EDILIZIA - 125
T.A.R. per la Toscana, sezione
seconda, 19 settembre 2006, n. 3984
Differenza tra sanatoria e sanzione amministrativa: ambedue le fattispecie
consentono il mantenimento in essere del manufatto ma nel secondo caso permane
la situazione antigiuridica per cui lo stesso manufatto abusivo, ancorché
conservato, non gode degli eventuali benefici previsti dagli strumenti
urbanistici comunali per i fabbricati legittimi in origine o legittimati con
sanatoria.
Il Comune non deve restituire la sanzione amministrativa irrogata e corrisposta
anche qualora la costruzione abusiva venga successivamente sanata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA
Composto dai seguenti Magistrati:
Giuseppe PETRUZZELLI, Presidente, rel.
Giuseppe DI NUNZIO, Consigliere
Roberto PUPILELLA, Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui ricorsi nn. 725/1991 e 4156/1993 proposti da R.V.C. S.p.a., assistita e difesa dall’avv. F.B.C. elettivamente domiciliata presso ...
contro
COMUNE DI PRATO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti R.G. e F.D.S. elettivamente domiciliato presso ...
per l'annullamento
A) quanto al primo ricorso:
a) del provvedimento del Sindaco di Prato 22.12.1990 (p.g. 53472) di irrogazione di sanzione pecuniaria per esecuzione di opere in assenza di autorizzazione ex art. 10 legge n. 47/1985;
b) del verbale di accertamento 8.5.1989 n. 45, richiamato nel provvedimento sub a), non notificato;
c) della relazione dell’U.T.C. n. 105/89;
d) della determinazione dell’U.T.E. di Firenze, di contenuto incognito, nonché di tutti gli atti connessi.
B) quanto al secondo ricorso: dell’ingiunzione del Sindaco di Prato 4.10.1993, prot. n. 46467, di pagamento di sanzione pecuniaria, notificata il 15.10.1993, nonché di tutti gli atti connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;
Visti tutti gli atti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del 15 giugno 2006 l’avv. V.I. delegata
dall'avv. F.B.C., per la ricorrente, e l’avv. P.T.
delegata dall'avv. R.G. per l’amministrazione resistente.
Relatore
il Pres. Giuseppe Petruzzelli.
FATTO
Con il primo ricorso, la Soc. R.V.C. S.p.a., proprietaria di alcuni terreni edificabili in Prato, fraz. S. Giusto, Via ..., impugnava, chiedendone l’annullamento, la sanzione pecuniaria, accertata con determinazione dell’U.T.E. di Firenze, di Lire 20 milioni per la ritenuta abusiva “realizzazione di recinzione metallica con basamento di cemento e di piazzale asfaltato con accesso da Via ... provvisto di sbarra di metallo”.
A sostegno del gravame la ricorrente deduceva:
1) Violazione delle norme e principi in materia urbanistica ed in particolare dell’art. 31 della legge 457/78 e dell’art. 2 della L.R.T. n.5 9/80, trattandosi di intervento di recinzione di terreno, con palificazione e rete di metallo, che, non costituendo attività di trasformazione edilizia, non richiederebbe alcun titolo concessorio ovvero autorizzatorio per la sua realizzazione. Tutt’al più si potrebbe ipotizzare un intervento di manutenzione, funzionale alla difesa del fondo.
2) Violazione del principio della necessaria partecipazione in contraddittorio del privato al procedimento amministrativo che lo interessa.
3) Mancata notifica della diffida a demolire prima della irrogazione della sanzione pecuniaria
4) Difetto di motivazione e mancata indicazione dei criteri applicati dall’U.T.E. ai fini della determinazione della misura della sanzione.
Con il secondo ricorso la Soc. R.V.S. S.p.a. impugnava il provvedimento del Sindaco di Prato del 4.10.2003 con cui le si ingiungeva il pagamento della sanzione pecuniaria, impugnata con il primo ricorso, aumentata degli interessi legali e sotto comminatoria degli atti esecutivi.
A sostegno del gravame la ricorrente deduceva l’illegittimità derivata dalla
illegittimità della sanzione pecuniaria.
In conclusione la stessa chiedeva l’accoglimento di ambedue i ricorsi con
vittoria delle spese di causa.
Si costituiva in giudizio il Comune di Prato che dopo aver contestato i motivi
di ricorso chiedeva il rigetto degli stessi, vinte le spese di giudizio.
Con sentenza interlocutoria di questa Sezione, n. 119 del 2005, i ricorsi
venivano riuniti disponendo l’acquisizione di una relazione di chiarimenti in
ordine agli intervenuti sviluppi della vicenda oggetto del giudizio.
Eseguita l’istruttoria, all’odierna pubblica udienza i ricorsi venivano ritenuti
in decisione.
DIRITTO
Appare utile ai fini di una corretta delibazione
delle questioni in decisione ricapitolare brevemente i punti salienti della
vicenda oggetto del giudizio alla luce anche delle precisazioni successive
fornite, a seguito della sentenza istruttoria sopra citata, dal competente
dirigente del Comune di Prato.
Il Comune di Prato, avendo accertato, con verbale n. 145 dell’8.5 1989 della
vigilanza urbana addetta all’edilizia privata, la realizzazione abusiva in area
di proprietà della Società ricorrente - e su cui erano stati installati due
grandi silos in vetroresina destinati a contenere l’acqua proveniente dai due
pozzi ivi esistenti - di una recinzione con pali di ferro murati al suolo con
basamento di cemento e di un piazzale asfaltato con accesso da via ...,
provvisto di sbarra di metallo, irrogava, con provvedimento del 22.12.1990, la
sanzione pecuniaria di Lire 20 milioni, come determinata dall’U.T.E. di Firenze.
