EDILIZIA - 127
T.A.R. per il Molise, Campobasso,
15 gennaio 2007, n. 29
Precarietà di manufatto edilizio: l'esenzione dalla necessità del titolo
abilitativo non dipende dai materiali utilizzati o dal sistema di ancoraggio al
suolo ma dall’uso cui esso è destinato; la precarietà va esclusa se l’opera è
destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, ancorché a termine in
relazione all’obiettiva ed intrinseca destinazione naturale del manufatto.
La sanzione dipende solo dalla constatazione dell'esistenza di opere abusive ed
è sufficientemente motivata con l'accertamento dell'abuso; l'obbligo di
motivazione sussiste solo se l'ordinanza intervenga a notevole distanza di tempo
dall'ultimazione e l'inerzia dell'amministrazione abbia ato un qualche
affidamento nel privato.
(vedi
anche: T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II.a, 15
gennaio 2007, n. 6)
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MOLISE - CAMPOBASSO
nelle persone dei Signori:
GIORGIO GIACCARDI, Presidente
ORAZIO CILIBERTI, Consigliere
ANTONIO M. MARRA, Ref., rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Visto il ricorso 400/2006 proposto da: G.N. rappresentato e difeso da C.A. con domicilio ...
contro
COMUNE DI PESCASSEROLI, rappresentato e difeso da D.P.R con domicilio ...
per l'annullamento
dell’ordinanza 28/03/2006, n. 221 con cui il Responsabile del Servizio ha
disposto la demolizione e riduzione in pristino delle opere eseguite in
assenza di titolo autorizzativo site all’interno della struttura
campeggistica, in territorio del Comune di Pescasseroli, denominata “A.R.”, nonché tutti gli atti presupposti e/o connessi ivi compresi i
verbali di accertamento datati 14/07/2003 – 20/06/2005 e 20/12/2004.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del resistente Comune;
Visto il ricorso proposto dal Comune di Pescasseroli;
Vista la memoria notificata il 7.7.2006, con cui l’istante ha dedotto motivi
aggiunti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 288 emessa nella camera di consiglio 21.6.1991 con cui
il collegio ha accolto la domanda cautelare avanzata dall’istante
limitatamente alla disposta demolizione;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato come relatore, alla pubblica udienza del 18.10.2006, il dott.
Antonio Massimo Marra e uditi, altresì, per le parti l’Avv. C. per il
ricorrente e l’Avv. D.P. per l’Amministrazione comunale intimata.
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 12.4.2006, tempestivamente depositato, il sig. Nicola Grassi ha impugnato l’ordinanza 28.3.2006, n. 221, con cui il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Pescasseroli ha ingiunto al deducente la demolizione dei manufatti, allegatamente abusivi, realizzati presso l’area campeggistica denominata “Aquila Reale” nel territorio di detto Comune, denunciandone l’illegittimità:
1) per violazione del combinato disposto dell’art. 12, n. 16 della L. r. 23.10.2003, n. 16 e dell’art. 3 lett. e) del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e per eccesso di potere sotto vari profili, dovendo ritenersi illegittima l’impugnata ordinanza emanata senza la previo ritiro dei provvedimenti ampliativi assentiti dal medesimo Comune;
2) per violazione dell’art. 36 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e dell’art. 35 della L. 28.2.1985, n. 47, oltre che per eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei fatti e manifesta illogicità;
3) per violazione dell’art. 27 d.P.R. 6.6.2001, n. 380; eccesso di potere sotto diversi profili.
Con memoria successivamente notificata il 7.7.2006 il ricorrente ha dedotto motivi aggiunti denunciando:
4) violazione degli artt. 5 n. 16 e 12 n. 1 della L. r. 23.10.2003, n. 16;
5) violazione; violazione dell’art. 9 della L.r. 17.5.1985, n. 48; violazione della L. 17.8.1942, n. 1150; violazione del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, violazione del d. lgs 27.12 2002, n. 301;
6) eccesso di potere sotto il profilo del difetto d’istruttoria; violazione del principio del giusto procedimento; violazione dell’art. 97 della Cost.,
Il Comune di Pescasseroli si è costituito in giudizio, richiedendo la
reiezione del prodotto ricorso.
