LAVORI
PUBBLICI - 032
Consiglio di Stato, sezione II consultiva, parere n. 149
del 7 marzo 2001 (ricorso straordinario)
(Pres. Iannotta - rel. est. Severini)
E' obbligatoria l'indicazione nel bando delle categorie scorporabili con
l'importo delle relative lavorazioni, essendo insufficiente la mera indicazione
della categoria e della classifica - Anche negli appalti finalizzati ad un
contratto "a corpo" è necessario disporre del computo metrico, quale
parte dell'oggetto progettuale, ancorché senza efficacia contrattuale - E'
solo facoltà e non obbligo, con l'abrogazione
dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 406 del 1991, appaltare un lavoro
interamente "a corpo" mediante offerta di prezzi unitari.
(Il parere è
stato emesso in relazione ad una gara bandita dopo l'entrata in vigore della
legge n. 415 del 1998 - Merloni-ter - ma prima dell'entrata in vigore dei
regolamenti attuativi .Pertanto i riferimenti alle categorie scorporabili sono
fatti in applicazione del d.p.c.m. n. 55 del 1991, del decreto legislativo n.
406 del 1991 e del d.P.R. n. 304 del 1998 sull'A.N.C. (oggi abrogati); tuttavia
le argomentazioni svolte sono del tutto coerenti con il regime vigente -
categorie ex d.P.R. n. 207 del 2010, o art. 12, legge n. 80 del 2014 - in materia di categorie scorporabili da
evidenziare nel bando. Il parere è inoltre attualissimo per quanto riguarda la
necessità del computo metrico e la sua relazione con un lavoro "a
corpo").
n. 149/2001 del 7 marzo 2001
IL CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE SECONDA
Premesso:
1. Il Ministero dei Lavori Pubblici riferisce del ricorso straordinario dell’Impresa "IGA S.p.A." (rappresentata e difesa dagli avvocati A.B. e O.C., ... avverso il bando di gara dell’Azienda ospedaliera, pubblicato il 10 luglio 1999, per l’appalto pubblico dei lavori di riorganizzazione funzionale e ampliamento dell’Ospedale Careggi di Firenze (chirurgia generale).
Il Ministero dei Lavori Pubblici riferisce in particolare quanto segue.
La I.G.A. S.p.A. ha presentato ricorso straordinario al Capo dello Stato per l'annullamento del bando di gara pubblicato in data 10 luglio 1999 dall'azienda Ospedaliera Careggi di Firenze per l'appalto pubblico, mediante licitazione privata, dei lavori di riorganizzazione funzionale e ampliamento del padiglione "Chirurgie Generali".
L'Azienda Ospedaliera Careggi in data 9 luglio 1999 ha indetto un bando di gara, pubblicato il 10 luglio 1999, per l'appalto dei lavori suindicati, il cui importo, a corpo, comprensivi del costo delle opere di sicurezza di lit. 4.149.988.616, ammonta a lit. 82.999.772.332. La procedura di aggiudicazione è stata effettuata con il criterio del massimo ribasso percentuale sul prezzo a base d'asta (lit. 78.849.783.706) - così come previsto dall'art. 21, comma 1, lett. b) della legge11 febbraio 1994 n. 109 e successive modifiche, con l'esclusione delle offerte in aumento rispetto all'importo dei lavori fissato, e procedendo, ai sensi dell'art. 21, comma l-bis, della stessa legge, all'individuazione della soglia di anomalia dell'offerta calcolata sulla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte, incrementata dallo scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media. Ai fini della valutazione delle offerte, che sarebbero risultate anomale, nel bando veniva precisato che l'Amministrazione avrebbe richiesto con la lettera d'invito giustificazioni fondate sull'economicità del procedimento di costruzione o delle soluzioni tecniche adottate o sulle condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l'offerente.
Per la partecipazione alla gara, il bando prescriveva l'iscrizione all'A.N.C. per le categorie G1 (edifici civili) per importo illimitato - categoria prevalente -, G11 (impianti elettrici) per importo illimitato, G11 (impianti meccanici) per importo illimitato, S3 fino a 9 miliardi, S4 fino a 3 miliardi, S6 fino a 6 miliardi. Sono state indicate come scorporabili le opere di cui alle categorie S4 ed S6.
Relativamente alle opere scorporabili, il bando stesso prevedeva la facoltà, per le imprese in possesso dell'iscrizione alla categoria prevalente, di costituire un'associazione temporanea d'impresa di tipo verticale con ditte iscritte alle stesse categorie scorporabili ovvero di ricorrere al subappalto con le modalità e i tempi di cui alla legge n. 415 del 1998.
