LAVORI PUBBLICI - 033
T.A.R. Veneto, sezione I, 23 marzo 2000, n. 831
(Pres. Trotta - Est. Stevanato)
È legittimo che un dirigente comunale sia presidente della commissione giudicatrice, approvi atti della commissione medesima; e disponga l'aggiudicazione della gara. Infatti il dirigente, in base alla normativa vigente, è responsabile sia nella fase dell'istruttoria, sia nell'emanazione del provvedimento finale e non può sottrarsi a tale responsabilità impostagli dalla legge, astenendosi da una delle due fasi in base al principio di imparzialità e buon andamento, inapplicabile in tale nuovo contesto di competenze, di professionalità e di responsabilità gestionale.
(Contra: T.A.R. Puglia, Lecce, sezione II, 7 febbraio 2001, n. 3787)

(Si veda l'intervento: «Presidenza della commissione di gara d'appalto e aggiudicazione - Problemi di compatibilità tra ruolo di presidente e dirigente competente ad aggiudicare» di Luigi Oliveri)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

n. 831/2001 Registro Sentenze

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL VENETO - SEZIONE I

(omissis)

FATTO

La società bancaria ricorrente ha partecipato alla licitazione privata indetta dal comune di Jesolo col sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ex art. 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 157/95, per l'appalto del servizio di tesoreria comunale ed impugna l'aggiudicazione disposta a favore della società bancaria controinteressata. I parametri comparativi erano graduati secondo le seguenti categorie di punteggi: qualità del servizio: 50 punti; condizioni economiche: 40 punti; ulteriori servizi: 10 punti. Alla ricorrente, seconda in graduatoria, sono stati attribuiti 71,50 punti ed alla controinteressata, vincitrice della gara, 74,69 punti.

A sostegno del gravame vengono dedotti i seguenti motivi:

1) violazione della lex specialis: violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa; violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione; violazione della par condicio e dei principi generali delle gare ad evidenza pubblica; immotivata violazione della prassi; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria; violazione dell'art. 3 legge n. 241/90. Sostiene la ricorrente che, dopo l'apertura delle buste, la commissione giudicatrice ha immotivatamente deciso di non attribuire il massimo punteggio ai migliori tassi attivi e passivi offerti, mentre, secondo la ricorrente, all'offerta migliore si doveva attribuire il massimo punteggio ed alle altre offerte punteggi proporzionalmente inferiori;

2) eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria; violazione dell'art. 3 legge n. 241/90; eccesso di potere per sviamento; violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa; violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione; violazione della par condicio. Sostiene la ricorrente che il punteggio per la categoria "altri servizi" privilegia immotivatamente la controinteressata (4 punti) rispetto alla ricorrente (0,5 punti);

3) eccesso di potere per manifesta illogicità e sviamento; violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa; violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione della par condicio; eccesso di potere per immotivata violazione di un autolimite; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria; violazione dell'art. 3 legge n. 241/90. Sostiene la ricorrente che nella valutazione della "strumentazione software e hardware", come anche nella valutazione di "strutture dimensioni e distribuzione logistica", il miglior punteggio attribuito alla controinteressata è immotivato ed incomprensibile. Circa la valutazione delle "esperienze specifiche in comuni superiori ai 10.000 abitanti", il divario di punteggio a favore della ricorrente doveva essere proporzionalmente maggiore.

4) violazione dell'art. 97 della costituzione; violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa; violazione dei principi generali delle gare ad evidenza pubblica; violazione del principio di separazione tra funzione consultiva ed amministrazione attiva. Si sostiene che lo stesso dirigente comunale, che era presidente della commissione giudicatrice, ha approvato gli atti della commissione medesima e disposto l'aggiudicazione alla controinteressata.

