EDILIZIA E URBANISTICA - 124
T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sezione II, 13 settembre 2006, n. 2037
L’asservimento di un fondo ad altro, ai fini della realizzazione nel secondo della capacità edificatoria del primo (cosiddetta "cessione di volumi"), non introduce un vincolo di inedificabilità permanente; infatti tale vincolo decade in caso di nuova pianificazione urbanistica. Tuttavia l'edificazione realizzate non può essere considerata ininfluente: qualora la nuova pianificazione urbanistica introduca indici minori o comunque non favorevoli rispetto alla disciplina vigente al momento della prima edificazione, il lotto servente resta sfornito di capacità edificatoria (che resta attribuita al lotto dominante).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna
Bologna - Sezione II

nelle persone dei Signori:
GIORGIO CALDERONI Presidente ff.
ALBERTO PASI Consigliere, relatore
CARLO TESTORI Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nell'Udienza Pubblica del 25 Maggio 2006

Visto il ricorso 1560/2005 proposto da: A.A. e V.M.L. rappresentati e difesi da: B.F. e P.G. con domicilio eletto in ...

contro COMUNE DI CRESPELLANO rappresentato e difeso da G.B., G.G. e M.C. con domicilio eletto in ...

e nei confronti di B.I. rappresentato e difeso da: G.F. e M.F. con domicilio eletto in ...

per l'annullamento

- del permesso di costruire del 13 luglio 2005, prot. n. 15366, P.U.T. n. 13/C2005, con il quale il Comune di Crespellano autorizzava la costruzione di due nuovi fabbricati residenziali plurifamiliari, composti ciascuno da 15 unità immobiliari abitative, previa demolizione di fabbricati esistenti, nell’area sita in ...;
- per quanto possa occorere, dell’art. 7 delle Norme Tecniche di attuazione del vigente P.R.G. del Comune di Crespellano, di cui alle delibere del Consiglio Comunale n. 35 del 29 aprile 1999, n .9 del 15 marzo 2001, n. 10 del 15 marzo 2001, n. 62 del 27 giugno 2001, n. 83 del 6 settembre 2004, approvato con delibere della Giunta Provinciale di Bologna n. 501 del 3 agosto 1998 e n. 285 del 7 agosto 2000, ove fosse interpretato nel senso di consentire l’edificazione dei fabbricati sopra descritti, e di tutte le delibere comunali e provinciali qui indicate;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente.

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di B.I. e del Comune di Crespellano;
Udito all’ udienza pubblica del 25 maggio 2006 il relatore Cons. ALBERTO PASI e uditi, altresì, per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e l'art. 36 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

I signori A. e V. impugnano il permesso di costruire due fabbricati residenziali di 15 unità ciascuno, rilasciato dal Comune di Crespellano al sig. I.B. (13 luglio 2005, n. 15366), nonostante che il lotto di proprietà del medesimo avesse già interamente consumato, secondo la prospettazione, la propria capacità edificatoria mediante cessione e realizzazione su altro contiguo lotto, compreso nel Piano di lottizzazione del comparto di espansione n. 13, approvato con deliberazione consiliare 18 novembre 1977, ed attuato dalla Cooperativa Edilizia Intercomunale (CEI) mediante convenzione stipulata il 18 aprile 1980.
I ricorrenti, acquirenti della CEI di un immobile insistente su uno dei lotti beneficiari della cessione, impugnano in via subordinata anche l’art. 7 delle Norme di Attuazione del vigente PRG, approvato nel 1998/2000, ove fosse interpretato in senso permissivo al rilascio della concessione impugnata in via principale.
Assumono il Comune di Crespellano ed il controinteressato sig. B. che la contestata concessione edilizia 15366/2005 utilizza una capacità edificatoria sopravvenuta a quella ceduta e consumata, riattribuita in sede di riclassificazione urbanisticae ripianificazione dell’area con la variante del 1996/1998, che ha previsto per ciascun lotto del comparto una destinazione B1 (completamente residenziale) e un indice di utilizzazione fondiaria di 0,5 mq/mq, che nulla hanno a che vedere con l’indice territoriale di tutto il comparto di espansione 13, ceduto nel 1977/80 dal sig. B., per quanto di ragione, ai lotti acquistati dalla CEI ed ivi realizzato.

La causa passa in decisione all’odierna pubblica udienza.