Tra i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria veniva richiesta, tra l'altro, l'esecuzione di lavori di edilizia ospedaliera, nel periodo che va dall'1 gennaio 1994 al 31 dicembre 1998, - nelle categorie prescritte per la partecipazione alla presente gara -di importo complessivo non inferiore a 90 miliardi e l'esecuzione, nello stesso periodo, di almeno un lavoro di edilizia ospedaliera di importo complessivo non inferiore a 50 miliardi; quindi, si concludeva il bando enunciando i termini di esecuzione dell'appalto, le cauzioni e le garanzie, i modi ed i termini di presentazione della domanda di partecipazione, le modalità di pagamento.
Avverso questo bando di gara l'impresa IGA S.p.A. ha proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato.
La ricorrente IGA s.p.a. – riferisce ancora il Ministero dei Lavori Pubblici - lamenta una violazione e una falsa applicazione dell'art. 2, comma 1, del d.P.C.M. n. 55 del 10 gennaio 1991, in quanto il bando di gara non indica gli importi dei lavori riferiti a ciascuna delle categorie richieste per l'ammissione alla gara, omettendo in particolare, l'indicazione dell'importo delle parti dell'opera scorporabili, così come invece stabilisce la citata disposizione.
Inoltre, la IGA S.p.A. evidenzia come l'art. 21, comma 1, lett. b) della legge n. 109 del 1994 prevede che, per i contratti da stipulare a corpo - come nella fattispecie, - il criterio del prezzo più basso possa attuarsi o mediante ribasso sull'importo dei lavori posto a base di gara o mediante l'offerta a prezzi unitari; peraltro, per i contratti cosiddetti "sopra soglia", l'art. 29, comma 3, del decreto legislativo 19 dicembre 1991 n. 406 stabilisce che, nei casi in cui la gara venga bandita sulla base di un progetto esecutivo fornito dall'Amministrazione appaltante, deve essere utilizzato il sistema di cui all'art. 5 della legge 2 febbraio 1973 n. 14; vale a dire l'offerta a prezzi unitari.
Secondo l'impresa – continua il Ministero dei Lavori Pubblici - risulta perciò illegittimo il criterio di aggiudicazione prescelto (massimo ribasso sul prezzo a base d'asta), in quanto l'Azienda Ospedaliera Careggi era tenuta ad adottare il criterio dell'offerta a prezzi unitari, come appunto previsto dall'art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 406 del 1991, che rimane la norma di riferimento per gli appalti pubblici "sopra soglia". E, ad avvalorare questa tesi, l'impresa asserisce che ai sensi dell'art. 21, comma 1, lett. b) della legge n. 109 del 1994, nei contratti da stipulare a corpo, per l'aggiudicazione dell'appalto mediante licitazione privata, qualora esso abbia ad oggetto lavori superiori a cinque milioni di EURO, l'Amministrazione è tenuta a seguire il metodo dell'offerta a prezzi unitari tutte le volte che predisponga essa stessa il progetto esecutivo, come nel caso di specie.
Infine la ricorrente lamenta che nel bando di gara sono stati fissati
requisiti di idoneità tecnica illegittimi per quanto attiene all'esecuzione dei
lavori. In particolare i punti "C" e "D" del bando riferiti,
rispettivamente, alla presentazione di lavori di edilizia ospedaliera per un
importo complessivo non inferiore a 90 miliardi di lire ed alla presentazione di
almeno un lavoro singolo di importo non inferiore a 50 miliardi, sono in
contrasto con quanto disposto dagli articoli 6 e 7 del d.P.C.M. 10 gennaio 1991 n.
55, i quali prevedono che la stazione appaltante ha facoltà di richiedere il
requisito dell'esecuzione di lavori, nel quinquennio antecedente la
pubblicazione del bando, riferiti a tutti quelli previsti nella categoria
prevalente senza limitazione ad alcuna tipologia di lavori compresi all'interno
della stessa. Nel caso in questione, siccome il bando di gara prevedeva quale
categoria prevalente la categoria G1 dell'A.N.C. ("costruzione di edifici
civili, industriali e loro ristrutturazione e manutenzione"), con
riferimento ad essa doveva essere richiesta, pena l'illegittimità del bando,
l'avvenuta esecuzione di lavori e non già di sola edilizia ospedaliera ma,
indistintamente, anche di qualsiasi altro tipo di edilizia civile previsto dalla
categoria prevalente G1.