Con memoria successivamente notificata e contenente nuovi motivi aggiunti,
depositata in data 25.8.2006 il ricorrente ha ribadito le censure afferenti
agli atti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari
profili tra cui, in particolare, quello di difetto d’istruttoria,
In occasione della camera di consiglio del 21.6.2006 la Sezione accoglieva
limitatamente alla disposta demolizione la proposta domanda incidentale.
Successivamente, all’udienza del 18.10.2006, la causa è stata trattenuta a
sentenza.
DIRITTO
La presente vicenda concerne l’asserita illegittimità dell’ordinanza di
demolizione delle opere allegatamente abusive consistenti nella
realizzazione – in area sottoposta a vincoli di tutela ambientale e
paesaggistica ex d. lgs 22. 1.2004, n. 42 - di n. 68 casette per
villeggiatura presso il camping denominato “A.R.” con dimensioni
variabili da mq. 25,00 a mq. 35,00 ciascuna per un’altezza al colmo di m.
3,00.
Il ricorrente denuncia l’illegittimità dell’impugnato provvedimento
demolitorio rilevando che il rilascio degli anteriori atti ampliativi in
sanatoria comunali avrebbe ingenerato - in applicazione del cd. criterio
finalistico - il legittimo affidamento in ordine al completamento del
villaggio turistico di cui il medesimo è titolare.
Aggiunge il deducente che la diversa destinazione dell’area sarebbe stata
impressa dall’attività pregressa e, segnatamente, dalle opere oggetto di
condono edilizio le quali avrebbero conseguentemente determinato un diverso
uso del territorio.
Conclude sul punto l’istante che l’avvenuta sanatoria delle infrastrutture,
delle aree attrezzate, nonché delle pertinenze avrebbe costituito
l’imprescindibile fondamento dell’avvenuta trasformazione della vista area,
di tal che l’ente territoriale intimato non avrebbe potuto emanare
l’impugnata ordinanza sanzionatoria senza prima ritirare il citato atto
ampliativo in forza del quale le stesse opere sarebbero state allegatamente
autorizzate.
Il Comune di Pescasseroli resiste alle dette argomentazioni, affermando che
il rilascio delle suddette concessioni edilizie in sanatoria – riguardanti
due immobili da destinare rispettivamente ad alloggio del custode e ad
ufficio oltre alla recinzione - non avrebbero potuto peraltro giustificare
la realizzazione delle suindicate casette asseritamente abusive, né tanto
meno ingenerare l’assunto affidamento.
Detto ordine di idee deve essere pienamente condiviso.
Osserva, al riguardo, il Collegio che alla luce del costante orientamento del Giudice amministrativo “…non può ammettersi nessun legittimo affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può avere legittimato” (cfr. da ultimo T.A.R. Toscana, sez. III, 13 aprile 2005 , n. 1596).
Analogamente: “…posto che il potere di comminare sanzioni in materia urbanistica può essere esercitato in ogni tempo, il provvedimento che irroga la sanzione pecuniaria, in alternativa alla demolizione delle opere abusive, non necessita di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre la sanzione, anche nel caso in cui l'abuso sia stato commesso in data risalente, non sussistendo alcun affidamento legittimo del contravventore a veder conservata una situazione di fatto che il tempo ha consolidato” (Consiglio Stato , sez. V, 08 giugno 1994 , n. 614).
Nè sposta i termini del problema all’esame la normativa invocata dal
deducente (art. 2, 3° comma della L.r. Abruzzo n. 16/2003) che assentirebbe
l’edificazione dei manufatti in questione a prescindere dal rilascio del
permesso di costruire, trattandosi di fabbricati destinati a soddisfare
esigenze temporanee (rectius: finalità turistiche), rilevando in contrario
il successivo art. 2, 4° comma della stessa L.r. 16/2003, là dove si
specifica che: “…. le strutture mobili di cui al comma 3° sono gli
allestimenti mobili di pernottamento quali tende, roulotte o caravan, mobil-home o maxicaravan”.
Del resto la medesima disposizione aggiunge che: a tal fine i predetti
allestimenti devono: a) conservare i meccanismi di rotazione in funzione; b)
non possedere alcun collegamento permanente al terreno e gli allacciamenti
alle reti tecnologiche devono essere rimovibili in ogni momento.