Occorre premettere una breve ricostruzione fattuale della vicenda, peraltro pacifica in causa, ove sono contestate soltanto le sue conseguenze giuridiche in ordine al “quantum” della volumetria oggi concretamente realizzabile sul lotto B., della quale si controverte se essa corrisponda all’intero indice fondiario previsto dalla normativa di piano (0,5), o se da essa debba essere scomputata quella ceduta nel 1977/1980 alla CEI, e realizzata da quest’ultima su altro lotto del comparto 13.
L’area, di cui si discute oggi, era classificata come Zona (C) residenziale e di espanzione n. 13, soggetta ad intervento urbanistico preventivo, il Piano di lottizzazione, approvato e convenzionato nel 1977 dalla Coop. Edilizia Intercomunale (CEI).
All’interno del perimetro dell’area lottizzata, vi erano aree di proprietà B., alcune delle quali interamente cedute alla CEI; una di queste, della superficie di circa mq. 6.180, su cui esisteva una villa, cedette la relativa capacità volumetrica alla CEI lottizzante, la rimase di proprietà del B.
La CEI sfruttò tutta la capacità edificatoria prevista dall’indice territoriale del PRG del 1969/1973; il sig. B. mantenne la proprietà del lotto, che, a quel momento vigente quel PRG, divenne quindi inedificabile.
La CEI ha quindi costruito gli edifici previsti; alcuni di questi sono oggi dei ricorrenti.

Dopo alcuni anni, il Comune nel 1983/1984 ha adottato la Variante Generale al P.R.G. del 1969 e ha classificato l’area oggetto del piano di lottizzazione in modo diverso: la parte occupata dai nuovi edifici è stata classificata zona di completamento B”, e quella (di proprietà B.) la cui capacità edificatoria era stata ceduta alla Coop. CEI, è stata classificata zona H di rispetto ambientale.

Dopo altri dodici anni il Comune ha adottata una ulteriore variante (1996/1998):
Accogliendo l’istanza della proprietà B. ha eliminato per il lotto residuo ancora inedificato la destinazione H ed ha attribuito la destinazione residenziale di completamento B1.
Tutto l’originario comparto n. 13 del PRG del 1969/1973, ormai edificato da 28 anni, è oggi classificato B1. Anche la proprietà B..

Questa nuova zonizzazione attribuisce a tutte le proprietà incluse la capacità edificatoria propria di tutte le zone B1, e cioè – in luogo del precedente indice territoriale di cui alla lottizzazione del 1977 – l’indice fondiario di 0,5 mq./mq.
La proprietà B. ha così acquisito con questa nuova previsione urbanistica una capacità edificatoria prima esclusa e cioè quella propria delle zone B1.

Da zona H è divenuta ora zona B1.

Nelle zone B1 di completamento l’indice di edificabilità è fondiario, riguarda cioè i lotti come definiti dai confini catastali e non territoriale, come era nella zona C del previgente PRG del 1969/1973.
Il sig. B. ha presentato nel 1999 una domanda di concessione edilizia che ha come oggetto un intervento che prevede complessivamente la demolizione della villa e la costruzione di una villetta bifamiliare e tre edifici plurifamiliari.
La prima concessione relativa alla villetta è stata rilasciata nel 1999 (n. 66/c/1999) e i lavori si sono conclusi nel 2003.
La seconda concessione venne poi rilasciata il 26 agosto 2003 e ha come oggetto un fabbricato residenziale, che è stato ultimato nel 2005.
La domanda di concessione per i restanti due fabbricati plurifamiliari è stata presentata il 18 febbraio 2005 ed assentita il 13 luglio 2005 (n. 15366).