Invero, aggiunge la IGA S.p.A., l'Azienda Ospedaliera Careggi, dopo
che l'A.N.C.E. della Toscana le aveva fatto rilevare l'errore nel bando di gara
poc'anzi citato, ha pensato di rimediare fissando, nella lettera d'invito, le
condizioni per la presentazione delle offerte e specificando che, fra i
requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, dovevano essere prodotti
certificati di buona esecuzione di lavori, eseguiti nel periodo 1 gennaio 1994 -
31 dicembre 1998, inerenti le categorie richieste nel presente appalto (e,
quindi, non più limitati ai lavori di edilizia ospedaliera) per un importo
complessivo non inferiore a 90 miliardi e di un singolo lavoro di importo non
inferiore a 50 miliardi.
Questo fare, secondo la ricorrente, non solo ha determinato ulteriore
illegittimità del procedimento, dato il contrasto creatosi tra la prescrizione
del bando di gara e la prescrizione apposta nella lettera d'invito, ma, altresì,
non ha consentito il rispetto dei principi fondamentali che sono propri degli
appalti pubblici (principio della massima partecipazione, dell'affidamento,
della concorrenza tra le imprese) dal momento che la lettera d'invito non
riveste carattere di pubblicità generalizzata, perché spedita soltanto a
quelle imprese che hanno superato la fase di prequalifica in ottemperanza alle
prescrizioni del bando di gara.
Così facendo, quindi, il bando di gara non è stato rettificato e
nemmeno è stata data pubblicità dell'errore riconosciuto, cosa che invece la
giurisprudenza, in forza del principio generale dell'affidamento, prevede; nel
caso di modifiche ad un elemento essenziale del bando e determinante per
l'esercizio della scelta dei concorrenti "è necessario
(...) che i privati siano rimessi nella condizione di poter nuovamente
esercitare la scelta medesima attesa la modifica dei termini in base ai quali
essa era stata originariamente effettuata" (T.A.R. Lazio, I, n. 917 del
5 luglio 1989).
L'asserita illegittima limitazione dei requisiti di idoneità tecnico-finanziari e le altre anomalie riscontrate, fanno sì che la ricorrente chieda l'annullamento del bando di gara oggetto del presente ricorso.
L'Azienda Ospedaliera Careggi - resistente - controdeduce, facendo
rilevare, anzitutto, che la ricorrente, non avendo chiesto di partecipare alla
gara e non essendo in possesso dell'iscrizione ad una delle categorie richieste
dal bando (nella fattispecie la categoria G10), non ha interesse giuridicamente
rilevante tale da impugnare il bando di gara oggetto del gravame.
Per quanto concerne il bando di gara che non indicherebbe gli importi
dei
lavori riferiti a ciascuna delle categorie richieste per l'ammissione
alla gara
(omettendo, in particolare, l'indicazione dell'importo delle parti di
opera
scorporabili, così come, invece, stabilisce il citato art. 2, comma 1,
del d.P.C.M. n. 55 del 1991), la resistente avvalora la propria scelta
citando
l'art. 23 del d lgs. n. 406 del 19 dicembre 1991, ed esattamente: "qualora
nell'appalto siano previste, oltre ai lavori di categoria prevalente, anche
parti dell'opera scorporabili, l'amministrazione aggiudicatrice deve indicare
nel bando la relativa categoria e classifica". L'Azienda sostiene
quindi che, ai sensi di questa disposizione, non vi è necessità di indicare
gli importi delle opere scorporabili, ma solo la relativa categoria e
classifica, cosa cui l'Azienda ha provveduto.
Inoltre, l'Azienda Ospedaliera osserva che il bando di gara non è stato
formato sulla base del progetto esecutivo, in quanto detto progetto, trattandosi
di lavori a corpo, è da considerarsi irrilevante, poiché trasmesso alle
imprese concorrenti privo di computo metrico, proprio perché trattasi di lavori
a corpo.
L'ipotesi richiamata dall'impresa ricorrente (art. 9, comma 3, d. lgs. n. 406 del 1991) è valida quando nel bando è espressamente richiamato il progetto esecutivo, che deve essere obbligatoriamente fornito ai concorrenti, quale specifico oggetto dell'appalto. Al contrario, là dove il bando non vincoli l'aggiudicatario al rispetto anche metrico del progetto, non può trovare applicazione il citato art. 29.
L'Amministrazione appaltante ribadisce poi l'asserita mancanza d’interesse della IGA S.p.A. a proporre ricorso in quanto non partecipante alla gara.
Infine per quanto attiene al terzo punto su cui verte il gravame
(l'illegittimità nel richiedere, tra i requisiti di idoneità tecnica, lavori
inerenti esclusivamente l'edilizia ospedaliera), l'Azienda osserva che,
immediatamente dopo la pubblicazione del bando, ha precisato che "resta
comunque valido il riferimento ai lavori nella categoria prevalente",
ritenendo così esclusa la lesione della par
condicio.
