EDILIZIA E URBANISTICA - 132
T.A.R. per la Lombardia, Milano, sezione II, 4 dicembre 2007, n. 6541
1. Piani attuativi in variante al P.R.G. nel periodo transitorio (Regione Lombardia): non è necessario che ricadano nelle fattispecie ex art. 2 legge regionale n. 23 del 1997
2. Piani attuativi in zona vincolata: obbligo di parere paesaggistico ex art. 16 legge n. 1150 del 1942
3. Opere di urbanizzazione secondaria e opere non di urbanizzazione destinate a confluire nel patrimonio comunale, di importo sotto soglia comunitaria: obbligo di affidamento mediante gara ex art. 32 d.lgs. n. 163 del 2006

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA (Sezione II)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 3157/2006 proposto da Italia Nostra Onlus, ... (altri), tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Lorenzo Spallino, Enrico Arnaboldi e Paolo Famà ed elettivamente domiciliati nello studio di quest’ultimo in ...

contro

- il Comune di Blevio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Margherita Hurle nello studio del quale è elettivamente domiciliato in ...
- il Ministero per i Beni e le Attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato presso il quale è domiciliato ex lege in Milano Via Freguglia, 1;
- la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
- la Regione Lombardia, in persona del Presidente in carica, non costituita in giudizio;
- il Consorzio Del Lario e dei Laghi Minori, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
- l’Agenzia del Demanio - Filiale di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

e nei confronti di L.A., rappresentato e difeso dall’avv. Marco Sica nello studio del quale è elettivamente domiciliato in ...

per l'annullamento

- della delibera C.C. n. 24 del 25 settembre 2006 avente ad oggetto “approvazione definitiva del piano attuativo - Compendio Belvedere di proprietà del signor L.A.” nonché, per quanto occorra, della delibera C.C. n. 16 del 12 aprile 2006 riguardante l’adozione del predetto piano;
- di tutti gli atti connessi, preordinati e consequenziali.

VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio del Ministero intimato e del sig. L.;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 14 novembre 2007 il Ref. Daniele Dongiovanni;
Uditi gli avv.ti Spallino e Arnaboldi per i ricorrenti, l'avv. Barbera, in sostituzione dell’avv. Hurle, per il Comune resistente e l’avv. Sica per il sig. L.;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Con la delibera C.C. n. 24 del 25 settembre 2006 impugnata dai ricorrenti, il Comune di Blevio ha approvato, ai sensi dell’art. 25 della L.R. n. 12/2005, il piano attuativo in variante “Compendio Belvedere” proposto dal controinteressato (Sig. L.) avente ad oggetto quanto di seguito indicato:

- la riqualificazione e l’ampliamento volumetrico pari al 10% di Villa Belvedere di proprietà del sig. L. (situata di fronte al Lago di Como e inserito nel contesto individuato dal PTRP come paesaggio dei Laghi insubrici, sottoposto a vincolo ambientale);
- la variazione di destinazione della spiaggia di cui al mappale n. 1581 (tratto del lago di Como situato in corrispondenza della villa Belvedere) e del relativo viottolo di accesso da zona “F1 – usi pubblici” a “A2 – ville ed organismi edilizi di impianto storico e relativi compendi”;
- il trasferimento, con separato procedimento, da parte del Comune resistente al sig. L. della proprietà del mappale n. 1581 (spiaggia) e del viottolo di accesso;
- la realizzazione sul mappale n. 4099, a spese del controinteressato, di opere di riqualificazione dell’area pubblica, la costruzione sullo stesso mappale di una piscina pubblica, di uno spazio “marina” a livello di specchio d’acqua e l’ampliamento del bar – ristorante già esistente in quell’area (la realizzazione di tali opere di riqualificazione è effettuata a scomputo degli oneri di urbanizzazione, degli standard e del prezzo di cessione della spiaggia e del viottolo di accesso ed è subordinata alla effettiva cessione del mappale 1581).