L'amministrazione resistente, costituita in giudizio, ha puntualmente controdedotto concludendo per la reiezione del ricorso. Si è costituita in giudizio anche la controinteressata CA.RI.VE. s.p.a., contestando anch'essa la fondatezza del ricorso e chiedendo che sia rigettato.
Nella memoria successivamente prodotta il difensore della ricorrente ha chiesto che la condanna al risarcimento del danno sia nel caso del tasso attivo da applicarsi alle giacenze di cassa del comune, fino a punti 17. Alla ricorrente sono stati assegnati per queste due categorie, rispettivamente punti 16 e 15.
Cioè, il criterio di attribuzione del punteggio relativo a ciascun elemento di valutazione prevedeva una certa discrezionalità della commissione giudicatrice, entro un massimo predefinito dalla lex specialis. La discrezionalità si è esplicata, evidentemente, in una valutazione di pregio assoluto delle migliori offerte, per ciascun elemento di valutazione attraverso cui era distribuito il punteggio, mentre la valutazione relativa si è esplicata successivamente, con riguardo alle offerte delle altre concorrenti ed alla distribuzione proporzionale dei punteggi per le offerte via via peggiori.
Trattandosi di valutazione afferente all'area del merito amministrativo, essa è sottratta al sindacato generale di legittimità ove non presenti profili di manifesta illogicità. Ora, una tale macroscopica illogicità deve escludersi in base ad un decisivo argomento a posteriori, che si desume dall'andamento della gara, da cui si ricava che anche alla controinteressata, laddove la sua offerta era migliore, è stato attribuito un punteggio inferiore al massimo previsto in altre categorie di valutazione. Né per tali ragioni emerge alcuna violazione del principio della par condicio e nemmeno della motivazione, che è in re ipsa in ciascuna valutazione, sufficientemente espressa in termini numerici, in assoluto ed in relativo.

Il primo motivo va pertanto disatteso.

Col secondo motivo la ricorrente ha censurato il punteggio limitata alla sola pronuncia sull'an debeatur.

DIRITTO

L'oggetto del giudizio è costituito dall'atto di aggiudicazione alla controinteressata CA.RI.VE. s.p.a., dell'appalto del servizio di tesoreria comunale per il periodo 1.1.1999 - 31.12.2002, in esito ad una licitazione privata, indetta dal Comune di Jesolo col sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ex art. 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 157/95. All'offerta della CA.RI.VE. è stato assegnato il punteggio migliore, 74,69, mentre a quella della ricorrente Banco Ambrosiano Veneto s.p.a., seconda classificata, è stato attribuito il punteggio di 71,50.
Col primo motivo di ricorso è stata censurata, sotto vari profili di violazione di legge, violazione della lex specialis ed eccesso di potere, la decisione della commissione giudicatrice di non attribuire il massimo punteggio ai migliori tassi attivi e passivi, offerti dalla ricorrente, ma un punteggio immotivatamente inferiore a quello massimo, con l'attribuzione alle altre offerte di punteggi proporzionalmente inferiori. In questo modo sarebbe stata illegittimamente depotenziata la relativa categoria di punteggio, ad offerte già conosciute.
La difesa dell'amministrazione resistente ha, però, giustamente obiettato che la suddivisione in categorie dei diversi punteggi, astrattamente previsti dalla scheda allegata alla lettera di invito, prevedeva sempre l'attribuzione "fino a punti": nel caso del tasso passivo da applicarsi alle anticipazioni di tesoreria, fino a punti 18 e attribuito per la categoria "altri servizi" (fino a punti 4,5) che avvantaggerebbe immotivamente la controinteressata (4 punti) rispetto alle ricorrente (0,5 punti).
In realtà, la commissione giudicatrice ha fornito la seguente motivazione: "la commissione ha graduato il punteggio a disposizione in relazione alla qualità, quantità e grado di innovazione dei servizi offerti, in relazione alle esigenze operative dell'ente, alla nuova normativa in materia di entrate tributarie e patrimoniali". Se si esaminano le offerte, al riguardo, della ricorrente e della controinteressata, emerge che i servizi offerti dalla CA.RI.VE. sono molto più consistenti di quelli offerti dalla ricorrente. Quest'ultima ha offerto un servizio di brokeraggio assicurativo, la consulenza per prestiti obbligazionari, finanziamenti in leasing ed assistenza all factoring e sponsorizzazioni. La CA.RI.VE. invece ha offerto il servizio di vendita di marche segnatasse e di buoni mensa; sponsorizzazioni; finanziamenti a medio e lungo termine; razionalizzazione dei versamenti I.C.I.; sinergie con la GERICO s.p.a.; messa a disposizione gratuita per 5 giorni di una sala convegni; servizi informatici di outsourcing.