Per i motivi sopra esposti, L'Azienda Ospedaliera Careggi chiede che il
ricorso venga rigettato perché inammissibile e infondato.
Il Ministero dei Lavori Pubblici osserva in primo luogo che l'affidamento dei lavori con il criterio della licitazione privata e, quindi, il relativo bando di gara sono regolati dal d.P.C.M. n. 55 del 10 gennaio 1991, dalla Direttiva 89/440/CEE recepita dal d. lgs. n. 406 del 19 dicembre 1991 e dalla legge n. 109 dell'11 febbraio 1994.
Per quanto concerne la questione circa l'obbligatorietà o meno di indicare esplicitamente l'importo delle varie categorie di lavori, il Ministero dei Lavori Pubblici ritiene che tale obbligo sussista sia in riferimento al d.P.C.M. n. 55 del 1991 (art. 2) che al d. lgs. n. 406 del 1991 (art. 23, commi 4 e 5).
Il Ministero dei Lavori Pubblici rileva, inoltre, un’irregolarità
nella stesura del bando di gara ed in particolare ai punti "C” “esecuzione
di lavori di edilizia ospedaliera (...) nelle categorie di iscrizione all'A.N.C.
richieste con il presente bando, per un importo complessivo a consuntivo, non
inferiore a 90 miliardi" e "D" "esecuzione
di un lavoro di edilizia ospedaliera di importo a consuntivo, non inferiore a 50
miliardi".
I "lavori di edilizia
ospedaliera" richiesti dall'Amministrazione appaltante rientrano nella
declaratoria della categoria G1, prevista dal d.m. Lavori
Pubblici n. 304 del 15 maggio 1998, laddove dispone che trattasi di "Costruzione
di edifici civili, industriali e loro ristrutturazione o manutenzione" e
nella quale rientrano tutti i lavori inerenti "ogni
tipo di edilizia, indipendentemente dalla destinazione dell'immobile" e
tra gli altri, appunto, anche i lavori in argomento.
L'Azienda Ospedaliera Careggi avrebbe, pertanto, dovuto richiedere nel
bando la certificazione di buona esecuzione dei lavori, data la tipologia
dell'opera da appaltare, non già di sola edilizia ospedaliera ma,
indistintamente, anche di qualsiasi altro tipo di edilizia civile previsto dalla
categoria prevalente G1.
Vero è che l'Azienda Ospedaliera, rispondendo ad una specifica richiesta
dell'ANCE della Toscana ha fatto presente che "resta
comunque valido il riferimento - come requisito - ai lavori eseguiti nella
categoria prevalente". Ma tale precisazione non appare idonea a
ripristinare le condizioni di legittimità del bando, in quanto non formalizzata
con atto ufficiale né adeguatamente pubblicizzata. Né, d'altra parte,
l'indicazione - peraltro corretta - data nella lettera d'invito circa il
requisito dei lavori eseguiti, vale a sanare l'irregolarità del bando.
Ad avviso dell’Ispettorato generale per i contratti del Ministero dei
Lavori Pubblici, l'Amministrazione appaltante avrebbe dovuto ripubblicare un
atto ufficiale di rettifica del bando in modo da far decorrere nuovi termini per
consentire, in forza del principio della par
condicio, la partecipazione di tutte le imprese interessate, che,
presumibilmente, avrebbero avuto interesse a partecipare alla gara pur non
avendo in precedenza eseguito opere di edilizia ospedaliera.
Il Ministero dei Lavori Pubblici conclude pertanto per l’accoglimento del ricorso straordinario.
