LAVORI PUBBLICI - 025
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 12 dicembre 2000, n. 6583
Per il combinato disposto art. 3, comma 11,
legge n. 127 del 1997 art. 2 d.P.R.
n. 403 del 1998, in relazione all’art. 4 della legge n.
15 del 1968, le dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà, che attengano a stati, fatti e qualità personali riferiti a terzi,
e dunque anche alle società che partecipino alla gara d’appalto, trovano un’alternativa
nella sottoscrizione di chi dichiara sorretta dalla semplice, ma necessaria, fotocopia del documento del
firmatario.
(I riferimenti
normativi vanno sostituiti con gli articoli
46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello, n. 1670/2000, proposto dalla Ditta M. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, per delega a margine, dagli avvocati G.P.S.A. e L.M., con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Roma, alla via ...,
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici per legge domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,
e nei confronti
della Ditta Costruzioni B. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, per delega in calce ad atto di costituzione, dagli avvocati I.C., C.C. e N. P., con elezione di domicilio presso lo studio del terzo in Roma, alla via ...,
per l'annullamento, previa sospensione,
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sezione I, 22 gennaio 2000, n. 211, resa fra le parti, non notificata, emessa, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, su ricorso della M. s.p.a., n. 40 del 2000 di quel T.A.R..
Visto il
ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti
di costituzione in giudizio della Costruzioni B., s.r.l., e del Ministero
intimati;
viste le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
rilevato che,
nella camera di consiglio del 17 marzo 2000, la richiesta cautelare, su concorde
richiesta delle parti, è stata rinviata al merito;
visti gli atti
tutti della causa;
data per letta,
alla pubblica udienza del 7 novembre 2000, la relazione del consigliere Paolo
Numerico e uditi, per le parti, gli avv.ti Manzi, Paoletti e l’Avvocato dello
Stato Ventrella;
ritenuta
l’applicabilità, nella fattispecie, della procedura acceleratoria di cui
all’art. 23-bis, comma 1, lettera b), e commi 6, 7 e 8 della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, come introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge 21 luglio
2000, n. 205, che, al comma 2, ha abrogato l’art. 19 del decreto-legge 25
marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n.
135, e l’art. 1 comma 27 della legge 31 luglio 1997, n. 249
pubblicato il
dispositivo in data 8 novembre 2000;
sulla base
delle considerazioni in fatto e in diritto di seguito esposte:
FATTO
Con
avviso in Gazzetta ufficiale 12 luglio 1999, n. 161, il Ministero per i beni e
le attività culturali bandiva licitazione privata per l’appalto di lavori di
ristrutturazione di un edificio in Verona da destinare a polo per la tutela e la
valorizzazione archeologica.
Al punto 11.1, l’avviso stabiliva quanto segue:
"Condizioni minime per la partecipazione: a pena di esclusione, alla
richiesta di invito dovrà essere allegata una dichiarazione sostitutiva, ai
sensi della legge n. 15/1968 e successive modifiche, sottoscritta, con firma
leggibile, dal legale rappresentante dell’impresa singola o dai legali
rappresentanti delle imprese riunite in associazione temporanea, attestante in
modo dettagliato ed inequivoco il possesso dei requisiti minimi di
prequalificazione di seguito indicati, da provarsi successivamente"
(seguiva l’elenco di detti requisiti: n.d.r.).
Partecipava alla fase di prequalificazione, tra le altre, la società M. s.p.a.,
con dichiarazione sottoscritta dal signor M.B., nella veste di
consigliere delegato dall’impresa, con i poteri di rappresentanza,
dichiarazione corredata dalla fotocopia del documento di identità del
dichiarante.
La M. s.p.a. fu tra le ditte invitate.