La differenza dei due punteggi non è quindi immotivata né sproporzionata o illogica.

Il secondo motivo va perciò anch'esso disatteso.

Col terzo motivo si è sostenuto che, nella valutazione della "strumentazione software e hardware", come anche nella valutazione di "strutture dimensioni e distribuzione logistica", il maggior punteggio attribuito alla controinteressata sarebbe immotivato ed incomprensibile. Inoltre, circa la valutazione delle "esperienze specifiche in comuni superiori ai 10.000 abitanti", il divario di punteggio a favore della ricorrente avrebbe dovuto essere proporzionalmente maggiore.
Tali censure attengono anch'esse alla valutazione afferente all'area del merito amministrativo, sottratta al sindacato generale di legittimità ove non siano presenti profili di manifesta illogicità.
Ma un'illogicità di tale consistenza non emerge affatto, perché:
a) le indicazioni contenute nell'offerta della ricorrente sulla strumentazione informatica sembrano effettivamente meno specifiche ("meno puntuali", come rilevato dalla commissione giudicatrice) di quelle della controinteressata, anche considerata l'architettura di sistema allegata all'offerta della ricorrente;
b) circa "strutture dimensioni e distribuzione logistica", la ricorrente ha due sportelli nel territorio comunale mentre la controinteressata ne ha tre (questo è il criterio che è stato valorizzato dalla commissione giudicatrice, come risulta dal relativo verbale, oltre a quello della rete operativa complessiva);
c) circa la differenza di punteggio per le esperienze specifiche nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti (5 punti alla ricorrente e 3 punti alla controinteressata), va rilevato che la ricorrente gestisce il servizio di tesoreria in 29 comuni, mentre la controinteressata lo gestisce in 14 comuni. Ma i punteggi sono stati graduati anche rispetto agli altri tre istituti di credito partecipanti alla gara e non emerge nemmeno in questo caso un'evidente sproporzione nel punteggio. In ogni caso, la sproporzione potrebbe stimarsi in 0,5 o 1 punto al massimo, tale cioè da non assumere rilevanza e da non far emergere interesse ai fini del ribaltamento dell'esito della gara.

Anche il terzo motivo va quindi disatteso.

Infine, col quarto motivo è stata dedotta una censura di carattere procedimentale.

Si sostiene che lo stesso dirigente comunale, che era presidente della commissione giudicatrice, ha approvato gli atti della commissione medesima e disposto l'aggiudicazione alla controinteressata, trovandosi così in posizione di incompatibilità. Ritiene però il collegio che la presente situazione vada risolta considerando che il dirigente comunale ha presieduto la commissione di gara, approvato la graduatoria ed aggiudicato l'appalto di servizio, in base a precise competenze affidategli dalla legge: precisamente, dall'articolo 51, comma 3, lettere a) (presidenza della commissione di gara) e b) (responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso) della legge 8 giugno 1990, n. 142 (ora articolo 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000 - n.d.r.). Competenze alle quali non poteva sottrarsi in nome del principio di separazione nell'emanazione di atti infraprocedimentali e finali, anche perché negli enti locali, in base al nuovo assetto delle competenze ed alla distinzione di funzioni tra organi politici e dirigenti, c'è autonomia nella responsabilità dei dirigenti nell'adozione degli atti di gestione, che costituiscono svolgimento delle scelte operate dagli organi di indirizzo politico.

In altri termini, il dirigente è responsabile sia nella fase dell'istruttoria, sia nell'emanazione del provvedimento finale e non può sottrarsi a tale responsabilità impostagli dalla legge, astenendosi da una delle due fasi in base al principio di imparzialità e buon andamento, inapplicabile in tale nuovo contesto di competenze, di professionalità e di responsabilità gestionali.