Avverso tale delibera, ed ogni altro a questo connesso, presupposto e conseguenziale, hanno proposto impugnativa gli interessati, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

1) illegittimità per eccesso di potere sotto il profilo della violazione e disapplicazione dei principi generalissimi in materia di costruzione provvedimenti legislativi; omessa indicazione della normativa di riferimento. Nelle delibere impugnate, non viene indicata in quale delle fattispecie previste dall’art. 2 della L.R. n. 23/97 rientri la procedura di approvazione del piano attuativo in variante di che trattasi. Ciò costituisce motivo di illegittimità attesa l’eccezionalità dell’art. 25 della L.R. n. 12/2005 che prevede la possibilità di intervenire sul PRG vigente in attesa dell’adozione del nuovo PGT (piano di governo del territorio) solo in ipotesi limitate;

2) illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. c) della L.R. n. 23/1997; violazione del divieto di varianti ordinarie in attesa del PGTdi cui all’art. 25 della L.R. n. 12/2005; difetto di motivazione; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Nel caso in cui si voglia ritenere che l’approvazione del piano attuativo in argomento rientri nella fattispecie di cui all’art. 2, comma 2, lett. c) della L.R. n. 23/97 (secondo cui è possibile procedere all’utilizzazione della procedura accelerata di varianti in presenza di “…modificazioni necessarie a conseguire la realizzabilità delle previsioni urbanistiche anche mediante rettifiche delle delimitazioni tra zone omogenee diverse”), il ricorso a tale procedura invece di quella ordinaria è illegittima sia perché la spiaggia ed il viottolo di accesso non impediscono in alcun modo la realizzabilità delle previsioni urbanistiche del comparto Belvedere sia in quanto l’amministrazione non ha fornito alcuna valida motivazione in grado di supportare tale scelta con riferimento alla necessità di procedere alla rettifica delle delimitazioni tra aree omogenee diverse. Né a tale omissione motivazionale può essere di supporto quanto contenuto nella relazione accompagnatoria al progetto laddove si sottolinea la volontà di procedere alla “riassegnazione alla Villa dello spazio a lago originariamente parte integrante rispetto all’attuale classificazione nella zona omogenea F1 – usi pubblici”;

3) illegittimità della delibera di approvazione del piano attuativo per violazione dell’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942, come modificato dall’art. 5 della legge n. 765/1967; violazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 241/90. L’ambito interessato dal piano attuativo è soggetto a vincolo paesaggistico ed è interessato da dichiarazione di notevole interesse pubblico. Ciò posto, il predetto piano attuativo in variante avrebbe dovuto essere sottoposto, ai sensi dell’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942, al preventivo esame della Soprintendenza, pena l’illegittimità dello stesso. Il fatto che la norma da ultimo citata imponga tale incombente nel caso di piani particolareggiati non esclude l’applicabilità anche con riferimento ai piani attuativi attesa l’assimilazione, a livello giurisprudenziale, dei due strumenti urbanistici. A ciò si aggiunga che il Comune resistente, pur ritenendosi non obbligato, ha sottoposto il piano all’esame della locale Soprintendenza la quale ha espresso parere negativo all’intervento proposto dal controinteressato (quantomeno con riferimento alle opere previste sul mappale 4099). A fronte di tale parere, l’amministrazione comunale non ha fornito alcuna motivazione sulle ragioni che l’hanno indotta a discostarsi da quanto espresso dalla Soprintendenza e ad approvare il piano attuativo in variante;

4) illegittimità per violazione dei disposti del D.lgs n. 163/2006 in materia di aggiudicazione dei lavori di opere pubbliche. Il piano prevede che gli interventi di riqualificazione sul mappale 4099 (a scomputo degli oneri di urbanizzazione, degli standard e del prezzo di cessione della spiaggia e del viottolo di accesso) sia subordinata alla effettiva cessione del mappale 1581 da effettuare con separato procedimento. L’importo di tali interventi (avente ad oggetto opere di riqualificazione dell’area pubblica, la costruzione sullo stesso mappale di una piscina pubblica, di uno spazio “marina” a livello di specchio d’acqua e l’ampliamento del bar – ristorante) è stato quantificato in euro 865.892,00 quando gli oneri di urbanizzazione e standard ammontano ad euro 42.400,00 ed il valore della spiaggia è pari ad euro 175.950,00. Ciò posto, la realizzazione di tali interventi si pone in contrasto con l’art. 53 del D.lgs n. 163/2006 secondo cui i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione;