È ormai recepito in giurisprudenza il principio per cui, laddove il bando di gara per un appalto di opera pubblica sia immediatamente lesivo, in quanto contenente già di per sé clausole in grado di inibire inevitabilmente la partecipazione dell'interessato, deve essere da questo impugnato nell'ordinario termine decadenziale (cfr. Cons. Stato, V, 30 giugno 1987, n. 340; VI, 18 ottobre 1993, n. 735; V, 18 gennaio 1996, n. 61; V, 11 maggio 1998, n. 591; Ad. plen., ord. 4 dicembre 1998, n. 1; IV, 5 luglio 1999, n. 1158; IV, 5 luglio 1999, n. 1158; VI, 6 luglio 2000, n. 3768; IV, ord. 20 settembre 2000, n. 4647; V, 25 settembre 2000, n. 5071). Di tale principio ha qui fatto corretto uso l’impresa ricorrente, essendo il contenuto del bando, contro cui essa insorge con il gravame, tale da precluderle senz’altro la partecipazione alla gara e dunque tale da offendere di suo la sfera giuridica dell’impresa stessa: tale infatti – stando alla rappresentazione fornita con il ricorso - per lei si presentava il requisito di idoneità tecnica di cui al punto C del bando, consistente nella avvenuta esecuzione, tra il 1 gennaio 1994 e il 31 dicembre 1998, di lavori di edilizia ospedaliera per un importo complessivo a consuntivo non inferiore a lit. 90.000.000.000, nonché l’esecuzione, nello stesso periodo, di almeno un lavoro di edilizia ospedaliera di importo complessivo a consuntivo non inferiore a lit. 50.000.000.000. Non vale dunque eccepire, come invece fa l’Azienda ospedaliera, che la ricorrente non ha ancora domandato di partecipare alla gara: il detto elemento preclusivo avrebbe infatti dato comunque causa alla sua esclusione, sicché la domanda si sarebbe risolta in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di un’originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica ulteriore: del resto, il dover attendere, per l’investitura del giudizio, la conseguente formalizzazione dell’esclusione sarebbe contrario al principio dell’economia dei mezzi e si risolverebbe in una lesione della superiore speditezza complessiva del procedimento. Nemmeno vale eccepire, come ancora fa l’Azienda ospedaliera, che la ricorrente non è in possesso dell'iscrizione ad una delle categorie richieste dal bando (in particolare, della categoria G10), giacché si tratta di elemento valutativo dei requisiti, il cui svolgimento presuppone l’avvenuto ingresso dell’impresa nella gara stessa.
L’impresa ricorrente è dunque titolare di un interesse concreto ed attuale alla impugnazione del bando in questione: dal che discende che il ricorso straordinario è da ritenere ammissibile.
Ciò posto, nel merito va esaminato il primo motivo di impugnazione, con il quale la ricorrente lamenta che il bando di gara omette di indicare l’importo delle parti scorporabili, come invece è obbligatorio a norma dell’art. 2, comma 1, del regolamento approvato con d.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55, secondo cui “Nel bando di gara devono essere indicate le categorie e le relative classifiche dell'A.N.C. richieste per l'accesso delle imprese alle gare, nonché le parti dell'opera scorporabili, con i relativi importi”. Questa previsione risponde, secondo il ricorso straordinario, alla necessità della specializzazione tecnica specifica per l’affidamento delle opere ad appaltatori diversi.
La doglianza è fondata. In effetti, va anzitutto rilevato in punto di fatto che il bando non contiene una siffatta, duplice (sul tipo di opere e sul relativo importo) indicazione: quando infatti il bando definisce come scorporabili le opere delle categorie S4 e S6 afferma sì che la relativa iscrizione all’A.N.C. deve essere, rispettivamente, fino a lit. 3.000.000.000 e fino a lit. 6.000.000.000, ma non dice a quanto ammonti il loro importo.
Dal punto di vista della qualificazione giuridica, va considerato che una tale omissione viola letteralmente la disposizione indicata e contrasta con la stessa sua ragion d’essere. La disposizione ha infatti il suo fondamento nella considerazione che l’indicazione è essenziale per poter ammettere alla gara, in concreto, raggruppamenti di imprese di tipo verticale (cioè raggruppamenti in cui una delle imprese assume solo l’esecuzione delle opere qualificate come scorporabili: l’esecuzione di siffatte opere può essere infatti compiuta soltanto da imprese mandanti che siano iscritte all'albo nazionale costruttori per categorie e classifica corrispondenti alle parti stesse: Cons. Stato, V, 3 maggio 1991, n. 725; VI, 4 luglio 1991, n. 418). E questo per una duplice ragione: da un lato, per poter individuare e verificare, per relationem, categorie e classe di iscrizione all’A.N.C., vale a dire un requisito formale di ammissione alla gara (a tal fine, la testuale prescrizione dell’indicazione dell’importo dei lavori rende tale dato non surrogabile con la mera indicazione, omisso medio, della classe di iscrizione); da un altro per permettere alle imprese aspiranti alla gara a questi fini di valutare esattamente, ai fini della propria autodeterminazione circa la partecipazione, l’entità dei lavori da eseguire. Non solo: è anche da dire che solo il bando può contenere una tale indicazione, che manifesta un giudizio tecnico fatto dalla amministrazione appaltante circa la separabilità di determinate opere e sul relativo valore dei lavori: questo sia perché il bando rappresenta la lex specialis della gara, e dunque deve contenere tutte le prescrizioni che la caratterizzano in concreto (senza demandarle ad atti successivi ed esecutivi), sia anche perché un tale giudizio non può più essere effettuato oggettivamente, con la medesima garanzia di imparzialità e rispetto effettivo del principio della parità di condizioni rispetto a tutti gli aspiranti alla gara, in un momento ulteriore del procedimento, quando gli affidamenti sono stati ingenerati e le posizioni si sono già differenziate (ad esempio, già attraverso la scelta di partecipare o meno alla gara stessa).