Il quarto motivo va perciò anch'esso disatteso.

Conclusivamente, per le ragioni che precedono il ricorso va respinto

LAVORI PUBBLICI - 033-bis
T.A.R. Puglia, Lecce, sezione II, 7 febbraio 2001, n. 3787
(Pres. Cavallari - Est. Viola)
E' illegittimo, per violazione dell'art. 21, comma 5, della legge n. 109 del 1994, il provvedimento di aggiudicazione di gara d'appalto adottato dallo stesso funzionario che aveva presieduto la commissione di gara. Infatti, essendo il provvedimento di aggiudicazione definitiva dell'appalto atto di controllo e verifica della procedura seguita, il dirigente competente si troverebbe a dover esprimere valutazioni anche sul proprio operato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

n. 3787/2001 Registro Sentenze

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA PUGLIA - LECCE - SEZIONE II

(omissis)

FATTO

Con determinazione di settore n. 136 del 7.12.99 (n. 918 r.g.), il comune di Porto Cesareo indiceva licitazione privata per l'affidamento dei "lavori di sistemazione dell'area demaniale per la realizzazione di alcune opere per il funzionamento dell'apparecchiatura semovente del tipo travel-lift" (importo a base d'asta lire 252.928.710) secondo le modalità fissate nell'avviso di gara approvato con la stessa determina.
Con determinazione di settore n. 151 del 30.12.99 (n. 999 r.g.), veniva approvato l'elenco delle ditte da invitare alla gara e lo schema di lettera d'invito da inviare alle cinque ditte che avevano presentato domanda di partecipazione.
Alla gara, espletata nei giorni 20 e 25 gennaio 2000, partecipavano la ditta M.C. e la C.; quest'ultima veniva ammessa alla gara, nonostante avesse omesso di produrre la dichiarazione prevista dall'art. 62 del capitolato speciale d'appalto e la dichiarazione prevista al punto n. 2 (requisiti di partecipazione) della lettera d'invito.
La commissione di gara dichiarava aggiudicataria provvisoria la C. che aveva offerto un ribasso del 7.35%, a fronte di un ribasso della ditta Crudo pari al 2,30%.
Con determina n. 9 di settore (n. 90 r.g.) del 27 gennaio 2000 la gara veniva aggiudicata definitivamente alla C.
L'aggiudicazione era impugnata da M.C. per:
1) violazione del capitolato speciale d'appalto e della lettera d'invito, violazione della par condicio dei concorrenti: la C. non avrebbe infatti allegato alla domanda di partecipazione alla gara le dichiarazioni (disponibilità di cave idonee a fornire il materiale di scogliera occorrente per i lavori e disponibilità ed efficienza dei mezzi d'opera richiesti per l'esecuzione dell'appalto) espressamente qualificate come "condizioni di ammissibilità all'asta" dall'art. 62 del capitolato speciale;
2) violazione del punto 2 della lettera d'invito, violazione della par condicio dei concorrenti: l'offerta della C. non conterrebbe infatti la documentazione idonea a dimostrare di aver effettuato nell'ultimo quinquennio almeno un lavoro simile a quello oggetto dell'appalto prevista dal punto n. 2 della lettera d'invito;
