellata, del Consorzio attualmente appellante.
3. Nel merito, l’appello principale proposto dal C.N.S. deve essere rigettato, anche se le argomentazioni dell’impugnata pronunzia del Tribunale di prima istanza, seppur da confermare, vanno almeno in parte integrate.
4. In verità occorre preliminarmente dare conto dell’eccezione di
inammissibilità - per avvenuta consumazione del relativo termine - del decisivo
profilo di impugnazione (il secondo) dedotto in primo grado dall’appellata,
reiterata in questo grado di giudizio dal Comune di Sabaudia e non tenuta in
considerazione dal T.A.R.
L’appellata ha lamentato dinanzi ai primi giudici che il Consorzio
appellante avrebbe dovuto essere escluso dalla gara all’esito dell’apertura
della busta n.1, nella quale, a suo dire, era carente la documentazione
attestante la qualificazione soggettiva delle cooperative
indicate come responsabili dell’espletamento del servizio.
Dalla lettura dei verbali di gara nn. 2 e 3 emergerebbe, ad avviso del Comune
di Sabaudia, che la società C.I.C. ha avuto contezza già in data 22 settembre
1999 del contenuto della documentazione amministrativa prodotta dal C.N.S.,
rispetto alla quale ha formulato le proprie osservazioni contrarie, ed è
divenuta consapevole della volontà della Commissione giudicatrice, favorevole
all’ammissione del Consorzio alle successive fasi della gara, in data 15
ottobre 1999. Da tale momento sarebbe decorso il termine per impugnare la
valutazione dell’Amministrazione e quindi il mancato provvedimento di
esclusione del Consorzio. L’impugnazione successivamente esperita nei
confronti dell’aggiudicazione sarebbe pertanto del tutto intempestiva e quindi
inammissibile.
L’eccezione sollevata dal Comune deve essere disattesa, ritenendo il
Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale maggioritario (seppur
esso ha visto di recente contrapporsi autorevoli posizioni contrarie, ad opera
anche di questa Sezione: cfr. Cons. Stato, IV, 10 luglio 1999, n. 1217 e V, 3
aprile 2001, n. 1998), per il quale deve attribuirsi valore di piena conoscenza
degli atti posti in essere dalla Commissione giudicatrice alla presenza, in sede
di gara, di un rappresentante dell’impresa solo ove questi sia munito di
mandato ad hoc o sia rivestito di una specifica carica sociale. Solamente
a queste condizioni infatti, che nella specie non risultano integrate, la
conoscenza avuta dal rappresentante può ritenersi riferibile alla società
concorrente (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4675; VI 28
maggio 2001, n. 2919; nonché VI, 30 settembre 1997, n. 1418 e 20 ottobre 1999,
n. 1483).
5. I giudici di prime cure, nel ritenere fondato, e assorbente, il
profilo di doglianza dedotto dalla società C.I.C. in ordine alle modalità
partecipative alla gara del Consorzio di cooperative appellante, si sono
soffermati sulla considerazione che l’ammissione di detti consorzi alle gare
di appalto non legittimerebbe una definitiva astrazione del nuovo soggetto
giuridico rispetto alla sua base sociale, con la conseguenza che poiché sono le
singole società consorziate a realizzare il servizio oggetto dell’appalto, in
capo a queste, e non dunque - come invece avvenuto nel caso di specie - in capo
al solo consorzio, va verificata la sussistenza dei requisiti generali di
partecipazione.
Nella procedura in argomento, mentre il Consorzio ha presentato tutta la documentazione
amministrativa prevista dalla lettera di invito, le imprese associate indicate
dal Consorzio stesso quali esecutrici del servizio appaltando (C.T.S. di Terni e
C.29.G. di Roma) hanno presentato solo parte di
detta documentazione, ovvero la dichiarazione di disponibilità dei mezzi e
della manodopera dei soci lavoratori per eseguire i lavori e la dichiarazione di
aver ottemperato al pagamento delle tasse e dei contributi sociali obbligatori.