Per quanto qui interessa, nella lettera di invito si stabiliva, oltre al resto:
- che il plico generale dovesse contenere due plichi;
- che (paragrafo 1) nel plico 1, contenente l’offerta (con l’indicazione in
cifre e in lettere del ribasso percentuale e i riferimenti fiscali della ditta),
la medesima offerta doveva essere "sottoscritta con firma leggibile e per
esteso del legale rappresentante, con allegata la fotocopia del documento di
identità dello stesso";
- che, sempre in detto plico 1, "non" doveva "essere inserita
altra documentazione" (n.d.r.: il corsivo e la sottolineatura sono nella
lettera di invito);
- che nel plico 2 andava introdotta, oltre alle altre documentazioni di cui ai
paragrafi 2, 3 e 5, "una dichiarazione (paragrafo 4)
sostitutiva……sottoscritta dal legale rappresentante con firma leggibile e
per esteso nella quale si attesti" (seguivano – punti da 4.1 a 4.13 - gli
oggetti di dette attestazioni, riguardanti: i nomi di rappresentanti,
amministratori e direttori, la conoscenza dei luoghi, del piano di sicurezza e
del suo rilievo per i costi, l’applicazione dei contratti collettivi e delle
regole previdenziali, la disponibilità delle attrezzature, la condizione
dell’impresa rispetto alle procedure fallimentari, la posizione, rispetto a
condanne e carichi pendenti, di una serie di persone rilevanti per l’azienda);
- che (fine del paragrafo 4.13) "La mancata presentazione di tali
dichiarazioni, così come qualsiasi irregolarità o inosservanza delle formalità
prescritte per gli stessi (recte: per le stesse) e la loro incompletezza
invalidano l’offerta comportando l’esclusione dalla gara";
.- che (paragrafo 8.2) "Si farà luogo all’esclusione della gara di tutti
quei concorrenti per i quali manchi o risulti incompleta o sostanzialmente
irregolare la documentazione richiesta" (il corsivo è nel testo della
lettera di invito);
.- che (paragrafo 8.3) l’impresa invitata avrebbe dovuto, "all’atto
dell’offerta", "indicare", ai sensi dell’art. 18, comma 3
punto 1, della legge 55/90, nel testo modificato dall'art. 34 della legge 109/94
e successive modifiche e integrazioni, "i lavori o le parti di opere che in
caso di aggiudicazione" intendeva "affidare in subappalto".
Nella prima riunione (16 novembre 1999), l’autorità valutatrice apriva le
buste n. 2 (quelle con la documentazione richiesta ai fini della validità della
partecipazione alla gara) e stabiliva, fra l’altro, quanto segue:
A. - rispetto alla partecipante società Bosco, s.r.l., constatava che la
dichiarazione sostitutiva era priva della fotocopia del documento di
riconoscimento del dichiarante, ma riteneva, in via generale che, essendo stato
questo documento acquisito nella fase di preselezione, esso poteva valere anche
nella fase ulteriore, sicché ammetteva detta società;
B. - rispetto ad altra partecipante, la Costruzioni B., s.r.l., rilevava la mancata
documentazione relativa al subappalto, ma decideva in via generale di ritenere
regolare la partecipazione fino all’apertura della busta n. 1, avendo preso
atto della dichiarazione di tale società secondo cui detta dichiarazione era
nella busta dell’offerta e tenuto conto che "l’interpretazione della
lettera di invito a gara la richiedeva <all’atto dell’offerta>".
C. - rispetto alla M. s.p.a, riscontrava la mancanza della fotocopia del
documento di riconoscimento del firmatario nonché dell’autentica della firma
e, effettuato il controllo degli atti acquisiti in fase di preselezione,
rilevava che in quella fase le dichiarazioni erano state rese da persona diversa
dal legale rappresentante e pertanto decideva l’esclusione (poi comunicata con
provvedimento della Sovrintendenza di Verona 26 novembre 1999, n. 1961).
Nella seconda riunione, del 29 novembre 1999, la stessa commissione, avendo
operato medie, calcoli ed ulteriori esclusioni (in base ai predetti computi),
aggiudicava i lavori alla società Costruzioni B. s.r.l., dopo aver reperito la dichiarazione
di subappalto e quindi sciolto favorevolmente la precedente riserva e dopo aver
appurato che il ribasso da essa offerto, del 13,66%, era quello più vicino,
sotto il ribasso mediale corretto del 13,745%.