Il 14 dicembre 2005 i sigg. A.A. e M.L.V. hanno impugnato tale ultimo permesso di costruire. Essi invocano la legittimazione derivante dal criterio della c.d. “vicinitas”.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire dedotta dai resistenti, in relazione alla non pacifica contiguità dell’immobile dei ricorrenti rispetto a quelli costruendi.
Infatti, la giurisprudenza è costante nel ritenere che “la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia, che si contesti essere stata rilasciata contra legem o in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, deve essere riconosciuta in favore dei soggetti che vantino un interesse qualificato ad opporvisi, il quale ricorre allorché sussista uno stabile collegamento fra soggetto agente e la zona incisa dalla assentita concessione, con particolare riferimento ai residenti nelle aree limitrofe a quella in cui sorge l’impianto oggetto della concessione edilizia” (T.A.R. Liguria, sez. I, 12.12.2003, n. 1651, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 3492; T.A.R. Lombardia, Brescia, 2.4.2003, n. 379, ivi, 1174; T.A.R. Marche, 4.2.2003, n. 21, ivi, 558; T.A.R. Liguria, sez. I, 3.9.2002, n. 904, ivi 2002, 2827; T.A.R. Toscana, sez. III, 23.7.2002, n. 1601, in Giur. Merito, 2003, 151; Consiglio di Stato, sez. IV, 8.6.2000, n. 3214, in Foro Amm., 2000, 2104; Id. sez. V, 3.2.2000, n. 592, ivi, 444; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 31.8.1999, n. 1024, ivi, 1059; T.A.R. Lazio, Latina, 7.6.1999, n. 458, in I T.A.R., 1999, I, 2368; Consiglio di Stato, sez. V, 14.10.1998, n. 1467, in Foro Amm., 1998, fasc. I).
Inoltre, i ricorrenti sono aventi causa della Cooperativa CEI e proprietari degli immobili a favore (anche) dei quali era stato costituito il vincolo di inedificabilità sulla proprietà B..
E’ invece irrilevante che essi siano estranei alla convenzione di lottizzazione e agli atti di trasferimento della cubatura intervenuti tra Comune, B. e CEI, dal momento che la posizione dedotta in questa sede non è ovviamente di origine convenzionale, ma attiene all’osservanza del vigente indice UF secondo PRG, il cui superamento aggraverebbe in modo illegittimo il carico urbanistico della zona.

Deve pure essere disattesa l’eccezione di tardività dedotta dai resistenti in relazione alla omessa impugnativa delle prime due concessioni (del 1999 e del 2003), attinenti i primi due stralci dello stesso progetto, relativi alla villetta realizzata nel 2003 e al fabbricato residenziale ultimato nel 2005.

Evidentemente, ancorché fossero, in ipotesi, a conoscenza dell’esistenza del progetto, dell’esecuzione dei lavori e dell’avvenuto rilascio dei primi due permessi, i ricorrenti non hanno ritenuto di dolersene fino al punto di impugnarli.
Ciò non esclude ovviamente il residuo interesse a contestare il terzo stralcio – in relazione all’apprezzamento soggettivo della sua ulteriore lesività e del suo maggiore impatto (due fabbricati residenziali) – non appena esso è stato concessionato con il permesso del 13 luglio 2005, rispetto al quale non è dedotta alcuna prova di conoscenza anteriore ai sessanta giorni antecedenti la notificazione del ricorso in data 14 dicembre 2005.

Quanto alla tardiva od omessa impugnazione del PRG, è sufficiente osservare che in via principale i ricorrenti non contestano affatto la nuova previsione edificatoria, ma al contrario ne assumono il superamento e la violazione, per il mancato scomputo dalla stessa della volumetria già realizzata.

In tale prospettiva la Variante al PRG 1996/1998, che ha attribuito alla proprietà B. natura astrattamente edificabile, non è lesiva per i ricorrenti, poiché ha attribuito all’area B. un’astratta edificabilità, fermo restando che nessun permesso di costruire può essere rilasciato se detta edificabilità (pure astrattamente riconosciuta dal PRG ad una determinata zona) sia già stata realizzata nella fattispecie concreta, (ciò che i ricorrenti sostengono essere accaduto attraverso cessione e realizzazione su area attigua).
In altre parole, la teorica edificabilità di una certa zona, sulla base delle destinazioni di PRG, è cosa diversa rispetto alla sua concreta realizzabilità nella zona stessa, come dimostrano i consolidati e pacifici princìpi giurisprudenziali, che impongono, nella verifica della volumetria a disposizione di una certa area, pure edificabile, la detrazione della volumetria preesistente.
Ciò in quanto un’area può ben essere astrattamente e teoricamente edificabile secondo le destinazioni urbanistiche, senza che detta edificabilità possa essere in concreto realizzata per la parte in cui essa sia già stata consumata in passato.

Ne consegue che la lamentata illegittimità non riguarda la destinazione impressa dallo strumento pianificatorio, ma il permesso di costruire rilasciato nonostante che la corrispondente potenzialità edificatoria sia già stata consumata in passato.

La censura deve pertanto essere esaminata nel merito.

I resistenti sottolineano che l’asservimento di un fondo ad altro, ai fini della realizzazione nel secondo della capacità edificatoria propria del primo, non introduce un vincolo perpetuo di inedificabilità, ma è efficace solo in costanza della strumentazione urbanistica vigente, mentre non può consumare “ex ante” la eventuale capacità edificatoria futura, che sia attribuita al fondo asservito dalla pianificazione successiva, né condizionare per il futuro la piena e discrezionale potestà pianificatoria del Comune e il correlato “jus variandi”.
Affermazioni in sé esatte, le quali tuttavia non escludono che, anche nel vigore della strumentazione successiva, la volumetria da essa consentita comprenda quella già realizzata in passato.
In altre parole, dalla edificabilità attribuita dal PRG ad una determinata area deve essere sempre scomputato l’edificato già realizzatovi nella vigenza del precedente PRG, ove tuttora esistente.