La stessa giurisprudenza appare, al riguardo, concordemente orientata affermando: “la precarietà di un manufatto edilizio che ne giustifica il non assoggettamento a concessione edilizia dipende non già dai materiali utilizzati o dal sistema del suo ancoraggio al suolo bensì dall’uso cui esso è destinato onde tale precarietà va esclusa ogni qual volta l’opera sia destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, ancorché a termine in relazione all’obiettiva ed intrinseca destinazione naturale del manufatto” (Tar Lombardia, Sez. staccata di Brescia, 15.7.1993, n. 619)
La documentazione prodotta in giudizio dallo stesso ricorrente attesta, del resto, emblematicamente la natura delle opere realizzate, che ragionevolmente non possono essere ricondotte alla vista disposizione.
Anche il secondo motivo d’impugnazione è, poi, infondato, essendo
sufficiente osservare al riguardo che l’istanza di condono 25.1.1995 , n.
442, da un lato, non aveva ad oggetto alcuno dei manufatti menzionati
nell’impugnata ordinanza e, dall’altro, detta istanza non mirava alla
modifica di destinazione d’uso di un’area a camping, bensì i visti manufatti
meglio rappresentati nelle unite cinque tavole.
Analogamente la successiva istanza di condono avanzata dal deducente in data
20.7.2004, n. 3517 non ineriva la modifica della destinazione d’uso
dell’area in questione, ma altri manufatti anch’essi non incisi
dall’impugnato atto sanzionatorio.
Né a conclusioni diverse può condurre la circostanza relativa alla
presentazione di richiesta di variante al PRG, non potendosi configurare
come istanza di sanatoria e dunque postulare un suo preventivo esame, tanto
più che in tale ipotesi l’art. 12 della citata L.r. 16/23 – ove si ritenesse
applicabile all’ampliamento delle aree di campeggio – non obbligherebbe il
comune dal pronunciarsi sull’istanza del privato.
Anche il terzo motivo di censura deve essere disatteso potendosi sul punto
richiamare il l’orientamento costantemente seguito dal Consiglio di Stato
che ha reiteratamente posto in evidenza che “presupposto per l'emanazione
dell'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la
constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del
titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l'ordinanza atto dovuto,
essa è sufficientemente motivata con l'accertamento dell'abuso, essendo in
re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l'eventuale
obbligo di motivazione al riguardo solo se l'ordinanza stessa intervenga a
distanza di tempo dall'ultimazione dell'opera avendo l'inerzia
dell'amministrazione creato un qualche affidamento nel privato” (Consiglio
Stato sez. V, 29.5.2006, n. 3270).
Né può ritenersi integrata un’ipotesi di acquiescenza come adombrato dal
ricorrente posto che dalla documentazione versata in atti emerge
inequivocabilmente la posizione perseguita dall’ente comunale intimato di
non poter avallare situazioni di abuso.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Per quanto riguarda, invece, le spese di giudizio e gli onorari di difesa,
si ritengono sussistenti le ragioni per la loro integrale compensazione tra
le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente
pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe
Spese compensate.
Così deciso, in Campobasso, nella camera di consiglio del 18.10.2006.
EDILIZIA - 127-bis
T.A.R. per la Toscana, Firenze, sez.
II.a, 15 gennaio 2007, n. 6
Il concetto di precarietà implica la intrinseca
temporaneità dell’opera che deve avere una destinazione funzionale limitata nel
tempo, rispondente ad esigenze transitorie, e non durature. Una baracca
deposito di attrezzi agricoli è funzionale alla coltivazione del fondo
e contrasta con
la pretesa natura “precaria” dell’opera, anche se il manufatto è soltanto appoggiato al suolo.
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA - II^ SEZIONE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 818/1991 proposto da N.L. e F.G., rappresentati e difesi dagli avv.ti F.D. e N.B. nel cui studio ...
contro
- il COMUNE DI SESTO FIORENTINO, in persona del Sindaco, rappresentato e
difeso dall’avv. N.G. in Firenze, domiciliato ...