Avverso la propria esclusione e l’aggiudicazione al terzo ha ricorso la M.
s.p.a.
al T.A.R. Veneto, rappresentando che, se fosse avvenuto il contrario, ossia la
propria ammissione e l’esclusione della Costruzioni B. s.r.l., essa sarebbe rimasta
aggiudicataria (ove fosse aperto il proprio plico 1 si troverebbe, infatti, il
ribasso del 13,75%) e sostenendo la violazione dei princìpi di interpretazione
del bando per entrambe le determinazioni censurate.
Costituitosi il contraddittorio con le parti privata e pubblica, il T.A.R. ha
pronunciato, con il rito abbreviato previsto dall’art. 19, comma 2, del
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, il rigetto del ricorso della M. s.p.a. su tutte
le linee di impugnazione:
I.a).- nella lettera di invito l’espressione "dichiarazione
sostitutiva" andava intesa come rinviante alle procedure formali previste
dalla legge 127/97; poiché, poi, il (n.d.r: suaccennato) punto 8.2 parla di
esclusione per documentazione non solo mancante, ma anche incompleta o
sostanzialmente irregolare, sussisteva vincolo per l’amministrazione a
procedere all’esclusione;
I.b).- il trattamento diverso per la società Bosco s.r.l. non rilevava, perché questa
non si trovava in situazione identica, posto che la fotocopia del documento di
identità (del medesimo dichiarante: n.d.r.) era già pervenuta
all’amministrazione nella fase di prequalificazione;
II).- legittima andava pure giudicata l’ammissione della società poi
aggiudicataria; invero, indipendentemente dall’interesse della M.s.p.a., la
dichiarazione delle opere da subappaltare era prescritta "all’atto
dell’offerta" nel citato punto 8.3, senza che fosse indicata altra busta
dove collocare tale precisazione; e per giunta l’esplicitazione era avvenuta
non con documento a parte, ma nello stesso foglio recante l’offerta.
Ha appellato, chiedendo l’annullamento e la previa sospensione della sentenza,
la società M. s.p.a., che ancora una volta assume il proprio interesse a
sostituire nell’aggiudicazione la Costruzioni B. s.r.l. e denuncia:
1.- Violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in materia di
interpretazione delle clausole del bando di gara. Violazione dell’art. 21,
comma 3, decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406. Violazione dell’art. 18, comma 3,
della legge 8 agosto 1977, n. 584. Sviamento e disparità di trattamento;
2.- Violazione del principio della par condicio tra i concorrenti. Violazione e
falsa applicazione della lex specialis del procedimento concorsuale. Sviamento.
Contraddittorietà. Difetto di motivazione.
Sub 1.a) Sotto il primo profilo la istante sostiene che i primi Giudici,
applicando il criterio formale, avrebbero travisato l’iter logico seguito
dalla Commissione.
Questa aveva applicato il criterio teleologico e non quello formale per
l’impresa Bosco s.r.l., consentendo di sanare la carenza della relativa dichiarazione
attraverso il ricorso al documento inserito nella procedura al momento della
preselezione.
Lo stesso criterio teleologico andava applicato nel caso della M. s.p.a.,
consentendo a quest’ultima di completare la dichiarazione, ai sensi delle due
norme nella rubrica del mezzo, o consentendo l’acquisizione della fotocopia
del documento mancante o traendola dalla fase di prequalificazione.
L’impresa cita, a sostegno di detta condotta, un precedente della Sezione,
ritenuto nel senso suggerito, perfino in presenza di clausole orientanti verso
l’esclusione davanti a documenti mancanti o irregolari.
Sub 1.b).- Sempre con riguardo alla prima prospettazione, la società appellante
assume che, comunque, nella specie, non ci si troverebbe di fronte ad una
clausola precisa e destinata a imporre l’esclusione.
Nella busta 2 la regola di gara prescriveva esclusivamente una dichiarazione
sostitutiva senza esigere la fotocopia del documento.
Quando la lettera di invito ha preteso tale fotocopia, lo ha indicato a chiare
lettere, con riferimento al plico 1 relativo all’offerta economica.
Era ben possibile che la M. s.p.a. supponesse superflua l’allegazione, di fronte
ai diversi testi, preciso in un caso, generico nell’altro, delle clausole, con
riguardo pure alla differente dizione adoperata nel bando iniziale, dove (punto
11.1.) si richiamava, invece, la normativa in tema di autocertificazione.