5) illegittimità per eccesso assoluto di potere nella parte in cui si approva la cessione di spiaggia senza poterne disporre. La titolarità della spiaggia in capo al Comune di Blevio non è affatto chiara. Ed invero, il tratto di spiaggia di che trattasi appartiene al demanio lacuale e quindi marittimo e, pertanto, l’amministrazione resistente non è legittimato ad adottare atti di disposizione;

6) illegittimità per violazione di legge, dell’art. 37 del R.D. n. 827/1924 e dell’art. 12 della legge n. 127/97; violazione del principio di trasparenza ed efficacia degli atti amministrativi (art. 1 della legge 241/90); difetto di motivazione (art. 3 della legge n. 241/90). Anche a voler ritenere la titolarità in capo al Comune di Blevio del tratto di spiaggia in argomento, la cessione deve comunque avvenire nel rispetto della procedura di alienazione dei beni pubblici delineato dall’art. 37 del RD n. 827/1924, ovvero con il pubblico incanto. La previsione del trasferimento diretto al controinteressato determina un ulteriore motivo di illegittimità della delibera di approvazione impugnata.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero intimato, il Comune di Blevio ed il controinteressato per resistere al ricorso. In particolare, il Comune resistente, come memoria, ha dapprima eccepito l’inammissibilità del ricorso sia per difetto di legittimazione di tutti i ricorrenti che per mancanza di interesse a ricorrere; in ogni caso, ha chiesto il rigetto del gravame perché infondato nel merito.

In prossimità della trattazione del merito, la difesa dei ricorrenti e del sig. L. hanno depositato memorie.
Il controinteressato, al parti del Comune resistente, ha sollevato le stesse eccezioni di inammissibilità del ricorso ed, in subordine, ne ha chiesto il rigetto per infondatezza delle censure.

I ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 14 novembre 2007, la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Anche al fine di esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle controparti, è necessario, in via preliminare, precisare che, con la delibera impugnata n. 24 del 25 settembre 2006, è stato approvato quanto segue:

- la riqualificazione e l’ampliamento volumetrico pari al 10% di Villa Belvedere di proprietà del sig. L. (situata di fronte al Lago di Como e inserito nel contesto individuato dal PTRP come paesaggio dei Laghi insubrici, sottoposto a vincolo ambientale);
- la variazione di destinazione della spiaggia di cui al mappale n. 1581 e del relativo viottolo di accesso da zona “F1 – usi pubblici” a “A2 – ville ed organismi edilizi di impianto storico e relativi compendi”;
- il trasferimento, con separato procedimento, dal Comune resistente al sig. L. della proprietà del mappale n. 1581 (spiaggia) e del viottolo di accesso;
- la realizzazione sul mappale n. 4099, a spese del controinteressato, di opere di riqualificazione dell’area pubblica, la costruzione sullo stesso mappale di una piscina ad uso della collettività, di uno spazio “marina” a livello di specchio d’acqua e l’ampliamento del bar – ristorante già esistente in quell’area (la realizzazione di tali opere di riqualificazione, a scomputo degli oneri di urbanizzazione, degli standard e del prezzo di cessione della spiaggia e del viottolo di accesso, è subordinata alla effettiva cessione del mappale 1581).

Da quanto approvato con la delibera comunale impugnata, emerge che, a parte la previsione di piano riguardante l’ampliamento volumetrico del 10% di Villa Belvedere, le restanti previsioni ed, in particolare, la variazione di destinazione urbanistica della spiaggia di cui al mappale 1581 e del viottolo di accesso fanno parte di un progetto unitario finalizzato, seppure attraverso l’attivazione di successivi adempimenti e relative procedure, al trasferimento della titolarità del tratto lacuale al controinteressato il quale, a sua volta, provvederà ad accollarsi le spese di riqualificazione dell’area pubblica compresa nel mappale 4099 (per un costo preventivato di euro 865.892,00, a scomputo degli oneri di urbanizzazione e standard pari ad euro 42.400,00 e del valore della spiaggia di euro 175.950,00).