3) violazione dell'art. 21, comma 5 della legge n. 109 del 1994, eccesso di poter per violazione del giusto procedimento: il responsabile di settore del comune di Porto Cesareo avrebbe infatti indetto la gara (con determina n. 136/99), presieduto la commissione di gara ed approvato gli atti della commissione, aggiudicando definitivamente i lavori; il tutto in violazione della previsione dell'art. 21, comma 5 della legge n. 109 del 1994.
Si costituivano l'amministrazione resistente e il controinteressato controdeducendo sul merito del ricorso; l'amministrazione comunale di Porto Cesareo sollevava altresì eccezione preliminare di irricevibilità per tardività (il ricorso sarebbe infatti stato notificato oltre il termine decadenziale decorrente dal 25.1.2000 e cioè dal giorno in cui la commissione di gara aveva deciso di ammettere alla procedura concorsuale la Cesid).
All'udienza del 23.3.2000 la sezione accordava con l'ordinanza n. 710/2000, la tutela cautelare richiesta dalla ricorrente.
All'udienza del 7 dicembre 2000 il ricorso passava quindi in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto. In via preliminare, deve rilevarsi come non possa essere attribuita alcuna rilevanza all'eccezione preliminare di irricevibilità per tardività sollevata dall'amministrazione resistente.
A prescindere dalla problematica dell'individuazione del termine a ricorrere nella materia dei lavori pubblici (per una parte della giurisprudenza, non soggetta alla dimidiazione dei termini prevista dall'art. 19 del d.l. 25.3.97 n. 67), la sezione ha infatti chiarito, con la sentenza 15.6.2000 n. 3134, come il momento lesivo fondamentale nelle procedure di gara (soprattutto quando, come nel caso di specie, non si faccia questione dell'esclusione dalla procedura del ricorrente, bensì dell'illegittima ammissione alla gara di altro partecipante) debba essere riportato all'aggiudicazione definitiva e non al precedente subprocedimento di gara.
Ne discende, oltre alla necessità per il ricorrente di impugnare comunque l'aggiudicazione definitiva anche quando abbia già impugnato la precedente esclusione operata dalla commissione di gara, l'insussistenza di qualsivoglia onere di impugnare l'ammissione o l'esclusione dalla gara operate dalla commissione di gara e non ancora caratterizzate da quella definitività propria del provvedimento di aggiudicazione definitiva.
Nel caso di specie, l'aggiudicazione definitiva, intervenuta il 27.1.2000, è stata portata a conoscenza del ricorrente il 5.2.2000, non avendo, al proposito alcuna rilevanza il momento (26.1.2000) di richiesta di accesso agli atti ma solo il momento di effettiva conoscenza degli stessi.
Il ricorso, notificato il 29.2.2000, è quindi da considerarsi tempestivo, sia ove si riferisca il rispetto del termine a ricorrere al momento di effettiva conoscenza dell'atto di aggiudicazione definitiva (5.2.2000), sia ove si attribuisca rilevanza all'ipotetica pubblicazione dell'atto (peraltro non documentata dall'amministrazione) necessariamente avvenuta in data posteriore al 27.1.2000 e quindi da riferirsi ad un termine ultimo (quindici giorni dalla pubblicazione) ampiamente compatibile con la data di notifica del ricorso. Anche applicando la dimidiazione dei termini prevista dall'art. 19 del d.l. 25.3.97 n. 67 al termine a ricorrere, il ricorso oggi in decisione deve quindi essere considerato tempestivo.