Del resto anche altra ditta era stata tratta in inganno.
Né l’appellante avrebbe avuto l’onere di conoscere tutta la difficile
normativa in materia di autocertificazione.
Di fronte ad una regola equivoca, pertanto, non si poteva escludere, ma doveva
applicarsi il principio di cui alla legge 584 del 1977 ed al decreto legislativo n. 406 del
1991 che chiede all’amministrazione di chiarire la dichiarazione.
Ciò anche in funzione del criterio posto a favore di un ampliamento della
platea dei partecipanti alle gare, con garanzia per la par condicio, assicurata
dalla tutela per l’affidamento di fronte a formule ambigue e senza lesione per
il contenuto sostanziale delle offerte dei concorrenti.
Sub 2).- La tesi favorevole all’ammissione della Costruzioni B. s.r.l. contraddirebbe il
disposto della legge di gara, richiedente un duplice contenuto delle due buste.
La dizione "all’atto dell’offerta" non sarebbe incompatibile con
una lettura militante per l’inserimento, nella busta 2, della documentazione
indicata nei punti dal 2 all’8 incluso della lettera di invito.
L’ammissione della Costruzioni B. s.r.l., fino all’apertura della busta n. 1, si porrebbe
in contrasto con l’espressa previsione secondo cui in tale busta non poteva
essere inserita alcuna altra documentazione, clausola questa estremamente chiara
e suscettibile di essere colpita, in caso di inosservanza, con la sanzione
dell’esclusione.
La prescrizione di non inserire altra documentazione nella busta con l’offerta
risponderebbe ad un esigenza di segretezza e sarebbe posta a tutela della par
condicio.
Si sono costituiti sia la Costruzioni B. s.r.l. che il Ministero.
La prima, con ampia memoria di costituzione e resistenza, ha difeso le soluzioni
della pronuncia.
Il Ministero ha esibito il proprio fascicolo di primo grado.
Nella camera di consiglio del 17 marzo 2000, le parti hanno concordemente
chiesto il rinvio al merito della causa.
E’ pervenuto il fascicolo di ufficio.
Il 26 e 27 ottobre 2000 le parti private hanno illustrato le rispettive
posizioni.
Il 31 ottobre 2000 è pervenuta anche memoria dell’Avvocatura generale per il
Ministero.
All’udienza di discussione , la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La società M. s.p.a. contesta, rispetto ad una gara indetta dall’Amministrazione
dei beni culturali, sia la propria esclusione, sia l’ammissione della società
che è poi stata vincitrice.
Preliminare è l’esame delle censure concernenti l’esclusione.
Questa è avvenuta perché il rappresentante legale dell’impresa ha presentato
una dichiarazione prescritta fra i documenti richiesti senza né autentica, né,
in via alternativa, il corredo della fotocopia del proprio documento di
identificazione.
In tale ambito occorre rispondere, in primo luogo, all’assunto secondo cui la
clausola prescrivente la dichiarazione (paragrafo 4 della lettera di invito) non
richiedeva l’applicazione della normativa in tema di dichiarazioni sostitutive
di atto di notorietà di cui alla legislazione c.d. Bassanini.
In vero, in argomento vige, nell’ordinamento generale, un combinato disposto
(art. 3, comma 11, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nel testo sostituito
dall’art. 2, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191; art. 2 del
regolamento approvato con d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403; il tutto in relazione
all’art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15), secondo cui le dichiarazioni
sostitutive di atto di notorietà, che attengano a stati, fatti e qualità
personali riferiti a terzi, e dunque anche alle società che partecipino alla
gara, mentre nel regime precedente andavano sottoscritte con firma autenticata,
trovano oggi un’alternativa, nel senso che la cosiddetta normativa Bassanini
sopra evidenziata si accontenta, per tali ipotesi, della sottoscrizione di chi
dichiara, sorretta dalla semplice, ma necessaria, fotocopia del documento del
firmatario.