Oppone l’appellante, che intende rifarsi soprattutto a precedenti dicta giurisprudenziali di primo grado rimasti isolati (T.A.R. Puglia, Bari, I, 27 aprile 1994, n. 892) o riformati da questo stesso Consiglio (T.A.R. Sardegna 11 giugno 1996, n. 815, annullata da questa Sezione con la decisione del 24 novembre 1997, n. 1367, di cui si farà ampio cenno più innanzi), che il consorzio di cooperative, la cui posizione nei confronti dell’amministrazione appaltante non può essere in alcun modo equiparata a quella dei raggruppamenti temporanei di imprese, assume i caratteri di una struttura permanente, con una propria fisionomia giuridica e una propria autonomia, anche patrimoniale. In particolare i consorzi di cooperative, di cui alla legge 422/1909 e seguenti, sarebbero soggetti giuridici a sé stanti, del tutto distinti organizzativamente e giuridicamente dalle cooperative consorziate. L’argomento decisivo sarebbe dunque che il consorzio agisce ed opera in nome proprio, quale entità autonoma e ben distinta rispetto alle cooperative consorziate, ed anche rispetto alle cooperative alle quali, in caso di aggiudicazione, verrà affidata l’esecuzione dei servizi appaltati. Di conseguenza risulterebbe ovvio che i requisiti di partecipazione vadano verificati in capo al consorzio, dal momento che nel caso di eventuali inadempimenti o problemi di qualsiasi tipo sarà il consorzio e solo esso a rispondere nei confronti dell’Amministrazione.
6. La prospettazione dell’appellante C.N.S., seppur non priva di pregevoli
elementi argomentativi, e condivisa anche dal Comune di Sabaudia, non merita
tuttavia positiva valutazione.
Non si può disconoscere, che il consorzio di cooperative costituisca di per sé
un soggetto autonomo, disciplinato peraltro da una normativa speciale di favore
(in considerazione dello scopo mutualistico) a partire dalla legge 25 giugno
1909, n. 422, e che in quanto tale può autonomamente partecipare ad appalti
pubblici.
Ma, al contempo, non può pretermettersi che sono le singole
società consorziate, soggetti non privi di autonoma personalità e soprattutto
di distinta organizzazione d’impresa, ad assumere concretamente, attraverso il
consorzio appositamente costituito, le opere (e i servizi) in appalto (Cons.
Stato, V, 20 giugno 1994, n. 687).
A tale presupposto consegue che, come avvertitamente rappresentato dalla
Sezione, se è in astratto ammissibile cumulare i requisiti di natura tecnica
singolarmente posseduti dalle cooperative consorziate - vale a
dire che, ove sia richiesto il possesso di un determinato numero di mezzi o di
unità di personale, esso può essere raggiunto sommando tra loro quello delle
singole imprese che, consorziate, dovranno svolgere il servizio - tale principio
non implica affatto che i requisiti generali di partecipazione, relativi alla
regolarità della gestione delle singole imprese sotto il profilo dell'ordine
pubblico, anche economico, nonché alla moralità, possano ritenersi accertati
con esclusivo riferimento al consorzio e non debbano invece essere posseduti e
documentati dalle singole imprese designate quali esecutrici del servizio (Cons.
Stato, V, 24 novembre 1997, n. 1367, cit.; v. anche, ma con riferimento ai
raggruppamenti temporanei di imprese, Cons. Stato, V, 15 giugno 2001, n. 3188).
In definitiva, un corretto approccio ermeneutico alla normativa sulla
partecipazione ad appalti pubblici dei consorzi di cooperative, ispirata al pur
rispettabile criterio del favor per
l'associazionismo tra dette imprese, se da un lato consente di richiamare le
risorse tecniche ed economico-finanziarie proprie di ciascuna impresa
consorziata designata ed anche di cumularle al fine dell’aggiudicazione di
commesse pubbliche alle quali, diversamente, le singole società consorziate non
potrebbero aspirare, dall’altro certamente postula la necessità che le
imprese concretamente destinate ad eseguire il servizio dimostrino di essere in
regola con i requisiti generali di partecipazione alle gare afferenti il
rispetto delle norme di ordine pubblico.
Tali requisiti attengono alla capacità di agire delle imprese affidatarie e
sono legati a stretto filo alla finalità di ordine strettamente pubblicistico
volta a garantire l’Amministrazione contro il rischio di accesso al mercato
delle commesse pubbliche da parte di soggetti privi dei necessari requisiti
soggettivi di moralità e di ordine pubblico (cfr., da ultimo, anche C.G.A.R.S.