L’unitarietà del progetto è provato dal fatto che il cambio di destinazione urbanistica della spiaggia e del viottolo di accesso non avrebbe alcuna giustificazione se non fosse preordinato al trasferimento della titolarità al controinteressato anche in vista della disponibilità dallo stesso manifestata ad effettuare a proprie spese i lavori di riqualificazione dell’area di cui al mappale 4099.

Ad ulteriore precisazione dei fatti di causa, va poi evidenziato che l’ambito interessato dal piano attuativo in variante “Compendio Belvedere” è sottoposto a  vincolo paesaggistico ed interessato da dichiarazione di notevole interesse pubblico (D.M. 15 aprile 1958), ex lege n. 1497/1939 (ora D.lgs n. 42/2004).

2. Ciò premesso, può ora passarsi ad esaminare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalle controparti sul difetto di legittimazione e di interesse a ricorrere della Associazione Italia Nostra Onlus e degli altri ricorrenti residenti nella zona. Con riferimento alla carenza di legittimazione di Italia Nostra Onlus, il Collegio è dell’avviso che, proprio alla luce della stessa giurisprudenza richiamata dalle controparti, l’obiezione sia infondata.

Ed invero, alla stregua di quanto affermato da T.A.R. Toscana, sez. III, n. 4568/2006, va rilevato che, sulla base delle prospettazioni contenute nel ricorso, non può preventivamente escludersi sul piano oggettivo l’insorgenza di possibili “riflessi” sull’ambiente, ciò sia per quanto riguarda la tutela degli “interessi” ambientali in senso stretto (individuati negli aspetti fisico-naturalistici di un certo territorio) sia dei “valori” ambientali, “lato sensu” considerati, quali la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti e dei centri storici e della qualità della vita, intesi come beni e valori ideali idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare e irripetibile, un certo ambito geografico e territoriale. Ciò posto, non sembra revocabile in dubbio che la tutela di tali interessi sia riconosciuto in capo ad Italia Nostra (associazione di protezione ambientale, secondo le previsioni di cui all’art. 13 della L. 8.7.1986 n. 349 e del D.M. 20.2.1987), il cui Statuto è stato approvato con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali.

Ed invero, l’art. 1 del suddetto statuto dichiara che lo scopo della precitata associazione è quello di “… concorrere alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione” e, ad ulteriore precisazione e conferma di quanto sopra esposto, va aggiunto che l’art. 3 del menzionato Statuto stabilisce che, per il perseguimento del suo scopo, ITALIA NOSTRA si propone di “suscitare il più vivo interesse e promuovere azioni per la tutela, la conservazione e la valutazione dei beni culturali, dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei centri storici e della qualità della vita” nonché di “stimolare l’applicazione delle leggi di tutela e promuovere l’intervento dei poteri pubblici allo scopo di evitare le manomissioni del patrimonio storico, artistico ed ambientale del Paese e di assicurarne il corretto uso e l’adeguata fruizione”.

Allo stesso modo, il Consiglio di Stato (sez. V, 5.11.1999, n. 1841) in relazione al problema della legittimazione ad agire in giudizio dell’Associazione ITALIA NOSTRA ha chiarito che la stessa è legittimata ad agire per la salvaguardia di interessi “lato sensu” ambientali, dovendosi ascrivere al novero di tali interessi, come detto, anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico-artistico, oltre che, più in generale, la salvaguardia dei centri storici. Anche in sede consultiva il Consiglio di Stato ha affermato (sez. I, parere n. 1217/2001 del 23.2.2002) che, ai sensi degli artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, le associazioni ambientalistiche sono legittimate ad impugnare le deliberazioni comunali nel caso in cui queste, pur presentando aspetti urbanistici, sono suscettibili di pregiudicare il bene dell’ambiente, compromettendone l’adeguata tutela.