Successivamente con provvedimento del 4.10.1993 il Comune ingiungeva il
pagamento della somma sopra indicata, aggravata di interessi legali, sotto
minaccia di atti esecutivi.
La Soc. R.V.C. impugnava con i ricorsi in epigrafe
ambedue i provvedimenti chiedendo il loro annullamento.
La società ricorrente tuttavia in data 25.2.1994, al fine di impedire il
proseguimento degli atti esecutivi già posti in essere dal Comune di Prato
provvedeva a pagare interamente la somma richiesta.
Successivamente, in data 28.2.1995, la stessa presentava domanda di condono ex
art. 39 della legge n. 724/94 al fine di sanare le opere abusive.
La concessione in sanatoria venne rilasciata dal Comune in data 31.5 1999.
Non v’ha dubbio quindi che in ordine al primo ricorso, con cui era stato
impugnato il provvedimento sanzionatorio, debba, conformemente anche alla
richiesta della ricorrente, pronunciarsi la improcedibilità dello stesso per
sopravvenuta carenza di interesse.
Viceversa, in ordine al secondo ricorso occorre stabilire se la somma pagata
dalla ricorrente per estinguere la sanzione pecuniaria, considerato che nel
frattempo l’abuso edilizio accertato dal Comune di Prato è stato sanato con il
rilascio del provvedimento di condono, debba essere restituita, aumentata degli
interessi legali, come pretende la società ricorrente, oppure debba essere
egualmente incamerata dal Comune come insiste l’amministrazione resistente.
Ad avviso del Collegio la soluzione del quesito non può che essere rinvenuta ponendo a confronto gli effetti che derivano, ai fini della conservazione dell’opera abusiva, dal pagamento della sanzione pecuniaria e dalla sanatoria edilizia.
La sanzione amministrativa pecuniaria in materia urbanistica, ad avviso del Collegio, pur assumendo un carattere sanzionatorio, svolge una funzione di riequilibrio patrimoniale ponendosi come strumento risarcitorio per l’abuso commesso dall’agente nei confronti della collettività. Il relativo pagamento da parte di costui è pertanto fine a sé stesso. Esso impedisce la prosecuzione degli ulteriori atti giudiziari coattivi minacciati, ma non comporta alcuna sanatoria dell’opera abusiva.
Comporta, è vero, la conservazione dell’opera medesima, essendo esclusa la misura ripristinatoria, tuttavia non consente gli eventuali benefici consentiti dagli strumenti urbanistici per le opere regolari. Così, ad avviso del Collegio, appare difficile ipotizzare a beneficio di manufatti ed edifici abusivi gli aumenti di volumetria previsti in caso di ristrutturazione da strumenti urbanistici comunali. Alla stessa stregua non pare ipotizzabile al fine del computo delle volumetrie necessarie a fini di costruzione quelle relative ad opere abusive.
Né appare contraddire quanto sostenuto dianzi il secondo comma dell’art. 11 della legge n. 47/85 il quale dispone che l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti della concessione in sanatoria ex art. 13 della stessa legge.
Ed in effetti la norma si riferisce espressamente al caso di “annullamento”
della concessione edilizia, nella impossibilità della restituzione in pristino
stato dell’opera abusiva.
Diversamente è a dirsi della concessione in sanatoria ordinaria ovvero del
condono.
Ambedue gli istituti comportano la conservazione delle opere abusive, ivi
compresa l’eliminazione della loro abusività, integrandole nel contesto
urbanistico programmato dall’amministrazione pubblica. Ciò, peraltro, con
effetto ex nunc, come sostiene l’amministrazione resistente.
Infatti, la sanatoria, non risultando in alcuna norma la retroattività degli
effetti che le sono propri, non può che operare al momento del rilascio del
relativo provvedimento.
Nel caso di specie, sia la domanda di condono della società ricorrente che il provvedimento di sanatoria del Comune sono intervenuti successivamente all’adozione del provvedimento ingiuntivo della sanzione pecuniaria ed al pagamento integrale della somma richiesta.
Né, contrariamente all’assunto della ricorrente, appare rilevante la circostanza che la concessione in sanatoria sia stata rilasciata in pendenza dei ricorsi avverso gli atti ingiuntivi della sanzione pecuniaria.
In realtà i due procedimenti amministrativi, quello relativo alla irrogazione della sanzione e quello relativo al rilascio del provvedimento di condono, ancorché autonomi, considerata la diversità degli effetti sopra evidenziata, interferiscono tra loro, in modo differente, a seconda dei tempi di adozione: il primo, se antecedente, non esclude il secondo; viceversa quest’ultimo, se antecedente, esclude il primo, atteso che cancella l’abusività dell’opera.
Se non fosse così, si dovrebbe accreditare la tesi assurda che in qualsiasi momento intervenga (anche a distanza di moltissimo tempo), dal provvedimento di condono discende sempre l’obbligo per l’amministrazione comunale di restituire le somme eventualmente pagate dai soggetti destinatari delle sanzioni pecuniarie.
In conclusione il secondo ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile in via derivata e respinto, siccome infondato, nella parte in cui si chiede la restituzione delle somme pagate.
Le spese di lite, considerata la novità delle questioni sottoposte all’esame del Collegio, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana –Sezione seconda- pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe:
a) dichiara improcedibile il ricorso n. 725-273/1991 per sopravvenuta carenza di interesse;
b) dichiara in parte inammissibile in via derivata il ricorso n. 4156/1993 ed in parte infondato;
Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguite dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 15giugno 2006 con
l’intervento dei Sigg.
Giuseppe PETRUZZELLI, Presidente, est.
Giuseppe DI NUNZIO, Consigliere
Roberto PUPILELLA, Consigliere