2. Il primo motivo di ricorso è poi infondato e deve pertanto essere respinto. Al centro della censura è la previsione dell'art. 62 del capitolato speciale d'appalto che, per parte ricorrente, imporrebbe al partecipante alla gara, a pena di inammissibilità della domanda di partecipazione (la conclusione sarebbe infatti desumibile dall'intestazione della disposizione espressamente riferita alle "condizioni di ammissibilità all'asta"), l'onere di allegare alla domanda di partecipazione le dichiarazioni di disponibilità delle "cave idonee a fornire il materiale di scogliera occorrente per l'esecuzione dei lavori" e di disponibilità "per tutta la durata dei lavori dei mezzi d'opera terrestri e marittimi necessari all'esecuzione delle opere"; onere non soddisfatto dall'aggiudicataria.

Il collegio è tuttavia di diverso avviso.

Al proposito, deve infatti rilevarsi, in via preliminare, come la tesi di parte ricorrente non sia assolutamente supportata dall'esame della lettera d'invito. Lettera d'invito che reca al punto 2 della previsione "offerta di gara" l'elencazione espressa delle dichiarazioni e della documentazione da allegare, a pena di inammissibilità, alla domanda di partecipazione alla gara; elencazione che non comprende assolutamente le dichiarazioni previste dall'art. 62 del capitolato speciale d'appalto.
Ora, in presenza di una chiara individuazione delle dichiarazioni richieste a pena di inammissibilità di partecipazione alla gara, è di tutta evidenza come la necessità di allegare le dichiarazioni previste dall'art. 62 del capitolato speciale non possa essere desunta dall'incerto strumento interpretativo costituito dalla dichiarazione di accettazione delle condizioni previste dal capitolato speciale prevista dalla lettera d'invito; dichiarazione che assolve, in prevalenza, a finalità completamente differenti rispetto a quella prospettata da parte ricorrente.
La tesi prospettata da parte ricorrente è poi smentita dall'esame della stessa previsione dell'art. 62 del capitolato speciale; previsione che contempla un secondo comma ("le dichiarazioni del presente articolo formano parte integrante del contratto senza di che l'amministrazione non sarebbe addivenuta alla stipulazione del contratto stesso") che, in sostanziale contrasto con la formulazione della rubrica dell'articolo, sembra riportare la previsione alla fase della stipulazione del contratto e non al momento della partecipazione alla gara.
E' poi impossibile non rilevare come, nella fattispecie, ricorrerebbe comunque e a prescindere dalla questione della possibilità di riferire la previsione dell'art. 62 del capitolato speciale alle condizioni di ammissibilità alla gara, quell'oggettiva incertezza in ordine alle prescrizioni dei bandi di gara, che imporrebbe all'amministrazione, per giurisprudenza assolutamente prevalente, l'obbligo di preferire l'interpretazione che permetta una più ampia partecipazione alla gara: "in conformità al principio della massima partecipazione e di quello del legittimo affidamento sugli atti della p.a., in caso di incertezza delle clausole di gara, va prescelta l'interpretazione favorevole alla partecipazione alla procedura concorsuale" (T.A.R. Sicilia, 6.10.1998, n. 1927) ed ancora "l'esclusione dalla gara d'appalto, per cause non espressamente previste dal bando, può avvenire esclusivamente per la violazione di clausole preordinate a garanzie sostanziali, essenziali per il proficuo svolgimento della gara e alla garanzia della par condicio tra i partecipanti; le clausole del bando, poi, debbono essere interpretate in modo da assicurare la massima partecipazione delle imprese" (Cons. Giust. Amm. 25.3.1999, n. 128). E, nel caso di specie, è assolutamente pacifico come l'amministrazione abbia prescelto la soluzione maggiormente idonea a permettere una più ampia partecipazione alla gara.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato. Al proposito, deve infatti rilevarsi come la lettera d'invito richiedesse, al punto n. 2 della previsione "requisiti di partecipazione", la produzione di "idonea documentazione da cui si possa rilevare che la stessa impresa ha eseguito nell'ultimo quinquennio almeno un lavoro simile per la natura e importo pari a quello oggetto dell'appalto"; produzione non effettuata dalla controinteressata sulla base della "delibera G.R. Puglia n. 308/99, con cui è stata revocata la precedente del. g.r. Puglia n. 4028/98 citata nella lettera d'invito". Per la ricorrente, la mancata produzione verrebbe ad integrare comunque una violazione di una previsione in materia di partecipazione alla gara contenuta nel bando e quindi fornita di autonomia rispetto alle previsioni emanate dalla giunta regionale.
La sezione è tuttavia di diverso avviso. La previsione del bando citata da parte ricorrente non contiene infatti una semplice (e autonoma) previsione di partecipazione alla gara, ma evidenzia chiaramente come il requisito sia richiesto "ai sensi della delibera della giunta regionale n. 4028 del 28.10.98" e quindi di una previsione normativa superiore recepita dal bando di gara.
E' quindi di tutta evidenza come la revoca della delibera 4028/98 operata dalla giunta regionale con la delibera n. 308/99 abbia operato anche la caducazione della previsione del bando di gara che si limitava a recepire la previsione normativa in questione e non assumeva assolutamente valore autonomo. Anche questa censura deve pertanto essere rigettata in quanto infondata nel merito.