Applicando alla fattispecie in esame le suesposte coordinate ermeneutiche, non sembra revocabile in dubbio che, alla luce dei contenuti del piano attuativo in variante e del contesto ambientale in cui risulta inserito il “compendio Belvedere” (cfr precedente punto 1.), l’associazione ricorrente sia titolare di un interesse giuridicamente rilevante connesso a valori storico – ambientali di cui chiede tutela. Ed invero, con il piano attuativo approvato dal Comune resistente, si è provveduto a variare la destinazione urbanistica della spiaggia di cui al mappale 1581 e del relativo viottolo di accesso sottraendoli alla destinazione pubblicistica, ciò al fine – come detto – di trasferirli, seppure con separato procedimento, nella titolarità di un privato.

Ora, la sottrazione alla destinazione pubblicistica di un tratto di spiaggia lacuale non incide solo sulla fruibilità della collettività indifferenziata ma significa anche disporre di un bene sottoposto a vincolo paesaggistico e dichiarato di notevole interesse pubblico.

Ed invero, la sottrazione di un bene di interesse pubblico di notevole valore paesaggistico – ambientale alla destinazione originaria e la conseguente disposizione a favore di un privato costituiscono azioni che incidono sul “patrimonio ambientale, storico, artistico e naturale della Nazione” la cui tutela è riconosciuta dalla legge in capo alla Associazione Italia Nostra. Né a contrastare tale impostazione vale quanto riferito dalle controparti con riferimento al fatto che il trasferimento della titolarità del mappale 1581 non è attuale ma avverrà con separato procedimento in quanto, oltre al fatto che la decisione di disporre di tale bene è certo nell’an e solo incerto nel quando (il che non è sufficiente ad escludere l’attualità della lesione), il differimento dell’atto dispositivo costituisce comunque, come detto, il disegno di un progetto unitario che parte dalla variazione di destinazione urbanistica fino alla realizzazione delle opere di riqualificazione delle aree comprese nel mappale 4099.

In altre parole, va detto, ad ulteriore riprova dell’attualità della lesione e dell’unitarietà del progetto attuativo, che il mancato trasferimento al privato del mappale 1581 e del viottolo di accesso renderebbe vana e vuota di contenuto la variazione di destinazione urbanistica dell’area in argomento. Allo stesso modo, va respinta l’eccezione di analogo contenuto rivolta ai ricorrenti residenti nella zona di riferimento. Non risulta, invero, smentito che i ricorrenti siano tutti residenti nella zona interessata dalle previsioni contenute nel piano attuativo in variante e ciò è sufficiente a riconoscere la legittimazione ad agire nella presente controversia.

In altri termini, va detto che, in disparte la giurisprudenza che ha chiarito i limiti della legittimazione con riferimento al concetto di vicinitas (cfr, di recente, T.A.R. Lombardia, sez. II, n. 2082/2006), nel caso di specie, i residenti della zona sono proprio quelli maggiormente interessati (e ciò assume rilievo anche con riferimento alla sussistenza dell’interesse a ricorrere) dalla possibilità di continuare a usufruire della spiaggia e del relativo viottolo di accesso, che sarebbe preclusa in caso di sottrazione alla destinazione pubblicistica e trasferimento dell’area al privato.

Sulla base delle suddette argomentazioni, possono essere rigettate le ulteriori eccezioni di inammissibilità sollevate dalle controparti con riferimento all’insussistenza dell’interesse a ricorrenti da parte di tutti i deducenti. Come detto, invero, il cambio di destinazione urbanistica del mappale 1581 e l’unitarietà del progetto contenuto nella delibera approvata dal Comune resistente consentono di affermare che la lesione sia connotata dai caratteri dell’attualità. Ed invero, non può non riconoscersi che, sebbene attraverso l’adozione di ulteriori atti la lesione lamentata subirà un aggravio in termini di effettività, il pregiudizio è comunque già attuale in seguito all’adozione dei provvedimenti impugnati posto che, come detto, la variazione di destinazione urbanistica dell’area in argomento è propedeutica al trasferimento al privato del mappale 1581 e del viottolo di accesso tanto che, in caso contrario, tale previsione si svuoterebbe di contenuto vanificando l’obiettivo per il quale è stata adottata.