In ciò non è ravvisabile alcuna inedificabilità perpetua, né alcun condizionamento della potestà potestà pianificatoria futura, ma solo l’applicazione dell’elementare principio che impone, ai fini del calcolo della volumetria attualmente concessionabile, il computo delle preesistenze, le quali, pacificamente, concorrono a consumare l’indice di edificabilità (territoriale o fondiario che sia) vigente in zona, e, per lo stesso motivo, debbono essere considerate ai fini della sua determinazione in sede pianificatoria, ferma restando la pienezza dello “jus variandi” e la potestà di attribuire incrementi di edificabilità.

I ricorrenti si limitano a sostenere che, alla stregua dell’attuale indice di utilizzazione fondiaria del fondo B. (0,5), non vi è capacità edificatoria residua rispetto a quella già realizzata in passato.

I resistenti non contestano che l’indice attuale sia, nel “quantum” della volumetria consentita, sostanzialmente equivalente a quello pregresso e attuato.

La circostanza è dunque pacifica in causa. Ma negano che debba essere considerato e scomputato, come edificato preesistente, quello già realizzato.

Se con ciò intendano sostenere che quanto edificato in base alla precedente destinazione urbanistica debba essere considerato “tamquam non esset”, cioè che la ripianificazione del territorio riattribuisca ogni volta ex novo indici di edificabilità netti, non comprensivi dell’esistente, la tesi è smentita dalla giurisprudenza costante (es. Cons. Stato, Sez. V, 26.11.1994, n. 1382; 30.3.1998, n. 387; 7.11.2002, n. 6128; T.A.R. Veneto, Sez. I, 10.9.2004, n. 3263), oltre che dalla prassi e dalla logica del sistema di governo del territorio.

Ove invece i resistenti intendano ravvisare nell’avvenuto asservimento la peculiarità della fattispecie, ed adombrare che la volumetria realizzata debba essere imputata alla proprietà che la ha (acquistata ed) edificata, piuttosto che a quella cedente, la tesi è smentita, oltre che dalla naturale onerosità della cessione (che in tal modo diventerebbe sostanzialmente a termine), dalla stessa giurisprudenza invocata dai controricorrenti, e pacifica sul punto, laddove, precisando che la modificabilità dell’area asservita può venire meno per effetto di successive previsioni urbanistiche più favorevoli, evidentemente presuppone la imputabilità di quanto realizzato dal cessionario alla capacità edificatoria, presente e futura, del cedente (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 23.5.2002, n. 2252; T.A.R. Puglia, Bari, II, 14.7.1994, n. 1040).

Nella concreta fattispecie, una diversa eventualità è poi ulteriormente esclusa dalla circostanza, pacifica in causa, che la CEI sfruttò tutta la capacità edificatoria prevista dall’indice territoriale del PRG 1969/1973, compresa tutta quella cedutale dalla residua proprietà B..

Quindi l’attuale indice di utilizzazione fondiaria dello 0,5 (non maggiore, come si è visto, del precedente indice territoriale, e attribuito a tutti i lotti dall’ex comparto 13, che hanno ricevuto eguale destinazione B 1) non ha sufficiente capienza per contenere anche la volumetria realizzata per effetto della cessione, ove per assurdo la si volesse imputare al lotto o ai lotti che ne hanno beneficiato.
Anche sotto questo profilo concreto non è dunque possibile interpretare l’esercizio della funzione pianificatoria nel senso della riattribuzione "ex novo” al fondo B. di un indice netto dello 0,5, perché non si vede allora in quale altro indice fondiario dovrebbe trovare capienza la volumetria realizzata dalla CEI in virtù della cessione.

Il ricorso deve pertanto essere accolto, ed annullato l’impugnato permesso di costruire, in quanto rilasciato sulla base di una capacità edificatoria già realizzata.

Assorbite le residue censure, ivi comprese quelle subordinate relative all’art. 7 delle NTA del vigente PRG.
Spese compensate per motivi di equità, in relazione alla complessità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Bologna, Sezione Seconda, pronunziando in via definitiva sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il permesso di costruire 13 luglio 2005, n. 15366, del Comune di Crespellano.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’ Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2006.

Depositata in Segreteria in data 13/09/2006