La tesi dell’appellante si fonda su una pretesa equivocità della clausola,
che non opera espressi rinvii alla legge, come invece era avvenuto in sede di
bando a proposito delle domande di invito a gara (art. 11).
L’appellante trae argomento anche dal paragone con la dichiarazione di offerta
da contenersi nel plico 1 a parte, per la quale il punto 1 della nota di invito
richiede espressamente la fotocopia del documento.
La tesi non sembra al Collegio fondata.
Le dichiarazioni richieste dal paragrafo 4 sono chiaramente rivolte ad
attestare, accanto al resto, importanti stati della società e di terzi, quali
le posizioni dei rappresentanti e direttori, la condizione rispetto alla
legislazione fallimentare, la situazione di rilievo penalistico di una serie di
soggetti rilevanti della società medesima.
La clausola, allora, pur non formulando un espresso rinvio alla legislazione
documentale, non può aver altro senso che quello di correlarsi proprio al
regime generale in materia.
Ne è prova non tanto e non solo il paragrafo 8.2 della lettera di invito, che
dichiara a pena di esclusione anche una presentazione incompleta o irregolare
della documentazione genericamente intesa (ma in tale documentazione vi è, fra
l’altro, il gruppo di dichiarazioni in parola), quanto soprattutto il
paragrafo 4.13 del medesimo invito.
Questa regola si riferisce testualmente alle dichiarazioni del punto 4. Proprio
con riguardo a dette dichiarazioni si stabilisce la previsione secondo cui,
oltre alla mancata presentazione di tali dichiarazioni, produce
l’invalidazione dell’offerta e l’esclusione dalla gara "qualsiasi
irregolarità o inosservanza delle formalità prescritte".
Ora, una simile disposizione a proposito di dichiarazioni non avrebbe senso, se
le dichiarazioni stesse non dovessero essere disciplinate anche dalla normativa
generale che le riguarda, ossia anche da quel complesso di norme di legge e
regolamento che sono state in precedenza evocate; d’altro canto il paragrafo 4
della lettera, del quale si sta trattando, nel richiedere i
"certificati", comanda la presentazione di una dichiarazione
sostitutiva. Nel significato tecnico, l’espressione si riferisce alla
dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che alla data dell’invito viveva e
vive in un sistema normativo chiaramente identificabile.
Dire che anche altra impresa era caduta in errore o che la M. s.p.a. poteva
legittimamente ignorare l’assetto della disciplina statale sulle dichiarazioni
sostitutive non equivale alla deduzione dell’ambiguità della clausola, che,
invece, secondo il Collegio, è perfettamente comprensibile, pure nelle
conseguenze della sua inosservanza.
Ne discende l’infondatezza del secondo profilo del primo mezzo e
l’impossibilità di invocare sul punto, come è, viceversa, avvenuto nella
memoria di parte agente, il precedente della Sezione (sez. VI, 11 settembre
1999, n. 1179) laddove è stato osservato, per altro esattamente con riguardo
alla differente enunciazione dei fatti in quell’occasione, che le clausole
equivoche non possono condurre all’esclusione di chi pare non averle
rispettate.
L’appellante, però, nel censurare la propria esclusione, ha sollevato, anche
un'altra prospettazione, con il primo profilo del medesimo primo mezzo.
Pur di fronte ad una clausola a pena di esclusione, la Commissione avrebbe
dovuto seguire un criterio teleologico, sia perché così si era comportata con
altra impresa, la società Bosco, donde lo sviamento e la disparità, sia perché
la giurisprudenza (la sentenza di questa stessa Sezione 30 gennaio 1998, n. 120)
lo richiede, in base a norme di legge (articoli 21, comma 3, del decreto
legislativo 19 dicembre
1991, n. 406, e 18, comma 3, della legge 8 agosto 1977, n. 584), che perciò si
presumono violate.
La tesi non convince.
Sul tema della violazione di legge la stessa giurisprudenza citata
dall’appellante (cui adde Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 1995, n. 634) parla
di una facoltà e non di un obbligo; e comunque sia quella segnalata, sia altra
(Cons. Stato, sez. V, 12 dicembre 1997, n. 1185) si riferiscono alle sole
dichiarazioni poste a riscontro della capacità tecnica dell’offerente.