Le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle controparti vanno quindi respinte.

3. Può ora passarsi all’esame del merito della controversia.

3.1. Con i primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente attesa la stretta connessione, i ricorrenti contestano l’applicazione della procedura semplificata di cui all’art. 3 della L.R. n. 23/97. In particolare, viene dedotta l’illegittimità delle delibere impugnate in quanto non sarebbe stata indicata in quale fattispecie dell’art. 2 della citata normativa regionale rientra il caso in esame e, anche a voler ritenere implicitamente che esso rientri in quello previsto dall’art. 2, comma 2, lett. c), non ne sussisterebbero i presupposti.

La tesi prospettata dai ricorrenti non risulta condivisibile.

Con riferimento ai piani attuativi in variante, l’art. 25, comma 1, della L.R. n. 12/2005 prevede che “Fino all'adeguamento dei PRG vigenti … i comuni … possono procedere unicamente all'approvazione di … varianti nei casi di cui all'articolo 2, comma 2, della legge regionale 23 giugno 1997, n. 23 … e di piani attuativi in variante, con la procedura di cui all'articolo 3 della … L.R. n. 23/1997”.
Ciò posto, dall’interpretazione letterale della norma citata, risulta chiaro che per l’approvazione di varianti al PRG è necessario fare riferimento alle fattispecie di cui all’art. 2, comma 2, della L.R. n. 23/97 mentre, nel caso di piani attuativi in variante, l’art. 25, comma 1, della L.R. n. 12/2005 si limita a richiamare la sola procedura di cui all’art. 3 della citata L.R. n. 23/97 senza che l’utilizzo di tale procedimento debba essere necessariamente subordinato al fatto che ricorrano i presupposti di cui all’articolo precedente.

Peraltro, una diversa lettura non sarebbe ragionevole in quanto il legislatore regionale, nell’ambito dello stesso comma, ha richiamato le fattispecie previste dall’art. 2, comma 2, della L.R. n. 23/97 in caso di varianti al PRG, mentre nell’inciso successivo, con riferimento ai piani attuativi in variante, ha indicato soltanto le modalità di approvazione tramite la procedura semplificata di cui all’art. 3 della citata normativa regionale.
L’utilizzo di altri criteri interpretativi nel caso di specie si rivela superfluo posto che la chiarezza del dato normativo non consente il ricorso ad altri strumenti ermeneutici.

3.2. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942 in quanto non sarebbe stato acquisito il parere obbligatorio della Soprintendenza ed, in ogni caso, il Comune resistente, atteso che l’ente da ultimo citato ha comunque manifestato un orientamento negativo sul progetto (quantomeno con riferimento alle opere previste sul mappale 4099), non ha fornito alcuna motivazione sulle ragioni che l’hanno portato a discostarsi da quanto espresso dalla Soprintendenza.

La censura è fondata.

L’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942 prevede invero che “I piani particolareggiati nei quali siano comprese cose immobili soggette alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico, e alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono preventivamente sottoposti alla competente Soprintendenza…”. Ciò posto, si tratta di verificare, dapprima, se i piani attuativi possono essere assimilati ai piani particolareggiati ai fini dell’applicazione della legge n. 1150/1942 e, poi, se la L.R. n. 12/2005 (legge per il governo del territorio della Regione Lombardia) escluda totalmente l’applicazione della citata normativa statale.

Riguardo al primo aspetto, la giurisprudenza, ai fini dell’applicabilità della legge n. 1150/1942, non dubita della sostanziale assimilazione dei piani attuativi o di lottizzazione ai piani particolareggiati contemplati dall’art. 16. Corrisponde, infatti, al vero che i richiamati strumenti urbanistici condividono la stessa ratio e che il piano di lottizzazione è divenuto la modalità attuativa e di esecuzione più utilizzata in ambito urbanistico, ciò in ragione di una maggiore funzionalità e flessibilità dello strumento e della possibilità di essere adottato in variante al piano regolatore generale.