26 febbraio 2001, n. 92 e 21 marzo 2001, n. 149, che, alla stregua anche del
più volte citato precedente della Sezione n. 1367/97, hanno motivatamente
rivisto il precedente orientamento espresso con decisione 17 luglio 2000, n.
342).
Secondo l’approccio adottato dalla Sezione, ad esempio, la
correttezza
contributiva del consorzio non potrebbe consentire l’affidamento
del servizio al medesimo ove le imprese da esso stesso indicate quali effettive
affidatarie del servizio non fossero in regola con gli obblighi di versamento
dei contributi previdenziali ed assicurativi. Similmente, l’accertata assenza
di procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione secondo la
normativa antimafia pendenti a carico dei rappresentanti legali del consorzio
non varrebbe a rendere legittimo l’affidamento del servizio a cooperative
consorziate ove queste fossero presiedute da soggetti sottoposti a detti
procedimenti.
Diversamente opinando si assisterebbe a conseguenze paradossali e palesemente
contrastanti con i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e di
quello comunitario e la normativa sui consorzi di cooperative,
ispirata da finalità di promozione del fenomeno cooperativistico, finirebbe per
tradursi oggettivamente in uno strumento idoneo a consentire - mediante
aggregazione in forma consortile di società prive dei requisiti di legge per la
partecipazione alle gare e confluenti in un distinto soggetto dotato di esigua
struttura ed (esso solo) in regola con detti requisiti - l’aggiramento di
inderogabili prescrizioni normative discendenti dai principi generali delle
procedure di evidenza pubblica.
Con precipuo riferimento alla vicenda in esame, come pertinentemente
evidenziato dai primi giudici, si finirebbe così per affidare, in concreto, il
servizio ad imprese da parte delle quali non è stato dichiarato, in ossequio
alla lettera di invito, l’insussistenza di carichi pendenti a carico del
titolare, del rappresentante legale e del direttore tecnico, l’insussistenza
di ragioni ostative a contrattare con la Pubblica Amministrazione, ovvero per le
quali non è conosciuto il contenuto del certificato del casellario giudiziario
del direttore tecnico e degli amministratori e del certificato rilasciato dalla
cancelleria fallimentare. Senza contare che nella specie le cooperative
designate non hanno presentato nemmeno tutta la documentazione espressamente
loro richiesta dal punto n. 4 della lettera di invito, come la dichiarazione
relativa alla regolare iscrizione nell’apposito Registro prefettizio (anche in
questo caso risulta agli atti solo la dichiarazione del C.N.S.).
Non è accettabile che il possesso dei requisiti morali e
soggettivi di affidabilità venga garantito da una realtà organizzativa
consortile che per quanto autonoma è al tempo stesso estremamente ridotta,
astraendosi dalle ben 160 imprese associate su tutto il territorio nazionale, ed
il cui unico scopo statutario è esplicitamente quello di assumere dalle
Amministrazioni appalti di servizi da assegnare e far eseguire alle imprese
associate.
La circostanza che le imprese associate, prescelte per lo svolgimento del servizio, non abbiano nella fattispecie dichiarato il possesso dei requisiti necessari ai sensi della lex specialis supporta la conclusione dei primi giudici, che pertanto deve essere confermata, circa la doverosa esclusione del Consorzio appellante dalla gara e quindi l’annullamento dell’aggiudicazione avvenuta in suo favore, senza che l’inconferente richiamo della normativa specifica sui lavori pubblici (art. 11 legge 109/94) possa scalfire la predetta conclusione, che qui viene condivisa.
7. Per le considerazioni che precedono i ricorsi in appello del C.N.S. e del Comune di Sabaudia non possono sfuggire alla reiezione.
Ne consegue, ulteriormente, l’improcedibilità dell’appello incidentale
condizionatamente proposto dall’appellata, vincitrice in prime cure e che in
tale grado ha visto assorbite le restanti censure proposte.
Possono compensarsi tra le parti le spese di lite relative al presente grado
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, respinge l’appello
principale e l’appello incidentale proposto dal Comune di Sabaudia.
Dichiara
improcedibile l’appello incidentale proposto dall’appellata C.I.C.
Spese del grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Claudio Varrone, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Filoreto D’Agostino, Consigliere
Gerardo Mastrandrea, Consigliere est.