4. Deve, al contrario, trovare accoglimento, il terzo motivo di ricorso relativo alla violazione dell'art. 21, comma 5 della l. 11.2.94, n. 109: "I commissari non debbono aver svolto ne' possono svolgere alcuna altra funzione od incarico tecnico od amministrativo relativamente ai lavori oggetto della procedura, e non possono far parte di organismi che abbiano funzioni di vigilanza o di controllo rispetto ai lavori medesimi".
La censura può essere divisa in due diverse prospettazioni costituite dall'incompatibilità nascente dalla partecipazione alla commissione di gara (in qualità di presidente) del responsabile di settore che aveva emanato il bando di concorso e diramato le lettere d'invito e dall'incompatibilità nascente dall'approvazione del contratto da parte dello stesso soggetto che aveva presieduto la commissione di gara. Ad avviso del collegio, la prima parte della prospettazione non merita accoglimento.
La previsione dell'art. 21, comma 5 della legge n. 109 del 1994 è infatti evidentemente destinata a prevenire i possibili effetti disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti dei lavori, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di gara, ecc.) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura contrattuale; in un contesto di questo tipo è quindi evidente come simili effetti disfunzionali non si possano verificare nelle ipotesi, come quella in discorso, ove alla commissione di gara è attribuita una limitatissima discrezionalità dovendo procedere all'aggiudicazione sulla base di criteri (il massimo ribasso sul prezzo d'asta) già integralmente determinati da fonti esterne rispetto alla commissione.
E' quindi sostanzialmente esatta l'obiezione mossa dall'amministrazione resistente e tendente a riportare l'ipotesi in discorso alle sole commissioni fornite (come nell'ipotesi dell'appalto concorso citata dall'amministrazione o in alcune ipotesi di licitazione privata sulla base di parametri di valutazione più complessi) di un certo grado di discrezionalità nelle operazioni di gara; solo in questo caso, infatti, la valutazione della commissione (non integralmente predeterminata da fonti esterne) può essere inquinata dalla partecipazione di soggetti che abbiano svolto altre funzioni nella vicenda. Al contrario, la seconda parte della censura (incompatibilità nascente dall'approvazione del contratto da parte dello stesso soggetto che ha presieduto la commissione di gara) merita accoglimento.
In questo caso, la ratio della disposizione appare infatti preordinata a garantire la genuinità delle valutazioni del soggetto incaricato dall'approvazione del contratto; approvazione che, non a caso, è stata inquadrata nella categoria degli atti di controllo ed in particolare, degli atti di controllo sull'operato degli altri organi, compresa la commissione di gara, che abbiano partecipato alla procedura contrattuale.
In questo caso, un lungo indirizzo giurisprudenziale, formatosi con riferimento alla legge e al regolamento di contabilità di stato, ha ritenuto di poter escludere l'attribuzione delle competenze in materia di approvazione allo stesso soggetto che abbia partecipato alle operazioni di aggiudicazione: "il dirigente competente ad approvare un determinato contratto e ad assumere il relativo impegno di spesa, qualora abbia fatto parte di una commissione tecnica per la valutazione delle offerte, per evidenti motivi di trasparenza, può legittimamente delegare a due diversi funzionari del proprio ufficio il potere rispettivamente di stipulare e approvare il contratto con la ditta risultata aggiudicataria, ancorché l'art. 103 r.d. n. 827 del 1924 preveda esclusivamente la delega alla stipula, giacché in caso contrario, essendo l'approvazione atto di controllo e verifica della procedura seguita, il dirigente competente si troverebbe a dover esprimere valutazioni anche sul proprio operato (c. conti, sez. contr., 8.3.96, n. 52).
Ed è proprio questo il significato da attribuire alla previsione dell'art. 21, comma 5 della legge n. 109 del 1994: quello di escludere che uno stesso soggetto possa cumulare le funzioni di presidente o di partecipante alla commissione giudicatrice e di soggetto deputato all'approvazione del contratto (T.A.R. Puglia, sezione II, 12 novembre 1997 n. 529).
In definitiva, il ricorso deve quindi essere accolto e deve essere disposto l'annullamento della sola determinazione n. 9 di settore (n. 90 reg. gen.) del 27.1.2000 con cui il responsabile del settore V del comune di Porto Cesareo ha approvato i verbali di gara suddetti e ha aggiudicato definitivamente i lavori alla ditta C.