Non vale in contrario eccepire che non vi è necessità di indicare gli importi delle opere scorporabili, ma solo la relativa categoria e classifica, affermando che l'art. 23 del d lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 dispone soltanto che "qualora nell'appalto siano previste, oltre ai lavori di categoria prevalente, anche parti dell'opera scorporabili, l'amministrazione aggiudicatrice deve indicare nel bando la relativa categoria e classifica". Non solo, infatti, vi si oppone la considerazione di ordine formale per cui la norma del d. lgs. n. 406, per quanto successiva, non abroga tacitamente quella del d.P.C.M. n. 55 (diversamente opinando, si dovrebbe affermare che una tale abrogazione opererebbe solo per gli appalti “sopra soglia” comunitaria, di cui solo si occupa il decreto legislativo, creando una irragionevole disparità con quelli “sotto soglia”), ma vi si oppone anche la considerazione di ordine sostanziale che l’art. 23 stesso precisa che le opere scorporabili possono essere assunte in proprio da imprese mandanti iscritte all’Albo per categoria e classifica corrispondente. Il che – considerato appunto che le opere scorporabili sono quote dei lavori complessivi che possono essere assunti solo da un’impresa mandante, per la quale sola dunque è richiesta l’iscrizione, ma pur sempre è richiesta - conferma, visto il sistema di iscrizione per importi (cioè in relazione a categoria e classifiche corrispondenti), che l’indicazione deve riguardare anche il valore di dette opere.
3. Con il secondo motivo di impugnazione, l’impresa ricorrente lamenta la
violazione dell’art. 21, comma 1,
lett. b) della legge n. 109 del 1994 e
successive modificazioni, in relazione all’art. 29, comma 3, d. lgs. n. 406
del 1991, ed eccesso di potere, perché il bando non avrebbe fatto riferimento
al criterio dell’offerta a prezzi
unitari, pur trattandosi di un appalto a corpo, "sopra soglia"
comunitaria e per il quale l’amministrazione appaltante aveva predisposto il
progetto esecutivo dell’opera (per quanto senza i computi metrici estimativi).
Per conseguenza, il prescelto criterio del massimo ribasso sul prezzo a base
d’asta è contrario alla normativa di matrice comunitaria (non abrogata dalla
legge n. 109 del 1994, ma coesistente con essa secondo il c. d. “doppio
binario”).
La ricorrente ricorda che l'art. 21, comma 1, lett. b)
della legge n. 109 del 1994 impone che, per i contratti da stipulare a corpo,
quale è quello in questione, il criterio del prezzo
più basso possa attuarsi o mediante ribasso
sull'importo dei lavori posto a base di gara o mediante l'offerta
a prezzi unitari; ma per i contratti "sopra soglia" comunitaria
l'art. 29, comma 3, d. lgs. n. 406 del 1991 vuole che, ove la gara sia bandita
sulla base di un progetto esecutivo predisposto dalla stessa Amministrazione
appaltante, il sistema da utilizzare è (solo) quello dell’art. 5 della legge
n. 14 del 1973, cioè l'offerta a prezzi
unitari. È perciò illegittimo imporre il criterio del massimo ribasso sul
prezzo a base d'asta.
L'Azienda appaltante, da parte sua, eccepisce che il bando non è stato formato sulla base di un progetto esecutivo: il progetto predisposto, trattandosi di lavori a corpo, è da considerarsi irrilevante, poiché è stato trasmesso alle imprese concorrenti privo di computo metrico, tanto che non è espressamente richiamato nel bando (e dunque non forma oggetto specifico dell’appalto, come tale vincolante il contraente).
La doglianza è fondata nei termini che seguono.
L’art. 21, comma 1, lett. b) della legge quadro in materia di lavori
pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, afferma che l'aggiudicazione degli appalti
mediante pubblico incanto o licitazione privata è effettuata con il criterio
del prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, determinato,
per i contratti da stipulare a corpo,
mediante ribasso sull'importo dei lavori
posto a base di gara ovvero mediante la predetta offerta
a prezzi unitari.
Il d. lgs. 19
dicembre 1991, n. 406, di attuazione della direttiva 89/440/CEE in materia di
procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, all’art. 29,
comma 3, dispone che nei casi in cui la gara è bandita sulla base di un
progetto esecutivo fornito dall'amministrazione aggiudicatrice, è utilizzato il
sistema di cui all'articolo 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 14 (vale a dire,
mediante offerta a prezzi unitari).