Ed invero, il piano particolareggiato era in origine previsto per dare attuazione alle previsioni contenute nello strumento urbanistico generale senza che le fosse riconosciuta la possibilità di apportare variazioni al piano regolatore generale. La prassi di utilizzare tale strumento pianificatorio, anche in ragione della sua scarsa flessibilità, è poi venuta scemando quando, con il PRG, le amministrazioni comunali hanno cominciato ad inserire prescrizioni conformative della proprietà privata e quindi autoesecutive.
Da qui la sostituzione nella prassi di tale strumento con i piani attuativi ai quali la normativa statale ha riconosciuto la possibilità, come detto, di apportare variazioni alla pianificazione generale sostituendosi, di fatto, alla pianificazione particolareggiata.

Ad ogni modo, sia il piano attuativo che quello particolareggiato condividono la stessa ratio e natura atteso che tali strumenti hanno la funzione, oltre che di attuazione delle prescrizioni conformative della proprietà privata contenute nel PRG ovvero nella variante contenuta nello stesso piano, di regolamentare la gestione dell’attività di trasformazione del territorio.
In ragione di ciò, non sembra dubitabile che l’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942, sebbene riferita espressamente ai piani particolareggiati, vada applicata anche nel caso dell’approvazione dei piani attuativi in variante, proprio in ragione della medesima funzione che svolgono e della loro alternatività.

Da quanto sopra esposto, può altresì spingersi ad osservare che gli artt. 16 e 17 della L. n. 1150/1942 costituiscono la disciplina generale per l’esecuzione dei piani attuativi che può essere derogata solo nel caso in cui vi siano diverse discipline regionali ovvero sussistano, con riferimento a determinate tipologie di piano (ad esempio, piani per gli insediamenti produttivi), specifiche normative di riferimento.
Ciò posto con riferimento alla generale applicabilità dell’art. 16 della legge 1150/1942 in caso di piani attuativi, si tratta ora di verificare se la L.R. n. 12/2005 contempli una disciplina diversa rispetto a quella statale con riferimento ai piani particolareggiati e agli strumenti attuativi.

Ora, sebbene la normativa regionale detti una disciplina dei piani attuativi comunali, nulla dice in ordine al regime di approvazione di strumenti urbanistici nei quali siano ricompresi immobili di interesse storico – artistico ovvero soggetti alla legge n. 1497/1939 sulla protezione delle bellezze naturali, tanto che, in ragione del principio di “autocompletamento” dell’ordinamento giuridico, deve ritenersi ancora applicabile alla fattispecie in esame l’art. 16, comma 3, della legge n. 1150/1942.

A ciò si aggiunga che l’art. 103 della L.R. n. 12/2005 (rubricato “disapplicazione di norme statali”) non contempla tra le normative da disapplicare la legge n. 1150/1942 ma si limita a richiamare alcune norme del d.P.R. n. 327/2001 e del d.P.R. n. 380/2001, il che depone a ulteriore favore del fatto che la legge urbanistica statale costituisce ancora normativa fondamentale sul punto che può essere derogata nel caso in cui la legislazione regionale rechi una disciplina generale ed esaustiva della materia di che trattasi.

Altresì fondata risulta l’ulteriore doglianza contenuta nello stesso motivo secondo cui il Comune resistente, a fronte comunque di un orientamento negativo sul progetto (quantomeno sulle opere previste nel mappale 4099) manifestato dalla Soprintendenza non ha fornito alcuna motivazione sulle ragioni che l’hanno portato a discostarsi da quanto espresso dall’ente da ultimo citato.
Ed invero, l’amministrazione resistente, pur ritenendo di non essere obbligata, ha chiesto un parere alla Soprintendenza la quale, con nota del 1° settembre 2006, ha ritenuto che il progetto relativo alla nuova piscina comunale e agli annessi spogliatoi (mappale 4099) “è assolutamente non compatibile con lo stato dei luoghi, incongruo con il contesto, con un dannoso effetto intrusivo del quadro paesaggistico generale”.