Nell’ipotesi siamo di fronte, al contrario, a dichiarazioni complesse, che
attengono pure alle caratteristiche stesse della società sul piano giuridico.
Sarebbe ben difficile adottare, in violazione della par condicio, un criterio
teleologico, per giunta in presenza di clausole ad espressa pena di esclusione,
non potendosi, ad avviso di questo Collegio, disattendere clausole precise su
dati documentali, pena l’intromissione del Giudice in ambiti riservati
all’amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 aprile 1999, n. 141, e idem,
19 febbraio 1998, n. 1253).
Al che si può aggiungere, con richiamo all’altro precedente della sezione,
come detto, invocato nell’ultima memoria dell’appellante (cit. sez. VI, n.
1179 del 1999), che in quella ipotesi la mancata autentica riguardava il diverso
caso della dichiarazione di impegno alla costituzione di un’associazione
temporanea, quindi un’attestazione di ben diversa importanza rispetto a quelle
rilevanti in questa sede, tanto più che nella situazione allora
"conosciuta" dalla Sezione la stazione appaltante aveva tenuto, prima
dell’avvio della gara, con l’invio di una non impugnata nota ermeneutica a
tutti i partecipanti, un atteggiamento interpretativo nel senso poi avallato dal
Giudice. Ciò che non è avvenuto nella presente fattispecie.
Si obietta, tuttavia, da parte della M. s.p.a. che il criterio teleologico è stato
applicato, come si ricordava, per la società Bosco.
Sennonché, a parte che un simile argomento varrebbe per condurre semmai
all’esclusione della Bosco e non per consentire l’ammissione della M. s.p.a.,
vale la replica che la condotta del seggio giudicante ha enunciato una chiara
ragione di divaricazione fra le situazioni della Bosco e della M. s.p.a..
L’ammissione della prima è stata dovuta alla considerazione che la fotocopia
della tessera di identificazione della persona agente per la società formulante
l’offerta era già in possesso dell’amministrazione, perché
quell’identica persona aveva sottoscritto per la stessa società la domanda di
ricevere l’invito, allegando, appunto, la fotocopia necessaria. Il che dava la
certezza della provenienza delle dichiarazioni dal soggetto firmatario, legale
rappresentante dell’offerente.
Per la M. s.p.a., invece, i firmatari della domanda di invito e dell’offerta sono
state persone diverse (nel primo caso, un consigliere delegato; nel secondo, il
legale rappresentante).
Pertanto la Commissione non poteva ricorrere al documento identificativo in
atti, ma, per giungere all’ammissione, avrebbe dovuto formulare una richiesta
di nuova regolarizzazione, attivando una procedura non consona con l’economia
della gara, con le prescrizioni di invito e con la parità di trattamento.
Appaiono dunque insussistenti anche le accuse di disparità, sviamento,
contraddizione e difetto di motivazione (sull’ultimo punto la Commissione
stessa ha testualmente giustificato l’atteggiamento più rigido verso la M.
s.p.a. proprio sulla scorta di argomenti simili a quelli appena esposti).
In conclusione, essendo state correttamente applicate le regole di gara alla
ricorrente, la sua esclusione va giudicata legittima anche in questo secondo
grado.
Nella veste di soggetto ritualmente escluso, la M. s.p.a. non può, allora,
invocare alcun interesse a contestare, con il secondo mezzo d’impugnazione,
l’ammissione della società Costruzioni B. s.r.l. che ha poi vinto la selezione, non traendo
alcun vantaggio dall’eventuale aggiuntiva esclusione di tale impresa dalla
gara.
Ne deriva, per tutte le considerazioni rappresentate, l’infondatezza, nel
merito o nel rito, dell’appello, che va complessivamente respinto.
Le spese del grado possono essere compensate.
Viene emesso a parte dispositivo di rigetto ai sensi dell’art. 23-bis, commi
1, lettera b), e 6, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo introdotto
dall’art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta:
- respinge
l’appello in epigrafe;
- compensa fra
le parti le spese del grado di giudizio;
- ordina che
la presente decisione sia eseguita dall'Autorità pubblica