Il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, contenente il Regolamento di
attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni,
all’art. 231, lett. v), stabilisce
che “a far data dall'entrata in vigore
del presente Regolamento” è abrogato, tra l’altro, l’art. 29 del d.
lgs. n. 406 del 1991. Poiché il bando in questione è antecedente la
pubblicazione di detto Regolamento (che è stato pubblicato nella G. U. del 28
aprile 2000, n. 98), e poiché non si tratta di situazione per la quale questo
stesso Regolamento, all’art. 232, dispone transitoriamente, nulla si oppone,
in termini di successione delle norme nel tempo, che quelle invocate si
applichino alla fattispecie in esame in ragione del principio tempus
regit actus.
Ciò precisato, va rilevato se la gara è stata effettivamente bandita “sulla
base di un progetto esecutivo fornito dall'amministrazione aggiudicatrice”:
e questo va fatto alla luce della considerazione svolte dall’Azienda, secondo
la quale il progetto fornito non è da considerare esecutivo,
trattandosi di lavori a corpo ed essendo stato trasmesso privo di computo
metrico.
A questo fine, va anzitutto considerato che l'appalto a
corpo è quello per cui la determinazione del prezzo, a differenza di quello
a misura, avviene con
l’individuazione di una somma fissa e invariabile che è riferita all’opera
considerata globalmente e nel suo complesso, anziché nella fissazione di un
prezzo calcolato per unità di misura o per categorie di lavoro. Nell'appalto a
corpo l’appaltatore sopporta il rischio delle quantità. In esso, le voci
dell'analisi dei prezzi assolvono una
funzione esplicativa, che non innova rispetto al titolo di pagamento, costituito
dall'opera in sé considerata. La determinazione a
corpo, anziché a misura, va
correlata dunque non alla determinazione dell’oggetto del contratto, ma
soltanto a quella della quota di assunzione di rischio da parte
dell’appaltatore in relazione al prezzo determinato.
Ciò precisato in ordine alla funzione di un simile modo di definizione
del prezzo (non: dell’oggetto) del contratto, va considerato che con esso non
è incompatibile l’esistenza di un progetto
esecutivo (che è quello, immediatamente cantierabile, che contiene non solo
le linee essenziali dell'opera, ma tutti i suoi elementi), che è anzi resta di
suo necessario ai fini della imprescindibile determinazione dell’oggetto del
contratto, elemento comunque essenziale per la sua validità.
Per conseguenza, per ciò che attiene il fatto che il progetto sia o non
sia corredato del computo metrico (che consiste nella indicazione dei lavori e
delle misure e quantità di materiali e opere per ciascuna categoria necessarie
per realizzare il progetto, e la cui utilità non è solo in funzione della
misurazione dei fattori occorrenti rispetto al prezzo, ma prima ancora è in
funzione della definizione dell’oggetto dei lavori da eseguire), si deve
arrivare ad una delle due conclusioni che seguono.
Anzitutto, come pare da preferirsi, si può considerare che la
circostanza che il computo metrico
non sia stato unito al progetto, si risolve in un elemento di illegittimità del
bando, che avrebbe dovuto invece contenerlo, perché diversamente opinare
significherebbe trasformare ogni bando per appalto a
corpo in un bando senza di un elemento, necessario per la definizione
dell’oggetto dei lavori da eseguire: mancanza che resterebbe permanente, posto
che l’appalto non può, in progressione, divenire a
misura (del resto, già a suo tempo l’art. 10 del Regolamento di cui al d.
m. 29 maggio 1895 indicava il Computo
metrico dei lavori e delle espropriazioni tra i Documenti
componenti il progetto definitivo; oggi l’art. 25 del d.P.R. 21 dicembre
1999, n. 554 stabilisce che il computo
metrico estimativo costituisce una componente del progetto definitivo;
e l’art. 35 che il computo metrico
estimativo definitivo e quadro economico costituisce una componente del
progetto esecutivo). Occorre perciò
che il progetto abbia tutte le caratteristiche della immediata realizzabilità,
e dunque che contenga anche il computo
metrico, e che su tale base che si utilizzi il sistema dei prezzi unitari
previsto dall'art. 5 della legge 2 febbraio 1973 n. 14, ai sensi dell'art. 29,
comma 3, del d. lgs. 19 dicembre 1991 n. 406.