A fronte di tali osservazioni, anche se limitate alla parte del piano riguardante il mappale 4099, l’amministrazione comunale ha approvato il piano attuativo in variante (facente parte, come detto, di un disegno unitario da attuare in fasi successive) senza addurre alcuna motivazione idonea in grado di giustificare le scelte comunali e ciò rileva come ulteriore sintomo dell’illegittimità delle delibere impugnate.

3.3. Con il quarto motivo, i ricorrenti, con riferimento agli interventi da effettuare a spese del controinteressato sul mappale 4099, lamentano la violazione dell’art. 53 del D.lgs n. 163/2006 secondo cui i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione.

Anche tale censura si rivela fondata.

Al riguardo, va ribadito, per chiarezza espositiva, che gli interventi sul mappale 4099 riguardano opere di riqualificazione dell’area pubblica (interessato anche da eventi franosi), la costruzione di una piscina pubblica, di uno spazio “marina” a livello di specchio d’acqua e l’ampliamento del bar – ristorante già esistente in quell’area. Nella delibera di approvazione del piano attuativo, è stato altresì previsto che l’importo necessario per la realizzazione di tali opere (quantificate in euro 865.892,00) sia portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione e degli standard (che ammontano ad euro 42.400,00) e del controvalore della spiaggia pari ad euro 175.950,00.

Ciò posto, va osservato che le opere previste sul mappale 4099 hanno natura pubblica essendo destinate alla collettività ed entrando a far parte del patrimonio del Comune resistente.

Da qui deriva che, trattandosi di opere pubbliche, la deroga al regime della gara pubblica imposta dall’art. 53 del D.lgs n. 163/2006 (d’ora in poi anche “codice”) - la cui disciplina non differisce in caso di contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria (cfr artt. 122 e 123 del codice) - non è consentita sia perché, dalle premesse della delibera impugnata, non risultano esternate le ragioni che potrebbero giustificare il ricorso all’affidamento diretto dei lavori in favore del controinteressato sia in quanto non risultano sussistere, nel caso di specie, i presupposti previsti dagli artt. 56 e 57 del codice per avviare una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara.

Ciò che tuttavia maggiormente rileva è che la questione relativa allo scomputo degli oneri di urbanizzazione a favore di coloro che si accollano la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria è stata oggetto di attenzione da parte della Corte di Giustizia della Comunità Europea la quale, con sentenza del 12 luglio 2001 (proc. C-399/98), ha affermato il principio dell’affidamento (mediante gara pubblica) dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo quando il valore delle stesse superi la soglia fissata dalla norma comunitaria.

Tale principio è stato trasfuso nella legislazione italiana, dapprima nell’art. 2, comma 5, della legge n. 109/94 e ora nell’art. 32 del D.lgs n. 163/2006 che, con riferimento alle opere di urbanizzazione secondaria, si applica anche nel caso di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria.

Ora, sebbene il caso in esame non possa essere del tutto assimilato al caso preso in considerazione dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea e, ora, dall’art. 32 del codice in ragione della non completa assimilazione degli interventi di che trattasi (quantomeno con riferimento alle opere di riqualificazione dell’area, alla realizzazione di uno spazio “marina” e all’ampliamento del bar – ristorante esistente) alle c.d. opere di urbanizzazione secondaria (mentre in tale categoria va ricompresa la piscina pubblica), ciò che conta nella fattispecie in esame è che si tratta comunque di opere pubbliche il cui affidamento (a maggior ragione rispetto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione) non può essere sottratto alle regole di evidenza pubblica di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. “codice dei contratti pubblici”), dettate sia con riferimento ai lavori di rilevanza comunitaria che sotto soglia.

4. In conclusione, il ricorso, previo assorbimento delle ulteriori censure dedotte con il quinto e sesto motivo, va accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

5. Le spese seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. II, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Le spese di giudizio, da liquidare in favore dei ricorrenti, vanno in parte compensate (con riferimento al Ministero intimato) e, quanto a euro 5.000,00 (cinquemila/00), poste solidalmente a carico del Comune di Blevio e del controinteressato L.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 14 novembre 2007, con l'intervento dei magistrati:

Mario Arosio - Presidente
Daniele Dongiovanni – Referendario est.
Pietro De Berardinis - Referendario