- il MINISTERO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI, in persona del Ministro,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato ...
per l'annullamento, previa sospensione
dell’ordinanza 5 luglio 1991 n. 200 con cui il Sindaco di Sesto Fiorentino
ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione dei manufatti abusivi, consistenti
in un deposito per attrezzi agricoli ed in un pollaio, realizzati in zona
vincolata ai sensi della legge n. 1497/1939, nonché di tutti gli atti
connessi;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto Fiorentino
nonché del Ministero Beni Culturali;
Vista la memoria difensiva depositata dalla parte ricorrente nonché le note
difensive del Comune resistente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore designato il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia;
Uditi, alla pubblica udienza del 16 novembre 2006, relatore il Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, gli avv.ti N.B. e M.C.M.
delegata dall’avv. N.G.;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.I signori Luigi Nencini e Giuseppe Fredducci proprietari di un terreno (censito nel Comune di Sesto Fiorentino al foglio di mappa n. 39 particella 243, sito in località S.Silvestro alle pendici del Monte Morello) direttamente coltivato, in data 20.3.1986 presentarono istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/1985 per ottenere la concessione in sanatoria di alcuni manufatti abusivi, consistenti in una baracca per deposito di attrezzi agricoli di mt. 3,45 x 2,30 ed in un pollaio di mt. 2,35 x 1,85 realizzati in zona vincolata ai sensi della legge n. 1497/1939.
Ma il Comune di Sesto Fiorentino, preso atto che la Commissione edilizia in data 24.5.1988 aveva espresso parere negativo e che l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo non si era pronunciata, dapprima respinse la domanda di condono con nota 13531 del giugno 1988 e successivamente con ordinanza sindacale 5 luglio 1991 n. 200 ingiunse ai proprietari-autori dell’abuso di demolire i manufatti abusivi entro giorni 90.
Avverso tale ingiunzione gli interessati hanno proposto il ricorso in epigrafe chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti articolati motivi:
1) Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, contraddittorietà e violazione legge n. 47/1985, art. 7 poiché si tratterebbe di opere precarie per le quali non era necessaria la concessione edilizia e destinate a rendere possibile la coltivazione del fondo in conformità agli obiettivi di tutela delle caratteristiche ambientali perseguiti attraverso l’imposizione del vincolo paesistico.
2) Violazione della legge n. 10/1977, art. 1 e della legge n. 47/1985 art. 7, dell’art. 841 cod. civ. nonché eccesso di potere per carenza dei presupposti, trattandosi di opere non stabilmente infisse al suolo;
3) Violazione della legge 241/1990, art. 3, nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria e carenza di motivazione, mancando nel provvedimento qualunque considerazione sulla concreta incompatibilità delle opere con i vincoli paesaggistici richiamati;
4) Violazione della legge n. 47/1985, art. 7 e della legge n. 241/1990 art. 3, nonché eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità manifesta, atteso che, trattandosi di opere qualificate precarie dallo stesso Comune, non sussisterebbero i presupposti per l’acquisizione dei manufatti e dell’area di sedime in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.
1.1. Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Sesto Fiorentino sia il
Ministero Beni Culturali chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza cautelare 12.11.1991 n. 479 questo T.A.R. ha respinto
l’istanza di sospensione.
Con memoria difensiva presentata nell’imminenza di trattazione della causa
parte ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie censure, osservando
che comunque non ricorrevano i presupposti per l’acquisizione gratuita da
parte del Comune dei manufatti abusivi e del sedime di pertinenza.
Con note di udienza, presentate in occasione della trattazione della causa
con l’assenso di controparte, il Comune resistente ha insistito per il
rigetto del ricorso rilevando che l’ordinanza di demolizione riguardava
opere abusive non sanate.
Alla pubblica udienza del 16 novembre 2006, uditi i difensori presenti per
le parti, la causa è passata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la legittimità o meno dell’ordine di demolizione di due opere abusive a servizio del fondo rustico di proprietà dei ricorrenti, sito in località S.Silvestro in area sottoposta a vincolo paesistico con decreto ministeriale 23.12.1952; opere consistenti in un pollaio di mt. 2,35 x 1,85 ed in una baracca per deposito di attrezzi agricoli di mt. 3,45 x 2,30.
Il ricorso non appare fondato.