In alternativa, si potrebbe considerare in astratto, e malgrado le norme
ricordate, che nel caso di appalto a
corpo il computo metrico non sia
e non debba essere un elemento dell’appalto, o quanto meno un elemento da
mettere, in sede di gara, a disposizione dell’offerente: ma, a parte ogni
valutazione circa la determinatezza dell’oggetto del contratto, questo di suo
non è sufficiente ad escludere che ci si trovi di fronte ad un progetto
esecutivo, perché questo altrimenti non sarebbe mai ipotizzabile per una
tale specie di contratto: il che renderebbe una tale ipotesi di esecuzione
impossibile; oppure, ai fini della determinazione in progressione dell’oggetto
del contratto, che la stazione appaltante debba solo in un secondo momento
esternare il computo metrico. In tali casi, per evidenti ragioni logiche si
dovrebbe comunque concludere che è esecutivo,
nel caso di appalto a corpo, anche un
progetto che è presentato privo di computo metrico, come quello qui in
questione. La conseguenza sarebbe anche qui che illegittimamente non è stato
utilizzato il sistema dei prezzi unitari previsto dall'art. 5 l. 2 febbraio 1973
n. 14, ai sensi dell'art. 29, comma 3, del d. lgs. 19 dicembre 1991 n. 406 e che
non può comunque l’Amministrazione addurre, per eludere un tale sistema di
offerta, la mancata esternazione del computo metrico.
Con il terzo motivo di impugnazione, l’impresa ricorrente lamenta la
violazione dell’art. 29 della legge n. 109 del 1994 e successive
modificazioni, dell’art. 6, comma 1, lett. c) e d) del d.P.C.M. n. 55 del 1991 e
dell’art. 5 della legge n. 57 del 1962 e del D. M. n. 770 del 1982 e
successive modificazioni, nonché la violazione degli artt. 12, 20 e 21 d. lgs.
n. 406 del 1991 ed eccesso di potere.
I punti C e D del bando fissano tra i requisiti di idoneità tecnica e
finanziaria l’avvenuta esecuzione, tra il 1 gennaio 1994 e il 31 dicembre
1998, di lavori di edilizia ospedaliera
per un importo complessivo a consuntivo non inferiore a lit. 90.000.000.000,
nonché l’esecuzione, nello stesso periodo, di almeno un lavoro di edilizia
ospedaliera di importo complessivo a consuntivo non inferiore a lit.
50.000.000.000.
Una tale limitazione all’edilizia ospedaliera effettivamente contrasta
con gli artt. 6 e 7 del D:P.C.M. n. 55 del 1991, che, per gli appalti sopra
soglia, prevedono che la stazione appaltante possa richiedere come requisito
l’esecuzione, nell’ultimo quinquennio, di lavori riferiti indistintamente a
tutti quelli previsti nella categoria prevalente, senza alcuna limitazione a
tipologie particolari al suo interno. E poiché la categoria prevalente era
quella G1 (“costruzione di edifici civili, industriali e loro ristrutturazione
o manutenzione”) il bando avrebbe dovuto non restringere nei detti termini il
requisito.
Si rendeva dunque necessaria, agendo in via di autotutela, una modifica del bando che eliminasse la limitazione alla sola edilizia ospedaliera. Questo è stato fatto non modificando il bando, con le relative forme di pubblicità, ma con la lettera di invito. Non vale, rileva però a questo punto la ricorrente, avere corretto la previsione illegittima eliminando la limitazione con questo mezzo della sola lettera d’invito, giacché si tratta di un atto distinto e di suo inidoneo a rettificare il bando stesso che ne è a monte. L’Amministrazione avrebbe invece dovuto procedere ad una modifica del bando avente le medesime forme del bando stesso, soprattutto di pubblicità. Il mancato uso di un tale atto ha comportato non solo il contrasto tra bando e lettera d’invito, ma anche la lesione dei principi di uniformità della procedura, di massima partecipazione, di affidamento e di concorrenza.
La censura è fondata.
L’amministrazione appaltante, una volta constatata l’illegittimità della limitazione in questione alla sola edilizia ospedaliera, avrebbe dovuto procedere alla rettifica del bando con lo strumento di un contrarius actus e non già mediante la sola lettera di invito: a parte infatti la circostanza che, nel contrasto tra questi due atti, resta comunque come prevalente il bando (sicché la rettifica è, in ultimo, inidonea a raggiungere lo scopo, non riuscendo a rimuovere la clausola illegittima del bando, sì che la lex specialis della gara rimane inclusiva dell’illegittima limitazione), vale soprattutto la considerazione, esattamente svolta dalla ricorrente, che la lettera di invito è inviata solo alle imprese che hanno domandato di partecipare alla gara e hanno superato la prequalificazione: sicché l’effetto preclusivo della limitazione (di cui la stessa ricorrente si assume offesa, in quanto pretermessa dalla rettificazione) resta impregiudicato.
5. La fondatezza delle censure impone l’annullamento dell’impugnato bando di gara.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso straordinario sia fondato e vada accolto.
Il
Presidente della Sezione: R. Iannotta
Il
Consigliere estensore: G. Severini