Invero, a differenza di quanto deduce parte ricorrente con i primi due
motivi, le opere in questione non potevano essere realizzate senza
concessione edilizia sia perché ricadevano in area sottoposta a vincolo
paesistico sia in quanto non erano qualificabili come manufatti precari.
Come è noto,infatti, il concetto di precarietà implica la intrinseca
temporaneità dell’opera che, quindi, non solo non deve risultare ancorata al
suolo, ma soprattutto deve avere una destinazione funzionale limitata nel
tempo, rispondente ad esigenze transitorie, e non durature.
Pertanto nel caso di specie, il fatto stesso che – come illustrato i
ricorrenti – il deposito di attrezzi agricoli (cui è destinata la baracca
abusiva) è funzionale alla coltivazione del fondo risulta confliggente con
la pretesa natura “precaria” dell’opera, essendo irrilevante al riguardo la
circostanza che il manufatto è soltanto appoggiato al suolo.
Né diversa indicazione si trae dal parere della Commissione edilizia che si
è espressa sfavorevolmente con riguardo alla modesta qualità edilizia
dell’intervento edilizio non compatibile con le esigenze di rispetto del
vincolo paesaggistico.
2.1. Né tantomeno appaiono condivisibili le censure di carenza di
motivazione e di istruttoria (dedotte con il terzo motivo), poiché la
necessità della demolizione delle opere abusive deriva dal presupposto
diniego di sanatoria delle medesime che, comunicato fin dal giugno 1988,
risultava ormai consolidato nel luglio 1991, epoca di adozione della
sanzione della demolizione; in particolare l’art. 7 della legge n. 47/1985
prevede la sanzione automatica della demolizione del manufatto realizzato in
assenza di concessione edilizia senza imporre al Comune procedente alcun
onere di preventiva valutazione circa lo specifico rilievo urbanistico –
edilizio delle opere medesime.
Nel caso di specie, poi, come si è detto l’ordine di ripristino dello stato
dei luoghi trae fondamento sia dalla circostanza che gli abusi edilizi
ricadevano in area sottoposta a vincolo paesistico, per cui qualsiasi
mutamento dello stato dei luoghi deve essere autorizzato con il relativo
nulla osta, sia dal diniego di sanatoria ormai definitivo.
2.2. Va, infine, disatteso anche il quarto ed ultimo motivo secondo il quale
non sussisterebbero i presupposti per l’acquisizione gratuita al Comune
delle opere e della relativa area di sedime in caso di inottemperanza
all’ordine di demolizione: al riguardo è sufficiente richiamare le
illustrate considerazioni in ordine alla caratteristica di destinazione
funzionale durevole dell’opera edilizia a servizio del fondo agricolo.
Né tanto meno appare rilevante la mancanza di una “idonea indicazione
grafica” dell’area da acquisire per l’ipotesi della inosservanza dell’ordine
di demolizione: infatti, come è noto, l’acquisizione dell’opera abusiva,
dell’area di sedime e di quella di pertinenza (necessaria per la costruzione
secondo i parametri urbanistici vigenti) avviene di diritto al momento della
scadenza del termine (di 90 giorni) utile per eseguire l’ordine di
demolizione, mentre per la individuazione materiale e formale dell’area da
acquisire (entro il limite massimo previsto dalla normativa), ed i connessi
adempimenti presso i registri immobiliari, il Comune è, comunque, tenuto ad
adottare un successivo provvedimento con effetti ricognitivi.
3. Per le esposte considerazioni, pertanto, il ricorso va respinto.
Gli oneri di lite, liquidati in € 2.000,00 oltre gli accessori di legge,
seguono la soccombenza e sono posti a carico della parte ricorrente, che ne
verserà i due terzi al Comune resistente e la restante parte al Ministero
Beni Culturali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II^, respinge il ricorso in epigrafe.
Pone gli oneri di lite, liquidati in € 2.000,00 oltre gli accessori di
legge, a carico della parte ricorrente che ne verserà € 1.500,00 al Comune
di Sesto Fiorentino ed € 500,00 al Ministero Beni Culturali ed Ambientali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 16 novembre 2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe PETRUZZELLI - Presidente
Lydia Ada Orsola SPIEZIA - Consigliere
Roberto PUPILELLA - Consigliere